Anche le fondazioni bancarie pagheranno l’IMU

La notizia è che anche le fondazioni bancarie pagheranno l’Imu. Il governo è a lavoro sulla Legge di Stabilità che è in procinto di avviarsi alla sua conclusione. Si discute di costi della politica e di Imu per enti no profit, con una decisione presa e una rinviata. Il decreto sui costi della politica salta alla prossima settimana, come stabilito ieri al Senato. Nel frattempo sul saldo dell’Imu da parte degli enti no profit si è deciso. Il testo tornerà però alla Camera.

L’emendamento al decreto sui costi della politica ha reso noti tutti i chiarimenti circa la questione del pagamento dell’Imu da parte delle fondazioni bancarie e per gli enti no profit. Per gli immobili della Chiesa adibiti ad attività lucrative l’Imu è contemplata, così come per gli altri enti no profit e le fondazioni bancarie. Il regolamento diventa legge e quindi non si potrà più ricorrere al Tar.

Gli immobili delle fondazioni bancarie sono quindi sottoposti al pagamento dell’Imu. Il presidente dell’Associazione delle fondazioni Giuseppe Guzzetti si è lamentato di questa decisione affermando che:

“E’ una discriminazione incostituzionale: le fondazioni usufruiscono di un’esenzione non in quanto tali, ma in quanto enti che svolgono un’attività non profit”.

La critica consiste nel fatto che si potrebbe giungere a diminuire l’attività sociale degli enti no profit. Ecco cosa ha detto Guzzetti:

“Lo stato sociale va in malora e noi ed il terzo settore siamo impegnati per ridurre il disagio che esiste nel Paese”.

Disoccupazione, cifre da record a Ottobre

 Si registra l’ennesimo record negativo per l’Italia. L’Istat rilascia i dati di ottobre per quanto riguarda la disoccupazione. Il tasso attualmente si attesta intorno all’11,1%.

Non succedeva dal 2004. La condizione è ancora più grave se si considera che il 36,5% dei giovani è senza lavoro.

Così siamo sempre più inoccupati e con sempre meno risorse a disposizione. Ottobre lascia un tasso di disoccupazione che ha superato una soglia limite e preoccupa. In aumento di 0,3 punti in percentuale rispetto a settembre. Soprattutto, inoltre, in rialzo di 2,3 punti rispetto allo scorso.

Le rilevazioni sono dell’Ente di Statistiche più noto d’Italia, che afferma che sono ‘solo’ dati stagionali e provvisori è solo una magra consolazione.

L’Istat dichiara che quello sulla disoccupazione attuale è il “tasso più alto da gennaio 2004. Osservando le serie trimestrali si tratta del maggiore tasso dal primo trimestre ’99. In valore assoluto i disoccupati sono 2,87 milioni”

Non differente, anzi ancora peggiore, la condizione dei giovani italiani. Il 36,5% di coloro che sono compresi in questa fascia non ha un lavoro. Tra i 15 e i 24 anni le persone in cerca di lavoro sono 639.000. La speranza è che nei prossimi mesi la crisi diminuisca, lasciando ampio respiro a nuove manovre e nuovi sbocchi. Al momento l’Italia si conferma un Paese che non offre futuro.

 

Il tetto al tasso te lo dà la Banca Popolare di Mantova

 La Banca Popolare di Mantova, attraverso Mutuionline, offre un  prodotto con condizioni promozionali rivolto ac chi, alla scadenza del piano d’ammortamento, non ha superato i 75 anni d’età. Il mutuo in questione può essere erogato per l’acquisto della prima o della seconda casa ma anche per la copertura delle spese di ristrutturazione dell’immobile.

Tecnicamente si tratta di un mutuo a tasso variabile con cap che offre un loan to value abbastanza basso per dare ancora più tutele agli interessati. La Banca Popolare di Mantova, infatti, finanzia fino al 70 per cento del minore tra importo di acquisto e valore di perizia.

Il limite finanziabile potrà essere esteso anche all’80 per cento se il rapporto tra la rata del mutuo e il reddito netto degli aspiranti mutuatari è uguale o minore del 25% e se il reddito netto complessivo dei richiedenti è di almeno 3000 euro.

Il mutuo può essere rimborsato in 10 o 30 anni. Il tasso da considerare è un variabile per tutta la durata del finanziamento ed è dato dalla domma tra l’Euribor di periodo e lo spread del 3,65% fino ad un cap massimo di 6 punti percentuali.

Queste condizioni però saranno valide soltanto per le richieste di mutuo inserite entro il 31 gennaio 2013 con erogazioni che non vanno al di là del 29 marzo 2013. La scheda completa del mutuo si può visionare su Mutuionline.

Mutuo BY variabile a tasso decrescente

 La società ByYou, partecipata da Ubi Banca, propone un tasso molto interessante per la formula descritta: si tratta di un mutuo a tasso variabile a tasso decrescente. Vediamo insieme le caratteristiche di questo prodotto considerato tra le migliori proposte in circolazione da Mutuisupermarket.it.

