Perde quota il settore auto

 Il comparto delle automotive è fermo, anzi va proprio a marcia indietro ormai da troppo tempo per non catalogare la situazione come preoccupante. Per questo, anche a livello finanziario, a fronte di un recupero degli istituti di credito, si assiste alla progressiva perdita di valore dei titoli automobilistici.

Il mercato automobilistico si è chiuso secondo le peggiori previsioni dell’anno con le immatricolazioni in calo anche nell’ultimo mese dell’anno. Un -22,5 per cento rispetto allo stesso mese del 2011, che non fa certo piacere alle industrie che fanno dell’auto il loro business.

In generale, nel 2012, le immatricolazioni hanno registrato un saldo negativo del 19,8 per cento. La Fiat, sempre nell’occhio del ciclone anche per via dell’imponenza delle figura di Marchionne, ha perso molto meno delle altre industrie registrando soltanto un -19,4 per cento.

Le quattroruote hanno così attraversato un periodo terribile con le immatricolazioni che sono crollate fino ai livelli di 33 anni fa. La cosa che consola le aziende automobilistiche italiane, ma soltanto parzialmente, è che si tratta di un crollo verificatosi in Italia e anche nel resto d’Europa.

Il calo delle immatricolazioni illustra comunque un comparto economico che stenta a ripartire.

Per quanto riguarda la situazione italiana, la motorizzazione, nel dicembre del 2012, ha immatricolato 86.735 auto, il 22,51% in meno rispetto al 2011. 

Tassa governativa cellulari: è legittima!

 Si discute della tassa governativa sui cellulari da oltre vent’anni. La prima norma che ha legiferato in proposito è stato il Dm 33/1990, vale a dire il Regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione. L’ultimo pronunciamento sulla questione è arrivato dalla Suprema Corte pochi giorni fa per ribadire che la tassa governativa sugli abbonamenti dei cellulari è legittima.

La sentenza è la numero 23052 ed è stata registrata il 14 dicembre scorso. La Suprema Corte ha praticamente fatto qualcosa di “rivoluzionario” nel senso che ha ribaltato completamente il pronunciamento precedente spiegando che

“L’attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, pur caratterizzata da una maggiore libertà rispetto alla normativa precedente, resta comunque assoggettata ad un regime autorizzatorio da parte della pubblica amministrazione, con la particolarità che il contratto di abbonamento con il gestore del servizio radiomobile si sostituisce alla licenza di stazione radio. Tale permanente regime autorizzatorio, pur contrassegnato da maggiori spazi di libertà rispetto al passato, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa.”

Tutto nasce dalla richiesta inoltrata da parte di alcuni Comuni che fino a questo momento avevano anche ottenuto delle sentenze favorevoli, riguardo la richiesta di rimborso della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti telefonici cellulari. 

La Cassazione ha rigettato così le istanze di rimborso e si è messa dalla parte dell’Amministrazione finanziaria.

Compensi agli amministratori: la normativa

 Siamo all’inizio di un nuovo anno d’imposta e c’è da tirare le somme su diverse questioni al fine di arrivare economicamente preparati alla dichiarazione dei redditi. Una risoluzione molto interessante dell’Agenzia delle Entrate, pubblicata il 31 dicembre scorso, spiega come trattare i compensi degli amministratori.

Una Srl che paghi al liquidatore-socio l’attività da lui svolta, può dedurre dal reddito gli importi versati che invece dovranno essere usati per la determinazione del reddito imponibile di chi li riceve. Il senso della risoluzione n. 113/E è questo.

Anche in questo caso la risoluzione è servita a chiarire una situazione, una domanda posta da una società in liquidazione volontaria in un interpello. Questa società, infatti, aveva dato al proprio liquidatore un compenso e chiedeva se poteva applicare la norma prevista dall’articolo 60 del TUIR che prevede l’indeducibilità delle somme erogate e l’inutilizzo delle stesse per la determinazione del reddito complessivo del socio-liquidatore.

L’Agenzia ha spiegato che c’è differenza, a livello fiscale, tra i compensi che sono erogati ad un imprenditore individuale e quello che succede invece agli amministratori delle Snc, delle SaS e delle società di capitali. Per gli imprenditori individuali si può far riferimento al TUIR, per i soggetti societari, invece, accade esattamente il contrario.

Diritto annuale camerale 2013: sempre uguale

 Ogni anno, le aziende, devono pagare una quota per l’iscrizione alla Camera di Commercio, la cui localizzazione varia in base alla residenza dell’impresa stessa. L’Agenzia delle Entrate ha spiegato che anche per il 2013 l’importo da pagare resterà invariato.

E’ tutto scritto nella nota del 21 dicembre 2012, redatta dal ministero dello Sviluppo Economico che ha spiegato come la taglia del diritto annuale camerale è immutata e dovrà essere corrisposta all’Erario in occasione della scadenza del pagamento del primo acconto delle imposte sui redditi. Insomma, tutto dovrà essere versato entro il 17 giugno 2013.

