La ripresa italiana è apparsa ancora deludente nell’ultima fase del 2015, parte in cui le turbolenze sui mercati internazionali, gli attentati di Parigi e il rallentamento di tradizionali motori economici quali la Cina e i Paesi emergenti hanno messo un blocco all’industria di tutto l’Occidente.
Tuttavia, come segnala oggi l’Istat, la frenata italiana del quarto trimestre dell’anno scorso, in confronto al trimestre precedente, è dovuta anche al contributo negativo della domanda nazionale, compensata invece da quella estera: è un segnale di debolezza interno.
Come lasciavano presagire le deboli rilevazioni sulla produzione industriale sull’ultima parte dell’anno, nel quarto trimestre del 2015 il Prodotto interno lordo, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dell’1% su base annua. E’ questa la stima provvisoria dell’Istat, che segnala il rallentamento della ripresa italiana: i quattro periodi che compongono il 2015 sono andati in calando e ad ogni trimestre si sono lasciati sul terreno 0,1 punti percentuali di ripresa, partendo dal +0,4% del periodo gennaio-marzo e arrivando proprio al +0,1% di settembre-dicembre. Secondo l’Istituto di Statistica, il dato del quarto trimestre è dovuto a “una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell’industria e di un aumento in quelli dell’agricoltura e dei servizi”. Il +0,1% fatto registrare nel dicembre scorso delude il +0,2% o +0,3% nel quale credevano gli analisti e gli stessi statistici dell’Istat.
Con la chiusura del quarto trimestre, l’Istat può anche stimare che durante lo scorso anno la variazione annua del Pil – calcolata in base ai dati trimestrali grezzi – sia stata del +0,7% (si scende al +0,6% se si corregge il dato per le giornate lavorative, che nel 2015 sono state tre in più). Si tratta di un dato, per quanto preliminare, inferiore al +0,9% che è ancora scritto nella nota di aggiornamento del Def, ma anche del +0,8% che aveva ormai sdoganato Renzi. Siamo invece al di sopra del +0,6% che l’Europa ha scontato con l’ultimo aggiornamento delle previsioni macroeconomiche per il Vecchio continente.