Il TAEG di questo mutuo, che somma il costo degli interessi, alle spese iniziali, alle spese ricorrenti e all’imposta sostitutiva è del 4,20 per cento. Il tasso di partenza è del 3,81 per cento. Si deduce che i costi da corrispondere per il prodotto sono abbastanza altri. 

Infatti nel dettaglio della scheda di scopre che l’aspirante mutuatario deve pagare 3352 euro di spese iniziali per coprire l’istruttoria della pratica (2800 euro), la perizia (275 euro) e l’assicurazione scoppio e incendio che è obbligatoria.

Quel che colpisce sono i 1200 euro di spese ricorrenti, ben 4 euro per le spese amministrative per ogni rata. Non va dimenticata l’imposta sostitutiva che è almeno di 350 euro.

E allora quali sono i vantaggi del prodotto? Secondo Mutuisupermarket.it sono nella flessibilità del prodotto, nell’addebito della rata sul conto corrente e dell’opzione di passaggio al fisso praticamente gratuita.

Veniamo al calcolo del tasso. S’inizia con un tasso variabile indicizzato all’Euribor 1 mese/360 cui si deve aggiungere uno spread massimo del 3,70%. Ogni cinque anni lo spread poi decresce di 5 b.p.

 

Industria europea in allarme per l’accordo con il Giappone

 

 Secondo l’Associazione europea dei costruttori Acea un accordo di tale portata con il Giappone mette in serio pericolo la ripresa del settore dei veicoli a motore in Europa, uno dei comparti economici che ha maggiormente risentito della crisi. Si stima che 35-73.000 persone potrebbero perdere il loro posto di lavoro.

Una prospettiva tutt’altro che rosea, che era stata già contestata dai produttori europei. Sergio Marchionne, in qualità di presidente Acea, aveva già chiesto il congelamento dei negoziati con Tokio, almeno fino a che la l’attuale fase di difficoltà del settore auto europeo non fosse stata superata.

Richiesta rigettata dalla Commissione Europea, in quanto i precedenti accordi con il paese del Sol Levante prevedono che nel caso in cui le barriere non tariffarie non vengano eliminate entro un anno, l’Unione Europea può, anche nell’eventualità di trattative già in corso, interrompere i rapporti in tal senso.

Clausola che è stata confermata dai ministri del commercio di tutti gli stati membri che rassicurano che la fine delle trattative potrebbe arrivare anche fra parecchi anni. Se le trattative andranno in porto per l’Eurozona  si prevede una crescita del PIL di almeno l’1%, con un aumento delle esportazioni europee di un terzo, il che porterebbe ad un incremento addizionale di 400mila posti di lavoro in Europa.

Befera sulla lotta all’evasione fiscale

 Gli strumenti messi in campo per la lotta all’evasione fiscale sono numerosi. In ultima istanza è stato anche varato il famoso Redditest che dovrebbe portare allo scoperto le situazioni incongrue. Secondo Attilio Befera, però, deve cambiare ancora l’approccio all’evasione fiscale.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate intervenuto in un convegno che si è tenuto a Palermo, nella direzione regionale siciliana dell’Erario, ha spiegato che occorre ripartire dal rapporto tra il Fisco e i contribuenti. Deve essere promosso e rinsaldato un rapporto di fiducia.

Non basta però ottenere il sostegno dei contribuenti. All’unanimità, le forze coinvolte nella lotta all’evasione come l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la Guardia di Finanza e il mondo accademico stesso per la parte d’analisi, dicono che deve essere modificato l’approccio al problema.

Ovvero la lotta all’evasione fiscale non può più fondarsi sulla repressione e sulla punizione degli evasori ma va affrontato come un problema di civiltà e per questo è molto importante consolidare anche le azioni preventive.

Le parole di Befera all’apertura del convegno, sono riassuntive:

“L’evasione fiscale non va vista sotto un aspetto meramente economico – ha sottolineato il numero uno delle Entrate – ma va affrontata per quello che è: un problema di civiltà. Parlare di fedeltà fiscale in Italia sembra quasi un’utopia; io, invece, credo che, considerato il lavoro che svolgiamo con tutti gli altri interlocutori qui presenti, sia una speranza. Ci stiamo impegnando perché il rapporto tra cittadini e Fisco sia un rapporto di trasparenza, professionale, un rapporto che per decenni è stato conflittuale. L’altra cosa a cui tengo molto come cittadino è che una parte di quanto viene recuperato sia restituito ai contribuenti virtuosi.”

Principio di cassa anche per gli amministratori

 La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha legiferato in materia di principio di cassa allargato ad una serie di professioni tra cui rientra anche quella dell’amministratore.

Non esiste una norma particolare che assimila al reddito da lavoro dipendente, i compensi percepiti dagli amministratori, per questo, secondo il legislatore, è divenuta necessaria l’estensione del principio di cassa anche ai compensi degli amministratori.

Il riferimento normativo è il Dpr numero 917 del 1986 che assimila ai redditi di lavoro dipendente anche le somme e i valori che sono percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, nell’esercizio della funzione di amministratori, sindaci, revisori di società, associazione ed altri enti che possono avere o meno personalità giuridica.