L’importo è lo stesso da due anni, da quando ne è stata definita l’entità attraverso il decreto interministeriale del 21 aprile. A pagare sono chiamate tutte le imprese iscritte o annotate nell’apposito registro che è conservato in una delle sedi della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura).

Tecnicamente, infatti, il contributo deve essere versato nella circoscrizione territoriale in cui ha sede l’azienda al primo gennaio dell’anno d’imposta. Si deve pagare entro la scadenza della dichiarazione dei redditi, ma il versamento può essere fatto anche entro i 30 giorni successivi, fino al 17 luglio, ma pagando una maggiorazione dello 0,40 per cento.

Per il pagamento occorre usare il modello F24 ed esplicitare il codice tributo “3580“. Il diritto annuale camerale ha una quota fissa che dipende dal tipo d’impresa registrata e una quota variabile calcolata sul fatturato. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono riportate le tabelle di pagamento.

Atene: la migliore borsa del 2012

 Le opzioni binarie di lungo periodo premiano la lungimiranza dell’analisi ma in alcuni casi devono arrendersi all’imprevedibilità del mercato finanziario. Leggendo i dati relativi alle borse europee si può concludere soltanto con un assunto di questo tipo.

Cosa è successo. Nei primi sei mesi dell’anno la situazione di Atene è peggiorata e le proteste in piazza hanno attirato tutta l’attenzione dei media. Parallelamente ai movimenti che potremmo definire sociali c’è stato qualche buon investitori che ha iniziato a fare man bassa di tutti i titoli presenti nella Borsa ellenica. Si tratta di investitori tradizionali, che con il loro operato hanno in qualche modo “risollevato” le finanze di Atene.

Il risultato. La corsa agli acquisti ha fatto crescere il valore dell’indice generale del listino greco che ha chiuso con un rialzo record battendo tutte le migliori piazze europee. L’indice di Atene è passato dai -500 punti di giugno ai 901 punti con cui ha chiuso il 2012.

Il che vuol dire che Atene, con il +34%, è andata anche meglio di Francoforte, Parigi o Londra che nel 2012 hanno fatto registrare rispettivamente aumenti del 30, del 15 e del 6 per cento degli indici.

Da sottolineare come la corsa agli acquisti sia stata indirettamente sostenuta dalle autorità internazionali che hanno offerto alla Grecia una vera e propria ancora di salvataggio piena di aiuti.

 

Futuro: dopo il fiscal cliff

 L’accordo sul fiscal cliff ha tenuto con il fiato sospeso l’America e quando finalmente il nodo è stato sciolto con un accordo last minute al Congresso, le borse di tutto il mondo hanno innalzato gli indici brindando al new deal di Obama.  Chi si occupa di opzioni binarie e alla fine dell’anno scorso aveva puntato tutto sul “salvataggio” americano, ha avuto modo di raccogliere i frutti dei buoni investimenti.

Adesso, però, affinché si moltiplichino i rendimenti, è bene provare ad allargare il proprio orizzonte, andando oltre il rilassamento seguito alle tensioni accumulate dal Senato e dal Congresso americani in generale. Lo stesso Obama, esortando la Camera ad approvare il testo validato dal senato, ha spiegato che l’accordo è la cosa giusta da fare ma non risolverà i problemi evidenziati dal fiscal cliff.

La direzione intrapresa dalla Casa Bianca, però, sembra essere quella giusta. Il primo problema urgente da mettere in agenda è sicuramente quello dei tagli alla spesa pubblica. L’accordo, infatti, ha sicuramente evitato che la crescita dell’economia americana si bloccasse prematuramente ma non è riuscita a risolvere le carenze strutturali e finanziare del paese.

Per questo tanti economisti sono concordi del ritenere che l’America affronterà una nuova crisi nel breve periodo. Per il momento, dunque, l’unico dato positivo in tutta la questione resta l’entusiasmo delle borse.

La crisi non tocca i grandi patrimoni: i ricchi sono sempre più ricchi

 La classifica degli uomini più ricchi del mondo, il “Bloomberg Billionaires Index”, vede ancora Carlos Slim, imprenditore messicano che è diventato il più importante impresario di telecomunicazioni nell’America Latina, al primo posto, con un patrimonio di 75,2 miliardi di dollari, dei quali 13,4 sono stati guadagnati nel 2012.

Dopo di lui il sempre presente Bill Gates con 62,7 miliardi (7 guadagnati nell’ultimo anno) e, al terzo posto, Amancio Ortega (conosciuto nel modo per essere uno dei proprietari di Zara) che, con il suo patrimonio di 57.5 miliardi (22  i miliardi guadagnati nell’ultimo anno) ha scalzato Warren Buffet, economista americano a capo della Berkshire Hathaway (50 miliardi di dollari nel 2012).

Ma ciò che stupisce di più non è solo il fatto che i ricchi continuino ad essere ricchi, ma che i loro patrimoni, a dispetto delle condizioni economiche avverse, aumentano costantemente: il patrimonio complessivo dei super ricchi è cresciuto di 241 miliardi di dollari.

