Crolla il potere d’ acquisto delle famiglie italiane

 Il potere d’ acquisto delle famiglie italiane, nel giro di un quadriennio, è sceso del 4,8% e per l’ Istat non si tratta più di una percentuale qualsiasi, ma di un vero e proprio crollo.

Aumentano i pasti fuori casa mentre calano gli alimentari

L’ Istituto nazionale di Statistica ha infatti pubblicato il rapporto annuale 2013, in cui ha sottolineato come il crollo del potere d’ acquisto delle famiglie italiane sia stato essenzialmente causato dall’ inasprimento del prelievo fiscale e la forte riduzione del reddito da attività imprenditoriale.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

E come conseguenza diretta di questa situazione si è avuto, afferma l’ Istat nel suo rapporto, anche un anomalo calo dei consumi, o meglio la più forte riduzione dei consumi dagli anni Novanta ad oggi.

Per affrontare il consistente calo del reddito a disposizione, infatti, le famiglie italiane hanno ridotto la spesa per i consumi dell’ 1,6%, riduzione che, tradotta in volume di merce acquistata, rappresenta una flessione del 4,3% rispetto ai più floridi anni ’90.

Nello specifico, quindi, le famiglie italiane sembrano aver ridotto drasticamente la quantità dei prodotti acquistati, ma una percentuale non trascurabile, che oggi sembra in costante aumento, ha anche abbassato la qualità dei prodotti che acquista.

In Italia il 25% della spesa finisce tra i rifiuti

 Anche in un periodo di recessione come quello che stiamo attraversando, l’ Italia risulta campionessa negli sprechi, soprattutto in quelli relativi all’ alimentare. Lo rileva, infatti, una indagine condotta da Waste Watcher, l’ Osservatorio internazionale contro gli sprechi attivato presso l’ Università di Bologna, che ha indagato le abitudini di 2000 mila cittadini italiani maggiorenni in relazione alla spesa e al cibo acquistato.

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Così, se da una parte in Italia calano ripetutamente i consumi, colpendo proprio in particolare alimentari e bevande, dall’ altra ogni anno 76 kg di cibo – cioè il 42% del totale degli sprechi – finiscono nei cassonetti. E questo spreco rappresenta quasi l’ 1% del Prodotto interno lordo nazionale (0,96%).

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Ma quali sono i motivi che spingono gli italiani, che pure dal sondaggio sembrano condannare e non approvare – in diverse misure – questo comportamento, a sprecare il cibo anche in tempi di crisi economica?

Ebbene,  il 20% circa degli intervistati ha dichiarato che lo si fa per retaggio consumistico, per eccessivo benessere o per mancanza di educazione in merito. Altri, un 11%, adducono come motivazione l’ incapacità di gestire il bilancio familiare, i tempi frenetici o le scadenze ravvicinate.

Ad ogni modo, le conseguenze negative degli sprechi sono comunque imponenti, e investono soprattutto l’ inquinamento e le risorse ambientali.

Un 40enne su 4 vive a carico dei genitori

 Secondo una rilevazione compiuta dalla Coldiretti in collaborazione Swg in Italia un 40enne su 4 vive ancora a carico dei genitori, che continuano ad aiutare finanziariamente i figli fino ad età abbastanza avanzata.

E se si scende di circa 5 anni le percentuali aumentano addirittura: ad essere a carico dei genitori è il 28% dei giovani. Tra i 25 e i 34 anni, infine, si arriva poi al 43%. E’ questo il quadro generazionale tracciato dalla ricerca “I giovani e la crisi”, condotta dalla Coldiretti, che ha scandagliato abitudini e aspirazioni dei giovani italiani che vivono la realtà della recessione e della crisi economica, in vista del nuovo piano occupazionale promosso dal Governo.

