Geneve Invest analizza la situazione economica in Turchia

 “Per capire le condizioni economiche della Turchia bisogna conoscere bene il contesto politico”, spiegano subito da Geneve Invest. Il tasso di inflazione annuale turco è salito a maggio 2018 al 12,2% rispetto al 10,9% di aprile, certificando definitivamente la situazione di grande difficoltà della lira turca, oggi uno dei temi più complessi da affrontare per l’economia dello stato eurasiatico. La banca centrale è intervenuta per arrestare il calo della moneta nazionale, che negli ultimi 12 mesi ha perso più di un quinto del suo valore rispetto al dollaro, portando i tassi d’interesse al livello record del 16,5%, con un aumento di 300 punti base, senza però risolvere i problemi strutturali di una Turchia che patisce la politica di “crescita a tutti i costi” del presidente, appena rieletto, Recep Tayyip Erdogan, che ha gonfiato a dismisura l’economia con  continui incentivi statali. Se è vero che il prodotto interno lordo ha registrato un aumento del 7,4% durante il primo trimestre dell’anno precedente, superando la stima media del 7%, bisogna però tenere in conto che sia i consumatori che i produttori sono stati più pessimisti nel secondo trimestre, soffrendo per il calo nel programma di incentivi statali, che si sta allentando.

“Questa dinamica – spiegano gli analisti di Geneve Invest, società di gestione patrimoniale con sede a Lussemburgo e Ginevra – è legata alla visione economica, decisamente non convenzionale, di Erdogan, secondo cui sono i tassi di interesse più alti a guidare a guidare l’inflazione, e non il contrario. Per questo, sino ad oggi la banca centrale ha avuto poco spazio nella gestione del fenomeno, e oggi, con una lira debole, la crescita prevista è inevitabilmente più bassa rispetto a quanto immaginato, intorno al 4% secondo i dati dell’istituto di statistica turco, contro il 7.4 del 2017 – continuano da Geneve Invest”.

Ad oggi i livelli del debito pubblico turco, il 28% del PIL, rimangono ben al di sotto della media europea, ma la Turchia dipende pesantemente dal capitale straniero. Il suo disavanzo delle partite correnti, uno dei più grandi al mondo, si è attestato al 5,6% alla fine del 2017, rispetto al 3,8% dell’anno precedente.

“Il debito estero del paese, sia privato che pubblico – analizza Neri Camici di Geneve Invest –  è quasi raddoppiato dal 38% del PIL del 2008 a quasi il 70% di oggi, sino a raggiungere la cifra di 450 miliardi di dollari, cioè a dire il più grande debito estero del mondo rispetto al PIL per un’economia emergente, con il settore privato che rappresenta il 70% di questo debito. Anche se queste vulnerabilità non sono nuove – approfondisce Camici di Geneve Invest, che, fra le altre cose, si occupa di investimenti a tasso fisso – manca una visione strutturale chiara per l’economia turca, che ha subito in maniera pesantissima l’inasprimento della politica monetaria negli Stati Uniti, con un calo di oltre il 18% rispetto al dollaro da inizio anno e una perdita di valore complessiva che, dal 2013, supera il 50%. Sono tutte cose collegate fra loro – concludono da Geneve Invest – in quanto è proprio a partire dalle difficoltà della lira turca che le società locali hanno grandi difficoltà a fronteggiare il debito estero, di cui si spiegava poco sopra la grande entità.”

Il Fondo Monetario internazionale stimava che la crescita economica della Turchia sarebbe scesa al 4,3% quest’anno, dal 7% nel 2017. Tuttavia, è importante notare che questa proiezione è stata fatta prima che il paese si registrasse il picco inflazionario vissuto a partire dall’aprile scorso. Per questo, più recentemente, Moody’s ha abbassato le sue previsioni per il PIL della Turchia al 2,5%, un calo che renderebbe la situazione economica turca ancora più complessa.

Trading online: cosa serve sapere a chi comincia questa avventura

 Il mondo del trading online è un capito abbastanza ampio, che comprende numerosi metodi per fare affari in rete, approfittando dei broker che ci propongono affari per quanto riguarda le opzioni binarie o altri tipi di investimento. Per cominciare è di solito sufficiente avere a disposizione qualche centinaio di euro e una connessione a internet; questo solo per aprire un account e investire i propri soldi in modo del tutto casuale. Chi ha fortuna può iniziare subito a guadagnare, chi ne ha di meno quasi certamente perderà qualche centinaio di euro in pochi giorni, senza neppure capire cosa sia successo. Questo perché anche se per attivare un conto di investimento per  il trading online è una cosa semplice e immediata, lo stesso non si può dire per quanto riguarda ottenere dei guadagni. Meglio quindi prepararsi seriamente, avendo la consapevolezza che si stanno per investire dei soldi veri.

