Budget ristretto per Natale, regali a rischio contraffazione

 Secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dell’indagine «Xmas Survey 2012» di Deloitte, per questo Natale 2012 il budget medio a disposizione dei cittadini italiani per i regali da mettere sotto l’albero è di poco più di 260 euro a testa (sono stati stimati 263,6 euro a persona).

Si tratta di una riduzione del budget del 9% rispetto allo scorso anno, il che mette a dura prova l’ingegno degli italiani per la scelta e l’acquisto dei doni. Secondo la Coldiretti, questa ennesima diminuzione del budget disponibile, fa crescere il rischio che la scelta ricada su oggetti contraffatti che permettono di risparmiare molto rispetto ai prodotti originali.

Di questi 260 euro, il 39% sarà destinato all’acquisto di regali per i bambini, per i quali si sceglieranno, prevalentemente, giocattoli e oggetti tecnologici, il resto è dedicato ai regali per adulti, in cui la fanno da padrone l’abbigliamento e gli accessori. Se per i bambini si ha una preferenza netta nella scelta di giocattoli certificati, per quanto riguarda abbigliamento e accessori, invece, il 52% degli italiani si è dichiarato disposto a comprare oggetti contraffatti, soprattutto quelli che copiano le grandi firme.

La contraffazione colpisce anche il settore alimentare, dove, però, gli acquirenti molto spesso sono ignari della non autenticità del prodotto.

Governo e parti sociali firmano per la produttività, ma la CIGL rimane fuori

 Ieri sera è stato finalmente raggiunto l’accordo per la produttività. Il primo ministro Monti si è detto soddisfatto dell’accordo e auspica un ripensamento della CIGL, che ieri non ha firmato. E’ proprio Susanna Camusso, segretario del sindacato, a ribadire le sue perplessità sul contenuto dell’accordo.

E’ stata scelta una strada sbagliata per cui il contratto nazionale non tutelerà più il potere d’acquisto dei lavoratori. Il punto più critico dell’accordo è che abbassa i salari reali. Il governo scarica sul lavoro i costi della crisi e le scelte per uscire dalla crisi abbassando i redditi da lavoro.

Di tutt’altro avviso i rappresentanti degli altri sindacati, per i quali, invece, l’accordo sulla produttività è il primo passo importante per uscire dalla crisi in cui si è arenato il paese. Ma allora, perché la CIGL non ha voluto apporre la sua firma?

In primo luogo perché i 21 miliardi di euro stanziati dal governo serviranno a detassare i salari ma non le tredicesime. In secondo luogo i nuovi contratti nazionali previsti dall’accordo gli aumenti salariali saranno legati al raggiungimento degli obiettivi, il che potrebbe portare ad una disparità dei minimi nelle categorie lavorative interessate.

Un altro punto che ha portato la CGIL a non firmare è la nuova flessibilità prevista dall’accordo, secondo il quale le imprese potranno definire nuovi orari e nuove mansioni, il che vuol dire che potrebbe anche essere ridotta la retribuzione, meccanismo questo che ora è impedito da apposite norme del codice civile.

Torna in campo il Mutuo Variabile di BNL

 Se avete fiducia negli intermediari online come Mutuisupermarket e se sbirciate tra le loro offerte per capire la tendenza del mercato, sapete sicuramente che in questi ultimi giorni sta spopolando tra i “migliori prodotti”, il Mutuo a tasso variabile di BNL.

Un mutuo classico, quello proposto dalla Banca Nazionale del Lavoro che fa i conti con la simulazione classica: la richiesta di un importo di 140.000 euro da rimborsare in 20 anni. La rata che Mutuisupermarket elabora è di 773,43 euro.

Il TAEG finale è del 3,19 per cento e comprende il costo del mutuo, vale a dire il tasso d’interesse, le spese iniziali, quelle ricorrenti e la famosa imposta sostitutiva.

Il tasso, tanto per capire meglio quanto costa questo prodotto, è del 2,96 per cento ed è dato dalla somma tra l’Euribor ad un mese pari allo 0,11 per cento e lo spread del mutuo di 2,85 punti percentuali.

Il mutuatario che decida di rivolgersi a questo istituto di credito deve poi tener conto delle spese iniziali di istruttoria e perizia pari a 1500 euro circa, le spese ricorrenti relative all’assicurazione obbligatoria scoppio e incendio, e l’imposta sostitutiva di 350 euro.

Questo mutuo è riservato a chi ha intenzione di chiedere alla banca un importo minimo di 50.000 euro fino ad un massimo di 250.000, tenuto conto che non si finanzia più del 70 per cento del valore dell’immobile.

I dati ISTAT sulla produttività italiana

 La diffusione dei dati Istat sulla produttività italiana non hanno avuto un effetto immediato sulle borse dove hanno inciso di più le decisioni dell’Eurogruppo che ha rinviato la questione greca. Eppure i dati sulla produttività italiana sono emblematici, descrivono una situazione di stallo ed indicano settori in crescita e settori fermi dell’economia tricolore.

