Nelle banche della City 200 mila operatori in meno

 Se nel Vecchio Continente, dal punto di vista finanziario, sono tornati a spirare deboli venti di miglioramento, e, da una parte la Banca Centrale Europea indica i piccoli passi in avanti compiuti negli ultimi tempi sulla strada della ripresa, e, dall’ altra, gli stessi istituti di credito dell’ Eurozona tornano a credere nei rendimenti dei mercati azionari, la stessa cosa non si può dire della situazione delle banche britanniche.

> Lo scenario finanziario europeo va migliorando

Le banche della City di Londra, infatti, soffrono oggi i colpi di coda più violenti della crisi economica che ha attraversato l’ intero continente, tanto che, in questi mesi e nei prossimi, vedranno ulteriormente ridursi il numero del personale addetto.

In calo le riserve depositate presso le banche centrali

Entro la fine del 2013, infatti, le politiche di contenimento dei costi imporranno ai quattro principali istituti di credito del Regno Unito una riduzione del personale del 24%, che sfiorerà le 200 mila unità, sulla base dei dati occupazionali registrati nel 2008. Gli impiegati del settore bancario passeranno così da un totale di 795 mila di cinque anni fa alle future 606 mila unità della fine di quest’ anno.

Tanto inciderà, dunque, la crisi economica sotto il profilo delle risorse umane sulle banche britanniche, che tentano ogni strategia in vista di un ritorno alla perduta redditività.

In calo le riserve depositate presso le banche centrali

 Le banche europee si aprono piano piano ad un nuovo corso. I principali istituti di credito del Vecchio Continente hanno infatti, negli ultimi sei mesi, ridotto la percentuale dei depositi cash in custodia presso le banche centrali, segno che, in maniera graduale, si sta probabilmente passando ad una ricerca dei rendimenti.

Banche tornano in utile, ma non concedono prestiti a imprese e famiglie

I dati, estrapolati dal Wall Street Journal, parlano chiaro. Dal mese di settembre 2012 a quello di marzo 2013 dai caveaux delle banche centrali europee sono stati prelevati all’ incirca 300 miliardi, che, dai cuscinetti di liquidità dei tempi della crisi – la mossa finanziaria a minor rischio possibile, sarebbero stati ora dirottati verso i mercati azionari.

Lo scenario finanziario europeo va migliorando

In Europa, cioè, torna la voglia di rischio. E ancora parlano le cifre. Se a fine settembre scorso il totale depositato nelle banche centrali si aggirava attorno ai 1.420 miliardi, nel mese di marzo 2013 si è arrivati di nuovo a 1.150 miliardi.

Dopo mesi di “protezionismo” finanziario, quindi, che aveva prudentemente indotto i  banchieri ad affidare il denaro ai governatori, in vista di possibili tracolli connessi con il problema del debito, le banche tornano oggi a premiare gli azionisti, alla costante ricerca di soluzioni alternative o integrative di quelle della BCE.

Banche tornano in utile, ma non concedono prestiti a imprese e famiglie

La buona notizia è che le banche sono nuovamente in utile. La cattiva notizia è che il credito alle famiglie e alle imprese si sta riducendo visibilmente.

A sostenere questa tesi è Prometeia, che in uno studio ha registrato un utile di 2,4 miliardi da qui fino a fine anno. Un utile che salirà di ulteriori 21 miliardi entro il 2015.

Nel contempo, è previsto un calo delle emissioni di prestiti connesso all’incremento di partite deteriorate e di rettifiche a bilancio consequenziali.

In altri termini, come spiega il Vicepresidente di Prometeia Giuseppe Lusignani, “Al netto della componente sofferenze il credito alle famiglie e alle imprese diminuirà anche durante quest’anno (del -1,9%) e tornerà a crescere soltantoo nei due anni successivi (+2% nel 2015)”.

In ogni caso, nonostante la parziale ripresa Lusignani sostiene che “Le banche non saranno più nelle condizioni di finanziare completamente il fabbisogno di credito delle imprese, che dovranno dunque rivolgersi al mercato dei capitali e anche a quello del debito”.

Il panorama, tuttavia, secondo a una ricerca condotta su un campione di 1.600 Pmi italiane dall’istituto Gugliemo Tagliacarne per conto dello studio Lexjus Sinacta, non è temuto più di tanto dalle aziende.

Il 58,3% delle Pmi che hanno partecipato al sondaggio di Prometeia nell’ultimo hanno non ha avuto particolari problemi dal punto di vista finanziario con le banche. Gran parte di queste Piccole e Medie imprese sta mantenendo stabile la propria base occupazionale.

