Nel 2013 si potrà investire tranquillamente sulle commodities

 Il 2012 si è finalmente concluso, portando via con sé le paure e le incertezze legate alla crisi economica che ha investito tutte le economie dei paesi sviluppati. Molti analisti sono concordi nel dire che questo nuovo anno si aprirà con un clima diverso che dovrebbe riportare i mercati alla normalità anche nel caso delle commodities, uno dei settori di investimento maggiormente colpiti in questo recente passato.

Il prezzo del petrolio continuerà a crescere nel corso dell’anno, soprattutto grazie all’aumento della produzione statunitense, che porterà il Brent in aumento del 4% e l’olio combustibile del 2% rispetto allo scorso anno.

La crescita dell’economia cinese, che quest’anno dovrebbe far registrare una crescita del Pil di almeno l’8%, si ripercuoterà sui prezzi dei metalli: in discesa quelli di ferro e acciai, in salita, invece, le quotazioni di rame, l’alluminio, il piombo, lo zinco, lo stagno e il nickel.

L’agricoltura rimane sempre un settore ad alto rischio, non solo per le congiunture economiche, ma soprattutto per quelle naturali. Tendenzialmente, comunque, per l’anno a venire, è previsto un lieve incremento dei cereali USA e del legname di conifere, mentre variazioni negative sono attese per la a lana e il cotone e, soprattutto, per la gomma.

Calo di fine anno per le Borse europee

L’ultimo dell’anno a livello economico-finanziario è senza ‘il botto’.

Le Borse europee sono deboli e fanno registrare dei ranghi assolutamente ridotti in quella che è a tutti gli effetti l’ultima seduta dell’anno che sta per volgere al termine tra pochissime ore.

La situazione, letta dalla borsa di Milano, è la seguente: l’indice d’area Stooxx 600 e’ poco inferiore all’effettiva parità. Per quanto riguarda la situazione delle poche Piazze realmente aperte ed attive, si segnala che Londra e Madrid hanno ceduto una percentuale che si aggira intorno al mezzo punto.

Per quanto concerne Parigi la diminuzione appare di quasi un quarto di punto.

ANSIA FISCAL CLIFF

A cosa è dovuta l’attuale debolezza dei listini? Con ogni probabilità le Borse europee sono molto preoccupate per la situazione di stallo che si sta verificando negli Stati Uniti in merito alle (lentissime e difficilissime) trattative tra repubblicani e democratici sul fiscal cliff.

Per quanto riguarda la situazione ad un livello livello settoriale sono molti deboli i bancari mentre gli acquisti si concentrano sull’energia.

Guardiamo da più vicino la fase di chiusura nelle Piazze di Parigi, Madrid e Londra.

PARIGI

La Borsa di Parigi chiude in rialzo con l’indice Cac 40 che segna +0,58% a 3.641,07 punti.

MADRID

La Borsa di Madrid chiude in positivo. L’indice Ibex-35 segna un +0,45% a 8.167,50 punti.

LONDRA

Chiusura in territorio negativo per la Borsa di Londra. L’indice Ftse-100 cede lo 0,47% a 5.897,81 punti.

 

 

Gli affari si fanno anche con i collezionisti

 Il mondo degli affari è condizionato molto dai trend di settore. Si pensi ad esempio alla cosiddetta bolla tecnologica che ha visto l’esplosione dei titoli legati al mondo della tecnologia e della telefonia. I titoli hi-tech, tra l’altro, per diversi mesi, in quest’ultimo anno, hanno tenuto a galla Wall Street, tanto che la parola “bolla” è stata quasi cancellata.

Abbiamo avuto modo di riflettere sul fatto che nel mondo della finanza, i settori aciclici, quelli che non subiscono il passare del tempo, come la moda, sono assolutamente privilegiati dal punto di vista finanziario, tanto che nonostante i ribassi strutturali delle maggiori azioni, i titoli di Ferragamo o Tod’s hanno sempre fatto registrare performance positive.

Al settore del lusso possiamo aggiungere anche quello del collezionismo. Tutti gli indici legati agli hobbies, per dirla in breve, non sono scalfiti dalla crisi. Questa seconda considerazione nasce dalla lettura di un articolo molto interessante che l’USA Today ha riservato a David Schooley, un uomo che da qualche anno fa affari con i LEGO.

Schooley gioca nella “borsa dei giocattoli”: compra e accumula mattoncini LEGO quando questi sono reperibili a buon prezzo, poi li rivende ai collezionisti, per singoli pezzi oppure assemblando dei set unici al mondo. Da tenere d’occhio.

Tre elementi per valutare il 2012

 Per fare previsioni più o meno accurate sull’andamento dei mercati azionari del 2012, occorre, adesso, fare una panoramica più realistica possibile del 2012. Ci si rende immediatamente conto che “se non è poi così brutto com’era stato previsto”, è anche perché il pessimismo nelle previsioni aveva abbassato il livello delle aspettative.

