Geneve Invest e l’opinione sui Bitcoin: investimento sicuro, truffa o fenomeno temporaneo?

 “Concretamente è molto difficile dare un valore al Bitcoin – spiega Neri Camici di Genève Invest –  da un lato la blockchain è sicuramente una tecnologia rivoluzionaria, per la quale intravedo molti campi di applicazione, dall’altro è opportuno far notare che, allo stato attuale, poche società accettano pagamenti in Bitcoin: ad oggi, è considerato più un bene rifugio, come l’oro, che come un vero e proprio mezzo di pagamento.”

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“I numeri – spiega ancora Camici da Geneve Invest, società indipendente di gestione patrimoniale fra le più importanti in Europa – ci dicono che nonostante l’incremento del prezzo dallo scorso anno sia stato del 2000%, il numero delle transazioni in Bitcoin è aumentato “solamente ” dell’8%,  è quindi possibile dedurre che l’incremento di valore non derivi tanto dall’utilizzo corrente di questa criptovaluta, ma bensì dalla percezione della stessa come di un investimento speculativo foriero di rapidi guadagni. A mio avviso – spiega Camici rappresentando una delle opinioni di Geneve Invest sul tema, comunque tutte coerenti fra loro– se c’è stato un abbaglio nella percezione di questo strumento, è stato il pensare che potesse essere utilizzato, un giorno, come strumento di pagamento per le esigenze di tutti i giorni, mentre allo stato attuale è chiaro il suo ruolo di asset conservativo.”

Il Bitcoin è senza dubbio il protagonista del momento sui mercati finanziari, passato da argomento riservato a pochi addetti ai lavori a obiettivo di investitori più o meno competenti, in cerca di profitto facile.
Creato nel 2009 da un programmatore ad oggi conosciuto con il nome, fittizio, di Satoshi Nakamoto, questa moneta virtuale si è resa protagonista, in un lasso di tempo molto contenuto, di un incremento di valore straordinario. Se consideriamo solo il 2017, siamo passati dai 1000 dollari circa di inizio anno, ai 17’000 di fine Dicembre, con un picco massimo di 19’000: una crescita superiore al 1’700%. Se avessimo investito, all’inizio del 2015, circa 10’000 euro in Bitcoin (quando la quotazione era intorno ai 200 dollari) a Dicembre, dunque due anni dopo,  il nostro portafoglio avrebbe avuto un valore di circa 850’000 euro.

Dopo i record fatti registrare nella fase finale del 2017, i primi mesi del 2018 non sono iniziati sotto i buoni auspici per le criptovalute in generale e in particolare per Bitcoin, che viaggia attualmente intorno agli 8’000 dollari: un calo di più del 50% rispetto ai valori di fine anno scorso.
Le ragioni del calo sono diverse. Il gruppo londinese Lloyds, ad esempio, ha deciso di vietare ai suoi clienti di utilizzare le carte di credito per l’acquisto di Bitcoin, come strumento di protezione dei propri correntisti dall’eccessiva volatilità di questo strumento.
L’impatto maggiore l’hanno avuto però, probabilmente, le restrizioni imposte da Cina, India e Corea del Sud. Quest’ultima, soprattutto, ha deciso di autorizzare lo scambio di Bitcoin unicamente attraverso conti bancari intestati e non, come accadeva in precedenza, tramite conti anonimi; l’obiettivo è chiaramente quello di evitare che le criptocurrencies vengano usate per il finanziamento di attività criminali.

Come accennava in apertura Neri Camici di Genève Invest truffa, una parola che in molto utilizzano riferendosi al Bitcoin, non è adatta per parlare di questa criptocurrency, il cui valore è senza dubbio legato alla tecnologia che lo supporta e che permette di garantire transazioni sicure tra i possessori di Bitcoin senza un intermediario che faccia da garante, una banca per intenderci.
Il recente importante incremento di valore di questa valuta digitale ha legittimamente fatto sorgere il dubbio di essere in presenza di una bolla. Eppure, definire e identificare una bolla finanziaria è più difficile di quanto sembri.

