Il contribuente è irreperibile ma l’indirizzo è uno solo

 Si chiama “procedimento degli irreperibili” ed è una notificazione particolare di un atto tributario. Questo procedimento, secondo la giurisprudenza attuale, è da considerarsi valido anche se il messo notificatore non riesce a reperire l’abitazione, l’ufficio o anche l’azienda del contribuente, quando questo ha definito in un certo comune il suo domicilio fiscale.

► Quando l’avvocato non è una spesa deducibile

Le ricerche in questione sono non sono necessarie al di fuori del comune di residenza della società del contribuente. Questo è il senso di una sentenza, la numero 23062 del 2012, quella con cui la Corte di Cassazione ha ribadito che l’Agenzia delle Entrate ha ragione riguardo la regolarità delle notifiche inviate prima delle cartelle di pagamento.

In pratica l’indirizzo del contribuente, seppure irreperibile, resta uno solo. L’amministrazione finanziaria non è tenuta a fare ulteriori ricerche fuori dal territorio di competenza del municipio.

► Ritrattare la dichiarazione non blocca gli accertamenti

Tutto il pronunciamento nasce in Sicilia dove un contribuente ha fatto ricorso contro 9 cartelle di pagamento relative a diversi tributi, spiegando all’amministrazione tributaria che la notifica degli avvisi di accertamento e delle carte non era avvenuta correttamente.

Il giudice tributario di Palermo, invece ha rigettato il ricorso ed ha spiegato che l’avviso di deposito dell’atto è stato regolarmente affisso nella casa comunale, in busta chiusa e sigillata.

► Legge fallimentare: riforma, notificazione telematica e PEC

Come deve essere migliorata l’IMU

 E’ arrivata dall’Europa una sonora bocciatura della tassa comunale sugli immobili che quest’anno ha portato un bel gettito di denaro nelle casse dello stato ma ha alleggerito di non poco il portafoglio degli italiani.

 L’Ue precisa sulle critiche all’Imu

Secondo l’Europa si tratta di una tassa poco equa e per questo è necessario mettere di nuovo le mani nella normativa fiscale per renderla idonea alla situazione dei contribuenti del Belpaese. I miglioramenti, però, devono essere graduali.

 Per l’Ue l’Imu è inutile

Sicuramente la bocciatura dell’UE ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai cittadini italiani che da tempo si lamentano della reintroduzione di questa imposta. Anzi, l’IMU sembra diventata un tema da mettere al centro della campagna elettorale in atto.

A calmare gli animi surriscalda dati dalla questione del’impatto delle imposte sulla povertà, ci ha pensato l’UE precisando che il report sull’impatto della tassa sugli immobili era riferito al 2006, anno in cui c’era l’ICI. L’IMU, invece, non sembra aver avuto effetti negativi sulla povertà o sulla distribuzione dei redditi.

Un colpo al cerchio ed uno alla botte ma l’IMU va pur sempre modificata, insistendo su due temi: il primo la base imponibile che, misurata sui valori catastali che non sono in linea con i valori di mercato, contribuisce alla penalizzazione di chi vive negli immobili meno pregiati ma magari rivalutati di recente. Il secondo punto da affrontare sono gli sconti finora concessi senza tener conto del reddito ma che invece a quest’ultimo andrebbero vincolati.

I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

 Acquisire una buona riserva d’oro, per gli Stati, è un modo per proteggersi dalle oscillazioni troppo insistenti del mercato. In un momento di crisi la ricerca di beni di rifugio è praticamente normale ma scoprire chi predilige le risorse auree, aiuta a comprendere lo stato di salute di un paese.

► Oro: in vista il sell-off di fine anno

In questo momento, secondo il Gold Council che è l’associazione internazionale delle aziende minerarie aurifere, i protagonisti della rincorsa all’oro sono i paesi emergenti. Nel periodo compreso tra gennaio e novembre dell’anno scorso, in pratica, quasi tutte le banche centrali hanno aumentato le loro riserve d’oro fino a 350 tonnellate.

