RBS coinvolta nello scandalo Libor

 Dopo i primi scandali si fanno sempre più stretti i controlli sulle banche. Fanno scuola i casi della Barclays, che ha pagato una multa di mezzo miliardo di dollari e ha dovuto rivedere tutte le poltrone più importanti, e quello della UBS, il colosso svizzero, anche lei costretta ad una multa molto salata – un milione di euro – per i guadagni illeciti che sono riuscite ad ottenere con il rimaneggiamento dei tassi di interesse.

► Scandalo Libor: UBS pronta la patteggiamento che le costerà un miliardo di dollari

Stessa accusa per RBS, la Royal Bak of Scotland, che, secondo alcune testimonianze,  tra il 2007 e il 2010, avrebbe regolarmente alterato i tassi per aumentare i guadagni provenienti dai derivati. Diverse le indagini che sono state avviate per verificare quanto accaduto.

Se le indagini dovessero portare ad una conferma, anche alla RBS sarà comminata una multa, il cui ammontare dovrebbe essere intorno ai 500 milioni di sterline, più di 800 milioni di dollari.

► Deutsche Bank, perquisizione e cinque arresti per evasione fiscale 

Secondo quanto emerso dalle prime indiscrezioni, a partire dal 2007 e fino al 2010, diversi trader della banca hanno falsato il tasso Libor al fine di ottenere maggiori guadagni dalla transazioni legate a questo indice. Come noto, anche per delle variazioni infinitesimali del Libor, si possono ottenere rendimenti particolarmente alti.

► Scandalo tassi interbancari: come cambierà la situazione?

Dai vertici della Royal Bank of Scotland fanno sapere che alcune teste stanno già per cadere, mentre sarà chiesto anche il rimborso dei pagamenti effettuati verso tutti coloro che risulteranno coinvolti nelle indagini.

Richiesta mutui in calo del 42%

 Per la richiesta di mutui il 2012 è stato un anno record. Le richieste sono diminuite del 42% come dimostra il Crif, l’Istituto specializzato nello sviluppo e nella gestione di sistemi di informazioni creditizie. Lo stesso istituto mostra come rispetto al 2008 la richiesta di mutui è scesa del 49% e come anche la richiesta di prestiti è diminuita nel 2012 del 4%.

Questi sono probabilmente gli effetti della crisi economica, che si vedono anche nella diminuzione dei consumi e nelle difficoltà ad accedere al credito.

► Tassi mutuo Italia più alti in Europa

Il dato sui mesi del 2012 vede una diminuzione più bassa a dicembre con il 27%. Che ci sia una inversione di tendenza nella richiesta dei mutui e il peggio sia passato? È presto per dirlo, ma nei mesi si è passati dal -43% di settembre, al -40% di ottobre. Al -32% di novembre e quindi al -27% di dicembre.

Lo studio del Crif ha affermato che nel breve periodo lo sviluppo del credito alle famiglie è fortemente condizionato dall’evoluzione macroeconomica che determina i comportamenti sia dell’offerta sia della domanda.

► I buoni consigli per gli aspiranti mutuatari

Sulla domanda di mutui in diminuzione, secondo l’indagine

riflette anche l’andamento pesantemente negativo delle compravendite di immobili residenziali che nel corso dell’anno appena concluso si sono di fatto riposizionate su volumi nemmeno lontanamente paragonabili a quelli registrati negli anni di picco, tra il 2004 e il 2008. Le richieste di prestiti, invece, scontano la contrazione dei consumi di beni durevoli di importo più rilevante come auto, moto, arredamenti, elettrodomestici tipicamente sostenuti dall’accensione di un finanziamento.

Nuovo massimo storico debito pubblico

 I dati sul debito pubblico nel mese di novembre mostrano come si sia registrato un nuovo massimo storico. Il debito pubblico italiano è arrivato a 2 mila 020,7 miliardi di Euro. L’aumento rispetto al mese precedente è di 6 miliardi.

Nel supplemento al bollettino statistico di Finanza Pubblica della Banca d’Italia si afferma che questo aumento del debito pubblico è dovuto soprattutto al fabbisogno che è pari a 4,4 miliardi. La Banca d’Italia parla anche degli effetti degli scarti di emissione e dell’andamento del cambio che sono pari a 0,7 miliardi di Euro.

