I rendimenti decennali dei titoli di Stato del nostro Paese non sono mai stati così bassi. E questa è una notizia più che ottima, se si considera che soltanto nel 2011 fa erogavano i BoT a sei mesi al rendimento massimo storico del 6,4% e la curva dei tassi si era di fatto inclinata negativamente, comportando un rischio default quasi imminente.
Al momento, i BTp a 10 anni rendono appena meno del 2%, intorno all’1,95%, qualche decimale in più o in meno. Sicuramente ciò non è merito della prestazione dell’economia italiana, che nell’ultimo periodo ha dato segnali di debolezza, con il fatturato dell’industria in ottobre in calo dello 0,7% su base annua, anche se in leggera crescita dello 0,4% rispetto mese precedente, mentre gli ordinativi evidenziano un aumento su base congiunturale di appena lo 0,1% e un calo tendenziale dello 0,2%.
In altri termini, anche quando il dato è parzialmente positivo, appare alquanto asfittico, impalpabile, non in grado di spingere a ritenere che vi sia in atto un’inversione di tendenza.
Durante i giorni scorsi, Confindustria ha rivisto come possibile una ripresa nel 2015, quando il pil dovrebbe tornare a crescere dello 0,5%, dopo che si sarà contratto quest’anno di mezzo punto. A potere far scattare la ripresa sarebbe, in particolare, il calo del prezzo del petrolio, che se si attestasse a 60 dollari al barile per un periodo prolungato, potrebbe aggiungere al pil intorno allo 0,5%.
Eppure, interpretando il grafico dello spread, è possibile come il differenziale di rendimento a 10 anni tra i titoli italiani e quelli tedeschi si è un pò allargato a 135 punti base, così come è cresciuta di una decina di punti in un paio di sedute anche la differenza con i rendimenti spagnoli, che ora è salita a 25 bp. I Bonos decennali rendono, infatti, l’1,72% e il loro spread con i Bund è sceso a poco più di 110 bp.