Ottimismo o rassegnazione?

Certo è che soltanto una minima parte delle aziende investirà quest’anno, e molte hanno smesso di fare ricorso alle banche per richiesta di prestiti.

Inoltre, certo è che solo il 30/33% delle Pmi ha ottenuto una parziale risposta positiva alla propria richiesta di credito.

Gli istituti, del resto, si trovano secondo Prometeia, a dover fronteggiare le partite deteriorate, che sono salite dal 5,1% dei crediti lordi del 2008 al 13,3% del 2012.

 

Chiudere il conto corrente evitando le brutte sorprese

Si può cambiare conto corrente stracciando il contratto stipulato con la propria banca dopo aver inviato la comunicazione all’istituto di credito che emette il servizio. Fino a qui, ci siamo.

A tal proposito, però, spesso e volentieri si incorre nel rischio di finire in spiacevoli inconvenienti connessi ai costi di gestione che restano il più delle volte sconosciuti al cliente.

Cosa si intende per costi di gestione? Quali sono? Come possiamo evitare le brutte sorprese alla chiusura del conto?

I costi di gestione sono molteplici. Quelli principali, tuttavia, sono:

– Redazione e invio di estratti conto.

– Costi per bonifici, gestione Titoli, uso del Bancomat.

– Commissioni di Massimo Scoperto (interessi passivi).

– Spese per pagamenti e ricariche.

Il pagamento delle spese in questione, addebitate mensilmente o trimestralmente, in base all’istituto di credito vengono sempre calcolate al momento della chiusura e il loro importo non è mai standardizzabile.

Può succedere che la banca stabilisca un forfait di spese gonfiate che vanno a danno del cliente.

Per queste ragioni è altamente consigliato chiedere un aiuto da un consulente competente.

La cosa certa è che tutti i titolari di c/c per estinguere il conto dovranno sborsare:

– Spese inerenti alla gestione del conto per l’ultimo trimestre (o periodo calcolato).

– Bollo per l’invio dell’ultimo estratto conto.In questo caso il consiglio e’ quello di farsi seguire da un consulente di fiducia.

Le carte di credito si possono assicurare?

 La carta di credito è uno strumento molto utile in tantissime situazioni, anche se gli italiani sono ancora abbastanza scettici sul loro utilizzo. Il timore più comune è quello che, una volta utilizzata la carta per un pagamento al POS o su Internet, si lasci traccia del proprio conto corrente e dei relativi dati per di sicurezza e che altri ne possano trarre vantaggio.

► Evitare le truffe con le carte di credito

Ma le carte di credito sono uno strumento di pagamento piuttosto sicuro, basta seguire delle semplici regole di comportamento e, per una maggiore sicurezza, sottoscrivere presso la banca che eroga la carta una polizza di assicurazione.

La maggior parte delle banche italiane offre già questo servizio, il cui costo varia in base al livello di protezione che si sceglie.

Ma già con una polizza base si può essere al sicuro da diversi inconvenienti ai quali si può andare incontro con l’utilizzo di una carta di credito.

Ad esempio sottoscrivendo un’assicurazione sulla carta di credito si può essere rimborsati in caso di utilizzo indebito di questa – come può accadere nel caso la si perda o si subisca un furto – sia per i prelievi agli ATM che per eventuali merci pagate con la carta rubata.

► I vantaggi della carta di credito in vacanza

Altro vantaggio della sottoscrizione di una polizza di assicurazione sulla carta di credito è la Credit protection insurance, ossia una assicurazione aggiuntiva che garantisce al titolare della carta una protezione dai sinistri come la perdita del lavoro, l’invalidità, la malattia o tutte le condizioni che impediscono al titolare il rientro dal debito accumulato.

I vantaggi della carta di credito in vacanza

 Quando si parte per un viaggio, oltre al bagaglio con tutto il necessario per godersi i meritati giorni di riposo, non si può non portare con sé del denaro.

Ma in quale forma è preferibile portarlo?

Contanti o carta di credito?

E’ sicuramente saggio portare con sé una piccola somma in contanti per poter far fronte alle prime spese che si dovranno affrontare per raggiungere il luogo di villeggiatura e quelle da sostenere appena arrivati, quando ancora ci si deve orientare e capire bene come muoversi.

Però questa somma dovrebbe essere piuttosto limitata. Per tutto il resto, infatti, è meglio utilizzare una carta di credito, per le ragioni che vi illustriamo di seguito.