► Record del debito pubblico italiano

I dati di dicembre dovrebbero riportare il debito pubblico sotto i 2 miliardi di Euro, visto l’avanzo del settore statale e il decumulo della liquidità del Tesoro.

I dati dei primi undici mesi dell’anno mostrano un aumento del debito pubblico di 113,9 miliardi di Euro che è dovuto soprattutto al fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche all’incremento delle attività del Tesoro presso la Banca d’Italia e all’emissione di titoli sotto la pari. Anche il sostegno ai Paesi dell’Eurozona in difficoltà, che comprende la quota di prestito che l’Italia ha erogato, ha influito su questa crescita.

► Ue chiede all’Italia di estinguere il debito

C’è poi il fatto che le entrate fiscali sono aumentate a novembre del 3,3% e che in generale sono aumentate nel confronto con l’anno precedente del 3,1%.

Finanziamenti per famiglie e imprese in diminuzione

 Si riduce il credito all’economia reale. Le banche non sostengono famiglie e imprese, mentre continuano a dare credito alle pubbliche amministrazioni (comuni, provincie, regioni e stato). In particolare, il rapporto del Centro studi Unimpresa mostra come nel confronto tra il novembre del 2011 e lo stesso mese del 2012 il credito alle famiglie e alle imprese è diminuito del 3%, mentre quello alla pubblica amministrazione è aumentato dell0 0,16%.

► Pagamento obbligatorio entro trenta giorni per la Pubblica Amministrazione

In numeri, la diminuzione del credito concesso si è attestata intorno ai 50 miliardi di euro, nonostante l’ingente somma (circa 200 miliardi di euro) che le banche hanno ricevuto dalla BCE a tassi particolarmente favorevoli (tasso fisso dell’1% assicurato), la maggior parte dei quali sono stati investiti in titoli di Stato italiani.

► Italia, il 70% delle imprese ha problemi di liquidità

Di contro, i prestiti alla pubblica amministrazione sono aumentati di 3,1 miliardi. I finanziamenti alla pubblica amministrazione, sottolinea infatti il Centro Studi, sono cresciuti passando da quota 1.982,5 a 1.985,6 (+0,16%); quelli alle imprese sono crollati di 40,8 miliardi (-4,47%); mentre quelli alle famiglie sono diminuiti di 7,3 miliardi, scendendo da 618,5 a 611,1.

► Anche i prestiti sono in calo come i mutui

In particolare, sul versante famiglie, va registrata una stretta su tutti i tipi di finanziamento: credito al consumo (-3,8 miliardi, -6,06%), mutui (-1,1 miliardi, -0,33%), altri prestiti (-2,2 miliardi, -1,21%). Complessivamente, i prestiti alle imprese e alle famiglie sono scesi in picchiata di 48,2 miliardi, passando da 1.533,3 a 1.485,1 miliardi (-3,15%).

Stipendio top manager Svizzera a rischio

 Lo stipendio dei top manager svizzeri è troppo distante da quello che percepiscono i lavoratori ‘normali’. Un fatto noto che, però, è sempre stato preso come un dato di fatto, in tutti i paesi del mondo, almeno fino a che la Banca Cantonale di Glarona ha posto un limite massimo a quello che i quadri aziendali possono percepire, fissandolo al massimo a dieci volte lo stipendio del dipendente che guadagna di meno.

► Ancora nulla di fatto sul patto Italia-Svizzera

Una bella presa di posizione dell’istituto, soprattutto in vista del referendum che si terrà il prossimo 3 marzo proprio su questo argomento. Se da un lato la decisione è stata accolta bene dai cittadini – pesantemente indignati dal fatto che, nonostante le banche elvetiche stiano dando i primi segni di cedimento, non è stata presa nessuna decisione a riguardo – e dall’ideatore del referendum, il deputato al Parlamento federale Thomas Minder.