Quanto investire nel trading online
Ovviamente molto dipende da quanto si ha a disposizione, ma è importante capire che nel trading online si possono ottenere, da ogni investimento, guadagni importanti, anche vicino all’80% di quanto investito. Questo ci consente di evitare di esporci per cifre elevatissime: anche con solo 1.000 euro potremo ottenere guadagni importanti. Se si è alle prime armi è necessario prevedere una disponibilità di almeno 1.500-2.000 euro, in quanto quasi sicuramente qualche affare non andrà a buon fine. Avere un certo capitale all spalle ci permetterà di non dover desistere dopo breve tempo in quanto rimasti senza fondi. Sono purtroppo tanti coloro che cercano di cominciare a guadagnare con solo 100 euro a disposizione, che vengono traditi dai primi investimenti e rinunciano, arrivando a pensare che il trading online sia una sorta di truffa. Per evitare questo tipo di comportamento è importante prevedere qualche perdita iniziale, senza andare nel panico e senza rinunciare al primo fallimento.

I primi passi del trader di successo
Con il trading online e le opzioni binarie si può guadagnare e questo è dimostrato anche dai numerosi trader di successo che ci raccontano le loro storie sulla rete. Il modo migliore per cominciare è quello di partire dalla formazione, dalla conoscenza di questo mondo del tutto particolare. Anche chi ha una certa dimestichezza con gli investimenti in senso generale dovrà infatti immergersi in un mondo a sé stante, che ha delle regole proprie e per il quale serve avere una buona preparazione per quanto riguarda la prassi quotidiana, ma non solo. Il trading online ci consente di guadagnare solo se una buona percentuale degli affari in cui ci imbattiamo va a buon fine. Per ottenere questo scopo è importante, di solito, concentrarsi su un ristretto numero di asset, in modo da conoscerli al meglio e da sapere quali siano gli eventi che ne modificano le quotazioni. Il vantaggio del trading online sta nel fatto che si può guadagnare anche quando l’asset su cui stiamo investendo perde di valore sul mercato; si tratta infatti non di acquistare un bene, ma di fare delle previsioni su quali saranno le quotazioni nel corso del tempo.

Un buon broker
Un altro elemento fondamentale per avere successo nel trading online consiste nell’avere a disposizione gli strumenti giusti. Questo è possibile solo cominciando a fare affari approfittando dei servizi di un sito di brokeraggio di alto livello. Le peculiarità di un buon broker sono varie, a partire dall’ampia offerta di asset su cui investire e dalla possibilità di fare affari a qualsiasi ora del giorno e investendo la cifra che si desidera, molto bassa o elevatissima a seconda dei casi. Importante è anche che ci metta a disposizione una piattaforma di trading intuitiva e facile da utilizzare.

Le 4 tipologie della carta conto N26

 Le recensioni N26 hanno eletto questa speciale carta conto come uno dei migliori prodotti sul mercato dell’home banking. Grazie alle sue peculiari caratteristiche questa carta è in grado di fungere sia come conto corrente che come prepagata. Si possono quindi effettuare prelievi, bonifici e ricariche, accreditare pensioni e stipendi, addebitare le bollette ecc. con la possibilità di utilizzare una carta Mastercard associata. L’apertura del conto N26 è estremamente facile e veloce poiché richiede pochi minuti. Dopo aver scaricato l’app parte una videochiamata, dopodiché è sufficiente mostrare un documento d’identità e scattarsi un selfie per l’identificazione. La carta conto N26 propone ai quattro clienti quattro tipologie di conti: Standard, Business, Black e Metal. In questo articolo analizziamo le specifiche, i vantaggi ed i costi di ogni singolo conto.

Il conto N26 Standard risulta il più vantaggioso da un punto di vista economico, poiché non prevede costi di gestione né canoni fissi. Di contro però offre funzioni piuttosto semplici, che risultano comunque molto utili per chi fa un utilizzo piuttosto basilare della carta. Nello specifico con questo conto i clienti possono ricevere ed inviare bonifici da ogni parte del mondo, oppure ritirare denaro presso qualsiasi sportello bancomat dell’Unione Europea senza ulteriori spese aggiuntive. I clienti hanno la facoltà di modificare i limiti di spesa quotidiani e mensili in base alle proprie necessità. Infine si possono bloccare i prelievi allo sportello ed all’estero, così i clienti possono gestire il loro conto nella massima libertà.

Il conto N26 Business può essere considerato il fratello maggiore del conto N26 Standard, poiché offre funzioni piuttosto simili. La differenza principale risiede nei servizi dedicati prevalentemente a professionisti con partita Iva, freelance ed imprenditori. Questo conto è indicato anche a chi effettua diverse spese online, poiché è garantito il diritto ad un cashback dello 0,1% su tutti gli acquisti effettuati. Ciò significa che maggiori saranno gli acquisti online e maggiori saranno i benefici derivanti.

