Grecia, approvato il pacchetto Austerity

La Grecia ha approvato le richieste dell’Europa fondamentali al fine di sbloccare i prestiti internazionali. Si tratta pertanto di un passo fondamentale per tentare di salvare l’economia e rimanere attaccati al treno dell’Unione Europea. Il pacchetto sull’Austerity è passato con il beneplacito dei socialisti e dei conservatori. Una doppia benedizione. Ora i tagli sono decisi e saranno di circa 15 miliardi di euro.

Nella notte, dopo l’approvazione della manovra, ad Atene in piazza è scoppiata una dura rivolta nei confronti del Governo Samaras. La gente non gradisce i tagli e la scelta di accettare le condizioni dell’UE. Ma per il Governo, evidentemente, è troppo importante, in questo momento, rimanere all’interno dell’Eurozona.

Centomila in rivolta: Nelle piazze si è dunque scatenata una vera e propria guerriglia urbana a base di lacrimogeni, molotov e cannoni ad acqua. La polizia ha caricato sui ribelli, faticando a contenere la rabbia di quanti hanno protestato. Il tutto è avvenuto in Piazza Syntagma, nel centro di Atene, dove centomila greci hanno manifestato il proprio dissenso con vigore sotto una pioggia battente. Non poteva essere altrimenti, dal momento che il loro è un Paese in ginocchio e nessuno riesce più ad andare avanti dignitosamente. Prosegue intanto lo sciopero generale, che da due giorni ha letteralmente bloccato le città.

Il presente della Grecia, dunque, si chiama Austerity. I prestiti possono ora essere elargiti come promesso dalla troika (triumvirato formato da Ue-Bce-Fmi). Gli aiuti riguardano una tranche da 31,5 miliardi di euro.

 

Accordo raggiunto su produttività, ora il confronto con i sindacati

 E’ arrivato ieri in tarda serata l’accordo sulla produttività per il rilancio dell’economia italiana dopo un lungo dibattito tre le principali associazioni di imprese italiane. Al tavolo della discussione erano presenti Confindustria, Abi, Ania, Rete Imprese Italia e Alleanza delle Cooperative che hanno stilato un primo documento che appiana le divergenze dei giorni scorsi.

Il documento condiviso sarà il punto di partenza per aprire il confronto con i sindacati, incontro che Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, chiede con urgenza.

Dal canto loro i sindacati hanno già iniziato a mettere importanti paletti sulle trattative: nessun confronto sarà possibile se si mettono in discussione le attuali condizioni salariali dei lavoratori e i loro diritti. Susanna Camusso, leader della CGIL, teme che a difendere le posizioni delle aziende arrivi anche il Governo: fatto, questo, che porterebbe ad una ulteriore riduzione del potere di contrattazione dei lavoratori e delle associazioni che li rappresentano, riferendosi alle ipotesi proposte da Elsa Fornero  circa il depotenziamento degli automatismi contrattuali e la rinuncia all’indicizzazione automatica dei salari all’aumento dei prezzi.

Sulla stessa linea della Fornero anche Corrado Passera, Ministro dello Sviluppo, che ribadisce:

Gli automatismi salariali che non tengono conto delle differenze di settore e di azienda, non sono utili per rendere più competitivo il Paese.

 

Obama, l’euforia è già finita. Fitch e Moody’s incalza sul ‘Fiscal Cliff’

A distanza di poco più di 24 ore dal successo della rielezione di Barack Obama, accolto in modo favorevole in molte parti del mondo, la sbornia, i caroselli e le feste sono già finiti. Il Presidente deve mettersi subito a lavoro perché le notizie economiche delle ultime ore provocano ansia, preoccupano e angosciano intere Nazioni.

Così, l’America si risveglia dal sogno di Obama, dal “Yes we can” trasformato in “Il meglio deve ancora venire”. Come? In maniera brusca.  Le agenzie di rating Fitch e Moody’s non hanno perso tempo per mettere il dito nella piaga. Il Presidente, dunque, deve abbandonare quanto prima champagne e tartine. Le due agenzie avvertono l’uomo della stanza ovale sull’incalzare di un problema chiamato Fiscal cliff. Due parole che potremmo tradurre con i sostantivi precipizio e burrone. Con un debito pubblico spaventoso fatto di numeri difficili da leggere tutti insieme (16.190.979.268.766,67 $) non c’è tempo da perdere.