“Generalmente – spiegano ancora in questa sorta di recensione tecnica da Geneve Invest – parliamo di bolla quando il prezzo di un bene appare svincolato dai suoi fondamentali, ma di quali fondamentali possiamo parlare a proposito del Bitcoin? Risulta impossibile arrivare ad una previsione assoluta rispetto a cosa accadrà, verosimilmente potremmo affermare che una parte importante del rapido incremento di prezzo sia da riferirsi a ingenti acquisti da parte dei “ritardatari”, investitori senza molte competenze tecnologiche che allettati dal rally dei prezzi hanno voluto partecipare ad una facile presa di profitto. Certo è anche opportuno ricordare che la capitalizzazione del Bitcoin ha raggiunto ad oggi i circa 140 miliardi di dollari, che comparati con il valore del mercato globale rappresentano ancora una percentuale trascurabile. Anche riguardo ad un potenziale rischio sistemico, secondo una rilevazione citata da Bloomberg, sono appena 1.000 individui a possedere il 40% di tutti i Bitcoin in circolazione, con 100 account che controllano il 17% del mercato.
Questo per dire che – chiudono gli analisti finanziari della società di gestione patrimoniale Geneve Invest – è affidabile il mezzo tecnico, in parte, visto che anche nel tanto paventato caso dello scoppio di una bolla, la diffusione di un’ingente quantità di Bitcoin nelle mani di pochi individui permetterebbe di mantenere il rischio circoscritto.

L’Analista Finanziario: guidare il business dati alla mano

 L’analista finanziario è una figura che si sta sempre più facendo spazio nel mondo del lavoro. La carriera nel settore finanziario può aprire a chi lo desidera diverse possibilità. Questa figura non si occupa solo dello “studio del bilancio” delle aziende e delle società dalle quali è chiamato a operare ma svolge una funzione di consulenza a cui è riconosciuta una sempre maggiore importanza.

Per poter accedere a questa professione bisogna seguire uno specifico percorso formativo che permette di conoscere a fondo i vari aspetti necessari allo svolgimento corretto del lavoro. Sul blog dell’Università Niccolò Cusano, è possibile trovare una guida approfondita su come diventare analista finanziario.

Un dato certo, per l’approccio corretto a questa professione è l’attitudine allo studio delle materie economiche, statistiche e matematiche, fulcro centrale del percorso di studi d’affrontare per riuscire ad impiegare tutti gli strumenti necessari a un analista finanziario.

Qual è il compito dell’analista finanziario

Il compito principale dell’analista finanziario è di fornire consulenze che possano indirizzare l’attività della società o dell’azienda verso opportunità d’investimento realmente redditizie. Molte aziende, oggi si affidano a questa figura professionale, in quanto questi possono studiare il business della società attraverso dati concreti e precisi.

Un buon analista deve, attraverso l’analisi del bilancio, lo studio delle prospettive economiche e della redditività, fornire all’azienda tutto il materiale per procedere a una proiezione futura sugli investimenti, sulle opportunità di guadagno e sul valore della società al momento dell’analisi.

Oltre ad avere conoscenze strettamente economiche, matematiche e di analisi, un analista finanziario dev’essere anche informato sulla legislazione fiscale vigente nel paese in cui opera, avere conoscenze di diritto tributario e societario. Solo con questo ampio bagaglio di informazioni la sua attività può permettere realmente la crescita dell’azienda.

Anche chi opera nel settore marketing di un’azienda ha bisogno dell’analista finanziario, perché è attraverso quei dati che poi si procede alla realizzazione di un piano di business nel lungo o breve periodo.

Analista finanziario: tra le figure più richieste nel mondo del lavoro

Secondo quanto riportato da un articolo del Sole 24 ore, tra le figure maggiormente richieste dalle aziende c’è proprio quella dell’analista finanziario. Un’analista è necessario all’azienda per determinare la struttura del capitale di una società, inoltre è in grado di consigliarle su vari campi da quelli dei finanziamenti, sino alla strutturazione di un piano di business.

L’analista finanziario dimostra di essere tra le figure più complete in questo campo. Molti analisti devono ogni giorno effettuare analisi di bilancio e gestire il business plan dell’azienda. Non solo, questi si occupano anche delle ricerche di mercato e delle analisi dei settori industriali e commerciali. In base al ruolo ricoperto all’interno dell’azienda, dall’analista junior o senior, si ampliano le competenze che deve avere un’analista finanziario. I senior, spesso devono essere in grado di relazionarsi con i partner finanziari e industriali, devono acquisire nuovi assets, e promuovere lo sviluppo commerciale dell’azienda.

Quanto guadagna un analista finanziario?

