Come previsto e annunciato, negli Stati Uniti, a partire dalla mezzanotte di ieri è scattato il cosiddetto shutdown, che ha imposto un regime ridotto al funzionamento della imponente macchina statale americana. A partire da oggi, quindi, tutti i servizi americani qualificati come non essenziali, che venivano alimentati dalle spese federali, saranno cancellati o ridotti ai minimi termini.
Barack Obama
Gli Stati Uniti finiscono i fondi per le spese federali – Paralisi a Washington
In un momento in cui l’Italia attraversa l’ennesima situazione di crisi e di instabilità politica, anche le notizie che arrivano dall’America non sono affatto rassicuranti. Alla scadere della mezzanotte – ora americana – di oggi, 1 ottobre, ovvero all’incirca verso le 6 del mattino di domani qui da noi, gli Stati Uniti finiranno ufficialmente le risorse che alimentano la grande macchina statale della Casa Bianca, a Washington.
Gli Stati Uniti sono vicini al default
I problemi relativi al consolidamento del bilancio e dei conti pubblici tornano ad affacciarsi anche in America, negli Stati Uniti. Il Segretario del Tesoro americano Jacob Lew, infatti, ha ricordato proprio in queste ultime ore che a partire dal prossimo 17 ottobre gli Stati Uniti potrebbero non essere più in grado di far fronte agli interessi che gravano sul debito. A meno che il Congresso americano non decida per un ulteriore innalzamento del suo livello.
Cambio di vertice alla FED
Si prospettano grandi cambiamenti presso la Federal Reserve entro il prossimo anno. Per lo meno ai piani alti. In una intervista recentemente rilasciata ad una giornalista della televisione pubblica Pbs, il Presidente degli Stati Uniti d’ America, Barack Obama, ha infatti lasciato intendere che sono prossimi cambi al vertice.
Bernanke parla della ripresa dell’America
Se il Vecchio Continente è in crisi, questo non vuol dire che la stessa cosa valga per tutti gli altri continenti e per tutte le altre economie. Anche se i sistemi economico-finanziari sono interlacciati tra loro.
►L’evoluzione del cambio euro/dollaro
Non stupisce allora che nello stesso momento in cui Draghi e gli altri leader europei si trovano a posticipare la ripresa dell’Eurozona fino al 2014, Ben Bernanke dichiari invece che l’America è già sul viale della rinascita economica.
Il governatore della Fed, infatti, ha osservato che rispetto alle prime fasi della crisi finanziaria, quelle sviluppate nel 2008-2009, oggi le banche americane si sono irrobustite e sono in grado di sostenere l’economia america in questa fase di ripresa.
►Il dollaro in rimonta e cambiano le visioni dell’America
Questo non vuol dire che il peggio è passato, anzi, l’economia statunitense deve ancora fare numerosi aggiustamenti prima di dire che il peggio è passato ma di certo non c’è da alimentare alcuna discussione riguardo la politica monetaria definita dalla Fed.
L’America, tra l’altro, deve fare i conti con quello che succede in Europa dove la situazione economica resta quanto mai complessa visto che ci sono paesi ancora alle prese con la crisi del debito ed altri che stanno già ripartendo. Questo giustifica in qualche modo la politica “tasso zero” della Fed, uno strumento di fondamentale importanza per la ripresa americana e per la diminuzione del tasso di disoccupazione a stelle e strisce.
Dall’America l’idea del sequester
Dagli Stati Uniti è arrivato un termine che ha ossessionato la cronaca economica della fine dell’anno scorso fino alla fine di gennaio: il fiscal cliff. Il pericolo del baratro fiscale ha tenuto con il fiato sospeso milioni di americani che hanno infatti rischiato di perdere numerose agevolazioni emanate dall’amministrazione Bush.
► Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi
Adesso il neo-rieletto presidente Barack Obama sta per lanciare un nuovo termine economico: sequester. E’ facile immaginare che la presidenza americana ha intenzione di restringere il volume delle spese e Obama ha già firmato una legge che impone 85 miliardi di euro di tagli. Il Presidente, in un discorso abbastanza allarmato, ha spiegato che se il Congresso non trova l’accordo sulla proposta dei tagli, la ripresa economica dell’America sarà molto complicata. Gli Stati Uniti dovranno fare i conti con 750 mila posti di lavoro persi.
►Negli Usa scatta la sequestration
La legge, per la perentorietà della proposta, è stata soprannominata “sequester”. Si temeva da tempo un’evoluzione simile dei bilanci del paese, ma adesso i tagli alla spesa pubblica americana sono legge. Il primo marzo c’è stato il primo voto in Congresso e non è stato raggiunto l’accordo. I tagli proposti, tra l’altro, valgono per due trimestri fino a settembre ma per risanare le finanze, dicono gli esperti collaboratori di Obama, è necessario operare 1200 miliardi di tagli in 10 anni.
