Costi e spese dei fondi di investimento comuni

 Quando si sottoscrive un fondo di investimento comune, è necessario fare attenzione anche ai costi che questo ha per la sua gestione, che possono essere suddivisi in due macro-categorie: commissioni una tantum, non previste da tutte le SGR e applicati in sede di acquisto o vendita del fondo, e commissioni ricorrenti, ossia le spese che il risparmiatore deve sostenere per la remunerazione dell’operatore.

► SGR – Società di Gestione del Risparmio

Commissioni una-tantum

Commissioni di sottoscrizione

Pari ad una percentuale dell’investimento e applicati a scaglioni, in cui le percentuali decrescono al crescere dell’investimento.

Commissioni di vendita

Applicate al momento della vendita delle quote. Solitamente sono calcolate con un sistema a tunnel, cioè sono sempre più basse, fino ad arrivare a zero, all’aumentare del tempo di permanenza nel fondo.

Commissioni di switch

Applicate ai trasferimenti di quote da un fondo ad un altro della stessa società (switch). Possono essere delle quote fisse o calcolate in percentuale sulla quota di capitale trasferito.

► A chi affidare i propri risparmi?

Commissioni ricorrenti

Commissioni di gestione

Decurtate direttamente dal patrimonio, le commissioni servono alla retribuzione della SGR.

Commissioni di incentivo

Sorta di premio per le SGR che riescono ad ottenere rendimenti superiori a quelli prestabiliti, ed è quindi calcolato sul rendimento differenziale del fondo rispetto al benchmark di riferimento.

 

Vantaggi e rischi dei fondi di investimento

 I gestori dei risparmi degli investitori sono solitamente delle società di gestione in cui operano i professionisti del settore, che sono in grado, diversamente da quanto possa esserlo un comune cittadino, di cercare, e trovare, il canale migliore dove investire il patrimonio del fondo al fine di aumentarne il rendimento.

I fondi di investimento, come qualunque altro metodo di investimento, ha dei vantaggi e dei rischi. Vediamoli nel dettaglio.

► La gestione del rischio del portafogli finanziario

I vantaggi della sottoscrizione di un fondi di investimento comune

Il primo vantaggio che il risparmiatore ha dalla sottoscrizione di un fondo comune è quello di poter partecipare, a fronte di un investimento personale anche molto contenuto, ad un portafogli di titoli ampio e sicuramente più redditizio di quanto non possa esserlo un investimento fatto da un solo risparmiatore.

Inoltre, si ha la certezza che il proprio patrimonio è al sicuro, sia perché gestito da professionisti, sia perché il patrimonio del risparmiatore è diviso da quello della società e, quindi, protetto anche in caso di fallimento di quest’ultima.

► La misurazione del rischio

I rischi della sottoscrizione di un fondi di investimento comune

Sottoscrivere un fondo di investimento è paragonabile, in quanto a rischio, all’investimento in azioni. Quindi si hanno anche rischi simili che derivano dalla volatilità dei mercati in cui i titoli del portafogli sono scambiati: rendimento più basso di quello atteso e possibilità di perdita di tutto il patrimonio investito.

Per questo prima della sottoscrizione è necessario valutare il grado di rischio dell’investimento stesso e quanto di questo viene assunto dalla società di gestione.

Diminuiscono aziende in perdita

 Nell’anno di imposta 2010 (quindi le dichiarazioni che vengono presentate nel 2011-2012) le aziende in perdita sono state il 33,7% del totale. A dirlo il documento risultante dall’elaborazione dei dati del Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia, che ha voluto sottolineare che, rispetto al periodo immediatamente predente, c’è stata una diminuzione delle aziende in perdita del 3,3% (nell’anno di imposta 2009 erano il 37%).

► L’IRAP milionaria sul calciomercato

Quindi sembra che il 2010 sia stato un anno di ripresa economica, almeno per quanto riguarda, come evidenza il Dipartimento, il gettito Irap (l’Irap – Imposta Regionale sulle Attività Produttive – unica imposta a carico delle imprese proporzionale al fatturato). I dati evidenziano come ci sia stata una generale ripresa della base imponibile nella maggior parte dei settori economici. Si distinguono in modo particolare il settore manifatturiero (+11%) ed il commercio (+5%).