I vantaggi della carta di credito in viaggio: la sicurezza in caso di furto o smarrimento 

In primo luogo la carta di credito è preferibile ai contanti per una questione di sicurezza: in caso di furto o smarrimento, infatti, non si perderanno i propri averi ma si potranno bloccare le transazione con una semplice telefonata.

Molti istituti, inoltre, mettono a disposizione dei propri clienti anche interpreti e legali che potranno aiutarvi in tali situazioni di emergenza.

Non va dimenticato, infatti, che se si è in possesso di una carta di credito si può beneficiare di tutti i servizi che questa prevede anche se si è all’estero, compresi gli anticipi di contanti che saranno particolarmente utili nel caso di furto o smarrimento e che vi serviranno per coprire i costi dei giorni di vacanza rimanenti.

Prima di partire, quindi, informatevi presso la vostra banca sui numeri da chiamare in caso di furto o smarrimento della propria carta di credito o del bancomat.

I vantaggi della carta di credito in viaggio: assicurazione e rimborso in caso di rientro anticipato e cure mediche

Altro vantaggio che offrono le carte di credito rispetto al denaro contante o ai bancomat è la possibilità di rimborsi in caso di disguidi, ritardi, perdite di bagaglio, cancellazione dei voli, rientri anticipati eccetera. Questi rimborsi però sono possibili solo le spese sono state fatte con una carta di credito.

Allo stesso tempo, in caso di malattia o infortunio durante un viaggio, se le spese mediche o farmaceutiche sono effettuate con carta di credito possono essere rimborsate, così come l’acquisto di biglietti aerei e ferroviari in caso di rientro anticipato, sia per malattia o infortunio del titolare della carta di credito o di un famigliare del titolare.

Cosa porto in vacanza: carta di credito o bancomat?

Partendo dal presupposto che se si è in possesso di carta di credito e di bancomat sarebbe meglio portarli tutti e due, la scelta tra l’utilizzo dell’uno o dell’altro dipende da cosa dobbiamo fare.

Se si ha la necessità di fare un prelievo allo sportello è preferibile l’utilizzo del bancomat a quello della carta di credito. Infatti, il costo della transazione, in questo caso, è generalmente più alto per le carte di credito, anche se c’è da considerare due cose per il prelievo dagli ATM con bancomat:

1. non tutti i circuiti di bancomat sono abilitati al prelievo internazionale;

2. la transazione ha comunque un costo che solitamente è più elevato rispetto a quello richiesto in Italia (che è pari a zero se il prelievo è effettuato presso un ATM della banca di riferimento).

Il consiglio, quindi, è quello di utilizzare la carta di credito per effettuare pagamenti e il bancomat per i prelievi dagli ATM, facendo comunque attenzione a limitarne il numero (ogni transazione ha un costo, quindi è meglio prelevare una somma consistente che piccole somme ogni giorno) e chiedendo sempre alla propria banca se esistono dei limiti di prelievo giornaliero e mensile previsti dal contratto.

Credit crunch? Le imprese rispondono con i Bond

 In Italia, ma anche nel resto d’Europa anche se in misura minore, le imprese sono schiacciate dal credit crunch, ossia dalla mancanza di prestiti e finanziamenti da parte degli istituti di credito.

► Calo vertiginoso dei prestiti alle imprese nel 2012

Questo comporta una crisi di liquidità per le imprese, che soprattutto quando sono molto piccole, rischiano di soffocare in questa stretta. Cosa si può fare allora?

Secondo gli esperti che hanno partecipato al Debitwire italian forum di Milano è necessario trovare elle fonti di liquidità alternative e quest non possono che arrivare dai bond. Le obbligazioni, quindi, si configurano come l’unica soluzione per il recupero della competitività delle medie imprese italiane.

Lo hanno già fatto in molte: a partire da novembre del 2012 sono state ben 10 le imprese italiane che hanno emesso obbligazioni, per un totale di 2,74 miliardi di euro. Tra loro ci sono ItalcementiGuala closures, Cerved, Rottapharm, Zobele e, per ultima, la Sisal.

Queste imprese, coadiuvate nell’operazione da una serie di banche molto attive in questo settore, hanno così trovato la soluzione alla stretta del credito. Queste emissioni, però, dopo quanto successo con la Cirio e Parmalat, sono riservate ai soli investitori istituzionali.

► Allarme per la chiusura di molte imprese italiane

Ma le strade per i piccoli risparmiatori non sono totalmente precluse, con le tante compagnie di assicurazione e i fondi comuni di investimento che si sono ampiamente rivolte al settore.