Le aspirazioni dei giovani disoccupati italiani

Anche per i giovani occupati, comunque, gli aiuti finanziari da parte dei genitori non terminano presto: li riceve, ad esempio, il 27% dei giovani. E se ci si interroga sulla condizione abitativa si scopre che il 51% dei giovani italiani vive nella stessa casa dei genitori, nel 38% dei casi perché, di conseguenza, non può permettersi un alloggio proprio.

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Nello specifico, abita con i genitori il 26% dei giovani tra 35 e 40 anni, il 48% di quelli tra 25 e 34 anni e l’ 89% dei giovani compresi tra i 18 e i 24 anni.

Quello che ne risulta, dunque, è in generale un quadro in cui la famiglia svolge un ruolo sociale fondamentale.

Le aspirazioni dei giovani disoccupati italiani

 In occasione della Assemblea di Giovani Impresa Coldiretti, l’ associazione ha presentato, in collaborazione con Swg una interessante indagine che getta un cono di luce sulle odierne aspirazioni dei giovani italiani, prevalentemente senza lavoro.

Lavoro: in 9 milione gli italiani in crisi

Coldiretti e Swg hanno infatti realizzato una indagine dal titolo “I giovani e la crisi”, che ha rivelato, ad esempio, che quasi il 50% dei disoccupati italiani accetterebbe oggi di buon grado un posto da spazzino, mestiere che solo alcuni anni fa era dato in estinzione. Sempre il 50% di loro, poi, si adatterebbe a fare il pony express, mentre il 39% l’ operatore di call center. Tali percentuali, inoltre, sono solo di poco inferiori per i giovani che non risultano ufficialmente disoccupati.

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Se ci si sposta poi sul fronte della retribuzione, le aspirazioni dei giovani italiani restano comunque molto modeste. 4 giovani disoccupati su 10, ad esempio, ovvero il 43%, sarebbe disposto a lavorare full time per 500 euro al mese, mentre il 39% accetterebbe un prolungamento dell’ orario di lavoro anche a parità di stipendio. Ma studenti e occupati, al contrario, sarebbero molto meno propensi.

Le cifre dimostrano comunque il grande spirito di sacrificio che si respira oggi tra le giovani generazioni, che pur di lavorare sarebbero disposte anche all’ espatrio, nel 51% dei casi, o a cambiare posto di residenza, nel 64%.

La riforma del lavoro in quattro mosse

 Il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha annunciato ieri che potrebbe essere varato già entro il mese di giugno prossimo un nuovo piano per l’ occupazione, che cerchi di trovare soluzione soprattutto allo spinoso problema della disoccupazione giovanile.

Un nuovo piano per il lavoro entro giugno

Ma quali sono i temi caldi su cui si riflette in questo momento in materia di occupazione e lavoro, quali sono le questioni che, già all’ indomani della riforma Fornero, hanno creato più ambiguità e chiedono oggi di essere riviste?

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  1. Il primo tema all’ ordine del giorno è rappresentato dai contratti a termine: si vorrebbe infatti introdurre maggiore flessibilità nella loro regolamentazione, dal momento che in una economia di recessione le loro norme sembrano troppo rigide.
  2. Il secondo tema caldo, invece, è considerato quello dell’ apprendistato, per il quale viene parimenti richiesta una maggiore flessibilità, contro i meccanismi di stabilizzazione dei lavoratori formati imposti dalla Riforma.
  3. Il terzo intervento richiesto a gran voce riguarda poi lo snellimento dell’ intero impianto normativo previsto per le Partite Iva e i lavoratori autonomi, che sono state soggette ad una serie di vincoli dalla Fornero.
  4. L’ ultimo ritocco andrebbe poi a toccare il capitolo dei licenziamenti, eliminando il doppio “primo grado” ora imposto per la risoluzione delle controversie.

Un nuovo piano per il lavoro entro giugno

 Ieri sera il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini, in una intervista al Tg1 della sera, ha fatto il punto della situazione sul nuovo piano occupazione che potrebbe essere varato già entro il mese di giugno.