Se diamo uno sguardo all’Italia scopriamo che è rimasta ferma e pur non facendo una vera e propria scorta di oro, è comunque al terzo posto tra i paesi con il maggior numero di riserve auree in tutto il mondo visto che nei forzieri tricolore ci sono ben 2451,8 tonnellate di lingotti.

► Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

A capitanare questa speciale classifica troviamo Stati Uniti e Germania, rispettivamente al primo e al secondo posto ma sono i paesi emergenti a sorprendere. Al primo posto, in questo caso c’è la Turchia che ha comprato 118,8 tonnellate di oro soltanto nel 2012, seguita dalla Russia, dalle Filippine, dal Brasile e dal Kazakhstan anche se la cosa più sorprendente è il sesto posto dell’Iraq che ha comprato ben 27,2 tonnellate d’oro.

Quando l’avvocato non è una spesa deducibile

 Se un’azienda ha sostenuto dei costi per difendersi dall’accusa di corruzione ed ha dovuto pagare un avvocato per la difesa dell’amministratore della società, i costi sostenuti non possono essere considerati delle spese deducibili. Il motivo che sta alla base di questa nuova sentenza della Corte di Cassazione è semplice: l’avvocato, o meglio la difesa dall’accusa di corruzione non è un’attività che rientra tra quelle di perseguimento dell’oggetto sociale.

La sentenza della Corte di Cassazione, la numero 23089 del 14 dicembre 2012, parla chiaro: la società di capitali non può considerare spese deducibili quelle sostenute per pagare un avvocato, incaricato di difendere l’amministratore della società dall’accusa di corruzione, per via del difetto di inerenza.

► Le spese vaghe non sono ammissibili

A sostegno della tesi dei porporati della Cassazione c’è anche l’articolo 1720, comma 2, del codice civile che interviene sulle spese rimborsabili di un mandatario. Siccome nel caso dell’avvocato non si tratta di una spesa connessa al mandato dell’amministratore, nel senso che non si tratta di un’attività funzionale al perseguimento dell’oggetto sociale.

► Le spese insensate non si possono detrarre

Al contrario siamo di fronte ad un’attività in cui il mandato è l’occasione. Il fatto alla base della sentenza affonda le sue radici nella Regione toscana che ha inviato degli avvisi di accertamento in relazione a diversi periodi d’imposta alle aziende, in merito a Irpeg, Iva e Irap ed ha trovato delle spese legali portate erroneamente in deduzione.

Un po’ di calma nel mercato valutario

 Trovata la soluzione al default USA, mentre si prende atto di come la politica è il vero pericolo per l’Italia, il mercato Forex resta calmo. Almeno questo si evince dalle scarse oscillazioni delle ultime ore, poiché ci si aspetta di conoscere l’esito delle decisioni della BCE e della Bank of Japan.

► ForEX: le previsioni shockanti di Saxo Bank

In tal senso potrebbero esserci delle oscillazioni pericolose nel cambio tra dollaro americano e yen giapponese. La moneta asiatica infatti, potrebbe essere presto al centro di un turbine di vendita e il cambio potrebbe assestarsi sul livello 87.74.

La banca centrale giapponese potrebbe decidere per l’allentamento monetario, visto che rientra anche nelle promesse elettorali fatte dal primo ministro giapponese Shinizo Abe. Gli analisti prevedono che ci sarà una linea di resistenza su livello 88.00 anche se molti trader stanno alzando il tiro fino alla soglia di 90.00 visto che la Bank of Japan, come altre banche centrali hanno già fatto, potrebbe decidere di fornire al mercato uno stimolo monetario “infinito”.

► Dollaro/Yen: una settimana complessa

Sul versante europeo gli occhi sono tutti puntati sulla BCE e sulla conferenza di Mario Draghi. Gli analisti si sono spaccati tra coloro che propendono per un nuovo taglio dei tassi d’interesse e coloro che invece si aspettano interventi più efficaci contro la recessione.