► Rimborsi IRPEF per IRAP non dedotta

Male, invece, il settore finanziario che ha manifestato un decremento dell’11% e il settore delle costruzioni che continua a contrarsi (-2,1%).

In totale nel 2010 è stato dichiarato, ai fini del pagamento dell’Irap, un totale di 32,5 miliardi di euro (+1,9% rispetto al 2009), con una media per impresa pari a 10.078 euro. La base imponibile totale risulta pari a 668 miliardi di euro, che segna un incremento del 2%  rispetto al 2009, in linea con la ripresa economica riferita a quell’anno di imposta.

Stipendio top manager Svizzera a rischio

 Lo stipendio dei top manager svizzeri è troppo distante da quello che percepiscono i lavoratori ‘normali’. Un fatto noto che, però, è sempre stato preso come un dato di fatto, in tutti i paesi del mondo, almeno fino a che la Banca Cantonale di Glarona ha posto un limite massimo a quello che i quadri aziendali possono percepire, fissandolo al massimo a dieci volte lo stipendio del dipendente che guadagna di meno.

► Ancora nulla di fatto sul patto Italia-Svizzera

Una bella presa di posizione dell’istituto, soprattutto in vista del referendum che si terrà il prossimo 3 marzo proprio su questo argomento. Se da un lato la decisione è stata accolta bene dai cittadini – pesantemente indignati dal fatto che, nonostante le banche elvetiche stiano dando i primi segni di cedimento, non è stata presa nessuna decisione a riguardo – e dall’ideatore del referendum, il deputato al Parlamento federale Thomas Minder.

► Gli accordi fiscali con la Svizzera

Per Minder si tratta di un’azione necessaria che ha l’obiettivo di porre al centro delle decisioni in merito agli stipendi annui dei top manager l’assemblea degli azionisti. Ma per Peter Kunz, docente di economia all’università di Berna, si tratta di

Proposte bizzarre, che non hanno riscontro in nessun altro posto al mondo

► Top manager inglesi: stipendi più alti del 27%

Che rischiano di creare una fuga di manager capaci dalle dalle imprese svizzere, come già preannunciato da Peter Brabeck, amministratore delegato di Nestlè, che ha commentato:

Se lo Stato ci imponesse un tetto agli stipendi, ci chiederemmo se la Svizzera è ancora il luogo ideale per ospitare la sede del nostro gruppo.

Test elezioni per Piazza Affari

 L’Italia si appresta a tornare alle urne dopo la crisi di governo che ha determinato le dimissioni di Mario Monti. Il professore bocconiano ha deciso di rinunciare al suo incarico di senatore a vita per correre come premier alle prossime politiche.

Adesso è la politica stessa ad essere attesa al varco. In molti dicono che siamo di fronte a Piazza Affari e al dopo Monti che spaventa, ma c’è qualcosa in più di cui tener conto.

► L’agenda Monti gioca a favore dell’Italia

Fino ad ora i mercato finanziari italiani sono stati in un momento di grazia. Piazza Affari è cresciuta del 17 per cento dalla metà di novembre in po’, recuperando il 41% dai livelli minimi toccati nel 2012, contro il recupero del 23 per cento delle borse europee.

I BTp decennali stessi hanno reso più del 22 per cento e i risparmiatori che hanno indovinato l’investimento ringraziano sentitamente.

► Il rendimento dei BTp sotto la soglia del 4,3%

Adesso però bisogna legare questi dati alla politica e si scopre che molta della fiducia accordata dagli investitori all’Italia, si lega all’operato del Governo Monti riguardo soprattutto il risanamento dei conti pubblici.

