Vengono soprannominati “cinesi“. Nelle fabbriche sono coloro i quali sono sprovvisti di contratto di lavoro. Percepiscono un misero salario e lavorano senza diritti né tutele. Lavorano tanto, e il più delle volte non hanno neanche diritto di replica.
Forse, chiamarli ‘precari’ è riduttivo. Certo è che nelle ditte di sub-appalto di Pomigliano d’Arco sono più di cento. Il loro è un utilizzo improprio. Il Sindacato Fiomo, così, ha deciso di denunciare questo fenomeno schierandosi dalla parte di chi non ha un contratto e ha mansioni identiche a chi non lo ha, ma con salari diversissimi.
Un esempio? Alenia, fabbrica di aeroplani. Qui, italiani e “cinesi” lavorano fianco malgrado le loro siano buste paga molto differenti.
Lo stipendio dei contrattualizzati è ben diverso da quello dei non contrattualizzati.
Un lavoratore precario del subappalto non supera gli 800 euro mensili. Inoltre può essere licenziato senza alcun preavviso, dall’oggi al domani.
Franco Bruno, Sindacalista Fiom del napoletano, ha dunque avviato gli scontri affermando che “Si tratta di uomini esasperati messi ogni giorno a tu per tu con l’ingiustizia”.
Pomigliano è vittima della crisi. Una crisi che cresce. I primi a farne le spese, forse, sono proprio questi cittadini di nazionalità bulgara, ucraina, africana e rumena. Sono ingaggiati dalle agenzie interinali e smistati tra le fabbriche che ne fanno richiesta. Qui diventano cinesi.