Scattato il sequester degli Usa con tagli per 85 miliardi
E’ allarme per gli Stati Uniti. Come preventivato se il Congresso non fosse giunto, come poi è stato, ad un accordo il primo marzo 2013 è scattato il sequester per il paese, un’operazione di taglio della spesa pubblica per 85 miliardi di dollari che porterà ad un risparmio di 1.200 miliardi in dieci anni.
► Obama apre a rapporti con Europa
Il presidente Barack Obama ha immediatamente lanciato l’allarme per le conseguenze che i tagli avranno sul potenziale di crescita del paese e, soprattutto, sull’occupazione.
Tanto che il presidente ha tentato il tutto e per tutto cercando un accordo dell’ultimo minuto, ma il Congresso è rimasto sulle sue posizioni. Barack Obama ha reagito duramente:
Questi tagli sono stupidi e non necessari. E anche se non causeranno una nuova crisi finanziaria si faranno sentire sulla ripresa e sul mercato del lavoro.
Li chiamano tagli lineari e si abbatteranno su tutti i settori senza alcuna discrezionalità: per il primo anno 47 miliardi di dollari saranno tagliati alla Difesa, 10 quelli dell’assistenza Medicare e i restanti riguarderanno le “spese discrezionali” di Washington.
► Obama vuole 5 miliardi di dollari
Obama ha comunque rassicurato il paese: i tagli avranno un impatto limitato sull’economia a condizione che non si prolunghino nel tempo.
Obama apre a rapporti con Europa
Il presidente Usa Barack Obama ha annunciato nella giornata di ieri la volontà di avviare negoziati con l’Europa al fine di generare quella che potrebbe essere la più grande zona di libero scambio del pianeta.
L’annuncio è una diretta conseguenza degli appelli, arrivati da più parti d’Europa, a concretizzare un patto commerciale al fine di incoraggiare l’economia su entrambi i lati dell’Atlantico, in una regione dove lo scorso anno il commercio bilaterale è arrivato a toccare quota 646 miliardi di dollari.
Crescita delle economie
Proposto anni fa, il pensiero di siglare di un patto commerciale Usa-Ue è tornato recentemente di moda al fine di rivitalizzare entrambe le economie, le quali non vivono un periodo felice e palesano una debole crescita dell’occupazione.
Qualora l’iniziativa andasse in porto, il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ipotizza che il Pil del Vecchio continente aumenti dello 0,5%.
Spread in calo
Intanto è in calo lo spread: la differenza tra il rendimento offerto dai titoli italiani e quelli tedeschi è scesa in area 270 punti con i Btp scambiati al 4,37%.
Il Tesoro ha venduto 3,449 miliardi di euro di Btp a 3 anni, a fronte di un target massimo di 3,5 miliardi, ma ha dovuto offrire un rendimento più alto salito al 2,30% dall’1,85% dell’asta di gennaio. La domanda ha toccato i 4,737 miliardi. Cala, invece, il rendimento di titoli a lunga scadenza. Sempre oggi, infatti, sono stati assegnato Btp a 30 anni per 888 milioni ad un tasso del 5,07%. La domanda è stata 1,9 volte l’offerta. Non si vedeva una situazione simile dal maggio del 2011, mese in cui il Tesoro offriva il titolo a 30 anni: in quel periodo, il rendimento fu del 5,43%. Sono stati attribuiti anche Btp a 15 anni per 863 milioni ad un tasso del 4,55%: all’ultima asta, il rendimento fu del 4,75%. La Germania, intanto, ha venduto titoli di Stato a 2 anni (Schatz) con un tasso in rialzo ai massimi da marzo. Il rendimento medio è salito allo 0,21% dallo 0,01% precedente. Assegnati 4,301 miliardi.
Obama vuole 5 miliardi di dollari
Gli Stati Uniti stanno attraversando un momento finanziario molto particolare, perché hanno rimandato tutte le decisioni importanti sul fiscal cliff e se ne riparlerà a marzo. Le attività del Congresso, tuttavia, non proseguono con serenità, visto che l’amministrazione Obama ha deciso di passare ai ferri corti con le agenzie di rating.
► Usa fanno causa a Standard & Poor’s
Il ministero della giustizia degli Stati Uniti, in pratica, ha deciso di fare causa contro Standard & Poor’s che in passato ha ignorato i suoi standard di valutazione per proporre una valutazione “nuova” e “scorretta” delle obbligazioni ipotecarie. In questo modo l’agenzia di rating avrebbe dato inizio ad un domino che ha portato alla cosiddetta crisi dei mutui subprime con il conseguente collasso del settore immobiliare statunitense.
► Fitch pronta a lasciare l’Italia
Gli Stati Uniti, stavolta, fanno sul serio e sembra che ci siano tanti altri procuratori statali pronti ad unirsi al ministero della giustizia con delle cause collegate. In fondo, è questo il momento giusto per agire, dopo che le agenzie di rating hanno dimostrato di usare spesso le loro note per manipolare il mercato.
Accuse che sono arrivate, ad esempio, anche dall’Italia, dove, al momento è aperta un’indagine sulle agenzie di rating, curata dalla procura di Trani. Obama e i suoi hanno anche deciso di chiedere un risarcimento che è di 5 miliardi di dollari.