Di fatto, interpretare i dati del 2012, vuol dire prendere in esame tre dati importanti e cercare di capire come queste situazioni si evolveranno l’anno prossimo.

Il primo elemento è senza dubbio l’intervento delle banche centrali che hanno lavorato molto al consolidamento dell’euro. Basterebbe citare soltanto il lavoro della BCE che è riuscita ad evitare il default della Grecia, ha evitato che Atene uscisse dall’euro con il conseguente ritorno in Europa alle monete locali.

Il secondo elemento è proprio il pessimismo delle previsioni che ha determinato aspettative più basse così che l’anno è stato perfino archiviato come positivo. La crisi, al contrario, è nel suo momento clou ma lascia spazio alle manovre di bilancio dei paesi.

Se poi vogliamo analizzare la situazione italiana e compararla con quella europea, arriviamo al terzo elemento: la chiusura in positivo di Piazza Affari resta lontana comunque dalle performance delle borse dell’Eurozona . Tra i paesi più grandi, riesce ad avere una performance peggiore di quella italiana, soltanto la Spagna.

Piazza Affari chiude il 2012 positivamente

 Il 2012 sarà archiviato in modo molto positivo da Piazza Affari e non soltanto perché si prevede un miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia per il 2013, con il conseguente calo dello spread sotto i 250 punti. Piazza Affari, dopo due anni di flessione che hanno messo in ginocchio la finanza tricolore, archivia il 2012 con un bilancio davvero positivo.

Borsa Italiana ha aggiornato i dati al 21 dicembre ed ha mostrato che il FTSE MIB storico ha subito un rincaro del 9,79% dall’anno scorso ad oggi con un massimo di quotazione toccato il 19 marzo scorso. In rialzo anche l’indice All Share che è salito dell’8,74 per cento e lo Star che è cresciuto del 15,80 per cento.

Per capire l’importanza di questi incrementi sarà sufficiente ricordare che il FTSE MIB, nel dicembre del 2011 aveva registrato una flessione del 25,28% rispetto all’anno precedente.

Per quanto riguarda i titoli nel dettaglio, quello che ha vissuto l’anno da protagonista, la cosiddetta regina degli scambi, è stata assolutamente Unicredit che ha archiviato questo 2012 con un business di 89,9 miliardi di euro. I contratti registrati sul titolo sono stati 6,7 milioni. Gli scambi di azioni Unicredit nel 2012 sono stati in media di 2 miliardi di euro.

Il numero delle società quotate in borsa nel 2012 sono state 323, in calo rispetto all’anno passato quando erano 328.

Le previsioni sullo spread italiano

 E’ facile che in questo periodo dell’anno molti investitori vadano alla ricerca dell’affare, del trend da anticipare, dell’analisi che interpreta in modo corretto l’avvio dell’anno finanziario.

Nel 2013 la ripresa non ci sarà dal punto di vista economico, al massimo, a partire dal secondo semestre, dicono gli esperti, inizierà una fase di miglioramento degli indici. Adesso, in questo senso è bene scoprire che fine faranno lo spread e gli altri indici sintetici.

Il 2012 si chiuderà con due aste, quella dei Bot e dei CTZ e poi quella del BTP a 5 e 10 anni. L’anno che si sta per concludere doveva essere addirittura pessimo e si pensava che il nostro Ministero del Tesoro non fosse in grado di coprire con le aste i debiti accumulati e rifinanziare il debito in scadenza.

Si pensi soltanto al fatto che nell’ultima asta del 2011, furono piazzati 2,5 miliardi di BTp a tre anni ad un rendimento record del 7,89 per cento. Oggi che il debito italiano è salito fino a 2 mila miliardi di euro e  ci sono circa 1680 miliardi di titoli italiani in circolazione, non si pensa che il governo centrale non sia in grado di rimborsare il debito.

Riguardo allo spread si pensa che dal 2013 scenderà sotto la quota dei 250 punti.

 

Oro: in vista il sell-off di fine anno

 Il mercato dell’oro è uno dei più accattivanti per chi investe in opzioni binarie. In genere il terreno più redditizio è quello valutario ma “scommettere” sulle materie prime può essere altrettanto interessante. Ecco perché dobbiamo sempre dare uno sguardo a quel che succede alle quotazioni dell’oro, soprattutto nei momenti di passaggio come quello che stiamo vivendo.

Nel 2013, a livello borsistico, sono state riposte moltissime speranze. Molti analisti hanno annunciato la ripresa dell’economia europea e sono pochi quelli che sono rimasti cauti sull’andamento del metallo giallo che in genere è considerato bene rifugio e quindi illustra la permanenza della crisi.

E’ vero che nel 2012 c’è stata un rincorsa all’oro da parte della Cina e dell’India e di recente anche la banca del Brasile ha dimostrato interesse per l’ampliamento delle risorse auree. L’oro avrebbe dovuto acquisire molto valore ed avvicinarsi di nuovo ai livelli massimi, mentre sembra si avvicini il sell-off di fine anno.