Il conto N26 Black è destinato a coloro che sono spesso in viaggio. Sono presenti numerosi vantaggi che però hanno un costo mensile pari a 5,90 euro. I servizi relativi alle assicurazioni di viaggio sono forniti dal gruppo Allianz. La polizza più importante riguarda la copertura medica in viaggio all’estero, una garanzia accessoria molto utile quando i clienti si recano in paesi dove vige un’assistenza sanitaria privata. É previsto un rimborso per i ritardi aerei superiori alle 4 ore e per il ritardo della consegna del bagaglio superiore alle 6 ore. Viene infine garantita la copertura anche sul denaro rubato entro 4 ore con il prelievo con carta Black. Con questo conto è possibile prelevare denaro all’estero presso gli ATM in valuta locale, senza ulteriori spese aggiuntive.

Eccoci infine al conto nuovo di zecca che ha fatto il suo debutto ultimamente: il conto N26 Metal. In linea di massima questo conto offre gli stessi vantaggi del conto N26 Black, ma costa 14,90 euro al mese poiché garantisce ulteriori privilegi. I possessori di questo conto hanno l’opportunità di accedere a sconti e promozioni esclusivi per prodotti forniti da partner affiliati, tra cui Talent Garden, Tannico, IHG, Home24, GetYourGuide e Hotels.com.

 

Quali sono le regole auree del Forex trading?

 Nel Forex trading ogni investitore dovrebbe trovare la propria strategia e la propria politica operativa ma… sapevate che esistono alcune regole auree del Forex trading, che sembrano essere in grado di adattarsi a chiunque, e che potreste sfruttare per i vostri benefici?

Cerchiamo di scoprire insieme quali sono, e commentarle brevemente!

Iniziate gradualmente

Non aspettatevi di realizzare profitti significativi dal primo giorno di operatività sul Forex. La maggior parte dei trader alle prime armi si trova di fatti dinanzi a un percorso comune, rappresentato dalla perdita di soldi e dalla conseguenza di finire “fuori gioco” più velocemente di quanto avrebbero previsto.

Dunque, non cascateci: fate trading cercando piccoli profitti, e procedente lentamente: non c’è nessuna fretta!

Abbiate un piano di trading

Avere un piano di trading è una delle regole d’oro del trading Forex. È d’altronde noto che un investitore che ha un piano di trading ha più probabilità di riuscire positivamente nel suo intento rispetto a chi non lo ha. Delineate dunque una buona strategia, fissate stop-loss e take-profits per ciascuna posizione, rispettate il piano.

Ricordate anche che la modifica del piano dovrebbe avvenire solo quando non avete posizioni aperte.

Riducete al minimo le perdite impostando uno stop-loss

Ne abbiamo fatto rapido cenno nel precedente consiglio: impostate sempre (sempre!) uno stop loss per le vostre posizioni. Come accennato in precedenza, infatti, molti trader alle prime armi perdonoi propri capitali in brevissimo tempo e, di conseguenza, non sono più in grado di andare avanti. Stabilire uno stop loss significa ridurre al minimo le perdite e conservare del capitale disponibile per il trading futuro.

Insomma, uno stop loss è in grado di stabilire un limite in base al quale la vostra posizione in perdita verrà chiusa automaticamente (dunque, comunicando al broker quanto potete permettervi di perdere): dimenticarsi di posizionare lo stop-loss, perché si ritiene che il monitoraggio costante delle variazioni dei prezzi sia sufficiente, è uno dei principali errori dei neofiti.

Allontanate le emozioni

Il trading sul Forex può essere eccitante e stressante, allo stesso tempo, a seconda dei profitti o delle perdite che andrete a conseguire. Di conseguenza, controllare le emozioni è una delle regole Forex essenziali per vivere sui mercati finanziari.

Sul trading non c’è spazio per errori o decisioni avventate: una volta che avete perso denaro, non c’è nulla da fare. Dunque, se pensate di non potervi concentrare esclusivamente sul trading durante una sessione, non dovresti investire. Se non siete di umore positivo, prendetevi una pausa dal trading e ritornate quando vi sentirete meglio. Fare trading quando siete troppo ottimisti, può essere altrettanto dannoso.

Analizzate e imparate

Il trading è generalmente un’attività manuale, da eseguire con il massimo livello di disciplina e di attenzione. Cercate di ottenere il massimo beneficio da ogni cosa che fate sul Forex, analizzando che ciò avete fatto in passato e osservando come si è comportato il mercato in quel determinato momento. Fate delle sessioni di revisione su base giornaliera o settimanale (a seconda della frequenza del vostro trading) e valutate come potete migliorare la strategia di trading.

Ricordate che imparare dagli altri è fantastico, ma dovreste prima provare a imparare dai vostri errori e dai vostri successi. Non concentratevi solamente sulle operazioni in perdita: a volte analizzare anche le operazioni redditizie può essere perfino più vantaggioso. Se invece avete collezionato delle operazioni in perdita, imparate dai vostri errori: avrete così la possibilità di acquisire preziose conoscenze ed esperienze per adattare la propria strategia.

Adattatevi rapidamente

Il mercato cambia in continuazione. Quindi, è fondamentale modificare la propria strategia di trading e adattarsi rapidamente, aggiungendo costantemente nuovi elementi. Le opportunità concesse dal mercato Forex sono enormi, così come enorme è la possibilità di poter apprendere dai vostri comportamenti su questo ambito finanziario.

