La prima settimana di saldi termina con un pesante passivo: meno 15% medio della spesa dei clienti in confronto allo stesso periodo 2012. Da quanto emerso da un sondaggio di Fismo-Confesercenti su un campione di commercianti di alcune città italiane la situazione è tragica. Sembra essere sparita la febbre da inizio saldi e, assieme ad essa, le file ai negozi. Questa la principale lamentela dei commercianti.
Città per città
Vi sono tuttavia marcate differenze tra città e settori. A Milano, le vendite tengono botta o aumentano, grazie ai turisti, in particolare arabi. Risultati al ribasso, invece, per quanto concerne i negozi delle periferie e semi-centrali, più connessi alla clientela residente. In generale, i milanesi usano scarpe e capi per il rinnovo del guardaroba, sfruttando gli alti sconti di partenza.
Anche a Torino i saldi restano sui livelli 2012 con una partenza tiepida, anche per le promozioni precedenti, che hanno annacquato l’effetto sorpresa. I clienti cercano soprattutto camice e pantaloni, meno calzature e accessori. A Bologna, si rileva un calo fino al 20%, soprattutto per accessori e capi d’abbigliamento dal prezzo medio-alto, mentre resistono i prodotti a medio e basso costo. Le limitazioni si sentono poi a Bari, dove si registra un vero e proprio crollo di vendite di prodotti firmati premium, anche del 25%. La bassa disponibilità economica influisce anche sul comportamento d’acquisto dei clienti. Nonostante gli sconti iniziali superiori alla norma, non si è registrata la consueta ressa.
Svanite le file: in coda davanti ai negozi, ormai, resistono soprattutto i turisti stranieri, in cerca del capo Made in Italy. I consumatori italiani si mostrano invece più pronti alle spese e confrontano le varie offerte prima di comprare. In generale, vendono comunque meglio i capi nelle fasce di prezzo medio-basse e low-cost, mentre soffrono i capi premium, rivolti a chi può spendere un pò di più. Tra le categorie merceologiche che mostrano miglior tenuta c’è la moda giovani. I genitori, spiegano i commercianti, preferiscono tagliare la propria spesa per l’abbigliamento piuttosto che quella dei figli.