Le proposte del governo per il rilancio dell’occupazione giovanile

Il Ministro ha affermato che all’ interno del piano saranno comprese sia misure a costo zero e a breve termine, sia misure più impegnative dal punto di vista delle risorse, la cui fattibilità sarà quindi da valutare in autunno sulla base delle esigenze di bilancio. All’ interno di queste due, tuttavia, troveranno posto delle misure a medio termine che saranno orientate ad un progetto di ridistribuzione della ricchezza.

Lavoro: in 9 milione gli italiani in crisi

Il fine ultimo del piano per il lavoro, tuttavia, dovrà essere quello di ridurre il tasso di disoccupazione giovanile almeno dell’ 8%, provocandone cioè la riduzione al 30% circa dal 38% attuale. Questo vorrebbe dire, in termini numerici, la creazione di 100 mila posti di lavoro.

A conti fatti, anche se ancora in erba, un tale piano occupazione potrebbe arrivare a costare, afferma Giovannini, circa 7 – 8 miliardi di euro, cifra per cui sarà dunque necessario individuare le opportune risorse, magari anche attraverso l’ attuazione di una manovra estiva.

Si aprirà dunque a questo scopo domani un tavolo di discussione con le parti sociali e i rappresentatni del mondo dell’ impresa, attraverso la realizzazione di incontro tecnico.

Aumentano i pasti fuori casa mentre calano gli alimentari

 La crisi economica e la recessione hanno già da molti mesi ridisegnato il carrello della spesa degli italiani. Che è diventato sempre più “leggero“. Una indagine svolta da Fipe – Confcommercio  ha infatti rilevato che tra il 2007 e il 2012 – cioè negli anni pieni della crisi – i consumi degli italiani per alimentari e bevande si sono ridotti di 12,4 miliardi di euro, subendo quindi un calo 9,6%.

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Parimenti, tuttavia, c’è stato una debole ripresa nei consumi dei pasti fuori casa. Agli italiani, infatti, come ai vicini tedeschi, nonostante la crisi economica, piace andare a magiare al ristorante e i dati dimostrano nello stesso quinquennio 2007 – 2009 un aumento dello 0,6%.

A marzo i consumi sono tornati ai livelli del 2000

Per quanto riguarda invece i generi alimentari, le flessioni nei consumi si sono potute registrare un po’ in tutte le categorie merceologiche: pane, frutta, carne, pesce, uova, latte. Le famiglie, tuttavia, per tamponare il caro vita hanno dato più spazio agli amidi e ai cereali, che restano alla base della dieta quotidiana, seguiti poi dai prodotti dolciari e dalle bevande.

Ma se in definitiva i pasti fuori casa nel giro di cinque anni sono aumentati, sono diminuiti nello specifico i consumi dei lavoratori che mangiano fuori, i quali invece si sono sempre di più orientati su soluzioni “al sacco”, che fanno risparmiare tempo e denaro.

Crescita italiana e nuove tasse

 L’Italia deve ripartire e per farlo deve tornare a crescere. Peccato che nelle condizioni attuali del paese, questa eventualità è molto remota, soprattutto se si considera l’emergenza fiscale che interessa gli italiani. Non è soltanto una questione di IMU. C’è invece da considerare anche la baraonda legata all’IVA e alla TARES.

Difendersi dai cambi in corsa sull’IMU

Per l’IMU, infatti, sappiamo che se il Governo non farà le riforme necessarie entro 100 giorni, quindi entro il 31 agosto 2013, a settembre dovremo pagare la prima rata dell’imposta sugli immobili, senza sconti e senza revisioni.

Considerando IMU, IVA e TARES, quindi, si parla in toto di stangata e molti analisti dicono addio alla crescita. L’aumento dell’IVA è da considerare molto “pericoloso per i consumi” visto che va ad incidere sul 70 per cento dei consumi totali. Costerà annualmente, per il 2013, circa 2,1 miliardi di euro. Questa la stima fatta dalla CGIA di Mestre. Ogni famiglia, dunque, dovrà pagare molto più dei 135 euro di rincari previsti e il crollo dei consumi non è più così lontano.

