Per l’Italia c’era il rischio che venissero chiesti altri «sforzi aggiuntivi» per tener fede agli impegni di bilancio presi con i partner europei. Invece oggi più fonti notano che due trimestri col Pil in rosso possono essere «fattori mitiganti» nella valutazione della contabilità nazionale e perciò che, se si arriva all’autunno senza le carte in regola, Bruxelles potrebbe fermarsi ai rimproveri. Così, almeno per il 2014, una manovra correttiva potrebbe essere evitata.
L’Italia è sull’orlo del precipizio da tempo, anche se Bruxelles ha avuto parole di stima per il programma di riforme di Matteo Renzi e ne richiede una veloce realizzazione. L’Italia sta puntando molto sugli investimenti e la crescita, e sembra aver frenato sulla flessibilità, cosciente che ciò che si ottiene da questo è inferiore rispetto a quello che si potrà avere dal piano da 300 miliardi che la Commissione Ue ha promesso entro metà febbraio.
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Il fulcro centrale è il saldo di bilancio strutturale. All’inizio era previsto il raggiungimento del pareggio nel 2014. L’Italia ha chiesto il 2016, l’Ue le ha accordato il 2015. L’ultimo dato italiano che fa riferimento al deficit strutturale (senza spesa per interessi e una tantum) è di 0,6% del Pil per il 2014 che si scontra con lo 0,8 della stima ufficiale della Commissione (circa 3 miliardi di differenza secondo le previsioni di maggio). La differenza il 2015 è dello 0,5 (0,2 dicono i nostri; 0,7 afferma Bruxelles), cioè 7,5 miliardi, che salgono a 10 se si vuole davvero il pareggio.
Il commissario per l’Economia Katainen aspetta le leggi di bilancio il 15 ottobre. A dicembre il governo avrà un quadro esatto di quanto di come va la congiuntura. Si capirà cosa l’Ue pensa dell’Italia, quali sono le distanze e i margini di dialogo. Pochi pensano che Roma tenga i conti conciliabili con gli impegni. Se ciò fosse vero, la recessione potrebbe salvarci da manovre correttive per il deficit strutturale in vista dell’azzeramento.