Wall Street: piccoli passi avanti

 La borsa americana ha resistito bene ai due eventi che hanno caratterizzato l’inizio della settimana: la crisi politica italiana che ha sconquassato le borse europee e poi anche il rilancio del fiscal cliff che dovrebbe arrivare ad una conclusione entro qualche ora.

Ma cosa sta salvando davvero Wall Street? Gli analisti parlano della nuova attenzione che l’America rivolge all’Asia e al proprio prodotto interno lordo. Il Dow Jones archivia una seduta in cui nella maggior parte del tempo ha oscillato tra i 13170 e i 13190 punti, guadagnando lo 0,15 per cento.

Non c’è entusiasmo per questo risultato e la seduta di contrattazioni di Wall Street, rispetto a quanto sta accadendo nel resto del mondo, in Europa e in Italia, è davvero da sbadiglio. Forse questa impermeabilità a quel che succede dall’altra parte dell’oceano, per l’America, dipende dalla verità contenuta nelle parole di Christine Lagarde.

Il presidente del Fondo Monetario Internazionale, infatti, ha sottolineato che i problemi dell’America non sono in Europa, visto che è più urgente risolvere il fiscal cliff,

Intanto cresce anche il Nasdaq sul quale non incide il ribasso del titolo Apple. L’azienda di Cupertino – che non attraverso certo un buon periodo – ha subito il taglio di target price da Jefferies.

Derivati ancora senza regolamentazione

 Sono tutti d’accordo ma alla fine non si fa assolutamente niente per mettere un freno alla speculazione sui prodotti finanziari derivati.

Bisogna regolamentare l’attività degli istituti di credito sui derivati, praticamente ce lo sentiamo dire da quando le banche hanno assunto un atteggiamento molto più aggressivo per incrementare la liquidità nei loro forzieri. Che siano necessarie delle regole lo sanno tutti, le banche centrali, gli economisti, i politici, e sono tutti d’accordo in Europa e in America.

Dopo la crisi Lehman Brothers, la questione si è fatta più urgente ma i buoni propositi di tutti non si sono ancora trasformati in attività decise.

Basta pensare a due eventi che hanno caratterizzato la cronaca finanziaria nelle ultime settimane: la Deutsche Bank  è stata accusata di aver registrato perdite fino a 12 miliardi di euro. Il j’accuse arriva da un ex analista della banca tedesca che fa riferimento ai traffici finanziari tra il 2007 e il 2010.

Tenuto conto dei tempi non si esclude che molte attività sui derivati siano ancora in essere. In effetti, anche più che in passato, le attività delle banche europee sui contratti derivati, sono corpose e non diminuiscono, anzi, hanno raggiunto livelli pre-Lehman.

I rischi di queste attività sono stati scandagliati di recente nel rapporto R&S Mediobanca.

Vola McDonald’s all’inizio della settimana

 Il fiscal cliff, ormai da troppo tempo, sta rallentando gli scambi di Wall Street. Questa settimana, però, è iniziata all’insegna dell’ottimismo visto che si spera di mettere un punto al negoziato che oppone le due diverse fazioni del Congresso.

L’entusiasmo di Wall Street nasce anche dalla considerazione della nuova manovra della Federal Reserve che intende sostenere lo sviluppo del mercato proseguendo con le sue azioni di stimolo. In più la borsa americana è riuscita a resistere al trambusto europeo.

Le notizie sulla condizione italiana non sono certo piacevoli per gli indici valutari, ma tengono bene il Dow Jones che guadagna lo 0,11 per cento, lo Standard & Poor’s 500 che guadagna lo 0,03 per cento e anche il Nasdaq che cresce dello 0,3%.

Intanto Obama ci mette del suo spiegando che intende portare in campo qualsiasi iniziativa in grado di evitare l’aumento delle tasse automatico e i tagli alla spesa e chiede che nei prossimi documenti siano invece inserite le imposte sui redditi più elevati.

Sotto il profilo azionario cresce molto il titolo McDonald’s sulla base delle vendite positive registrate a livello globale nel mese di novembre. Le azioni del colosso dei fast food hanno guadagnato l’1 per cento. La ripresa del titolo va di pari passi con le risposte positive del comparto tecnologico che nell’ultimo periodo era stato un po’ stressato.

Al London Metal Exchange volano rame e zinco

 Il mercato dei metalli di Londra, la scorsa settimana, ha aperto in aumento grazie al picco di valutazioni per il rame e per lo zinco. Tutto nasce da sentimenti positivi all’indirizzo della Cina. Ma cosa c’entra la Cina con i metalli?

Il London Metal Exchange ha vissuto un nuovo momento positivo, una specie di fiammata, legata al sentiment nei confronti della Cina che quest’anno deve arrendersi, dicono gli esperti, ad un rallentamento nella crescita. Eppure, come la rielezione di Obama in America, anche in Cina influisce molto la decisione del leader del partito Xi Jinping, il quale ha annunciato che non modificherà le politiche macroeconomiche.