Non pensate mai che se la vostra attuale strategia di trading funziona, funzionerà per un lungo periodo di tempo. Il trading Forex di successo richiede che seguiate le regole del trading valutario, e che tra esse rispettiate l’evidenza di una implementazione corretta e di un costante apprendimento. Imparare e adattarsi dovrebbe essere un processo ripetitivo, da formulare con frequenza: se smetterete di analizzare e di apprendere, allora smetterete di crescere come trader e, presumibilmente, incrementerete le opportunità di andare in perdita.

La BCE ferma il QE: Geneve Invest spiega gli scenari di mercato

 “Il Quantitative Easing, portato avanti ormai da più di tre anni dalla BCE – spiegano gli analisti di Geneve Invest, società indipendente di gestione patrimoniale con sede in Svizzera e Lussemburgo – è sempre stato immaginato, sin dall’inizio, come misura temporanea e non convenzionale, una scelta legata alla necessità di contrastare la deflazione e imporre una politica monetaria stabile durante la crisi economica vissuta in Europa, implementata in affiancamento a una struttura di tassi di interesse classica. Era chiaro ed inevitabile – dichiarano ancora da Geneve Invest – si trattasse di una manovra limitata nel tempo e tutti i paesi UE hanno avuto i margini tecnici per non farsi trovare impreparati alla sospensione della misura; bisognerà certo adesso capire quali saranno i contraccolpi effettivi sui mercati”.

Niente panico, insomma, di fronte alla comunicazione della Banca Centrale Europea, che confermando una sensazione già da diversi mesi anticipata dai mercati internazionali, ha annunciato l’interruzione del programma di Quantitative Easing avviato nel marzo 2015. Il QE verrà ridotto a 15 miliardi a partire dal mese di settembre 2018, per poi essere azzerato, nel caso in cui le previsioni strutturali vengano confermate, dal gennaio 2019.

Il Quantitative Easing, il cui impulso è stato fortemente legato alla figura di Mario Draghi, presidente BCE dal giugno 2011, è stato sino ad oggi uno strumento utilissimo per alimentare la crescita monetaria dell’Euro e per sostenere l’offerta di credito del sistema bancario europeo: due fattori che, di rimando, hanno contribuito in maniera determinante a un continuo stimolo delle Borse europee nel corso degli ultimi tre anni. Dai 60 miliardi di euro al mese del 2015, la BCE è passata all’acquisto di 80 miliardi al mese di titoli nel 2016, poi ritornato a 60 nel 2017 e a 30 nei primi 9 mesi del 2018, sempre con tassi di rifinanziamento per le banche bloccati a zero e un effetto diretto sul credito finale ai clienti, che ha mantenuto, anch’esso, tassi molto contenuti. Da questo punto di vista, è importante ricordare come la Banca Centrale Europea non abbia annunciato alcun passo indietro rispetto ai titoli già acquistati, i tassi dovrebbero dunque restare invariati almeno per i prossimi 12 mesi.

“L’acquisto di titoli di Stato, dunque di debito pubblico, a tasso zero, ha cercato di tamponare gli effetti di lunga durata della crisi finanziaria del 2008 – spiegano ancora da Geneve Invest – spingendo l’inflazione verso il 2%, un tetto considerato di riferimento al fine di alimentare la circolazione di liquidità fra i cittadini. Certo non bisogna nascondere che si è trattato di una misura da un lato importante, ma dall’altro anche molto “pesante”, un intervento che ha manipolato in maniera profonda il mercato. Basti pensare – continuano da Geneve Invest – che ad oggi la Banca Centrale Europea ha acquistato 340 miliardi di titoli di Stato italiani, vale a dire più di un quarto del bilancio finanziario del Paese, che si attesta intorno gli 880 miliardi. È evidente che, a partire da questi numeri, un po’ preoccupazione rispetto all’impatto dell’interruzione del Quantitative Easing esiste, ma c’è la convinzione sui mercati – dichiara Neri Camici di Geneve Invest – che la BCE non intenda abbandonare la politica di sostegno portata avanti negli ultimi tre anni e che resti pronta per contenere eventuali spirali negative legate alla sospensione degli acquisti.”

La reazione dei mercati alla decisione della Banca Centrale non si è fatta attendere, con l’euro andato immediatamente sotto quota 1,18, raggiungendo addirittura 1,1583 nei confronti del dollaro, prima di risalire intorno a 1,16. La misura, d’altronde, arriva in un momento di forte instabilità a livello europeo, con risultati politici che lasciano una grande incertezza sulla governance comunitaria e una fiducia complessiva fiaccata dai dati in arrivo dalla Germania, che vedono in calo gli ordini industriali tedeschi.