Ogni volta che parliamo di Sell, siamo in presenza di un’azione di vendita sul mercato borsistico. Quando parliamo di sell-off ci riferiamo alla vendita dei beni d’investimento in un momento di ribasso delle quotazioni, al fine di evitare perdite consistenti in conto capitale.

Il 20 dicembre, intanto i prezzi dell’oro sono crollati fino a quota 1.635 dollari l’oncia.

Ferragamo e Tod’s trascinano in alto le borse

Il lusso non conosce crisi tanto che tra i migliori titoli dell’anno si confermano molte aziende, tra cui quelle di cui parleremo approfonditamente: Salvatore Ferragamo e Tod’s. Molto buoni anche i rialzi siglati da Luxottica.

Nel dettaglio Salvatore Ferragamo, dall’inizio dell’anno alla “fine del mondo”, cioè fino al 21 dicembre 2012, ha guadagnato il 65,52 per cento del suo valore. Tod’s invece, ha fatto un salto molto importante, anche se meno consistente ed ha incrementato il suo valore del 52,6 per cento.

Infine dobbiamo registrare la performance del titolo Luxottica che è cresciuto del 44,47 per cento ma non è tra le blue chip di Piazza Affari.

Per quanto riguarda Ferragamo e Tod’s non è sorprendente la sua performance, visto che in questi mesi si è preso atto dell’aumento dei ricavi che sono sati per il primo di 832,6 milioni di euro con un incremento dell’utile dell’8,1 per cento. Tod’s, invece, ha aumentato del 7,3 per cento il suo business, facendo salire fino a 199,5 milioni di euro l’ebitda.

Tutto il settore del lusso è comunque in positivo. I tecnici, infatti, dicono che si tratta di un settore anticiclico che non subisce la crisi. In più Ferragamo e Tod’s ci hanno messo del loro, spingendo molto sull’internazionalizzazione della loro attività.

Piazza Affari: fine anno e si parla di rally

 È arrivato il momento di tirare le somme e fare l’elenco delle azioni che dall’inizio dell’anno ad oggi hanno ottenuto i maggiori ricavi, le cosiddette blue chip e poi le azioni che al contrario hanno fatto registrare il record negativo di performance.

C’è molto interesse nella scoperta delle azioni che hanno ottenuto il maggior numero di rincari dall’inizio dell’anno ad oggi. Il bello è che le blue chip appartengono a settori molto diversi tra loro, per esempio quello biomedicale, l’immancabile hi-tech, il cemento e la difesa. Stiamo chiaramente parlando di Diasorin , Prysmian, Buzzi Unicem e Finmeccanica.

Il bello è che tra i titoli migliori ci sono anche due titoli del mondo del credito che sono la Banca Popolare di Milano e Azimut. Non manca certo l’incremento del valore dei titoli di Lottomatica ma a trainare la Borsa di Milano sono soprattutto i titoli del lusso.

Il mercato in questione, infatti, non subisce crisi. Spiccano in tal senso le performance di Salvatore Ferragamo e Tod’s.

Sul versante che possiamo chiamare “negativo”, invece, si deve ricordare che alle peggiori azioni, quelle di Mediaset e di A2A, seguono quelle delle banche più grandi del nostro paese. Tutti i titoli, comunque, si sono ripresi molto dopo il discorso di Draghi il 26 luglio.

Opel e Deutsche Bank: l’emblema della crisi tedesca

 Anche la Germania sta attraversando un periodo di forte crisi al punto che anche colossi del settore industriale e finanziario come Opel e Deutsche Bank, sono stati colpiti dalla sorte avversa. Certo non è un caso ma una situazione che si è prodotta negli anni.

Partiamo dal caso Deutsche Bank che è il più semplice da illustrare visto che nei giorni scorsi abbiamo avuto modo di parlare della condanna dell’istituto di credito nel processo sui derivati stipulati dal Comune di Milano.

Questo imbarazzo giudiziario arriva al termine di alcuni anni di turbolenze il cui teatro è stato proprio la Germania. Per esempio l’inchiesta sul fallimento di Leo Kirch, passato alla storia come il magnate delle tv private tedesche, oppure la frode sulle emissioni di CO2.

In questo secondo caso pare che la banca abbia ottenuto indebitamente dei rimborsi pubblici, soldi che il governo tedesco assegna ai soggetti privati che inquinano meno. Nonostante su questa inchiesta non sia ancora stato messo il punto, la banca è comunque sotto pressione.

Per quanto riguarda Opel si apprende che il marchio automobilistico tedesco, controllato ormai dalla General Motors americana, ha dovuto cedere sei filiali europee alla GM al fine di ripagare un mutuo al proprio azionista. Opel deve  rimborsare 2,5 miliardi di euro entro la fine del 2014.