La Banca mondiale ha affermato che lo sviluppo delle economie dell’Asia orientale sarà più lento del previsto quest’anno, con la moderata crescita della Cina e gli sconvolgimento politici in alcuni Paesi che pesano sulle prospettive della Thailandia.
Nell’aggiornamento economico sull’Asia orientale e del Pacifico pubblicato dalla Banca Mondiale si prevede che la Cina si espanderà del 7,6 per cento quest’anno, in calo dal 7,7 per cento previsto nel mese di ottobre, mentre la Thailandia crescerà del 3 per cento, 1,5 punti percentuali in meno rispetto a quanto previsto sei mesi fa. Lo sviluppo dell’Asia orientale è previsto a un ritmo di crescita del 7,1 per cento nel 2014, in calo dal 7,2 per cento di ottobre.
► Mercati asiatici più stabili
L’espansione della regione sarà sostenuta da una ripresa nelle economie ad alto reddito. La Banca mondiale ha detto che le riforme strutturali sono fondamentali per ridurre le vulnerabilità e migliore la sostenibilità della crescita a lungo termine nella regione. La Cina ha già iniziato con una serie di riforme in materia di finanza, di accesso al mercato, di mobilità del lavoro e di politica fiscale per aumentare la crescita e per stimolare la domanda interna, come ha detto la Banca mondiale in un comunicato. Nel corso del tempo queste misure mettono l’economia su una base più stabile, più inclusiva e sostenibile. Alcune iniziative che il governo ha già annunciato, come la riforma fiscale e la riduzione degli ostacoli agli investimenti privati, possono stimolare la crescita anche nel breve termine.
Il capo economista dell’Asia orientale e del Pacifico della Banca Mondiale Bert Hofman ha affermato che i rischi sono quelli di una ripresa più lenta del previsto nelle economie avanzate, un aumento dei tassi d’interesse globali e una maggiore volatilità dei prezzi delle materie prime a causa delle recenti tensioni geopolitiche in Europa orientale.
In Cina, le riforme possono portare notevoli benefici ai partner commerciali che forniscono prodotti agricoli, beni di consumo e servizi, afferma la Banca Mondiale. Al contrario, un riequilibrio disordinato in Cina potrebbe danneggiare la crescita sia della regione sia globale, in particolare nei Paesi che dipendono dalle esportazioni di risorse naturali.