Chi investe in opzioni binarie, a parte la previsione dell’incidenza di questo rapporto dell’Istituto Nazionale di Statistica, può usare il documento redatto per individuare i settori che sono cresciuti nel nostro tessuto economico e quelli che invece si sono bloccati.

In generale, il rapporto sulla produttività italiana dell’Istat mostra che il tasso annuo di crescita è pari allo 0,5 per cento ed è un punto d’incontro tra l’aumento della produttività del lavoro pari allo 0,9 per cento e il calo della produttività del capitale dello 0,7 per cento.

Nell’ultimo anno, nel 2011, in più, si evidenzia la crescita del settore agricolo del 2 per cento e un incremento delle attività ricreative-culturali del 5,1 per cento con un’opposta flessione del 2,4 per cento degli indici legati al settore informativo della comunicazione.

A livello tendenziale, dal 1992 è stato in crescita il settore agricolo, come anche quello della finanza e delle assicurazioni e quello dell’informazione e della comunicazione. Mentre in calo dal 1992 troviamo i settori delle attività professionali, delle costruzioni, dell’istruzione, della sanità e dei servizi sociali.

 

Jacques Attali parla di Francia ed Europa

 L’investimento in opzioni binarie dipende molto dalla capacità degli investitori di prevedere un trend e le buone previsioni, a loro volta, dipendono dall’individuazione delle fonti informative più affidabili. Per capire come scommettere sull’Europa riportiamo l’opinione di Jacques Attali intervistato dall’Economist.

Questa rivista, nell’ultimo periodo, ha dimostrato di saper anticipare i trend, facciamo l’esempio della Francia, definita prima una bomba ad orologeria dall’Economist e poi declassata da Moody’s. Jacques Attali prova a ribaltare il punto di vista sulla Francia.

Il declassamento di Parigi, infatti, non è così preponderante se si pensa alla patata bollente rappresentata dalla Grecia. Sicuramente Moody’s ha dato un’indicazione importante a François Hollande invitando il neo Presidente e il suo staff ad intraprendere la via delle riforme.

Questo però, secondo Attali, non vuol dire che la Francia stia sbagliando strategia, anzi, Hollande sembra muoversi nella direzione corretta, quella dell’applicazione delle raccomandazioni arrivate dall’UE.

E’ facile quindi arrivare ad una considerazione finale, proposta sempre da questo economista, che addita la Germania come vera bomba ad orologeria del Vecchio Continente. Sembra infatti che il paese guidato da Angela Merkel abbia due grandi problemi da risolvere: la composizione demografica del paese ed un sistema bancario a pezzi.

Gli attacchi che arrivano dall’esterno all’Europa, secondo Attali, non mettono in luce i reali problemi dell’economia internazionale dove anche America e Regno Unito arrancano come non mai.

La soluzione Mayer alla crisi dell’Euro

 Chi investe in opzioni binarie sa bene che l’incertezza delle decisioni, dei trend e quant’altro non garantisce una piena visione sul futuro degli indici. Meglio se viene definita una strada e su quella si cammina, pur accettando piccole digressioni.

Oggi c’è da capire quanto alcune opinioni sul futuro dell’Euro possono incidere sulla valutazione della moneta unica. Il fatto che non si consideri la solidità dell’Euro, in un certo senso, indebolisce la fiducia che gli investitori hanno sulla tenuta del Vecchio Continente.

In queste ore fa molto discutere ad esempio, la proposta dell’ex capo economica di Deutsche Bank, Thomas Mayer che ha rilasciato un’intervista al Wall Street Journal spiegano che per sopravvivere, l’euro, dovrebbe dividersi in tre.

La considerazione è sempre partita dal rinvio della decisione sulla Grecia che ha illustrato comunque l’esistenza di un’Europa a due velocità dove, il Nord cresce mentre si contrae l’economia del Sud. La proposta di Mayer è che il Nord usi l’Euro indicizzato con il tasso d’inflazione nazionale, in modo che la popolazione sia tutelata dalle politiche di svalutazione della BCE e rafforzi il valore della moneta.

Nel Sud invece si dovrebbe procedere con un indebolimento dell’Euro, da usare soltanto per gli scambi in contanti lasciando spazio ad una moneta parallela che virtualmente agisce per raggiungere questo obiettivo. L’euro, per il Sud del paese, continuerebbe ad essere un bene rifugio.

L’Eurogruppo e la borsa italiana

 La prima riunione dell’Eurogruppo sulla questione greca non ha avuto alcun esito e si temeva che i mercati reagissero in modo negativo a questa evenienza. In realtà sono state provvidenziali le parole di Angela Merkel e François Hollande  che hanno riportato tranquillità anche nei mercati.

L’Eurogruppo ha deciso di rimandare la decisione sull’erogazione di fondi alla Grecia e questa scelta ha fatto vacillare un po’ le borse. In realtà sulle quotazioni hanno influito soprattutto le valutazioni di Moody’s che, dopo aver tolto la tripla A alla Francia, ha intenzione di declassare anche il Fondo Salva-Stati.

