BTp di lungo periodo se le condizioni migliorano

 L’ultima asta dei BTp italiani ha dato la possibilità al governo, agli italiani e agli investitori di riflettere sulla situazione politica dei paesi dell’Eurozona. Molti titoli, per esempio i BTp decennali, sono molto sensibili rispetto alla politica dei paesi.

Basta pensare ai BTp decennali italiani che hanno ingolosito sicuramente gli investitori dimostrando almeno due cose: che l’Italia è più affidabile rispetto a due anni fa, tanto che l’interesse su questi strumenti d’investimento è maggiore; che è giusto usare i titoli decennali per il calcolo dello spread.

Ma non basta. L’interesse rinnovato per i BTp con scadenza più lunga, ha fatto riflettere il Tesoro italiano sull’opportunità di mettere nel calendario delle aste dell’anno prossimo dei BTp ancora più lunghi, per esempio a 15 o addirittura con scadenza a 30 anni.

La situazione dell’Eurozona, confermandosi positiva, consolidata dalle prossime elezioni politiche che potrebbero allontanare il concetto di ingovernabilità, potrebbe giustificare investimenti di lungo periodo. Questo vuol dire che si prevede una nuova crescita del PIL, una situazione economica e finanziaria sicuramente migliore.

Resta soltanto un piccolo problema: se l’Italia continua ad emettere titoli, anche di lungo periodo, con 410 miliardi di euro all’asta sotto forma di BTp di diverso taglio, si conferma al primo posto tra i paesi che emettono titoli del debito pubblico nell’Eurozona. Sotto il profilo della gestione del bilancio non si tratta di una buona notizia.

Il bilancio ragionato dell’ultima asta BTp

 Si è conclusa anche l’ultima asta dell’anno per i titoli di stato italiani e con piacere si conferma che il tanto atteso rialzo dei tassi non c’è stato. Sembrava quasi che si fosse tornati indietro nel tempo fino al 2010, tanto era stata positiva la discesa dei rendimenti dei nostri BTp.

Nel dettaglio sono stati collocati 5,88 miliardi di euro di titoli di stato ripartiti in BTp a 5 anni per 2,871 miliardi di euro. Il loro rendimento è di 3,26%, ma nella precedente asta si era poco al di sotto di questa soglia visto che i rendimenti erano al 3,23 per cento.

La domanda di BTp a 5 anni è stata di 1,29 volte superiore all’importo offerto.

Torna all’asta anche il BTp a 10 anni, il titolo usato per calcolare lo spread, considerato il titolo più sensibile rispetto ai cambiamenti della politica nazionale e sovranazionale. Sono stati collocati circa 3 miliardi di euro in BTp decennali per un rendimento del 4,48%. Anche in questo caso c’è stato un lieve rialzo dal 4,45% dell’asta precedente.

La domanda di BTp decennali è stata di 1,47 volte superiore all’importo offerto. La chiusura è dunque sui livelli minimi dell’anno e si deve dire grazie soprattutto all’intervento della BCE che ha “giurato” di salvare l’euro e l’Italia stessa. Da luglio i rendimenti sono scesi di circa 2 punti percentuali.

Tre elementi per valutare il 2012

 Per fare previsioni più o meno accurate sull’andamento dei mercati azionari del 2012, occorre, adesso, fare una panoramica più realistica possibile del 2012. Ci si rende immediatamente conto che “se non è poi così brutto com’era stato previsto”, è anche perché il pessimismo nelle previsioni aveva abbassato il livello delle aspettative.

Di fatto, interpretare i dati del 2012, vuol dire prendere in esame tre dati importanti e cercare di capire come queste situazioni si evolveranno l’anno prossimo.

Il primo elemento è senza dubbio l’intervento delle banche centrali che hanno lavorato molto al consolidamento dell’euro. Basterebbe citare soltanto il lavoro della BCE che è riuscita ad evitare il default della Grecia, ha evitato che Atene uscisse dall’euro con il conseguente ritorno in Europa alle monete locali.