Il riferimento normativo è stato riportato dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 2012 numero 15241. Sotto la lente d’ingrandimento dei porporati ci sono finiti i compensi dei sindaci, i premi assicurativi, i compensi degli amministratori, ma anche la ricerca, l’addestramento e la formazione, nonché le operazioni di esportazione delle merci.

Non è una normativa “nuova”, ma è molto ben formulata e chiara, così che le conclusioni raggiunte possano essere condivise e messe in pratica fin da subito. Invece che legiferare ex novo, stavolta è stato preferito fare delle assimilazioni, tra l’altro molto pertinenti.

Lagarde: priorità all’unione bancaria

 Christine Lagarde ha parlato ieri alla conferenza sull’Eurozona promossa dal ministero delle finanze francesi e, anche in accordo con quanto già espresso da Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, dice che la crisi nella zona dell’Euro non è ancora terminata e che tutti i paesi della moneta unica devono ancora lavorare sulle giuste contromisure da mettere in atto, prima tra tutte l’unione bancaria.

Lagarde sostiene anche che ciò che hanno fatto i governi coinvolti fino ad ora ha portato a grandi risultati, ma la strada da percorrere è ancora lunga

La situazione economica nella zona euro resta fragile. La forte recessione nei Paesi periferici della zona euro persiste, e ha causato effetti anche nei Paesi partner, soprattutto in materia di disoccupazione. L’area euro deve dotarsi di politiche economiche “asimmetriche” quando necessario, con i Paesi in surplus che, attraverso l’aumento dei redditi reali, possono sostenere la crescita di quelli in deficit.

L’unione bancaria è quindi una priorità, in quanto si configura come l’unico sistema per evitare che gli shock a livello nazionale diventino sistemici. Il passo successivo è quello della ricapitalizzazione delle banche profittevoli ma sotto capitalizzate, che dovrebbe anche prevedere una stessa supervisione per tutti gli istituti dell’Eurozona.

Non deve avvenire che il processo di unione bancaria sia frammentato: deve esserci chiarezza sul calendario, sulle misure, sulla coerenza del processo. Ciò è necessario per una chiarificazione del paesaggio nell’Eurozona e per spezzare il circolo perverso tra crisi del debito sovrano e crisi bancaria.

La Cassazione sulla simulazione del credito IVA

 La Corte di Cassazione è stata costretta ad intervenire su un caso di simulazione del credito IVA di una società. La sua decisione è stata perentoria: è un reato di pericolo e non di danno la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte tramite una simulazione di credito IVA prima dell’inizio della riscossione.

La sentenza che legifera in proposito è la numero 45730 del 22 novembre. Riepiloghiamo il fatto.

I rappresentanti legali di alcune società di capitali erano stati indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il Gip aveva quindi disposto il sequestro preventivo dei beni delle società degli indagati. Il tribunale del riesame ha confermato la sentenza.

La conferma è arrivata dopo aver considerato che la truffa ai danni dell’Erario era stata molto articolata ed erano stati simulati dei contratti di compravendita tra società collegate. Il bene scambiato era un complesso immobiliare, ma in realtà non è stato documentato alcun passaggio di denaro tale da giustificare il credito IVA.

In questo caso specifico era stata simulata anche la riorganizzazione aziendale delle varie aziende per rendere più gestibile la falsa operazione finanziaria ed evitare azioni esecutive dei giudici. Per questo gli indagati, pur colpevoli, hanno fatto ricorso.

La Cassazione lo ha respinto ribadendo la natura fraudolenta dell’operazione.

 

La tassazione sulle opzioni binarie

 Un interessante articolo di FiscoOggi enuclea le caratteristiche e la storia delle opzioni binarie introdotte ufficialmente nel mondo della finanza soltanto nel 2008. Oggi si è ritenuto necessario comprendere più a fondo come tassare le rendite che arrivano da questi strumenti d’investimento.

Piccola storia delle opzioni binarie. Le opzioni binarie sono state introdotte nel mondo finanziario nel 2008 all’interno della Chicago board options exchange. I nuovi strumenti sono apparsi subito molto all’avanguardia nella cornice del trading, oltre che facili da usare e ad alto rendimento.

Una definizione più tecnica. Le opzioni binarie sono dunque strumenti d’investimento ma a livello fiscale, anche per la definizione della tassazione delle rendite, come devono considerarsi? Il trading binary è uno strumento finanziario derivato che si basa sull’andamento di una certa variabile (che siano quotazioni, tassi di cambio, prezzi delle merci e via dicendo) ma non la influenzano direttamente.

La tassazione. La Commissione Europea ha specificato nel 2010 che siccome le opzioni binarie sono strumenti derivati corrisposti in capitale, possono essere considerate strumenti finanziari e devono essere trattati come tali anche per quanto riguarda l’imposta da applicare.

Se la Consob in Italia non autorizzerà i broker ad intervenire nel nostro paese, i trader dovranno accontentarsi di usare broker esteri per cui l’unico regime fiscale applicabile è quello dichiarativo e deve essere corrisposta un’imposta pari al 20 per cento sulle plusvalenze.