“Non bisogna essere pessimisti, ma molto concreti – concludono da Geneve Invest – e capire che in ogni caso quella del Quantitative Easing è stata una misura tampone, cui devono fare seguito delle riforme strutturali a livello nazionale. Gli scenari futuri potrebbero vedere un declassamento dell’Italia da parte delle società internazionali di rating, con un conseguente aumento del debito pubblico e, a cascata, una crescita dello spread e dunque degli interessi da pagare sui titoli di stato sovrani. Dall’altra parte, però – chiude Neri Camici di Geneve Invest – la fine della politica di QE da parte della BCE potrebbe accelerare l’implementazione di misure atte alla riduzione della spesa e al contenimento del debito pubblico da parte del governo italiano, due passaggi che rinforzerebbero il clima di fiducia verso l’Italia e manterrebbero stabili i mercati”.

 

Geneve Invest fa il punto sulla crisi finanziaria Argentina

 Sono passati pochi mesi da quando in tanti celebravano il ritorno dell’Argentina sul palcoscenico dell’economia globale. Negli ultimi due anni, Mauricio Macri, il presidente argentino dalle idee liberiste che ha dato nuovo impulso al paese sudamericano, è stato elogiato come l’uomo in grado di rimettere in sesto il settore finanziario di Buenos Aires. Di colpo, però, all’inizio di maggio, la luce si è spenta. Il peso, la moneta nazionale argentina, è crollato ai minimi storici e il ministro del tesoro non ha avuto altra scelta, se non quella di recarsi a Washington e chiudere un accordo con il Fondo Monetario Internazionale, per scongiurare l’estremizzazione di una crisi economica le cui proporzioni sono, già adesso, molto importanti. Che cosa è andato storto? Ne discutiamo con Neri Camici, esperto di mercati finanziari per Geneve Invest società indipendente di gestione patrimoniale con sedi a Ginevra e Lussemburgo.

“L’Argentina è interessata da anni da seri problemi economici, ma i suoi problemi strutturali sono sempre stati attutiti dal boom delle materie prime degli ultimi decenni, che hanno aiutato il paese a rimborsare quanto dovuto al Fondo Monetario Internazionale, sino a cancellare integralmente, nel 2007, il debito nei confronti dell’FMI. – spiega l’esperto di Geneve Invest – “Il problema è che l’economia argentina, che si era in qualche modo stabilizzata durante la presidenza di Néstor Kirchner, dal 2003 al 2007, è tornata a traballare sotto la guida della moglie, Cristina Fernández de Kirchner, che dal 2007 al 2015 – continuano da Geneve Invest – ha aumentato a dismisura la spesa pubblica, nazionalizzando decine di compagnie industriali. Inoltre, ha imposto il controllo del tasso di cambio, alimentando lo sviluppo di un mercato nero per i dollari e una forte distorsione dei prezzi.”

Mauricio Macri, eletto presidente nel 2015, ha costruito il suo successo sulla promessa di allentare il controllo statale sulla finanza, riportando l’Argentina in un’economia orientata al mercato, in cui fossero l’offerta e la domanda, e non lo Stato, a definire i prezzi. L’impegno di Macri si è profuso soprattutto in direzione degli investitori stranieri, con una campagna globale atta a migliorare la reputazione del paese e un piano strutturale per ridurre l’inflazione (ereditata al 40%) e contenere la spesa pubblica.

“Sull’onda delle riforme del presidente Macri – fanno il punto, ancora, da Geneve Invest – la Banca centrale Argentina ha emesso molte obbligazioni a breve termine, ampliando notevolamente l’emissione di Lebac (abbreviazione di Letras del Banco Central, Titoli del Banco Centrale), con tassi di interesse straordinariamente elevati. In questo modo si è sviluppato un meccanismo per cui gli investitori hanno prima potuto prendere in prestito dollari, per convertirli in pesos investendo in Lebac e speculando così sul differenziale del tasso di interesse, sperando il tasso di cambio restasse stabile. Questa strategia – continua Neri Camici di Geneve Invest –  è nota come carry trade e in Argentina è stata portata avanti sia da grandi banche, che da piccoli investitori. Il gioco è andato avanti sino alla metà di aprile, quando il mercato si è innervosito, preoccupato dal timore che il presidente Macri non sarebbe stato in grado di mantenere la promessa di limitare l’inflazione. Inoltre, con la prospettiva di aumento dei tassi di interesse da parte degli Stati Uniti – spiegano ancora gli esperti di Geneve Invest – in molti hanno fatto due conti, deciso che avevano guadagnato abbastanza in Argentina e che era ora di ricalibrare i rischi. In pratica, gli investitori hanno cominciato a temere che la scommessa su Buenos Aires stesse diventando sempre più rischiosa con il passare del tempo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: nel giro di poche settimane il peso ha perso oltre un quarto del suo valore”.

Il governo argentino si è difeso sui mercati internazionali insistendo sul fatto che il problema principale del paese è legato alla mancanza di liquidità e non alla solvibilità, dichiarandosi perfettamente in grado di far fronte ai suoi obblighi finanziari. Per questo ha deciso di rivolgersi all’FMI: con il denaro del Fondo monetario internazionale, l’Argentina, secondo Macri, sarà in grado di intervenire nei mercati valutari più a lungo e anche sostenere le spese per le cedole di obbligazioni in arrivo per il pagamento. Il ricorso all’FMI non è ben visto dalla popolazione argentina, che affianca l’isituzione internazionale alla grande crisi del 2001, quando il governo, paralizzato, impose il blocco del sistema bancario e milioni di persone, dentro e fuori dall’Argentina, videro svanire nel nulla i risparmi guadagnati nel corso di tutta una vita.