Si prepara l’IPO per Moleskine

 In genere è la Borsa Italiana a dover dare il via libera alla quotazione di una nuova società sul mercato telematico azionario, conosciuto con l’acronimo MTA. A quel punto si dà il via all’IPO che è un’Offerta Pubblica Iniziale.

► Twitter prepara il terreno per l’IPO

Sono presentati al pubblico i titoli della società che sta per affacciarsi sul mondo azionario, al fine di trovare nuovi investitori tramite la quotazione in borsa. Questa dinamica è particolarmente condivisa dalle società il cui capitale è posseduto pochi investitori o da pochi azionisti.

Se l’IPO va di pari passo con una ristrutturazione finanziaria dell’impresa si possono ottenere un bel po’ di vantaggi, quali ad esempio la riduzione dell’indebitamento. E’ facile immaginare adesso che l’IPO è uno strumento pensato per le società che sono in crisi. In realtà si corrono dei rischi enormi, basta pensare a quello che è accaduto a Facebook lo scorso anno.

► Ristrutturazione finanziaria: il caso della banca Dexia

Nel 2013, invece, la prima debuttante sul mercato italiano dovrebbe essere Moleskine, la celebre azienda che firma quei taccuini neri tanto cari agli scrittori d’un tempo come Hemingway. A sponsorizzare l’operazione ci sta pensando Mediobanca ma Borsa Italiana avverte: il via libera ha una validità di 12 mesi ma bisogna aspettare che siano depositati i documenti di registrazione alla Consob. Deve essere quindi presentata la domanda di ammissione.

La politica è il vero pericolo per l’Italia

 Tutti si preoccupano dello spread ma adesso che i rendimenti dei BTp non fanno più paura e la tensione sui mercati periferici si è allentata, gli analisti sono abbastanza lucidi per sostenere la tesi che il pericolo più grande per l’Italia arriva dalla politica.

► Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

La versione ufficiale e dettagliata di questa tesi l’ha redatta Morgan Stanley che in riferimento all’economia tricolore cita il cosiddetto political cliff parafrasando quel che accade in America dove è stata trovata una soluzione al default USA. Quel che l’agenzia vede in atto nel nostro paese non è certo una politica finalizzata a salvare l’Italia dal tracollo finanziario, quanto piuttosto una battaglia per il potere.

Usa, allarme per il debito e per il Fiscal Cliff

Siamo in prossimità delle elezioni, e bisogna farei conti con un aumento in media di 24 punti base degli interessi, legato al crollo dell’ultimo governo, e con un calo del 5 per cento dei mercati azionari.

Secondo gli analisti, in questo momento, l’Italia è un campo minato in cui si possono concludere affari eccellenti a prezzo di correre un grosso rischio. Tutti sono in attesa di conoscere il responso delle urne che potrebbe incidere sull’equilibrio dell’Europa intera.

Il problema non è tanto in un partito piuttosto che in un altro ma nel programma di austerity che sarà studiato per i cittadini che potrebbero vedere aumentare in modo esponenziale il loro malcontento, arrivando fino alla protesta in grado di paralizzare l’attività politica.

Air France smentisce la trattativa

 Qualche tempo fa, per opera del quotidiano Il Messaggero, si era sparsa la voce che Alitalia e Air France fossero di nuovo in trattativa e molti analisti immaginarono la possibile ripartizione delle quote per un’eventuale acquisizione o fusione. Era forse un piano Alitalia per evitare la bancarotta?

Può darsi ma a distanza di poche settimane, Air France smentisce l’esistenza dei negoziati con i soci italiani della compagnia aerea italiana e spiega di non avere assolutamente programmato un piano per acquisire Alitalia, almeno nel breve periodo.

La voce sparsa dal Messaggero sembrava molto plausibile, alla luce del fatto che già nel 2008 Air France aveva investito un miliardo di euro rilevando Alitalia. Il quotidiano romano era convinto che ci fosse nelle mire dell’azienda francese l’acquisto delle quote Alitalia cui sarebbe stato aggiunto un premio del 20%. In cambio Alitalia avrebbe ottenuto un posto d’onore ai tavoli francesi.

