La prova del fuoco. Si è concluso lo sciopero indetto per la giornata di oggi da Cgil e Uil per combattere il governo cercando di modificare la riforma del mercato del lavoro in una manifestazione che, stando agli organizzatori, ha raccolto oltre il 60% di adesioni, portando in piazza 1,5 milioni di persone.
A latere dei cortei di Milano e Torino ci sono stati scontri tra giovani manifestanti e polizia. Nove i fermati secondo la Questura nel capoluogo piemontese.
La richiesta dei sindacati al premier Matteo Renzi è di estendere a tutti le tutele sui licenziamenti ingiusti invece di cancellarle per i nuovi assunti. Se non lo farà le proteste proseguiranno. Questo è ciò che ha detto la segretaria generale della Cgil Susanna Camusso nel suo comizio a Torino a conclusione di una delle 54 manifestazioni.
Se il governo dice ‘tanto tiriamo dritto’, sappia che tiriamo dritto anche noi, non abbiamo bisogno di minacce. Oggi fermiamo l’Italia per farla ripartire nella direzione giusta…Faremo una nuova resistenza e questa piazza dimostra che ce la faremo. Al centro della protesta il Jobs act che cancella, nella quasi totalità dei casi, la tutela dell’articolo 18 per coloro che dal 2015 saranno assunti con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Nel comparto dei trasporti, stando ai dati Cgil-Uil, la partecipazione si attesta intorno al 50% per i treni, oltre il 50% per gli aerei, e al 70% per bus e metro.
L’Atac ritiene invece che allo sciopero del trasporto pubblico a Roma ha partecipato stamattina il 25% del personale. Secondo le Fs ha circolato fino alle 14,00 il 95,89% dei treni a media-lunga percorrenza e il 73% di quelli regionali.
Camusso è dura con Confindustria, accusata di voler tornare a un passato in cui non venivano riconosciuti i diritti dei lavoratori. E ne ha anche per la Cisl, che ha preferito non aderire allo sciopero: “La divisione fa male al lavoro, bisogna avere il coraggio di reagire contro chi frantuma la straordinaria storia del movimento sindacale”.
La leader sindacale ha fatto ironia su Renzi relativamente fine della concertazione e al frequente ricorso al voto di fiducia.