Il secondo elemento è proprio il pessimismo delle previsioni che ha determinato aspettative più basse così che l’anno è stato perfino archiviato come positivo. La crisi, al contrario, è nel suo momento clou ma lascia spazio alle manovre di bilancio dei paesi.

Se poi vogliamo analizzare la situazione italiana e compararla con quella europea, arriviamo al terzo elemento: la chiusura in positivo di Piazza Affari resta lontana comunque dalle performance delle borse dell’Eurozona . Tra i paesi più grandi, riesce ad avere una performance peggiore di quella italiana, soltanto la Spagna.

Aspi: cos’è e come funziona

 A beneficiare dell’Aspi, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego, saranno tutti i lavoratori che hanno maturato almeno 24 mesi di anzianità assicurativa e un anno di contribuzione nell’ultimo biennio.

Si tratta di un sostegno a tutti coloro che hanno subito le conseguenze della contrazione del mercato del lavoro nell’anno passato, anche se si trovano esclusi dal sussidio i lavoratori assunti con i contratti a progetto, gli operai agricoli, i religiosi, i dipendenti a tempo indeterminato delle PA e i giornalisti professionisti, sia praticanti che pubblicisti.

L’Aspi è erogata per 12 mesi fino al 55 anno di età e per 18 mesi superata la soglia e il suo importo è calcolato in base alla retribuzione media mensile degli ultimi due anni. La richiesta per l’erogazione dell’Aspi può essere fatta dal 1° gennaio 2013 fino al 1° aprile 2013 esclusivamente per via telematica.

Chi non ha i requisiti sopra indicati, può usufruire della Mini-Aspi, che ha un ridotto ed è erogabile per coloro che hanno maturato 13 settimane di contribuzione su 12 mesi di possibile lavoro.

Le imprese dovranno contribuire all’erogazione dell’Aspi con:

– contributo ordinario dell’1,61% fra imponibile e contributi imposti dalla legge;

– contributo del 3,01% dato dalla somma del contributo ordinario e di quello addizionale:

– contributo per interruzione di lavoro per causa diversa dalle dimissioni.

Perché conviene investire nelle obbligazioni dei mercati emergenti?

 Secondo i dati riportati dall’indice JP Morgan Global Composite, i mercati obbligazionari dei paesi emergenti hanno evidenziato un aumento del 13% in valuta locale e oltre il 16% in dollari Usa, permettendo a tutti coloro che hanno fatti questo tipo di investimento di ottenere degli ottimi rendimenti. Anche per il prossimo anno gli analisti prospettano delle ottime opportunità di guadagno.

Le principali ragioni per investire nei mercati obbligazionari dei paesi emergenti nel 2013

1. Il mercato obbligazionario ha avuto una completa rivoluzione e i bond dei paesi europei, e di tutti i paesi che hanno una tripla A, non sono più convenienti, in quanto i rendimenti sono generalmente inferiori all’uno per cento nel segmento 5 anni. I bond dei mercati emergenti, pur esponendo l’investitore ad un rischio più alto, hanno dei rendimenti sono molto più interessanti.

2. I rendimenti delle obbligazioni degli emerging market non solo saranno molto elevati in futuro, grazie agli alti tassi di crescita di queste economie, ma, secondo la maggior parte degli esperti, sono anche piuttosto sicuri. Infatti, saranno le banche centrali di questo paesi a mantenere stabili i tassi di riferimento per non scoraggiare gli investimenti dall’estero.

3. Secondo le previsioni economiche per il prossimo anno, i primi mesi del 2013 faranno registrare una buona performance dei mercati europei, che però peggiorerà dalla metà dell’anno in poi. I mercati emergenti si profilano, grazie alla loro bassa volatilità, quelli che offrono un miglior profilo rischio/rendimento.

Iva al 22% sulla gestione individuale del portafogli

 Con l’emendamento fiscale a firma dei relatori Brunetta e Barnetta, a partire dal prossimo anno, i corrispettivi della gestione individuale del portafogli saranno soggetti all’Iva, che potrà potrà essere detratta sui costi concernenti i servizi se si sceglie la contabilità separata. Dal 1° luglio 2013, poi, scatterà anche l’aumento dell’aliquota, che passerà dal 21% al 22%.