Questo vuol dire che la Cina si avvia verso una nuova fase di espansione attraverso la programmazione di interventi decisi che stimolino la crescita del paese. Per esempio pare si voglia forzare il processo di urbanizzazione del paese e si vogliano stimolare gli investimenti eteri in Cina.

Chi deve portare soldi a questo paese ci crede, anche se i numeri vanno nella direzione opposta a quella delle sensazioni. Fatto sta che il mercato londinese dei metalli reagisce positivamente alle notizie che arrivano dalla Cina e della situazione approfittano le quotazioni di zinco e rame. Lo zinco raggiunge i livelli massimi da due mesi a questa parte e a niente serve sapere che le giacenze nei magazzini hanno raggiunto 1,231 milioni di tonnellate.

Oro in frenata secondo Goldman Sachs

 Anche un investitore disattento si sarebbe accorto di questo particolare: nonostante si vociferi da tempo della corsa all’oro delle nazioni e degli investitori e nonostante si giustifichi con la crisi il rialzo delle valutazioni del metallo giallo, il prezzo di questa materia prima resta pressoché stabile con lievissime oscillazioni.

Ecco allora che il sentimento espresso da Goldman Sachs sembra nelle corde di tale percezione. La banca d’affari americana, infatti, ha iniziato ad abbassare le previsioni sul prezzo futuro dell’oro. Mediamente ci saranno dei piccoli rialzi ma l’ascesa non sarà vertiginosa come si pensava un po’ di mesi fa.

Anzi, chi sta cercando di capire quel che succederà l’anno prossimo, deve tener conto del fatto che nel 2013 il trend rialzista del metallo finirà e nel 2014 il prezzo medio dell’oro si assesterà sui 1750 dollari l’oncia.

Goldman Sachs è sostenuta nella sua idea sull’oro anche dalle considerazioni di altre banche, per esempio il gruppo BNP Paribas che dal 2014 si aspetta che ci sia un calo dei prezzi come non si vedeva da 14 anni a questa parte.

Sull’altro fronte, di quelli che sperano e credono nei rialzi del prezzo dell’oro, ci sono l’Union Bancaire Privée e la Mps Capital Service. Entrambe vedono l’oro raggiungere il picco massimo di 2000 dollari l’oncia nel giro di due o tre anni.

La fattura dice se l’acquisto è privato o per la ditta

 Il recepimento della direttiva europea che disciplina la fatturazione è avvenuto nel decreto salva infrazioni. Il recepimento doveva essere simultaneo in tutti gli stati membri dell’Unione ma l’Italia si è fatta attendere. Adesso le nuove regole dovranno essere rispettate a partire dal primo gennaio 2013.

Una parte della normativa è stata già assorbita ed è attiva dal primo dicembre 2012, giorno in cui sono entrate in vigore le nuove regole sull’IVA per cassa che comunque comportano modifiche sostanziali in relazione ai pagamenti e alla detrazione sugli acquisti del contribuente.

Abbiamo già parlato delle regole generali per l’IVA contenute nel decreto salva infrazioni, abbiamo anche approfondito il tema dei tempi della fatturazione e quello delle indicazioni obbligatorie da inserire. Adesso passiamo a considerare il tipo di operazione IVA.

Uno degli obiettivi della normativa europea, infatti, è quello di qualificare l’acquisto fatto dai clienti, classificandolo sulla base del loro reale utilizzo. Per esempio, in Italia, nel momento in cui un possessore di partita IVA agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione, deve usare sempre e necessariamente la partita IVA. Nel caso in cui agisca per acquisti privati deve invece indicare soltanto il codice fiscale. La stessa cosa capita per gli enti non commerciali.

Tutti dovranno sempre indicare se si tratta di un acquisto personale o istituzionale.

Fattura semplificata: sempre il codice del cliente

 Il decreto salva infrazioni emanato dal Governo sta mettendo ordine nel settore IVA disciplinando in modo nuovo il ciclo di fatturazione e trasmissione della fattura. L’Italia ha impiegato circa due anni per adeguarsi ad una normativa europea che adesso chiede ai titolari di partita IVA di rispettare le nuove regole già dal primo gennaio 2013.

Abbiamo parlato delle modifiche generali e dei tempi di fatturazione che si sono leggermente allungati, adesso entriamo del dettaglio dell’indicazione dei clienti, visto che il decreto governativo ha praticamente riscritto l’articolo 21 del Dpr 633/72.

La prima cosa da tenere a mente che è diventato obbligatorio indicare il codice della partita IVA del cessionario o del committente. Fino ad oggi, invece, era necessaria l’indicazione soltanto per le cosiddette fatture in reverse charge, o per quelle emesse verso gli operatori comunitari.

Oltre al codice della partita IVA, deve essere indicato il codice fiscale nel caso in cui il destinatario della fattura non agisca nell’esercizio d’impresa, arti e professioni.