Fitch e Moody’s sono chiare, bisogna risolvere rapidamente la questione del “Fiscal cliff” e del debito pubblico. Se ciò non dovesse avvenire in tempi rapidi, nel 2013 gli Stati Uniti rischiano di ricevere un downgrade.

L’era di Barack Obama secondo inizia in salita con una sfida da vincere assolutamente. Il Presidente deve considerare inoltre il fatto che Senato e Camera sono spaccati, con il primo in mano ai democratici e la seconda a favore dei repubblicani.

Quali sono, dunque, gli effetti che spaventano la Casa Bianca? Tripla A a rischio e diminuzione del Pil 

 

Gli errori da evitare nell’F24

 Il modello F24 è uno strumento di pagamento delle imposte famigliare ai contribuenti che hanno la partita Iva ma deve essere conosciuto da ogni cittadino che voglia avere in regola il rapporto con l’Erario.

L’Agenzia delle Entrate propone un’interessante scheda riepilogativa degli elementi principali dell’F24 che abbiamo provato a semplificare, approfondendo anche il momento della compilazione del documento.

Adesso proviamo ad indicare gli errori più frequenti che il contribuente deve sforzarsi di evitare. Un’analisi degli F24 trasmessi all’Agenzia delle Entrate, ha dimostrato che gli errori più comuni sono quelli relativi alla specificazione del codice tributo, all’indicazione del periodo di riferimento, alla trascrizione del codice fiscale.

Gli altri errori, anche se commessi nelle sezioni Erario e Regioni possono essere rettificati con unan specifica richiesta agli Uffici dell’Agenzia delle Entrate che però illustra due modalità di regolarizzazione delle violazioni: quella per omessa presentazione del modello F24 con saldo zero e quella per omesso o parziale pagamento dei tributi.

Nel primo caso occorre presentare il modello F24, versare una sazione ridotta pari a 6 euro se il ritardo non è superiore a 5 giorni lavorativi ed è pari a 19 euro se il modello è presentato entro un anno.

Nel caso di omesso o parziale pagamento dei contributi, è ncessario calcolare la sanzione che è pari al 30% ma è ridotta al 3% se si paga entro i 30 giorni dalla scadenza ed è pari al 3,75% se il pagamento è presentato entro l’anno in cui è commessa la violazione.

La crisi è contagiosa. La Germania rischia di ammalarsi

Anche la Germania rischia di essere contagiata dalla crisi economica che oramai da molto tempo affligge l’Europa. Una notizia economica di rilievo che assume molto peso nella giornata di oggi. Stiamo parlando di una nazione rinomata per la sua prezisione, quella guidata da Angela Merkel, cancelliera di ferro. Negli anni la terra tedesca si è sempre distinta per il suo rigore nel far quadrare i conti , dalle “lacrime e sangue” per avere aiuti europei. Oggi la Germania, invece, inizia ad essere interessata dalla crisi.

A dirlo è Mario Draghi, Presidente della Banca Centrale Europea (BCE), in occasione di un convegno a Francoforte:

Una svolta in negativo che dunque colpisce un paese da sempre al riparo dalle difficoltà che hanno investito sinora diverse aree dell’Eurozona. Ma gli ultimi dati indicano che questi sviluppi stanno iniziando a interessare anche l’economia tedesca.

Cosa succederebbe se la Germania fosse definitivamente colpita dalla crisi? A livello politico ed economico molte cose potrebbero cambiare.

Si sa, la Germania si caratterizza per un’economia aperta e integrata, e in base a ciò non stupisce che un rallentamento nel resto dell’area dell’Unione Europea provochi degli strascichi anche qui.  Gli effetti finanziari in Germania sono lo specchio degli effetti nell’Eurozona. Per questo, è fondamentale anche per la Germania garantire la stabilità dell’Eurozona, per far si che sia nuovamente la prima a beneficiarne.