La figura dell’analista finanziario, oltre a essere molto ricercata è anche ben pagata. Una volta concluso il percorso di studi, aver effettuato i vari stage sul campo al fine di affinare le proprie capacità, allora si potrà ambire all’ottenimento di stipendi al di sopra della media nazionale. Le retribuzioni stimate per questa figura prevedono: un guadagno tra i 30 e i 50 mila euro all’anno per coloro che hanno più di un anno di esperienza. Uno stipendio annuo tra i 50 e i 70 mila euro per coloro che hanno più di 4 anni di esperienza. Infine, per le posizioni senior, lo stipendio può arrivare e superare i 90 mila euro annui.

 

 

Mutui: in aumento le richieste di finanziamento per la casa

 Riparte, lentamente, l’economia e ripartono anche le erogazioni di mutui per la prima casa, con importanti ripercussioni sull’itero settore dell’edilizia, da molti anni in crisi nera. Lo abbiamo potuto notare dal regolare deprezzamento delle abitazioni, che nel corso degli ultimi anni hanno subito una riduzione di prezzo decisamente importante. Il 2018 è l’anno migliore in cui comprare casa, soprattutto se si tratta della prima, cioè ci suggerisce mutuiperlacasa.com.

Accendere un mutuo
Finalmente anche in Italia le banche hanno ricominciato a concedere mutui ai loro clienti. Questo non significa che sia semplice ottenere un finanziamento: le regole sono ferree e non ammettono eccezioni. Per poter ottenere un muto è infatti necessario poter dimostrare di avere un reddito fisso sufficiente a coprire la rata in modo regolare e sicuro. Del resto nessuno presterebbe i propri soldi senza avere la certezza di poterli ottenere in restituzione. Occorre quindi avere un lavoro a tempo indeterminato, o comunque delle garanzie sulla possibilità di poter saldare le rate. Chi ha un lavoro a tempo determinato, o un contratto atipico, in genere può sfruttare l’aiuto di un garante, ossia di una persona con maggiori garanzie di solvibilità che si impegna a saldare le rate nel caso in cui il mutuatari non sia in grado di farlo.

Offerte di vario genere
Ogni istituto di credito propone ovviamente offerte diverse per i mutui, soprattutto nel caso in cui si intenda sfruttarli per l’acquisto della prima casa; si tratta infatti di un tipo di mutuo agevolato, per il quale si può godere di condizioni particolari, comprese delle garanzie fornite dallo Stato italiano. Oggi i tassi di interesse sono particolarmente bassi, visto che è il costo del denaro è ridotto e siamo in un periodo caratterizzato da una scarsa inflazione. Per questo motivo per molte persone potrebbe essere il momento giusto per comprare casa. Prima di decidere in quale banca accendere il muto è importante valutare le offerte disponibili, anche perché non tutte le condizioni offerte dai vari istituti di credito sono identiche tra loro. Alcune banche infatti consentono ai loro clienti di modificare le rate nel corso del tempo, di rinegoziare i tassi o di valutare proposte diverse da quella iniziale, che possono essere offerte nel corso degli anni.

La durata del mutuo
Mediamente in Italia i mutui richiesti hanno una durata di 20 anni; in effetti però il periodo di ammortamento di un mutuo può essere prolungato fino a 40 anni o anche più. Molto dipende dall’età anagrafica del contraente quando stipula il contratto di finanziamento: se è superiore ai 35 anni è improbabile che la banca gli conceda un mutuo di durata molto prolungata nel tempo. In alcuni casi conviene valutare la possibilità di rinegoziare il mutuo a metà della sua durata, in modo da ridurla in modo sensibile. Del resto tantissime persone da giovani hanno possibilità economiche di molto inferiori rispetto a quelle disponibili solo 15 o 20 anni dopo. In questi casi può essere interessante aumentare la rata mensile, per diminuire la durata del periodo di ammortamento.

La Flat Tax è una soluzione sostenibile nell’economia italiana?

La proposta politica del centrodestra potrebbe davvero funzionare? Secondo gli esperti, la flat tax potrebbe portare benefici all’intera economia italiana, anche se l’opposizione ne contesta l’efficacia.

Non esistono tuttavia prove certe in merito all’effettiva bontà del sistema fiscale basato su una tassa forfettaria unica.

Storicamente la prima flat tax fu inventata nel 1956 dall’economista americano Milton Friedman; nelle versioni più recenti, hanno introdotto dei sistemi di progressività basati sull’esonero sotto una determinata soglia di reddito.