D’altronde i tempi sono maturi visto che il 12 gennaio è vicino. In quel giorno scadrà il periodo cosiddetto di lock up, quello in cui i soci italiani non possono cedere i loro titoli. Forse Air France sta solo temporeggiando e aspetta di svelare le carte il 13 dicembre quando sarà rilanciata la fase di acquisti sul titolo Alitalia.

Tutte queste dicerie, intanto, hanno dato una scossa ai titoli legati ad Alitalia e la stessa Immsi di Colaninno ha guadagnato il 18,2%. A parte rari casi, comunque, il mercato aereo stenta a ripartire.

► Assunzioni alla British Airway

Indagato per Frode Ministro Francese Fisco

Paradossale. Eppure è vero. Jérôme Cahuzac è nella bufera. Cahuzac, ministro francese che detiene la responsabilità del Budget e del Fisco è incredibilmente indagato per  frode fiscale. Proprio lui, che è l’uomo che ha proposto, senza alcun successo, la famosa tassa del 75% contro i ricchi. Ora, quasi come se fosse uno scherzo del destino (o una manovra?) Cahuzac è accusato di avere tenuto per vent’anni un conto segreto in Svizzera, e di avere nel 2010 trasferito i fondi in una più lontana banca di Singapore.

Jérôme Cahuzac  ha sessant’anni. Ha un fisico aitante essendo appassionato di boxe, ciclismo e sci ed era cardiologo convertito alla politica e al più conveniente mercato dei trapianti per capelli. Cahuzac ha accolto il comunicato della Procura di Parigi dimostrandosi forte è sicuro di sé. Questa la sua dichiarazione: “Finalmente potrò provare la mia completa innocenza”.

In Francia lo sperano. Lo sperano soprattutto François Hollande e il Presidente del Consiglio Jean-Marc Ayrault, costretti da trenta giorni ad affrontare le lamentele contro le tasse con un responsabile sospettato di frode che qualsiasi accertamento fiscale potrebbe facilmente verificare. Il problema è che, sembra uno scherzo, solo Cahuzac può mettere nei guai Cahuzac.

Ora, però, sono i magistrati a aprire un fascicolo, con buona pace dei giornalisti di Mediapart esultano, i quali il 4 dicembre scorso hanno svelato il dossier, diffondendo nel giorno seguente una registrazione audio. In questo file si sente un uomo (similissimo al ministro dal punto di vista vocale, come conferma l’accusa), dire al telefono frasi tipo la seguente:

«Mi scoccia troppo avere un conto aperto là (Ginevra, ndr), l’Ubs non è certo la più imboscata delle banche».

Staremo a vedere.

Network Unico Compagnie Telefoniche Europee

Questa mattina il Titolo Telecom ha conquistato Piazza Affari, facendo registrare un buon rialzo. L’effetto Telecom ha una spiegazione ben precisa.

Nelle scorse ore, il Financial Times ha pubblicato la notizia di una trattativa abbastanza ben avviata tra i top manager delle principali compagnie telefoniche europee che starebbero pensando alla creazione di un Network unico per consolidare la loro presenza nel mercato e combattere la sempre più impellente crisi di settore.

L’incontro sarebbe avvenuto a Bruxelles alla presenza del Commissario alla Concorrenza Joaquin Almunia, il quale avrebbe ovviamente fatto da mediatore tra i ‘capi’ dei vari colossi.

L’esigenza di creare un’unica rete europea per le diverse piattaforme telefoniche è stata letta come un’occasione per darsi man forte in un momento così difficile.

Quasi come se le varie compagnie top volessero innalzare un unico muro per difendersi dai ‘competitor’.

In questo momento, infatti, la frustrazione per l’andamento economico è molto alta.

Creare un network unico significherebbe evitare la frammentazione dei singoli mercati e indebolire gli agenti esterni che utilizzano le reti messe a disposizione dai grandi operatori.