Molto spesso, soprattutto quando di svolge una libera professione, è facile non disporre di tutti i documenti necessari per certificare in modo uniforme redditi e spese, questo però, non vuol dire che si possano sostituire tutti i documenti con un’autocertificazione.
Per legge, l’autocertificazione, è valida soprattutto per spiegare la propria identità, quindi in riferimento ai dati anagrafici, ma non vale in altri settori, ad esempio, non può essere chiamata in causa nelle liti fiscali. Lo ha anche ribadito in una sentenza recente la Corte di Cassazione.
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Con la sentenza n. 1662 del 24 gennaio, infatti, la sezione tributaria di Piazza Cavour ha precisato che nei processi tributari l’autocertificazione non ha valenza probatoria e questa disposizione è già contenuta nell’articolo numero 7 del Decreto Legislativo del 1992 numero 546. Usare l’autocertificazione nelle liti fiscali, equivale infatti a dire che non si hanno le prove testimoniali.
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I fatti che stanno alla base di questo pronunciamento riguardano una società cui era stato inviato un accertamento dall’Agenzia delle Entrate per il recupero delle somme Irpeg ed Ilor relative all’anno d’imposta 1997. La società aveva fatto ricorso alla Commissione tributaria della sua provincia ed aveva anche avuto ragione ma era stata poi l’Agenzia delle Entrate ad interpellare la Cassazione precisando che i documenti presentati nel ricorso non potevano essere considerati probatori.