Negli anni 2000, la flat tax è stata introdotta nelle economie emergenti di alcuni Paesi dell’est europeo, come gli Stati Baltici, la Lettonia, l’Estonia, l’Ucraina e la Russia. Negli Usa cinque Stati hanno adottato un’aliquota unica sulle persone fisiche.

Pur non essendoci prove certe sull’efficacia, chi è favorevole alla flat tax ha evidenziato come gli ex Paesi comunisti dell’est europeo hanno avuto, dopo l’adozione della flat tax, un periodo di evidente crescita economica. Tuttavia, in alcuni casi (Repubblica Ceca, Slovacchia e Islanda) tale tipo di imposizione non ha sortito gli effetti desiderati ed è stata abbandonata.

Berlusconi e il centrodestra hanno introdotto la flat tax (promossa anche dall’Onorevole Fabrizio Bertot) al centro del proprio programma politico, quasi facendo eco alle soluzioni economiche introdotte da Donald Trump a tutela dell’economia americana. Le critiche non sono mancate, anche se sono state soprattutto concentrate ad evidenziare l’impossibilità di attuazione a causa di mancanza di coperture finanziarie. Inoltre, secondo i più scettici, colpirebbe in particolare la classe medio bassa del Paese che rappresenta la spina dorsale di molte economie nazionali, aumentando la disuguaglianza sociale.

Ciò che sembra certo, però, è che l’Italia necessita di una veloce ed efficace riforma fiscale, con un fisco che possa diventare meno aggressivo, lasciando meno spazio ad interpretazioni e limitando ogni possibilità di evasione ed elusione. “Pagare meno, pagare tutti” è stato lo slogan di diversi politici negli ultimi anni. Tuttavia, la pressione fiscale attuale è diventata insostenbile e non consente quella ripresa economica che sta lentamente coinvolgendo tutte le economie occidentali.

Ilva, ma quale fumo? il fondo antidiossina cade nell’effetto ottico

Sarebbe ora di finirla con il sensazionalismo sull’Ilva. Eppure, è sempre così: non appena si nomina lo stabilimento di Taranto, fioccano allarmismi e disinformazione.
L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è quello del video pubblicato su youtube da Fabio Matacchiera del Fondo Antidiossina. Un video che riprende le emissioni notturne della più grande acciaieria di Europa, con il narratore Matacchiera che, a colpo di “incredibile” e toni enfatici, racconta che ciò che si vede è “una colonna di fumo”, fumo tossico e inquinante, non certo “vapore benefico”.
Chi guarda il video ne resta senza dubbio suggestionato, perché l’illusione ottica è evidente. Quello che si vede appare davvero come fumo. Ma la spiegazione c’è e il Fondo Antidiossina si è ben guardato dal cercarla.
Quelle immagini si riferiscono infatti alle regolari fasi di spegnimento del carbon coke che avviene nel reparto cokeria dello stabilimento. Si tratta, come spiega l’unico sito on line ad aver dato la notizia nel modo corretto, di un evento che si ripete più volte al giorno ma che solo in orari serali e notturni può generare l’effetto ottico tanto caro a Matacchiera.
Ciò che dall’esterno si presenta come “una colonna di fumo”, è invece vapore, la cui emissione è monitorata con la frequenza prevista dal piano di monitoraggio e controllo dell’Aia.
Ed è esattamente ciò che il Fondo Antidiossina ha frettolosamente escluso nel video che ha pubblicato su youtube, diventato virale dopo essere stato ripreso dall’Ansa.
Anche l’allarme inquinamento, da questo punto di vista, è da ridimensionare in quanto i risultati delle attività mostrano costantemente valori al di sotto dei limiti autorizzati e i dati vengono regolarmente comunicati alle autorità competenti e agli enti di controllo.
Il fatto è che quando questo evento emissivo si verifica in presenza di umidità e con le luci notturne dello stabilimento, l’effetto ottico è tale da farlo sembrare fumo. Ecco spiegato il video di Matacchiera.

Cartolarizzazione Npl: terminato anche il secondo iter per la Popolare di Bari

È stato finalmente completato anche il secondo iter di cartolarizzazione Npl. Una buona notizia per la Banca Popolare di Bari che ha concluso l’operazione in questione con la controllata Cassa di Risparmio di Orvieto.