L’aumento IVA ci sarà o no?

Ad ogni modo, considerando anche la maggiorazione della TARES a dicembre, le famiglie italiane dovrebbero spendere annualmente circa 734 euro in più: 45 euro di aumento per la tariffa sui rifiuti, 207 euro per l’aumento dell’IVA e poi 480 euro per l’aumento dell’IMU. La stima è sempre fornita da Federconsumatori.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

 Proprio in queste ultime ore l’ Ufficio studi di Confcommercio e la Cgia di Mestre hanno reso note le stime relative ai rincari che il futuro aumento dell’ aliquota IVA imporrà sul bilancio annuale delle famiglie italiane. Con il passaggio dell’  IVA  al 22%, infatti, si aspetta un aggravio di almeno 135 euro per nucleo familiare.

L’aumento dell’aliquota IVA potrebbe abbattersi sul fisco

Ma se da un lato le associazioni dei consumatori mettono in guardia rispetto alle conseguenze negative che potrebbero abbattersi sul mondo dei consumi e su quello delle imprese italiane all’ introduzone di questa misura, dall’ altro la Confesercenti lancia l’ allarme sulla possibilità che anche lo stesso gettito fiscale ne subisca un grave danno.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

Secondo le stime diffuse dal presidente Marco Venturi, infatti, le entrate del fisco italiano, piuttosto che aumentare di 3 miliardi come previsto dal Governo Monti,  potrebbero subire una riduzione di 300 milioni.

Le stime ufficiali su cui è stato calcolato l’ incremento delle entrate sono, a detta di Confesercenti, calcolate su una quota pari di beni venduti. Ma molti prodotti hanno già fatto registrare importanti cali nelle vendite, dunque gli ulteriori rincari non favoriranno certo i consumi.

La strada utile sarebbe, invece, quella di ridurre l’ aliquota al 20%, tagliare le spese e gli sprechi pubblici, nonché combattere sistematicamente la corruzione e il sommerso dell’ economia italiana.

L’aumento dell’IVA peserà sulle famiglie per 135 euro all’anno

 Come è stato più volte annunciato nel corso degli ultimi mesi, a partire dal prossimo 1 Luglio è previsto l’ innalzamento dell’ aliquota dell’ IVA, che passerà dall’ attuale 21% al futuro 22%. Questo aumento, tuttavia, come si può immaginare, avrà delle notevoli conseguenze sul mondo dei consumi a livello nazionale e graverà, in modo particolare, sulle spalle delle famiglie italiane.

L’aumento IVA ci sarà o no?

L’ ufficio studi della Confcommercio ha quindi calcolato che il suddetto incremento dell’ aliquota dell’ IVA produrrà per ogni famiglia (calcolata su una base di 3 persone) una stangata da 135 euro all’ anno, cifra media che produrrà un aggravio totale da 2,1 miliardi di euro per il 2013 e di ben 4,2 miliardi di euro per il 2014.

Per il Codacons i carrelli della spesa sono sempre più vuoti

L’ aumento dell’ IVA voluto dal Governo Monti, infatti, interesserà il 70% dei consumi e, in particolare, subiranno il rincaro una serie di prodotti di ampio utilizzo. Tra questi, ad esempio, vino e birra per le bevande, vestiario, calzature, elettrodomestici e mobili, carburanti, giocattoli, computer e riparazioni auto.

Le associazioni dei consumatori, tuttavia, come Federconsumatori e Adusbef, alla luce della presente situazione, chiedono che il provvedimento venga rivisto, perché il potere di acquisto delle famiglie italiane già si trova ai minimi storici e questa ulteriore misura contribuirà solo a contrarre ancora di più il mercato, gravando anche sul mondo delle imprese.