“Oggi gli occhi di tutti sono puntati sul tasso di cambio, che attualmente si aggira intorno ai 23 pesos per dollaro, un minimo storico che manda un segnale preoccupante sulla  svalutazione della moneta sovrana argentina – spiegano in chiusura gli esperti di Geneve Invest – Il governo deve trovare un modo per convincere gli investitori a confermare gli investimenti sui LEBEC, altrimenti la corsa sul peso diventerà molto più caotica. Un altro test importante sarà la risposta del FMI alla richiesta dell’Argentina di diversi miliardi di dollari in prestito. La decisione di Macri di chiedere un accordo al Fondo Monetario Internazionale è rischiosa. Purtroppo – chiudono da Ginevra gli analisti di Geneve Invest – la realtà è che sotto la presidenza di Macri l’Argentina è passata dall’essere un’economia che si basava su una spesa statale esagerata a una struttura che fa affidamento sul debito contratto verso investitori stranieri molto volatili. Il tutto in un contesto nel quale l’inflazione non ha subito rallentamenti importanti. Il nostro consiglio, come sempre, è quello di fare attenzione. Ciò che sta accadendo in Argentina insegna, una volta di più, quanto sia importante fare attenzione ai mercati sui quali si investe. In tanti negli ultimi due anni si sono lanciati sui titoli argentini da soli, senza particolari verifichi, e il risultato è che oggi questi investimenti sono, ancora una volta, a rischio.”

I vantaggi della carta prepagata Viabuy

 Il mondo delle carte prepagate si arricchisce, grazie alla carta Viabuy. Si tratta di una carta di credito prepagata, con in più il vantaggio di essere correlata ad un codice IBAN univoco. Oltre ad essere comoda e pratica per gli acquisti in Italia e nel mondo, per i prelievi di contante agli sportelli ATM e per gli acquisti in rete, la carta Viabuy permette quindi di fare e ricevere dei bonifici, senza doversi preoccupare di avere un conto corrente di altro genere a disposizione.

Come attivare una carta Viabuy
Stiamo parlando di una carta di credito prepagata che si può aprire direttamente online. Basta compilare un form in cui si devono indicare le proprie generalità, un recapito telefonico e un indirizzo sul territorio europeo. Il sito Viabuy permette anche di personalizzare la carta, a cominciare dal colore: è disponibile nella versione nera e in quella oro, molto più lussuosa. Non appena si effettua l’ordine la carta viene preparata e spedita direttamente a casa del singolo cliente, quindi non c’è bisogno di uscire o di effettuare la spedizione di moduli o fotocopie. Il codice identificativo della carta ci viene subito indicato, in modo da poter effettuare dei bonifici per la ricarica, e in seguito i primi acquisti.

I vantaggi di una prepagata “anonima”
La carta Viabuy è gestita da una finanziaria che ha sede nel Regno Unito, quindi stiamo parlando di un prodotto sicuro, che ci mantiene lontani dalle frodi. Leggendo meglio i requisiti che abbiamo indicato prima, quelli richiesti in fase di richiesta della carta Viabuy, appare chiaro come non sia necessario indicare codici fiscali, situazioni finanziarie, la possibilità di dimostrare delle entrate mensili. Stiamo quindi parlando di una carta che si può attivare anche da parte di studenti e disoccupati; allo stesso tempo anche chi ha avuto qualche problema correlato a ritardi sui pagamenti o a questioni che hanno a che fare con la giustizia, persino un cattivo pagatore, non troverà alcun tipo di intoppo al momento della richiesta di questa prepagata. Del resto stiamo parlando di una carta che semplicemente permette di utilizzare in modo elettronico i propri soldi: non esiste possibilità di scoperto, quindi l’ente che emette la carta non rischia nulla.

Quanto costa
Il costo di viabuy è leggermente superiore rispetto a quello di altre prepagate disponibili in commercio. Ci side ve però ricordare che può essere ottenuta da qualsiasi soggetto maggiorenne che risieda all’interno del continente europeo, senza necessità di avere particolari requisiti. Il costo per l’emissione della carta è di 69,9 euro; il canone annuo è di 19,9 euro, ma comprende la possibilità di richiedere gratuitamente delle carte partner (anche di tipo aziendale), oltre a tutti i pagamenti di tipo elettronico che intendiamo fare, se effettuati nella medesima valuta del conto. In pratica ogni volta che paghiamo il conto su un sito internet o tramite un POS non avremo alcun tipo di costo dall’utilizzo della carta. I pagamenti in valuta straniera sono calcolati un 2,75% del totale della spesa, mentre i prelievi di contante da bancomat hanno un costo di 5 euro, più l’eventuale spesa richiesta dall’ente che gestisce lo specifico sportello ATM.