Nel 2013 le banche tornano all’utile

 Ancora troppo presto per dirlo, ma la crisi sembra ormai avviarsi ad una felice conclusione. Almeno per le banche.

Il segno d questa prima e flebile inversione di tendenza lo danno i bilanci delle banche italiane, ai quali molti istituti di credito italiani hanno potuto mettere un segno positivo. Le banche, quindi, tornano all’utile e questo fa ben sperare che anche per il resto dell’economia ci possano essere, presto, dei segnali positivi.

► Cartolarizzazione dei crediti, la soluzione della BCE al credit crunc

Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Ubi e Popolare di Milano hanno chiuso i bilanci del primo trimestre del 2013 con il ritorno all’utile, mentre quelle che già erano in questa situazione – Bper, Carige, Credem e Banco di Desio – hanno confermato il loro stato di salute.

Solo il Monte dei Paschi di Siena è ancora in rosso, ma comunque le sue performance sono state migliori di quanto previsto.

► Le banche puntano sui Titoli di Stato

Certo, non tutto è rose e fiori come sembra. Rispetto allo scorso anno, infatti, si nota come manchino 1.210 milioni di utili netti, mentre i crediti deteriorati netti continuano ad aumentare da 114,2 miliardi a 131,1 miliardi. Comunque sia, anche se ancora presto per cantare vittoria, la situazione sta migliorando: ora è necessario che le banche trasferiscano questa rinnovata prosperità nell’economia reale.

La classe dirigente italiana è la più ‘vecchia’ d’Europa

Ai numerosi record, non proprio positivi, stabiliti dagli italiani se ne è aggiunto uno nuovo: quello di ‘vecchiaia’ per la propria classe dirigente. Coloro che sono impiegati nei massimi sistemi, ricoprendone le più alte cariche, hanno tutti i capelli bianchi.

Sono i maggiori esponenti della politica, dell’economia e della pubblica amministrazione tricolore.

L‘età media è di 58 anni, ed è la più alta di tutti gli Stati europei.

Se si tiene in conto che potenzialmente, con una laurea triennale, un italiano o un’italiana si possono laureare più o meno a 23 anni, vuol dire che ne servono altri 35 per arrivare al top. Sempre che si inizi a lavorare.

Il dato dell’età media scaturisce dal secondo report ad hoc, illustrato all’Assemblea dei giovani della Coldiretti e realizzato in collaborazione con il Gruppo 2013.

Il forte rinfoltimento che ha interessato la classe politica impegnata nelle istituzioni (48 anni l’età media di deputati e senatori), non ha dunque coinvolto i potenti impegnati nelle altre attività.

A raggiungere il triste primato dell’anzianità sono le banche. In questo comparto l’età media degli amministratori delegati e dei presidenti di circa 69 anni, addirittura più elevata di quella dei vescovi italiani in carica.

Successivamente, a stretto giro, si collocano i presidenti dei Tribunali delle città capoluogo di Regione, i quali hanno in media oltre 65 anni, con 9 casi su 20 che superano i 70 anni.

Niente più segreto bancario per i conti svizzeri

 Potrebbe presto venire a cadere uno degli ultimi, infrangibili, miti della finanza internazionale. Le banche svizzere starebbero infatti ragionando sulla possibilità di dire addio al segreto bancario e di aprire i loro blindati – fino ad oggi – conti correnti alle indagini delle autorità fiscali straniere.

> Il segreto bancario svizzero in pericolo

Come anticipato dal quotidiano Les Temps, per il momento si tratta solo di una proposta, dovuta forse al costo del sistema degli accordi bilaterali stretti dagli istituti elvetici con le diverse naizoni, ma molti Paesi stranieri, tra cui l’ Italia, potrebbero beneficiare di questa inaspettata apertura.

> Il nuovo paradiso fiscale è Singapore

In Svizzera, infatti, sono finanziariamente domiciliati circa 120 miliardi di euro provenienti dalla ricchezza italiana, miliardi trasportati illecitamente oltre la frontiera a cui il nostro fisco potrebbe quindi chiedere presto il dovuto.

Ma la svolta svizzera, orientata verso un’ ottica di anti evasione e di anti riciclaggio, potrebbe presto essere adottata anche da altri stati limitrofi, come l’ Austria e il Lussemburgo. Per quest’ ultimo, anzi, esiste già una possibile data ufficiale per la caduta del segreto bancario: 2015.

Per mercoledì prossimo, intanto è fissato il vertice europeo di Bruxelles, a cui parteciperà anche il Presidente del Consiglio Enrico Letta, in vista di una collaborazione tra i Paesi UE nello scambio di informazioni bancarie.