Nel decreto salva infrazioni sono state indicate anche le diciture da inserire nel caso in cui non ci sia il classico addebito d’imposta. Sarà infatti necessario indicare se l’operazione fatturata è, a seconda dei casi, non imponibile, non soggetta, esente o sottoposta a regime speciale.

Inversione contabile è invece la dicitura da usare nel caso delle operazioni extraterritoriali.

Ritoccata la normativa sulle fatture IVA

 Il nostro Governo ha varato il cosiddetto “decreto salva infrazioni” ed ha recepito una normativa comunitaria del 2010 che adesso impone di rivedere le regole generali dell’IVA e le regole che disciplinano gli scambi intracomunitari.

La materia è molto complessa e per adeguarsi l’Italia ci ha messo anche un bel po’, parliamo di ben due anni. Adesso è richiesto che ci si adatti alle nuove regole entro il primo gennaio 2013. La normativa introdotta vale per tutti i contribuenti che dovranno modificare il loro comportamento riguardo certificazione delle operazioni e registrazione.

Sulla base della direttiva europea sono introdotte delle regole per la fatturazione e s’inizia a parlare di fatturazione elettronica visto che in futuro tutto dovrà essere gestito elettronicamente.

Per quanto riguarda le operazioni attive, il decreto obbliga i contribuenti IVA ad emettere fattura anche in caso di cessioni o prestazioni non territoriali rese a soggetti passivi debitori dell’imposta in un altro Stato UE. La regola vale anche per le operazioni fatte fuori dall’Unione Europea, a prescindere dal luogo di stabilimento e dallo status del richiedente.

Il legislatore ha approfondito la pratica del ciclo passivo di fatturazione ed è intervenuto sugli aspetti cartolari della fattura, nonché sugli adempimenti collegati alla fatturazione. Per esempio è stata riformata la tempistica e le fatture devono essere emesse entro il 15 del mese successivo a quello dell’operazione.

La misurazione del rischio

 Ogni diversa attività finanziaria ha un suo grado di rischio che dipende dalla sue caratteristiche. Ad esempio, i titoli obbligazionari sono considerati, in base al fatto che non sono volatili, degli investimenti a basso rischio, mentre le azioni, che, invece, sono profondamente influenzate dall’andamento del mercato, sono considerati come investimenti ad alto rischio.

Poi, all’interno delle classi di attività finanziarie, per capire come diversificare al meglio il proprio portafogli, è necessario definire il rischio di ogni singola attività scelta, ed è possibile farlo attraverso tre concetti fondamentali: probabilità, valore atteso e variabilità.

Probabilità

Definita come la misura del possibile verificarsi di un determinato esito, la probabilità può essere definita oggettivamente (calcolando la frequenza con cui certi eventi tendono a verificarsi) o in modo soggettivo, ossia attraverso la percezione individuale che può essere basata, anche in questo caso, sull’analisi del pregresso storico o in base a valutazioni esclusivamente personali.

Valore atteso

Si calcola attraverso la media ponderata dei payoff (valori associati ai possibili esiti) associando ad ogni esito un peso diverso in base alla probabilità stimata.

La formula matematica per il calcolo del valore atteso è

Valore atteso = Pr (successo) x (valore associato al successo) + Pr (fallimento) x (valore associato al fallimento)

Variabilità

La variabilità misura le differenze dei diversi esiti attesi. E’ un concetto tanto importante quanto difficile, che si avvale, per il calcolo, dello scarto quadratico medio delle deviazioni di tutti i possibili payoff dalla media del payoff effettivo.

Ue: banche non in grado di definire l’Euribor

 L’Euribor è una faccenda seria che non può essere lasciata in mano alle banche. Questo è il monito dell’Unione Europea che ha intenzione di toglierne il controllo alla Federazione bancaria europea per affidarlo a una autorità che risponderà direttamente alla Ue e che sarà, almeno in via formale, esterna alle logiche bancarie.

La comunicazione fatta dall’Unione prende avvio dalla situazione poco chiara che si è andata delineando in questi ultimi tempi, soprattutto dopo gli scandali bancari avvenuti in Gran Bretagna e in America.

Le banche tremano: sta arrivando un’accusa pesante, quella cioè di aver creato un cartello per manipolare questo tasso, attraverso il quale si determina il tasso di interesse preso come riferimento per il calcolo delle rate sui mutui e il valore di diversi prodotti finanziari.

Tra le banche che potrebbero essere indagate (almeno secondo quanto riporta il Wall Strett Journal) sono: Credit AgricoleSociété GénéraleHSBC e Deutsche Bank.

Tutti grandi istituti che hanno collaborato per manipolare e concordare il tasso, a discapito dei cittadini, ai quali sarebbero state anche pignorate le case che non sono state in grado di pagare proprio perché il tasso era troppo alto.

Per ora nessun istituto italiano è stato nominato, ma potrebbero anche essere coinvolte le quattro banche italiane che fanno parte della European Banking Federation: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Ubi Banca.