L’emendamento mette in atto una sentenza della Corte di giustizia europea del 19 luglio 2012 ( causa C-44/11 della Deutsche Bank) nella quale si legge che la gestione di un portafogli di titoli non può essere esentato dal pagamento dell’Iva se l’istituto che lo gestisce, oltre a fornire la compravendita dei servizi finanziari, fornisce anche analisi e custodia del patrimonio, in quanto si tratta di una attività remunerata.

Secondo l’emendamento dell’articolo 10, primo comma, n. 4) del Dpr 633/1972, viene confermata l’esenzione dell’Iva

per le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, oltre che a valori mobiliari e a strumenti finanziari diversi dai titoli, incluse le negoziazioni e le opzioni.

Per quanto riguarda la contabilità separata per l’esenzione potrà essere effettuata per

i soggetti che svolgeranno sia il servizio di gestione individuale di portafogli, ovvero prestazioni di mandato, mediazione o intermediazione relative al predetto servizio, sia attività esenti da Iva.

Edilizia, persi 500.000 posti di lavoro in 4 anni

Non c’è pace per il settore dell‘edilizia. Da più parti sentiamo dire che si tratta di uno di quei comparti destinati a trainare l’economia italiana, sempre più soggetta ad una crisi di natura morale e occupazionale.

Il mercato immobiliare, però, stenta a decollare e, anzi, finisce sempre più in un baratro dal quale non si vede neanche un minimo spiraglio di luce.

La Cgil ha ben fotografato la situazione in corso, in un quadro che si protrae da ben quattro anni.

Il verdetto, sempre più definitivo e sempre meno provvisorio, è il seguente: il settore dell’edilizia italiana appare stremato, al capolinea e senza possibilità di sbocchi positivi per le costruzioni in virtù di una mancanza sempre più significativa della domanda.

Non c’è da girarci intorno più di tanto, giacché la causa principale della forte inversione di tendenza che si verifica da quattro anni a questa parte per un settore che fino al 2008 era lanciatissimo, è sempre la stessa. Parliamo, naturalmente, della crisi economica. Una fase di collasso che implica da ormai qualche tempo a danni di ordine strutturale e congiunturale.

Così, il settore costruzioni, si avvia inesorabile a concludere anche il 2012 in peggioramento, e senza grossi lasciare spiragli per il prossimo anno.

Chiaro e conciso l’attacco di Schiavella della Cgil alle istituzioni. “La situazione è preoccupante – afferma uno dei massimi esponenti del sindacato – e il governo continua a non azzeccarne una per rilanciare il settore”.

L’edilizia perde colpi su colpi, in particolar modo nelle regioni del Sud. Oltre a ciò, va fatta la conta dei danni anche per quanto riguarda il marcato apporto del comparto all’occupazione. Il record del crollo dei posti di lavori si registra in Sardegna nella provincia di Sassari, dove si è giunti ad un pesante passivo (-47%).

Conferma il triste dato, allargandolo a tutta la Penisola, la Cgia di Mestre, secondo la quale nell’anno che volge al termine sono rimaste senza lavoro più 600mila persone.

Evasione fiscale, a marzo il nuovo redditometro

La lotta all’evasione fiscale procede spedita. Così come nel 2011, sono stati introdotti anche quest’anno nuovi strumenti atti a combattere chi non paga le tasse.

Tra questi c’è l’ormai famoso redditometro, il quale sarà attivo tra marzo e aprile 2013.

Uno strumento semplice e semplificato, in linea con una serie di adempimenti che l’anno prossimo dovranno essere migliorati o drasticamente eliminati. Gli ultimi dodici mesi per l’Agenzia delle Entrate sono stati intensi intensi, carichi di lavoro e densi di polemiche. Polemiche pericolose che hanno messo amministrazione fiscale e opinione pubblica spesso agli antipodi.

Dal punto di vista dei risultati, però, l’anno si chiude molto positivamente per quanto concerne la lotta all’evasione.