► Gli accordi fiscali con la Svizzera

Per Minder si tratta di un’azione necessaria che ha l’obiettivo di porre al centro delle decisioni in merito agli stipendi annui dei top manager l’assemblea degli azionisti. Ma per Peter Kunz, docente di economia all’università di Berna, si tratta di

Proposte bizzarre, che non hanno riscontro in nessun altro posto al mondo

► Top manager inglesi: stipendi più alti del 27%

Che rischiano di creare una fuga di manager capaci dalle dalle imprese svizzere, come già preannunciato da Peter Brabeck, amministratore delegato di Nestlè, che ha commentato:

Se lo Stato ci imponesse un tetto agli stipendi, ci chiederemmo se la Svizzera è ancora il luogo ideale per ospitare la sede del nostro gruppo.

Per depositi e conti correnti arriva una minipatrimoniale

 Il 2012 è praticamente stato archiviato come un anno che ha “ucciso” i risparmi e nel 2013 non ci sarà certo da sperare che la situazione migliori. Non si tratta di questioni “formali” ma di beghe economiche visto che è stata introdotta una specie di patrimoniale su tutti i conti correnti.

► Come risparmiare sul conto corrente

Senza indugiare sul fatto che l’UE chiede più trasparenza sui conti passiamo direttamente a calcolare i soldi che dovranno essere sborsati in più quest’anno, visto che qualcosa, dal primo gennaio, è cambiato. In primo luogo c’è una nuova versione dell’imposta di bollo che è applicata sia sui conti correnti bancari, sia sugli altri prodotti finanziari.

Fino a dicembre, l’aliquota dell’imposta di bollo era dello 0,10 per cento sul valore del prodotto, quindi sul conto deposito, sui titoli o sulle polizze assicurative. Adesso la percentuale per il prelievo è salita allo 0,15 per cento. La soglia minima resta comunque di 34,20 euro mentre non si può contare più sulla soglia massima che prima era fissata a 1200 euro.

► Nessuna imposta di bollo per giacenze sotto i 5 mila euro

L’imposta di bollo si calcola sulla somma di tutti i prodotti intestati ad un solo cliente presso la stessa banca o nella medesima compagnia assicurativa. Non pagano l’imposta di bollo tutti i conti correnti che hanno una giacenza media annuale di 5000 euro e nemmeno i conti base per i pensionati.

Al contrario, se il conto appartiene ad una società si dovrà pagare una quota fissa di 100 euro senza esenzioni di sorta.

 

L’UE chiede più trasparenza sui conti

 Il monito arriva direttamente dall’Europa che chiede di fare chiarezza sui conti correnti, di rispettare la normativa sulla trasparenza. Le banche, insomma, sono state invitate ad essere più chiare con i consumatori, aspettando che entrino in vigore i pagamenti unici comunitari.

► Banche in crescita dopo Basilea III

Quello che l’UE contesta alle banche dell’Europa è l’assenza della normativa sull’autoregolamentazione che stenta a decollare. A fare le spese di questi ritardi sono sicuramente i consumatori, i titolari di conti correnti bancari e non solo, anche i proprietari di prodotti finanziari, insomma tutti coloro che non possono ricevere un servizio del tutto trasparente.

► Perché i fondi di investimento comune sono sicuri: la trasparenza

Secondo una breve ricognizione effettuata in Europa, ci sarebbero circa 30 milioni di consumatori che attualmente sono esclusi dai servizi bancari di base, e gli altri, che hanno già un conto per depositare i risparmi, non risultano informati sui costi e sulle procedure per passare tutto da una banca all’altra.

Ormai non c’è più scampo: tutti i prodotti bancari saranno monitorati. Il 2013 sarà un anno cruciale da questo punto di vista, sarà usato per verificare che la situazione arrivi ad un livello di normalità adeguato.

Senza il codice di autoregolamentazione e senza la trasparenza richiesta dall’UE, non ci potrà essere l’avvio senza intoppi della SEPA, cioè dell’area unica per i pagamenti comunitari, in vigore a partire dal 2014.

Scatta il tira e molla sui debiti tra UE ed Irlanda

 L’Irlanda è stata a lungo considerata uno stato esemplare nella storia europea visto che ha trovato la soluzione per uscire dalla crisi rinunciando alla moneta unica e riuscendo quindi, in un secondo momento, a restituire le somme prese in prestito.

► Sfida Irlanda – Ue su debiti bancari

In questi giorni il paese torna sulle prime pagine dei quotidiani finanziari in virtù di una diatriba intrapresa con l’Unione Europea.