Ricaricare la carta
Visto che la nostra nuova carta Viabuy ha un suo codice IBAN il modo più rapido per ricaricarla consiste nel fare un tradizionale bonifico SEPA, versandovi dei fondi. Questo ci consente anche di avere a disposizione un comodo servizio di home banking, tramite cui effettuare le più varie operazioni che desideriamo svolgere nel corso di un mese. Se dobbiamo invece ricaricare la carta con dei contanti possiamo effettuare un comune deposito presso un qualsiasi sportello bancario abilitato.

Banca Popolare di Bari presenta Break: il mutuo che si può sospendere fino a tre volte

Avete mai sognato almeno una volta nella vita di poter bloccare il pagamento della quota capitale della rata del mutuo della vostra abitazione per dedicare un minimo di liquidità ai vostri sogni oppure per provare a soddisfare le varie esigenze della vostra famiglia? D’ora in avanti tale possibilità non sarà solo un mero desiderio, ma si trasforma in realtà, con la nuova proposta della BPB.

La Banca Popolare di Bari, infatti, ha lanciato un innovativo strumento che permette di guardare con maggiore serenità al futuro, riducendo notevolmente gli assilli e le preoccupazioni della quotidianità. Stiamo facendo riferimento a Mutuo Break, un mutuo ipotecario pensato proprio per i privati, che può essere sospeso fino a tre volte durante tutta la sua durata, senza eccedere i 12 mesi consecutivi per ogni opzione. Il vantaggio, chiaramente, è quello non solo di avere un mutuo su misura per soddisfare le proprie esigenze, ma anche la mancanza delle segnalazioni di criticità quando non si paga la quota capitale della rata.

I vantaggi saranno anche dedicati a tutti i soci, che potranno sfruttare alcune condizioni ancora più favorevoli in relazione a Mutuo Break. Ad esempio, uno spread promozionale dello 0,75% sul tasso fisso. Il numero massimo di rate sarà pari a 360 (che equivale ad una durata di 30 anni), mentre il tasso variabile sarà pari allo 0,90%.

La campagna pubblicitaria che accompagna il nuovo mutuo ipotecario che è stato lanciato da parte della Banca Popolare di Bari è stata realizzata dal gruppo Hdrà e ha come obiettivo primario quello di diffondere una migliore, sia dal punto di vista della fiducia che della positività, visione della vita. D’ora in avanti, quindi, anche la richiesta un mutuo non sarà più sinonimo di ansia e paura, ma sarà una scelta da vivere con maggiore leggerezza, attingendo al capitale grazie agli strumenti che vengono proposti dalla BPB.

Caro bollette: scopri come evitarlo grazie a Ubroker

 Le bollette di luce e gas sono in costante aumento negli ultimi anni, dal 2017 poi ci si è messo anche il canone RAI ad aumentarne il peso. Si calcola che ogni famiglia italiana spenda, ogni mese, circa il 20% del suo budget solo per le bollette di energia elettrica e gas. Anche io spendo sempre più di quanto vorrei con le bollette, ma di recente ho scoperto una soluzione a questo problema che non comporta la necessità di rinunciare a qualcosa per ridurre i consumi. Questa novità è stata creata da Cristiano Bilucaglia, che ha dato vita a Zero, il primo social utility network della storia, tutto italiano e per gli italiani.

Zero: cos’è un social utility network
Sembra una locuzione difficile da comprendere, ma così non è. Zero non è altro che un metodo per ottenere interessanti sconti sulla bolletta di gas, su quella della luce o su entrambe. Per ottenere l’accesso a questo social è sufficiente scegliere un gestore dell’energia e della luce innovativo come Ubroker e il servizio ScelgoZero, dedicato a privati e aziende. Grazie a Scelgo Zero si può suggerire Ubroker ad altre persone, ad esempio agli amici ed ai parenti: per ognuno di essi che sceglierà Ubroker come gestore si ottiene uno sconto reale in bolletta…tutti i mesi! La percentuale di sconto si calcola sull’effettivo importo della bolletta, quindi comprende sia la spesa per la quota energetica, sia quella per le accise, o nel caso della luce per il canone RAI, ed è cumulabile. Fino a quanto? Lo sconto dipende solo da te: se vuoi presentare nuove persone ogni settimana, o ogni mese, raggiungerai soglie di sconto che possono arrivare fino al 100%. Se invece preferisci dedicarti ad altre attività puoi proporre i servizi e la comodità di Ubroker solo ai parenti e agli amici intimi, lo sconto raggiunto ti sarà comunque riconosciuto per sempre.