Come viene messo in evidenza all’interno di un comunicato ufficiale, si tratta di un’operazione che rientra a pieno rango all’interno di un più ampio programma di dismissione pluriennale di 800 milioni di euro. La prima parte di tale progetto è stata portata a termine durante lo scorso anno. Nello specifico, lo scorso 16 novembre, Banca Popolare di Bari e la sua controllata avevano concluso la cessione di un portafoglio di sofferenze lorde per 319,8 milioni di euro ad un veicolo di cartolarizzazione.

Quest’ultimo, a sua volta, ha provveduto all’emissione di ben tre tranches di note ABS. La prima, una senior, poteva contare su rating BBB-/Baa3/BBB dalle agenzie Moodys, Scope e Dbrs ed è pari a 80,9 milioni di euro, eleggibile anche per la copertura da Garanzia pubblica (Gacs). La seconda, mezzanine, poteva contare su un rating B (low) e B+, da parte di Scope e Dbrs e corrispondente a 10,1 milioni di euro. L’ultima tranche, una junior, senza rating però, corrispondente a 13,5 milioni di euro.

Complessivamente il valore delle notes che sono state emesse arriva a toccare il 32,7% del valore nominale dei crediti che sono stati oggetto della cessione di cui sopra. Complessivamente tutte le notes verranno ritenute al closing da parte della Popolare di Bari. La Garanzia pubblica di copertura, invece, verrà rilasciata unicamente una volta conclusosi l’iter legato alla richiesta.

La strutturazione di tutta questa operazione è avvenuta in collaborazione con il team di JPMorgan. Inoltre, il portafoglio di sofferenze lorde che è stato ceduto era formato in questo modo: per il 44% da crediti chirografari e per il 56% da crediti ipotecari.

New Investing Online: cresce il mercato delle criptovalute, ecco a chi chiedere consiglio!

Il trend che caratterizza in questo momento il mercato delle criptovalute è in forte ascesa. Un numero sempre maggiore di trader sceglie di iniziare una serie di investimenti in criptovalute optando per il trading online. Di conseguenza, è facile notare come anche in Italia questo mondo sia sempre più al centro dell’attenzione.

Gli investimenti in criptovalute, però, non sono un gioco e prima di fare una scelta del genere è bene affidarsi a dei professionisti che sappiano dispensare i consigli giusti al momento giusto. E chi garantisce per le criptovalute, in un mondo come quello del trading online di cui, ancora oggi, tante persone non conoscono che poche caratteristiche?

New Investing Online è senz’altro la soluzione migliore per fare una scelta del genere. Tutti coloro che cominciano a nutrite un certo interesse verso le criptovalute dovrebbero essere seguiti passo dopo questo passo in questo universo. New Investing Online lo fa e offre la possibilità di ricevere una consulenza del tutto gratuita.

È sufficiente la semplice iscrizione al sito e si potranno sfruttare, in via del tutto gratuita, consulenze di professionisti del settore, che hanno l’esperienza tale per suggerire il migliori modo per far fruttare i propri investimenti. Guadagnare in totale sicurezza è certamente possibile, ma al giorno d’oggi è necessario fidarsi solo ed esclusivamente di chi sa fare alla perfezione il proprio lavoro e ha una certa esperienza alle spalle.

Se siete ancora scettici, potete provare la consulenza gratuita e senza alcun impegno sulle criptovalute. Vi verranno forniti tanti consigli utili in merito all’acquisto, alla prevendita e alle speculazioni sulle più importanti criptovalute che ci sono in circolazione in questo momento. E non si tratta, quindi, solamente di Bitcoin, dal momento che otterrete tutte le informazioni che cercate anche su Litecoin, Ethereum, Monero e Dash. Un servizio pratico e affidabile, che non prevede né spese né la sottoscrizione di particolari abbonamenti dopo l’iscrizione al sito.

Il Processo Tributario Telematico: facoltativo o obbligatorio?

 Il tema è molto attuale: Il Processo Tributario Telematico (PTT) è facoltativo o obbligatorio?

 Avviato sulle orme del “fratello maggiore”, ovvero il processo telematico civile, il neonato PTT è entrato in vigore ormai in tutte le regioni d’Italia.

Il decreto attuativo del Processo Tributario Telematico risale al 2011 ma da quella data sono state tante le norme che si sono susseguite ed ognuna ha aggiunto un tassello alla procedura. Sul proprio sito, Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) ha pubblicato un interessante documento. Si tratta di Guida al Processo Tributario Telematico, che ripercorre tutta la normativa di riferimento.

