Il petrolio va giù e le conseguenze sono gravi. L’Arabia Saudita ha scelto di chiedere un prestito. Riad, pur non avendo ancora accantonato il progetto di quotazione in Borsa della società Aramco (azienda di stato che controlla le più grandi riserve di greggio del mondo), sarebbe sul punto di ricorrere a un prestito internazionale, sotto forma di emissione obbligazionaria.
Ciò non si verificava dal 2007, perché i 4 miliardi di dollari di bond venduti alla fine dello scorso anno hanno un valore relativo visto che sono stati piazzati alle banche locali.
Questa volta – stando a quanto riporta il quotidiano britannico Financial Times – l’emissione dovrebbe essere in partenza di almeno 5 miliardi di dollari. Dopo averlo annunciato più volte nel corso degli ultimi dodici mesi, Riad si sarebbe decisa visto che una risalita dei prezzi del greggio non è prevista a breve: secondo l’Agenzia internazionale dell’energia il barile potrebbe tornare attorno agli 80 dollari soltanto a fine 2020. Nel frattempo, anche l’Arabia Saudita come altri paesi produttori che basano la laoro economia quasi esclusivamente sull’estrazione e vendita di idrocarburi, devono fare i conti con l’austerity. E trovare il modo di sostenere il walfare dei propri cittadini così come hanno fatto negli anni dell’abbondanza dei prezzi.
Le riserve in valuta straniera sono drammaticamente crollate per le casse pubbliche dell’Arabia: erano 737 miliardi nel 2014, ora sono “soltanto” 64 miliardi. Con un deficit pubblico che per l’anno in corso è annunciato attorno a 87 miliardi. Il debito pubblico era pressoché inesistente soltanto due anni fa, con un percentuale dell’1,6 sul Pil. A fine 2020, potrebbe arrivare fino al 50 per cento del Pil.