Da dove arriva questa offerta
L’idea di Cristiano Bilucaglia è veramente rivoluzionaria, anche per quanto riguarda il reperimento delle risorse che alimentano il programma Scelgo Zero. La questione è semplice, Ubroker non spende neppure un euro per pubblicità, marketing e operazioni commerciali; il risparmio ottenuto con questo metodo è veramente elevato e l’azienda lo devolve totalmente ai suoi clienti, soprattutto a quelli più virtuosi, che propongono il servizio a numerosi altri utenti. Il tutto senza nessun obbligo, quindi se io decidessi di proporre Scelgo Zero solo a mio fratello otterrei un piccolo sconto, per sempre, e poi continuerei a godermi i servizi low cost di Ubroker, senza dovermi preoccupare di niente. Scelgo Zero mi offre anche un consulente sui consumi, che periodicamente mi consiglia come risparmiare in modo facile, e non parlo di risparmio energetico ma di ottenere sempre più. Il servizio offre anche interessanti opportunità per chi accede al programma attraverso un gruppo di persone o per chi ha dei consumi particolarmente elevati. L’idea è quella di non gettare soldi a pioggia con la pubblicità sui giornali e in TV, ma di utilizzare questi fondi per premiare i propri clienti più affezionati.  Una sorta di sistema meritocratico anche per quanto riguarda gli sconti sull’energia.

Per saperne di più, visita la pagina Facebook del progetto ScelgoZero

 

L’esperto confronta conti deposito e altri strumenti finanziari

 Meglio un conto deposito dell’istituto bancario A o di quello B, o meglio ancora un fondo di investimento? Quando si ha un capitale a disposizione non è mai semplice decidere come utilizzarlo al meglio. Anche perché spesso chi confronta conti deposito non riesce a trovare tutte le informazioni corrette. Del resto, oggi ci può venire in aiuto internet, sono infatti diversi i siti che ci offrono tutte le informazioni necessarie per capire quale sia lo strumento finanziario più pratico e utile per noi, per la nostra specifica situazione.

Quale conto deposito è il migliore
Verrebbe da dire che il conto deposito migliore è quello che ci garantisce il maggiore rendimento. In effetti però non è sempre così. Dobbiamo infatti considerare anche le spese, le tasse, le eventuali clausole che riguardano la chiusura anticipata del conto o il prelievo di tutto o parte del capitale. La prima cosa da esaminare è effettivamente il tasso di interesse, considerando che spesso le banche indicano quello lordo, da cui dobbiamo sottrarre le tasse. Per darci un’idea generica il tasso effettivo è in genere vicino alla metà del tasso lordo, considerando tutte le spese accessorie. Un altro elemento da considerare è l’eventualità che la banca ci faccia pagare l’imposta di bollo su conto deposito; alcune la pagano per noi, altre lo fanno solo per chi ha un investimento di una certa importanza. Si tratta dello 0,20%, calcolato sulle giacenze, quindi di una cifra che può avere un certo peso. Ci sono poi banche che richiedono il pagamento per qualsiasi comunicazione, come ad esempio l’estratto conto mensile inviato a casa, o operazioni di altro genere. Di grande importanza è anche la periodicità della liquidazione degli interessi, soprattutto nel caso in cui li si ricapitalizzi automaticamente: alcune banche li versano solo una volta all’anno, altre banche lo fanno ogni trimestre o ogni semestre.

Conto vincolato o svincolato?
Quando si apre un conto deposito si ottengono due diverse proposte: quella di un conto deposito vincolato o quella di un conto privo di vincoli. Nel primo caso la banca ci obbliga a lasciare i nostri soldi fermi sul conto per un dato periodo di tempo, a partire in genere da tre mesi. Gli interessi pattuiti saranno ottenibili solo se il capitale rimane fermo per l’intero periodo; in caso contrario perderemo gli interessi, che non ci saranno saldati per nulla o che, in altri casi, saranno calcolati solo sulla cifra rimanente. Se vogliamo allocare sul conto deposito tutto il capitale in eccedenza che possediamo conviene scegliere un conto deposito non vincolato; in questo caso se ci dovessero servire dei fondi potremo prelevarli senza alcun tipo di problema, perderemo solo gli interessi per la quota prelevata e il restante periodo di tempo fino al calcolo degli interessi stessi. Molte banche consentono ai loro clienti di gestire il vincolo in modo più flessibile: ad esempio, su un conto privo di vincoli propongono di vincolare il 10% o il 20% del capitale, per ottenere su quella cifra degli interessi maggiori.

Spese accessorie
Prima di scegliere il conto deposito più conveniente è bene anche considerare altre caratteristiche importanti. Alcune banche infatti ci permettono di versare i fondi sul conto deposito in diversi modi: attraverso bonifico da altra banca, con un versamento in contanti allo sportello, tramite l’home banking online. In alcuni casi invece saremo costretti ad aprire un conto corrente d’appoggio presso la medesima banca, che potrebbe essere soggetto ad ulteriori spese. Se non vogliamo dissipare buona parte degli interessi nelle spese per questo secondo conto è consigliabile verificare queste condizioni prima di procedere all’apertura di un conto deposito e la firma del contratto. Anche se si trattasse di un conto corrente a zero spese, non di rado, ci sono delle spese fisse nascoste, come ad esempio l’imposta di bollo.