Cerchiamo, quindi, di rispondere alla domanda inziale. Il PTT è obbligatorio?

La risposta è: per adesso è un’opzione facoltativa che possono esercitare contribuente e professionista. Ovvio che una volta scelta la via questa va seguita fino in fondo. Ovvero non è possibile tornare indietro alla forma cartacea se si è optato per il telematico.

Per il 2017 era chiaro il motivo: non tutte le regioni d’Italia avevano le Commissioni Tributarie pronte. Ad esempio solo il 15 luglio 2017 è ufficialmente entrato in vigore il PTT nelle regioni Marche e Valle D’Aosta e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Quindi il Processo Tributario Telematico sarà obbligatorio dal 2018? Ancora non vi è una informazione ufficiale chiara in merito, ma presumibilmente no. Perchè per renderlo procedimento obbligatorio per tutti sarà necessaria una norma ad hoc e che ancora non è all’orizzonte.

I professionisti che vorranno seguire la strada del PTT dovranno, sicuramente, organizzarsi con una nuova modalità di lavoro. A questo scopo potrà essere utile dotarsi di un software per la gestione del contenzioso fiscale, ovvero di un gestionale che permetta di organizzare e conservare la documentazione necessaria al Processo Tributario Telematico.

In questo modo la nuova procedura telematica potrà essere affrontata in maniera semplice e sicura. Senza considerare i notevoli vantaggi in termini di risparmio di tempo ed efficientamento del lavoro che un software gestionale può garantire e questo a prescindere dall’entrata in vigore del PTT.

Compreso dunque che non è obbligatorio bensì facoltativo resta da capire come funziona il PTT.

Come funziona Processo Tributario Telematico?

E’ abbastanza semplice, ecco in breve gli step da seguire:

  • Prima di tutto occorre accedere al portale SIGIT ed effettuare la registrazione con i propri dati;
  • Una volta ottenuti gli accessi è possibile iniziare il caricamento dei dati relativi al procedimento che si vuole depositare;
  • Preparare ed allegare la documentazione necessaria al deposito che deve soddisfare i seguenti requisiti:
    • i documenti devono avere il formato PDF/A-1a oppure PDF/A-1b;
    • devono essere privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili;
    • non devono avere restrizioni per le operazioni di selezione e copia. Pertanto non è ammessa la copia per immagine;
    • vanno sottoscritti con firma elettronica qualificata o firma digitale, con nome “nome file libero.pdf.p7m”;
    • devono avere la dimensione massima, per ogni singolo documento informatico, di 5 MB;
    • vanno correttamente classificati secondo la tipologia resa disponibile dal sistema, avendo cura di tenere distinti l’atto principale dagli allegati.

A questo punto il fascicolo è pronto ed alla fine dell’iter si ottiene la ricevuta di deposito.

In conclusione, le complessità in materia di contenzioso fiscale, il PTT e il progressivo passaggio al digitale rendono indispensabile un cambio di rotta epocale per tutti i Professionisti. Tale passaggio sarà più arduo per coloro che ancora oggi manifestano resistenze verso le nuove tecnologie applicate al lavoro di tutti i giorni. La strada è quella di adottare progressivamente soluzioni all’avanguardia e di farlo in maniera compatibile con la propria organizzazione interna, tenendo sempre in alto l’asticella dell’innovazione nei processi interni per trovarsi in una comfort zone quando il PTT sarà a regime.

 

Quando l’imprenditoria aiuta la gente

 Riuscire ad aiutare le persone a livello pratico grazie alla propria capacità imprenditoriale e all’influenza che la propria figura può avere. Può sembrare un concetto irrealizzabile o quanto meno tipico di sistemi economici più fiorenti, come quello americano, o di Paesi in cui il welfare viene considerato un valore centrale della società, come nel nord Europa.

C’è però chi quotidianamente, anche in Italia, tenta di promuovere un certo modo di “fare impresa” e nel corso degli anni ha cominciato a raccogliere frutti.

L’esempio di Vincenzo Manes e dei suoi amici

Vincenzo Manes, che tra i suoi amici ha personaggi illustri come l’ex premier Matteo Renzi che ha avuto fin da subito fiducia nelle sue capacità, ha cominciato svolgendo il proprio lavoro nel settore del private equity e fondando Intek Group, che è arrivata a diventare una holding vera e propria che oggi può contare sulla presenza di partecipazioni in molte altre aziende, come la KME AG, l’Ergycapital SPA e la Culti.