Si sperava potessero avere effetto sugli indici anche i dati sulla disoccupazione americani oppure i dati sulla produttività in Italia, ma nessuno di questi documenti ha poi influito direttamente sull’andamento delle borse.

Piazza Affari è rimasta poco al di sopra della soglia d’immobilità con il Ftse Mib che ha chiuso a +0,82% e con il Ftse Italia All Share che ha fatto registrare un +0,79 alla fine delle contrattazioni. Vediamo insieme qualche dettaglio in più sui titoli tricolore.

Sicuramente spiccato le performance dei titoli bancari come BP di Milano che guadagna il 3,59 per cento e Intesa Sanpaolo che cresce del 2,38 per cento. Sul versante opposto occorre registrare battute d’arresto per l’Ansaldo STS, per il Monte dei Paschi di Siena a per Mediobanca che perdono rispettivamente l’1,09, l’1,04 e lo 0,89 per cento.

Gli strumenti del risparmio gestito: i fondi comuni di investimento

 Le caratteristiche dei fondi comuni di investimento

Un fondo comune di investimento si costituisce con la raccolta del capitale di piccoli risparmiatori che mettendo insieme le loro possibilità possono così creare un portafogli di investimento sostanzioso e ben diversificato. Ogni sottoscrittore partecipa mediante delle quote che sono direttamente proporzionali all’importo versato per la costituzione del fondo.

Partecipando alle quote di un fondo comune di investimento si accettano anche i rischi e i vantaggi ad esso legati: in caso di crescita avrà un maggiore rendimento, in caso di perdita il risparmiatore vedrà restringersi il capitale investito.

I vantaggi dei fondi comuni di investimento

Possibilità di accesso ad un portafogli di investimento diversificato

In primo luogo, grazie ai fondi comuni di investimento, è stato possibile l’accesso al mercato anche ai piccoli risparmiatori, che, in questo modo, possono giocare avendo a disposizione gli stessi mezzi di chi dispone di grandi capitali e non rischiare ad investire il poco che si ha in una singola società.

Gestione professionale del risparmio

Dal momento che i fondi comuni di investimento sono gestiti da società esperte ne ìl campo degli investimenti, chi partecipa alle loro quote ha la garanzia che, grazie alle competenze e alle conoscenze di chi gestisce, i rendimenti siano sempre i più alti possibili.

Costruzione del portafogli di investimento: diversificazione di una singola classe di attività

 Precedere una ulteriore diversificazione all’interno dell’asset location che si è decisa per il proprio portafogli significa proteggere ulteriormente i propri risparmi dal rischio legato agli investimenti sui vari mercati.

Ad esempio, se una parte del proprio patrimonio è riversata nell’investimento sul mercato azionario, diversificare di più l’asset class vuol dire investire su azioni di diverse società. Infatti, se si decidesse di investire tutto il capitale destinato alle azioni in una unica società, ci si affida, per il rendimento delle azioni, completamente ai suoi sviluppi futuri che potrebbero essere un bene, come nel caso della Microsoft, o un grosso danno, come nel caso della Parmalat.

La diversificazione delle asset class, comunque, riduce ma non azzera il rischio. Infatti, se da un lato investire su più società fa sì che nel caso una o più siano in perdita, questa sarà bilanciata da quelle che si trovano in rialzo, dall’altro va sempre considerato il rischio aggregato, ossia quello legato all’andamento dell’economia nel suo complesso.

Un’ulteriore soluzione potrebbe essere quella di spalmare gli investimenti in società di diverse nazioni, soluzione che permette di evitare le contrazioni del mercato di un singolo paese. In questo caso si può puntare anche sulle economie in via di sviluppo.

 

La produttività del lavoro cresce ma è sotto la media

 L’Istat ha pubblicato i dati sulla produttività del lavoro del 2011. Nel complesso si registra una crescita dello 0,4%, da suddividersi in produttività del lavoro e produttività del capitale.

La produttività del lavoro – che si calcola come valore aggiunto per ora lavorata – nel 2011 è crescita dello 0,3%, mentre la produttività del capitale – definita come rapporto tra il valore aggiunto e l’input di capitale – ha registrato un aumento dello 0,7%. Rapportando questi due fattori si ottiene la crescita nel valore aggiunto attribuibile al progresso tecnico, alla conoscenza e all’efficienza dei processi di produzione, pari allo 0,4% di cui sopra.

Anche se si tratta comunque di un dato positivo, se la produttività viene rapportata al periodo 1992-2011 si nota una leggera flessione: il totale della produttività si assesta nel periodo al +0,5%, come risultante dell’incremento del valore aggiunto (+1,1%) e della crescita media. La crescita di questo periodo è dovuta sia all’accumulazione di capitale e all’aumento della produttività totale dei fattori, tutte variabili che hanno mostrato un cedimento nel corso dell’anno passato.