Ecco la lista dei dieci uomini più ricchi del mondo:

1. Carlos Slim Helú: 75.2 miliardi di dollari
2. Bill Gates: 62.7 miliardi
3. Amancio Ortega: 57.5 miliardi
4. Warren Buffett: 47.9 miliardi
5. Ingvar Kamprad: 42.9 miliardi
6. Charles Koch: 40.9 miliardi
7. David Koch: 40.9 miliardi
8. Larry Ellison. 39.3 miliardi
9. Bernard Arnault: 28.8 miliardi
10. Alwaleed bin Talal Al Saud: 28.7 miliardi

Aiuti UE e paesi in difficoltà: quali risultati?

 Il Fondo Monetario Internazionale e l’Unione Europea hanno concesso, in totale, 530 miliardi di euro ai paesi del’Europa che si trovavano nelle condizioni peggiori per cercare di salvare queste economie e evitare, di conseguenza, un duro contraccolpo per tutti gli altri paesi. Ma che fine hanno fatto questi soldi? Quali sono stati i risultati di questa iniezione di liquidi?

La maggior parte dei fondi di aiuti sono stati destinati a finanziare i debiti delle banche. E’ successo in Irlanda, dove degli 85 miliardi ricevuti, 64 sono andati nelle casse degli istituti di credito, devastate da anni di finanza e investimenti poco oculati.

Lo stesso è accaduto anche per altri paesi, come il Portogallo, la Grecia e la Spagna dove però, nonostante gli aiuti e i dolorosi interventi dei governi sulla spesa pubblica e sulla pressione fiscale, i risultati stanno arrivando più lentamente. La situazione che preoccupa ancora è quella della Spagna, dove la ricapitalizzazione di alcune delle banche più importanti è appena avvenuta e la popolazione continua a soffrire per la mancanza di lavoro (il tasso di disoccupazione è arrivato al 25%).

Un altro Paese che sta allarmando parecchio è Cipro. Il paese, secondo Standard’s & Poor, è a serio rischio default, e potrebbe diventare la bomba ad orologeria per tutto il sistema.

 

 

Record di occupati in Germania

 L’Ufficio federale di statistica tedesco ha reso pubblici i dati sull’occupazione tedesca per il 2012: il numero medio di occupati in Germania è di 41,5 milioni di unità, con un aumento di 416 mila unità rispetto all’anno precedente. Numeri che si trasformano facilmente in percentuali: il tasso di disoccupazione della Germania per il 2012 si è assestato al 5,3%, segnando un -0,2% rispetto al 2011.

La Germania è l’unico paese in questa fetta di Europa che è riuscito a segnare un punto positivo nella lotta contro la disoccupazione che sta flagellando altri paesi come la Grecia, la Spagna e, anche se in misura, per ora, minore, l’Italia.

La Germania si conferma essere ancora la prima economia europea, quella che la crisi l’ha solo sfiorata, e che, a dispetto di tutte le altre, continua a crescere. Questo è il sesto anno consecutivo che la Germania fa registrare dati occupazionali positivi: le statistiche sottolineano come dal 2005 la popolazione attiva è aumentata del 6,8% (2,66 milioni di persone) e quella inattiva è la metà di quella del 2005 (2,34 milioni nel 2012).

Le elezioni tedesche sono sempre più vicine e per la Cancelliera questo è un ottimo risultato che la porta molto vicino ad una rielezione, soprattutto se i dati sull’occupazione si mettono in confronto con gli altri indicatori: l’inflazione nel 2012 è cresciuta del 2,1% rispetto al 2011, con un aumento dei prezzi su base mensile di solo l’1%.

Disoccupazione in aumento al Sud nel 2013

Unioncamere e Prometeia avvertono: nel 2013 poco cambierà per quanto riguarda il mercato del lavoro. Tutto è riportato nel documento Scenari di sviluppo delle economie locali italiane, realizzato dai due Enti, i cui dati parlano di un panorama difficile. I dati più preoccupanti, tanto per cambiare, riguardano il Sud Italia, fanalino di coda dal punto di vista occupazionale. Il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno dovrebbe consolidarsi intorno all’asticella del 17,9%.

In altri termini la disoccupazione al Sud aumenterà vertiginosamente di 6,5 punti in percentuale rispetto al resto della media italiana. La media nazionale, infatti, si attesterà intorno all’11,4%.

Nel frattempo, mentre Unioncamere e Prometeia fanno la conta dei danni (presenti e futuri) in Germania è record per quanto riguarda l’occupazione. Da noi, soprattutto al Meridione, è record al contrario.

Classifica regioni con tasso più alto di disoccupazione

Soffermiamoci, dunque, sulle regioni più sofferenti dal punto di vista della mancanza di lavoro.

– Calabria: 20%, è la regione con il più alto tasso di disoccupati;

– Sicilia: 19,6%;

– Campania: 19,3%;

– Sardegna: 17%;

– Puglia: 16,1%;

– Basilicata: 15,6%;

La regione con il più basso tasso di disoccupazione in Italia è, invece, il Trentino Alto Adige, il cui livello di non-lavoro si fermerà per il 2013 al 5,8%. Seguono Veneto e Valle d’Aosta.