Giulio Lampone, direttore centrale dell’Accertamento, parla di ottimi recuperi, pari a circa 11 miliardi di euro.

Negli ultimi anni, in generale, si è verificato un importante progresso degli importi recuperati dalla lotta all’evasione fiscale. Nel 2007 i miliardi entrati si aggiravano complessivamente intorno ai 6,4, l’anno dopo sono stati raggiunti i 7. Tre anni fa è stato fatto registrare un significativo passo in avanti, grazie a 9,1 miliardi in cassa, e poi ancora progressi Si è arrivati a 11 miliardi nel 2010 e a 12,7 lo scorso anno. Quella di quest’anno è una leggerissima flessione, dovuta anche ai rapporti con Equitalia per il disbrigo di alcune pratiche.

Autostrade più care dal primo gennaio 2013

In arrivo per i pedaggi c’è un aumento medio del 3,90%. L’aumento potrebbe anche essere più elevato, al punto da toccare in Valle D’Aosta il 14% e in Veneto il 13%. Tutto è disciplinato nei decreti ministeriali, che fungono da lasciapassare per i rincari chiesti dalla Società Autostrade. Rincari obbligatori, per via degli investimenti fatti dalle concessionarie negli ultimi tempi.

Ecco, dunque, un’altra piccola stangata per le tasche degli italiani, con particolare riferimento a coloro che sono soliti viaggiare per raggiungere il proprio posto di lavoro. Il rincaro è ormai tradizione, da tre anni a questa parte. Il bacino degli aumenti varia rispetto alla zona.

In media l’aumento sarà del 3,55% sulla Milano-Roma-Napoli, omogeneo visti gli accordi tra le concessionarie.

Entrando nel dettagli, Autostrade per l’Italia controlla alcune società e gestisce concessioni particolari, le quali faranno si che ci sarà una particolare tipologia di aumenti per quattro zone. Le zone in questione sono:

– Tangenziale di Napoli;

– Traforo del Monte Bianco;

– Autostrade Meridionali;

– Raccordo della Valle d’Aosta (in quest’ultimo caso, in base alle richieste di una delle concessionarie valdostane si registrerà un incremento attorno al 14%.

Per quanto concerne, invece, l’autostrada tirrenica l’aumento dovrebbe oscillare tra il 4 e il 5%.

Queste sono le richieste formalizzate, ora bisogna vedere se sarà effettivamente così dal primo gennaio 2013.

Italia, il 70% delle imprese ha problemi di liquidità

Il male comune che affligge il 70% delle imprese italiane è la mancanza di liquidità. La causa di ciò è il ritardo dei pagamenti, che provocano perdite per mancati incassi pari a 40,5 miliardi di euro su base annua. Una prassi tipicamente italiana, presa in considerazione dalla Cgia di Mestre per spiegare l’altra faccia della crisi.

Un problema che si verifica spesso e che trova alla sua radice una particolarissima metodologia di pagamento. Le transazioni commerciali con altre imprese e con la Pubblica amministrazione hanno tempi complicati e prassi ortodosse.

Ci vogliono ad esempio 96 giorni prima di effettuare una transazione commerciale con altre imprese. Il saldo arriva dunque dopo più di tre mesi. Quando di mezzo ci sono le pubbliche amministrazioni si aspetta anche fino a 6 mesi.

Non migliora la situazione se si considera il rapporto tra aziende italiane e partner economici che afferenti all’Unione Europea.

Le imprese che ne escono peggio sono senza dubbio le piccole e le medie. Un malcostume che però dovrebbe terminare a breve, quello italiano. Giuseppe Bortolussi, Segretario Cgia, spera nella Direttiva Europea che combatte il ritardo dei pagamenti.

Questa disciplina pone il committente nel vincolo di pagare l’azienda entro trenta giorni dal momento in cui riceve la merce o dal momento in cui l’azienda emette fattura. 

Bortolussi non accetta compromessi o anomalie: “Chi lavora deve essere pagato in tempi certi e ragionevoli. Chi, invece, non rispetta gli accordi subirà delle sanzioni economiche di tutto rispetto”.