Oltre a lavorare a livello industriale, Vincenzo Manes ha messo a frutto le sue conoscenze arrivando ad approcciare il Terzo Settore da un punto di vista differente rispetto a quello comune, nel quale, spesso, sono i privati ad attendere che lo Stato intervenga.

Il sociale, quindi, è diventato un’importante risorsa sulla quale investire e dalla quale partire per realizzare grandi opere, quelle che possono davvero avere una forte influenza sulla società in generale.

Proprio per questo, Vincenzo Manes, stupendo i suoi amici ha realizzato la Fondazione Italia Sociale, che ha l’obiettivo di portare allo sviluppo dell’economia di questo settore grazie all’uso di risorse private.

Filantropia e imprenditoria

Vincenzo Manes ha fatto, poi, un ulteriore salto in avanti arrivando ad impegnarsi in modo pregnante nella filantropia. Il suo percorso è cominciato dalla posizione di venture philantropis, per passare poi alla creazione della Fondazione Dynamo, realizzata nel 2003 e dalla quale partono, ogni anno, iniziative lodevoli a favore della popolazione.

Infatti, fa parte di questo progetto sicuramente il Dynamo Camp,  che consente di ospitare bambini e ragazzi che abbiano patologie croniche e gravi: ogni anno quasi 1300 assistiti usufruiscono di questa opportunità, che li aiuta a poter stare meglio e a riprendersi più in fretta.

Anche la Dynamo Academy ha raccolto, per Vincenzo Manes, il favore dei suoi amici più illustri, poiché dal 2011 consente di realizzare la formazione aziendale in merito a temi legati proprio alla filantropia. Infine, l’imprenditore si è occupato anche dell’ambiente, creando l’Oasi Dynamo, affiliata al WWF.

Proprio per queste sue doti che mettono insieme spirito imprenditoriale e aiuto alla popolazione, dal 2004 Manes è presidente della Società Italiana di Filantropia, che ha lui stesso fondato.

Il terzo settore come risorsa

L’esperienza maturata da Manes e dai suoi amici può insegnare molto al mondo dell’imprenditoria, che sono in questi ultimi anni sembra accorgersi della risorsa che il terzo settore può costituire per l’Italia. Un Paese che invecchia e che ha bisogno si sviluppino nuove forme di assistenza, con l’aiuto dello Stato ma non solo.

Una direzione imprenditoriale illuminata può contribuire a ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza in un settore in cui, nella tradizione storica, l’Italia non ha mai saputo gestire e ottimizzare le sue risorse.

 

 

La tecnologia digitale e i nuovi consumi culturali in Italia

 La diffusione di Internet contribuisce all’affermarsi di nuovi consumi culturali nel nostro Paese. Secondo una recente indagine di mercato condotta da Zeuner emerge come si stia affermando una tendenza che vede i nostri connazionali spendere meno in libri, giornali e cinema, preferendo assistere a un concerto, anche fuori dalla propria regione di appartenenza, o visitare una mostra in qualche museo.

Un dato interessante riguarda la spesa delle famiglie italiane tra il 2007 e il 2016 per gli smartphone, che ha fatto registrare un +190%, per un valore complessivo di poco meno di 6 miliardi di euro nell’ultimo anno. Questa vocazione tecnologica è ancor più apprezzabile se confrontata con la generale contrazione dei consumi, che sono scesi del 3,9% nello stesso periodo: gli italiani, dove possibile, hanno risparmiato.

L’indicatore di spesa per i media connessi in rete va nella direzione di accrescere il proprio potere di disintermediazione: connettersi e utilizzare Internet per informarsi, leggere libri, ascoltare musica in streaming e acquistare biglietti per una mostra o un concerto, permette di risparmiare sul bilancio familiare e personale.

Zeuner è testimone diretto dello sviluppo di un’economia della disintermediazione digitale che sposta la creazione di valore a filiere produttive e occupazionali in nuovi ambiti, come il call center che diventa strumento di supporto alla vendita di biglietti per gli eventi. Come ha affermato Marco Carloni, amministratore delegato della società “per parte nostra dobbiamo avere una grande capacità di velocità di risposta ricevendo anche fino a 300 telefonate al minuto in prossimità di spettacoli di star internazionali, disporre di notevole tecnologia (CRM integrato, connessione Internet in fibra ottica, centrale telefonica VoIP in fault-tolerance) e garantire al committente un elevato livello di customer care”.