Fiscal Cliff: Nel frattempo crescono le preoccupazioni di Mario Draghi in merito al Fiscal Cliff. L’effetto – Obama sulle borse è durato poco, per cui anche gli Usa hanno bisogno di trovare nuovi accordi per quanto concerne il debito pubblico.

F24: la compilazione nei casi più frequenti

 Il modello F24 è diviso in Sezioni, alcune delle quali sono sempre presenti e devono essere compilate con i dati anagrafici del contribuente. Poi, per ogni tipo di versamento, esiste una sezione specifica. Andiamo con ordine.

Per i versamenti Irpef, Ires, Iva e ritenute varie, si usa la sezione Erario, mentre per le imposte regionali come l’Irap e gli addizionali regionali, si usa le sezione Regioni. La sezione Imu e altri tributi locali è riservata invece al pagamento delle imposte comunali.

I campi principali da compilare sono quelli relativi al “contribuente“, dove devono essere indicati i dati anagrifici, quelli del domicilio fiscale e il codice fiscale. Se a compilare il modello F24 è un erede del contribuente, il genitore, il tutore o il curatore fallimentare, deve essere compilata anche la sezione relativa al “coobbligato“.

Il tipo di imposta da pagare deve essere indicato con i “codici tributo” e deve essere riportato anche l’anno o il periodo di riferimento per i pagamenti. Le imposte regionali hanno anche un codice specifico che individua i destinatari. Per l’Imu deve essere indicato il codice comunale. Per le regioni e le province a statuto speciale devono essere inseriti i “codici enti“.

Gli importi da pagare devono essere indicati sempre con le prime due cifre decimali e se ce ne sono di più si deve operare un arrotondamento della seconda cifra con il metodo indicato dall’Agenzia delle Entrate.

Il modello F24: la scheda informativa

 Il modello F24 è uno strumento di pagamento molto ben conosciuto dai titolari di partita Iva che lo usano per le pratiche di versamento dei tributi e dei contributi e per l’autoliquidazione, ma è spesso estraneo a chi deve usare questo modello soltanto per versamenti una tantum.

Il modello F24, spiega l’Agenzia delle Entrate, è uno strumento per tutti contribuenti, siano essi titolari di partita Iva o meno, visto che serve per il pagamento di tributi, dei contributi e dei premi.

Esiste un modello unificato per i pagamenti, all’interno del quale possono essere inserite tutte le somme dovute all’Erario e al sistema previdenziale, con le compensazioni di eventuali crediti. L’F24, ad aprile, è stato nuovamente modificato, al fine di essere pronto per il pagamento dell’Imu.

Oltre all’Imposta municipale in questione, con l’F24 si possono pagare, Irpef, Ires, ritenute sui redditi da lavoro e sui redditi da capitale, Iva, Imposte sostitutive delle imposte sui redditi dell’Irap e dell’Iva, l’imposta sostitutiva sulle vendite immobiliari, le altre imposte sostitutive, l’Irap, gli addizionali Irpef, le accise, le imposte di consumo e di fabbricazione, i contributi e premi  Inps, Inail, Enpals e Inpgi, i diritti camerali, gli interessi, l’Imu, l’Ici, i tributi catastali, la Tarsu, i canoni di locazione Inpdap, le sanzioni, alcuni proventi derivanti dall’uso dei beni del Demanio. Con il modello F24 si pagano anche le somme dovute in base ad autoliquidazione da dichiarazioni, ravvedimento, controllo automatizzato e documentale della dichiarazione, avviso di accertamento, avviso di sanzioni, istituti conciliativi.

Arrivano i tagli per la Sanità

 Entro la fine dell’anno le regole applicate decise dal Ministro Balduzzi si potrebbero trasformare in provvedimenti, ma i governatori sono già sul piede di guerra.

I tagli previsti dal Ministero – 18/20 mila posti letto, reparti poco funzionali e, cosa che più di tutte potrebbe essere causa di scontro, il taglio di alcune poltrone importanti – hanno lo scopo di riorganizzare la sanità pubblica e privata italiana, sia per garantire assistenza adeguata a tutti i pazienti del territorio italiano sia per una più fruttuosa gestione delle risorse disponibili.

«Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi dell’assistenza ospedaliera». E’ questo il titolo del programma di revisione proposto dal ministero, che prevede la divisione degli ospedali italiani in tre categorie in base al bacino di utenza, attraverso il quale si dovranno decidere gli standard minimi delle prestazioni.

Dall’analisi delle prestazioni effettuate da ogni ospedale, arriverà poi il programma di dieta per ogni centro – un programma che si baserà su tre punti principali: volume delle prestazioni effettuate, soglie di rischio degli outcome e, ancora, il bacino di utenza – sul quale le regioni avranno comunque la possibilità di intervenire in relazione alle specificità territoriali e di utenza e, come già previsto e successo in diverse parti di Italia, anche in raccordo con la popolazione che sicuramente si mobiliterà per il mantenimento delle strutture che potrebbero essere eliminate.

La politica di sviluppo rurale 2007-2013

 L’Unione Europea è molto attenta allo sviluppo del territorio degli stati membri dell’Unione ed insiste in particolar modo su alcuni settori economici. Uno degli ambiti che maggiormente accoglie forme di finanziamento economico è quello agricolo.

Tutto parte da una considerazione che è riportata come preambolo alla definizione della Politica di sviluppo rurale 2007-2013.  Più della metà della popolazione dei 27 Stati membri dell’UE, il 56% dei cittadini, abita nelle zone rurali che compongono il 91 per cento del territorio comunitario.

E’ chiaro che l’attività agricola rappresenta per queste persone e per questi stati, un settore importantissimo, ma per la salvaguardia dei terreni sul lungo periodo è necessario che allo sfruttamento intensivo con la monocoltura, sia sostituito un sistema accurato di “diversificazione delle attività economiche“.

La campagna europea è considerata territorialmente importante ma è riconosciuta anche come base di un’identità comune che affonda le sue radici nella lavorazione della terra. Per questo l’UE ha deciso di portare avanti una politica di sviluppo rurale che, partita nel 2007, troverà il suo compimento l’anno possimo.

Tutte le misure sono comprese nel regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio che ha definito tre assi tematici: il miglioramento della competitività del settore agricolo e forestale, il miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale, il miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e la diversificazione dell’economia rurale.

Per approfondire gli strumenti UE a sostegno dell’agricoltura e dell’acquacoltura vi rinviamo ai nostri articoli.

I pagamenti diretti UE per gli agricoltori

 La politica agricola comune, dove per comune s’intende “comunitaria” dell’UE, ha definito uno strumento molto importante per chi si occupa d’agricoltura in uno degli Stati membri.

Si tratta dei cosiddetti pagamenti diretti che hanno come obbiettivo quello di sostenere il reddito degli agricoltori, i quali, in cambio, devono impegnarsi nel rispetto di alcune norme di tutela ambientale, benessere degli animali, sicurezza alimentare e mantenimento dei terreni in buone condizioni.

Questo tipo di finanziamenti hanno come effetto quello di aumentare la competitività del settore agricolo e forestale, oltre che migliorare la tutela del paeseggio e migliorare la qualità della vita di chi se ne occupa.

I pagamenti diretti, dunque, sono da considerare come la principale forma di finanziamenti comunitari per il settore agricolo, definiti già nel 2003. Ci sono poi i cosiddetti regimi di sostegno specifici per alcune tipologie di prodotto che elenchiamo di seguito: frumento duro, colture proteiche, riso, noci, colture energetiche, patate da fecola, latte, latticini, sementi, cotone, tabatto, oliveti, legumi da granella.

Produzione di questi elementi e trasformazione delle colture per ottenere i prodotti elencati, sono finanziati dall’UE. Il programma d’investimenti previsto per i sette anni che vanno dal 2007 al 2013 era corposo: più di 96 miliardi di euro per gli Stati membri.

Se non siete interessati all’agricoltura ma all’acquacoltura, qui trovate altre informazioni interessanti.