Nella riforma della Pubblica amministrazione che il governo Renzi presenterà venerdì 13 giugno, è prevista una norma che permetterà alle amministrazioni pubbliche di esonerare dal servizio i propri dipendenti. Come ha spiegato il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madìa, gli statali «esonerati» rimarranno a casa continuando a percepire il 65% dello stipendio, oltre a tutti i contributi.
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Si pensa ad un «esonero intelligente», che sarà legato alla mobilità obbligatoria. Le amministrazioni pubbliche offriranno una specie di «patto» ai loro dipendenti, così che il nuovo esonero dal servizio, almeno negli intenti, dovrebbe permettere ai lavoratori «esonerati» di essere ricollocati, anche con orari ridotti, presso amministrazioni nel proprio comune di residenza.
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Il tutto con un taglio sullo stipendio che potrebbe andare tra il 20 e il 25% della retribuzione. Interesserebbe soltanto persone che sono vicine alla pensione, a cui mancano al massimo cinque anni al ritiro. I contributi verrebbero versati per intero così da non incidere sul futuro assegno previdenziale. A chi non sarà trovata una nova collocazione, o chi la rifiuterà, resterebbe in ogni caso a casa con uno stipendio ulteriormente ridotto del 65%.
L’esonero dal servizio è già stato sperimentato in passato, con scarsi risultati, nella Pa. I limiti basilari sono stati forse il fatto che era volontario, e che la penalizzazione sullo stipendio era più alta, del 50% della retribuzione. L’altro strumento che è stato annunciato sarà l’abolizione del «trattenimento in servizio», cioè la possibilità di prorogare per due anni il lavoro nella Pa quando si sono maturati i requisiti previdenziali.