Questo stato di grazia, adesso, potrebbe essere incrinato visto che non arrivano notizie entusiasmanti sull’economia americana e cinese e il comportamento di Wall Street lo dimostra. La speranza che la situazione europea migliori, così come l’italiana c’è ma bisogna capire cosa si aspettano gli investitori dalle urne.

Quotazioni di frumento e mais di nuovo in corsa

 Il mercato dei cereali, fino a questo momento, era stato caratterizzato da una quiete, seguita ad un periodo piuttosto burrascoso nelle quotazioni, legato alla pubblicazione dei dati sull’agricoltura a livello mondiale. Adesso sembra sia di nuovo arrivato il momento delle oscillazioni.

 Cresce la domanda di cereali

A farlo pensare sono le quotazioni di mais e frumento che erano scese ai minimi semestrali al Cbot ed attualmente sono tornate in ascesa ed hanno guadagnato il 3 per cento. Tutto è seguito alla pubblicazione delle stime giudicate estremamente rialziste da parte del dipartimento USA per l’agricoltura.

Questo nuovo trend preoccupa un po’ gli analisti che si affrettano a sottolineare come la tensione sul prezzo dei creali sarà duratura e i rincari alimentari potrebbero presto essere di nuovo protagonisti del mercato. Questo accadrà non soltanto in Cina dove l’inflazione sembra aver toccano un altro punto massimo al 2,5 per cento dopo sette mesi, ma anche in altri paesi.

Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

Valgono a poco le raccomandazioni della Fao che spiega i rischi alimentari collegati alla risalita dei prezzi. A far temere, comunque, restano le condizioni degli Stati Uniti, considerati una potenza agricola mondiale, oggi in difficoltà a causa della scarsità di precipitazioni che ha inaridito il terreno danneggiando le coltivazioni di frumento. L’aridità del terreno fa pensare già ad una nuova annata difficile.

Chiesto un passo indietro sull’Etf sul rame

 A farsi promotori della protesta sono gli utilizzatori del rame che chiedono alla Sec di fare un passo indietro rispetto alla recente decisione di dare il via libera alla quotazione del primo Eft sul metallo fisico negli Stati Uniti. Secondo gli operatori del settore questo non è altro che un capriccio.

L’appello alla Securities and Exchange Commission, arriva stavolta dall’avvocato Robert Bernstein che rappresenta un gruppo d’imprese che fino a questo momento hanno sempre criticato la scelta della Sec. Della cordata fanno parte SouthWire Co, Encore Wire Corp, Luvata, Amrod e Red Kite (londinese). Tutte insieme, queste imprese, raccolgono il 50 per cento circa della domanda USA di rame.

► I segni ambigui del mercato del lavoro USA

Nel momento in cui la Sec decidesse di non tenere conto della protesta, è molto probabile che queste imprese facciano ricorso alla Corte d’appello federale e questo particolare giudiziario non avrebbe altro effetto se non quello di ritardare i piani di JP Morgan.

► Come e dove è meglio investire nel 2013

Questi ultimi infatti, dall’ottobre del 2010 chiedono di quotare presso il Nyse Jpm Xf Physical Copper Trust. Problemi molto simili a quelli raccontati, potrebbero interessare anche la Blackrock, visto che la Sec ne ha autorizzato un Etf analogo che andrebbe a contenere 121.200 tonnellate di rame, il doppio circa delle 62 mila richieste da Jp Morgan.

Il lusso tira anche con i super yatch

 Se i settori della moda e del lusso non conoscono crisi, questo è ancora più vero se si considerano le ultime notizie che arrivano dal settore nautico, visto che è stato varato un altro super yatch, già venduto ad un magnate del Medioriente.

Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

L’azienda Crn del Gruppo Ferretti ha varato un maxi yatch lungo ben 80 metri che ha ingolosito un armatore mediorientale, disposto a pagare questo gioiello della nautica ben 80 milioni di euro. La nave, varata l’11 gennaio, si chiama Chopi Chopi, è stata costruita in acciaio ed alluminio e sarà consegnata entro maggio all’acquirente.