Il governo irlandese, in questo momento ha raggiunto la poltrona della presidenza dell’Unione Europea ed è intenzionato a convincere tutti gli stati membri della necessità di alleggerire i debiti bancari che il paese ha dovuto contrarre in questo momento di crisi finanziaria.

► Banche in crescita dopo Basilea III

Herman Van Rompuy, che presiede il Consiglio Europeo ha dimostrato in modo indiretto di essere d’accordo con il tentativo che sta compiendo l’Irlanda, ma gli stati membri, adesso, sono troppo presi dalla famosa questione dell’unità bancaria.

La BCE, tanto per riepilogare la questione, nel 2010 ha prestato ben 32 miliardi di euro all’Irlanda in modo che il paese potesse procedere con la ricapitalizzazione delle banche, l’AIB e la Bank of Ireland. In quel periodo, però, l’Europa non aveva ancora un fondo cui attingere per salvare le banche e quindi adesso, l’Irlanda si trova a chiedere una modifica del piano di restituzione del debito sottoscritto.

Secondo il ministro irlandese Kenny, i negoziati cono in corso e sembra che si possa contare sull’aiuto dell’Europa.

I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

 Acquisire una buona riserva d’oro, per gli Stati, è un modo per proteggersi dalle oscillazioni troppo insistenti del mercato. In un momento di crisi la ricerca di beni di rifugio è praticamente normale ma scoprire chi predilige le risorse auree, aiuta a comprendere lo stato di salute di un paese.

► Oro: in vista il sell-off di fine anno

In questo momento, secondo il Gold Council che è l’associazione internazionale delle aziende minerarie aurifere, i protagonisti della rincorsa all’oro sono i paesi emergenti. Nel periodo compreso tra gennaio e novembre dell’anno scorso, in pratica, quasi tutte le banche centrali hanno aumentato le loro riserve d’oro fino a 350 tonnellate.

Se diamo uno sguardo all’Italia scopriamo che è rimasta ferma e pur non facendo una vera e propria scorta di oro, è comunque al terzo posto tra i paesi con il maggior numero di riserve auree in tutto il mondo visto che nei forzieri tricolore ci sono ben 2451,8 tonnellate di lingotti.

► Oro, petrolio e cereali: le previsioni Saxo Bank

A capitanare questa speciale classifica troviamo Stati Uniti e Germania, rispettivamente al primo e al secondo posto ma sono i paesi emergenti a sorprendere. Al primo posto, in questo caso c’è la Turchia che ha comprato 118,8 tonnellate di oro soltanto nel 2012, seguita dalla Russia, dalle Filippine, dal Brasile e dal Kazakhstan anche se la cosa più sorprendente è il sesto posto dell’Iraq che ha comprato ben 27,2 tonnellate d’oro.

Un po’ di calma nel mercato valutario

 Trovata la soluzione al default USA, mentre si prende atto di come la politica è il vero pericolo per l’Italia, il mercato Forex resta calmo. Almeno questo si evince dalle scarse oscillazioni delle ultime ore, poiché ci si aspetta di conoscere l’esito delle decisioni della BCE e della Bank of Japan.

► ForEX: le previsioni shockanti di Saxo Bank

In tal senso potrebbero esserci delle oscillazioni pericolose nel cambio tra dollaro americano e yen giapponese. La moneta asiatica infatti, potrebbe essere presto al centro di un turbine di vendita e il cambio potrebbe assestarsi sul livello 87.74.

La banca centrale giapponese potrebbe decidere per l’allentamento monetario, visto che rientra anche nelle promesse elettorali fatte dal primo ministro giapponese Shinizo Abe. Gli analisti prevedono che ci sarà una linea di resistenza su livello 88.00 anche se molti trader stanno alzando il tiro fino alla soglia di 90.00 visto che la Bank of Japan, come altre banche centrali hanno già fatto, potrebbe decidere di fornire al mercato uno stimolo monetario “infinito”.

► Dollaro/Yen: una settimana complessa

Sul versante europeo gli occhi sono tutti puntati sulla BCE e sulla conferenza di Mario Draghi. Gli analisti si sono spaccati tra coloro che propendono per un nuovo taglio dei tassi d’interesse e coloro che invece si aspettano interventi più efficaci contro la recessione.