La Rai sta cercando di introdurre la clausola di onorabilità. Tra gli elementi all’ordine del giorno dell’assemblea straordinaria che si riunirà il 25 e il 26 maggio rispettivamente in prima e seconda convocazione, vi è infatti “l’introduzione della clausola inerente il possesso dei requisiti di onorabilità e connesse cause di ineleggibilità e decadenza dei componenti il consiglio di amministrazione”.
Nello specifico in ballo c’è il provvedimento che era stato varato dal governo di Enrico Letta, e in particolare dall’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. Provvedimento che impedisce agli amministratori di società controllate dallo Stato, come appunto nel caso della Rai, di essere eletti o di proseguire il mandato in caso di condanna, anche non definitiva, per alcune categorie di “delitti”. Tra questi, quelli previsti dalle norme sull’attività bancaria, finanziaria e mobiliare; quelli regolati dal codice penale sulle società; i reati contro la pubblica amministrazione, come per esempio la corruzione, più quelli in materia tributaria, senza dimenticare l’associazione per delinquere o mafiosa.
In realtà, giunta al banco di prova delle grandi aziende di Stato quotate in Borsa nell’era del governo di Matteo Renzi, la clausola di onorabilità non ha riscosso un grande successo. Basti pensare che nella primavera del 2014 è stata bocciata dalle assemblee straordinarie dell’Eni, di Finmeccanica e di Terna, mentre è in vigore soltanto all’Enel. E adesso si tenta di introdurla alla Rai, dove, a differenza delle società appena menzionate, non c’è di mezzo la Borsa e l’unico grande azionista è il Tesoro. Che dunque sarà anche il solo a decidere.
L’assise della Rai, nel contempo, sempre a maggioranza qualificata, voterà sul “recepimento delle disposizioni normative in materia di parità di genere negli organi di amministrazione e controllo”.