Poste Italiane nega vigorosamente ogni possibilità di fusione o acquisizione del Monte dei Paschi, smentendo le voci già circolate durante le scorse settimane e nuovamente rilanciate oggi da una parte di stampa che fa riferimento a un interesse di Palazzo Chigi per l’operazione.
Se ambienti governativi stiano o meno ragionando su un’opzione per lanciare una ciambella di salvataggio alla banca senese, non è dato escluderlo o affermarlo con certezza.
Quello che si può affermare con certezza è che un’operazione del genere sarebbe del tutto incoerente con il piano industriale annunciato da Poste Italiane in occasione delle quotazione in Borsa, verificatasi non più di tre mesi fa. Sostengono gli esperti:
Portare una società pubblica sul mercato indicando strategie e regole del gioco certe e soprattutto assicurando un contenuto limitato di rischi agli investitori internazionali (inclusi i fondi sovrani) e poi cambiare le carte in tavola a stretto giro è un’operazione molto pericolosa. Soprattutto in questa fase di volatilità dei mercati e quando con tanta fatica si è cercato di riportare gli investitori esteri in Italia.
In giornata è arrivata la smentita diretta della Società:
Con riferimento ad articoli ed indiscrezioni di stampa, Poste Italiane informa, come già comunicato, che nessuna delle operazioni di fusione o acquisizione ipotizzate nel contesto del riassetto del sistema bancario rientrano nei suoi piani.
Il management di Poste ha presentato l’investimento nei propri titoli al pari di un’operazione sicura e in grado di garantire una costante politica di dividendi. In sostanza, il titolo della società dei recapiti veniva equiparato alle azioni delle grandi utility con business regolati, che dunque garantiscono una cedola sicura e costante nel tempo. La società è in grado di generare flussi di cassa attingendo, in particolare, al business finanziario (con il Bancoposta) che fa perno sulla raccolta dei buoni fruttiferi per conto della Cassa Depositi e Prestiti, circa la gestione dei conti correnti, sulla vendita di prodotti bancari – quali i mutui – per conto di altre banche, sulla vendita di prodotti di risparmio gestito e sui sistemi di pagamento digitali.