Fino a qualche anno fa quando un figlio voleva iniziare una carriera universitaria, i genitori hanno sempre cercato di indirizzare i ragazzi verso delle professioni particolari – notaio, avvocato, ingegnere e simili – considerati i più redditizi. Ora, come evidenzia una ricerca dell’Adepp (Associazione degli enti previdenziali privati), le professioni da sempre considerate fonti di guadagni sostanziosi hanno perso questa prerogativa a causa della crisi e del crollo delle retribuzioni.
Secondo la ricerca dell’Adepp, al primo posto tra le categorie più colpite spiccano i notai, professione sulla quale ha inciso in modo determinante il crollo del mercato immobiliare e, negli ultimi 6 anni, i compensi medi annui dei notai si sono praticamente dimezzati, passando da 129.400 euro a 66.800 euro.
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Al secondo posto della classifica ci sono ingegneri e architetti si posizionano al secondo posto, i cui redditi negli ultimi sei anni sono scesi rispettivamente da 33.037 a 28.444 euro e da 27.139 a 22.400 euro l’anno.
Non va meglio neanche per gli psicologi, che cercano di sopravvivere con stipendi medi di 600 euro all’anno e la disoccupazione che colpisce la metà dei professionisti iscritti al relativo albo.
Causa dell’abbassamento degli stipendi anche il surplus dell’offerta di alcune tipologie di professionisti. Oltre agli psicologi, i Italia c’è un surplus di avvocati, la cui quantità è quadruplicata dal 1990 ad oggi. Uniche categorie professionali in controtendenza sono i commercialisti (la cui retribuzione nel periodo considerato è aumentata passando da 57.177 a 63.391 euro l’anno), i ragionieri (dai 42.833 euro del 2004 ai 52.358 del 2012) e i consulenti del lavoro.