Le quotazioni del greggio sono in caduta libera, attestandosi sotto i 45 dollari al barile. Ciò comporta una crisi non di poco conto sui mercati.
Il ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti, Suhail al-Mazrouei, intervenendo durante il Gulf Intelligence Eau Energy Forum, ha lanciato l’allarme:
L’Opec non è più in grado di continuare a proteggere un determinato prezzo del petrolio. L’eccesso di offerta è arrivato principalmente dallo shale oil e ciò doveva essere corretto. Non ci sarà una nuova riunione del cartello dei produttori prima del vertice previsto a giugno. Sono preoccupato per gli equilibri del mercato del petrolio ma ha affermato che l’Opec “non può essere in nessun caso essere l’unica parte responsabile. Stiamo dicendo ai mercati e agli altri produttori di essere razionali, di comportarsi come l’Opec e guardare alla crescita nel mercato.
Gli Emirati Arabi sono stati tra i principali sodali dell’Arabia Saudita nel far prevalere, nel corso del vertice dell’Opec dello scorso novembre, la decisione di lasciare la produzione immutata, stimolando il crollo delle quotazioni che ha scosso i mercati negli ultimi mesi.
L’obiettivo di Riad, stando al parere della maggior parte degli analisti, è ridimensionare il ruolo dei produttori statunitensi di shale oil, conservando le proprie quote sul mercato americano. L’estrazione di idrocarburi non convenzionali implica infatti investimenti che rischiano di diventare non convenienti con un barile sotto quota 50 dollari, laddove i produttori del Golfo Persico, avendo un punto di pareggio molto più basso, possono sopportare un tracollo dei prezzi ancora più grave. Eppure, secondo i dati di Drilling Info, le concessioni di licenze per la trivellazione, dopo la brusca frenata di novembre, a dicembre sono tornate a crescere e sono risultate stabili rispetto all’analogo mese del 2013.