In primo luogo, quindi, bisogna considerare il valore complessivo dell’operazione, poi i materiali usati che hanno incrementato sicuramente la domanda del settore e poi la sperimentazione in atto nel settore nautico. 

Basta pensare in tal senso che Chopi Chopi arriva dopo un altro scafo enorme, l’Azteca di 72 metri, prodotta sempre dalla Crn e varata nel 2009. Per costruire il suo successore, spiega l’azienda, ci sono volute ben 660 mila ore di lavoro che hanno messo in moto i fornitori locali, anche per il design del prodotto.

► GE vuole Avio

In questa storia che potremmo quasi definire italiana, non dobbiamo dimenticare che il gruppo Ferretti è stato recentemente acquistato dal colosso cinese Wichai Group.

A dicembre le materie prime sono stabili

 Chi fa trading online, anche con le opzioni binarie sa quanto è importante conoscere i trend del mercato delle materie prime. Gli ultimi dati a disposizione, sono stati tirati fuori dall’indice Prometeia e raccontano di una certa stabilità del settore.

In genere i prezzi delle materie prime dipendono molto dagli accordi internazionali (come nel caso del petrolio), dalle scelte delle banche centrali (parliamo ad esempio dell’oro), oppure dalle condizioni meteo (siamo nel comparto alimentare.

Ad ogni modo, a dicembre, i prezzi delle materie prime risultano pressoché stabili ma molto di questo stabilità, si deve all’apprezzamento del cambio con il dollaro che è cresciuto del 2,3 per cento.

Possibili oscillazioni del dollaro alla fine del QE

Ci sono stati dei rincari ma questi riguardano il settore della meccanica e il comparto alimentare dove si parla di un incremento dell’1 per cento. Altri settori, come quello delle imprese chimiche ha un costo in calo mentre è caratterizzato da prezzi invariati il settore della moda e quello della filiera del legno e della carta.

 Produzione agroalimentare in calo

Se si entra più nel dettaglio si scopre che i rincari del settore meccanico sono dovuti all’aumento del prezzo dell’alluminio che ha fatto registrare il +4,4% e ai rincari degli acciai piani (+1,9%). Per il comparto alimentare, invece, all’origine dei rincari troviamo un aumento del prezzo del grano, in crescita dell’1,2 per cento.

Scopri perché si parla tanto di Alitalia e AirFrance

 Quella di Alitalia è una storia molto interessante e “tragica” allo stesso tempo, visto che dopo quattro anni, stiamo ancora pensando ad un sistema di salvataggio per la compagnia di bandiera italiana. Tutto nasce da una scadenza specifica, quella più attesa dagli azionisti e dai trader.

A mezzanotte dell’11 gennaio, infatti, è scaduto il lockup sulle azioni di Alitalia. Fino a quel momento, dunque, c’era stato un blocco, un divieto nella vendita di azioni per i soci di Alitalia, i famosi capitani patriottici che investirono nella compagnia evitandone la svendita. Adesso si cerca di conoscere il nuovo piano Alitalia per evitare la bancarotta.

Adesso questi soci possono vendere le loro azioni al miglior offerente anche se l’ultima parola sulle contrattazioni spetta al Consiglio di amministrazione. Di fatto la scadenza del lockup apre la strada a numerosi ipotesi, sicuramente si parla di vendita di Alitalia ma a chi?

► Alitalia nuovamente in profondo rosso

Le finanze dell’azienda sono distrutte. Secondo la ricostruzione di Repubblica.it, Alitalia perderebbe circa 630 mila euro al giorno ed avrebbe un debito di 700 milioni di euro, nonostante nelle casse, ormai, ce ne siano soltanto 300 milioni.

► Air France pensa ad Alitalia

AirFrance che possiede già il 25 per cento delle azioni, potrebbe tentare il colpo grosso, ma l’indiscrezione suggerita da Il Messaggero, è stata prontamente smentita dai vertici dell’azienda Francese. Certo è che i capitani patriottici entrarono in campo proprio per allontanare AirFrance.

► Air France smentisce la trattativa