Bini Smaghi: “Italia chieda aiuto all’Esm”

Lorenzo Bini Smaghi, ex membro della Banca centrale europea nel comitato esecutivo, ha le idee chiare: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi europei per salvare il proprio sistema bancario.

Bini Smaghi, attualmente presidente di Snam, ha parlato a latere di un convegno tenutosi a Milano, dichiarando che in Italia “non funziona la trasmissione delle decisioni di politica monetaria dalla Bce verso imprese e famiglie” poiché “è bloccato” il canale bancario”.

Il presidente di Snam ha molta esperienza dal punto di vista bancario e conosce alla perfezione i meccanismi dell’Eurotower, essendone stato consigliere per oltre sei anni. Il suo mandato scadrebbe a maggio, ma Bini Smaghi non è più membro del comitato esecutivo della Bce per via dell’arrivo al vertice di Mario Draghi al posto di Trichet.

Con il nuovo governatore, la Francia ha puntato i piedi chiedendo le dimissioni di Bini Smaghi. Il motivo? Due italiani nel board erano troppi.

Data la sua esperienza in Bce, il presidente di Snam è stato chiaro: il nostro Paese dovrebbe chiedere i fondi all’Esm.

L’Esm è il meccanismo di stabilità europea che ha già dato soldi alla Spagna e alle sue banche. Questi fondi l’Italia potrebbe usarli proprio per ricapitalizzare il sistema bancario.

Al Sud 300 mila posti di lavoro in meno in cinque anni

 Si è tenuto in questi giorni a Napoli un convegno sul tema del rilancio dell’ economia e dell’ occupazione nel Mezzogiorno italiano. E in questa cornice i rappresentanti di Svimez, l’ Associazione per lo Sviluppo dell’ industria nel Mezzogiorno, hanno fatto il punto sulla situazione del mercato del lavoro nel Sud Italia. 

> L’allarme della disoccupazione giovanile

Sulla base dei dati presentati dall’ Associazione, il Mezzogiorno italiano, ancora una volta, ha pagato il prezzo più alto della crisi economica sul fronte dell’ occupazione. Nel giro di cinque anni, infatti, solo al Sud sono stati persi più di 300 mila posti di lavoro, ovvero quasi il 60% dell’ intera perdita nazionale, concentrata, però, in un’ area molto meno estesa.

> La disoccupazione giovanile è un problema globale

Da Napoli, dunque, il Presidente della Svimez avverte della necessità per l’ Italia di un piano di sviluppo globale che possa riportare il Mezzogiorno all’ interno della crescita futura del Paese, Paese che non può continuare ad essere diviso su basi economiche e occupazionali.

Non sono mancati, infine, anche osservazioni – sulla base di dati Eurostat – relative al Nord Italia, che nell’ ultimo periodo ha sofferto di un drastico calo della produzione della ricchezza, cosa ancora più preoccupante in un sistema in cui le regioni del nord continuano a “trascinare” quelle del sud.

 

Crisi: anche la Slovenia vara il piano lacrime e sangue per evitare di ricorrere alla Troika

 Il piano lacrime e sangue, definizione che ormai è entrata nell’uso comune per tutti i piani di austerity, è stato varato ieri anche in Slovenia dal neo premier Alenka Bratusek. Il governo, in carica da sole sei settimane, sta già lottando contro il rischio di default del paese, che sembra essere sempre più vicino.

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Il piano sarà presentato oggi, o al massimo domani, anche a Bruxelles. Se la Commissione approverà il piano, la Slovenia avrà un po’ di tempo per sistemare la sua situazione economica, altrimenti dovrà immediatamente ricorrere agli aiuti della Troika, come già successo a Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Cipro.

Le misure contenute nel piano di Alenka Bratusek prevedono un aumento delle aliquote Iva di 2 punti percentuali (passerebbe così dal 20% al 22%) a partire da luglio, una tassa sugli immobili, che potrebbe entrare in vigore già a partire dal 2014, prevista anche la vendita di 15 società pubbliche.

Ma il provvedimento che sta facendo discutere di più è la possibilità di una sovrattassa tra lo 0,5% e il 5% su tutti i salari, sulla base della retribuzione lorda, che porterebbe nelle casse dello stato circa 250 milioni di euro. I sindacati, infatti, preferirebbero che queste risorse arrivassero dal taglio degli stipendi pubblici e il blocco delle pensioni.

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L’obiettivo del premier, e anche quello che lo porterebbe a non dover richiedere l’aiuto dell’Europa, sarebbe quello di riuscire ad abbassare il deficit del pil dal 7,8%  di quest’anno al 3,3% già entro il prossimo anno.

Manovra da 8 miliardi per i conti pubblici

Ha un costo inferiore agli 8 miliardi la manovra che il governo guidato dal Premier Enrico Letta intende fare entro giugno, secondo il sottosegretario al Tesoro Alberto Giorgetti (Popolo Delle Libertà).

“Di sicuro la questione Iva, la quale deve essere affrontata in tempi rapidi, più le altre esigenze, pongono la necessità di un intervento, chiamiamolo come vogliamo”, ha detto a Radio 24 Giorgetti. Si ha la necessità di “qualche miliardo di euro, penso sotto gli 8 miliardi circa, che dovranno essere reperiti nei prossimi due mesi”.

Pier Paolo Baretta, il sottosegretario al Tesoro in quota Pd, afferma che il governo darà “risposte urgenti e immediate” su cassa integrazione e Imu. Successivamente, “entro giugno”, si cercherà di sterilizzare l’Iva (l’aliquota ordinaria del 21% salirà di un punto percentuale dal mese di luglio) e procrastinare la detrazione al 55% sulle ristrutturazioni edilizie.

Durante un’intervista ai microfoni di Radio anch’io, Baretta non specifica come il Tesoro abbia scelto di assicurare le coperture, limitandosi a dire che “non si potrà comunque agire sul fronte delle tasse”.

L’impatto dell’intera operazione varia a seconda che si prenda in considerazione il bilancio di competenza (indebitamento) o di cassa (fabbisogno).

I sindacati hanno fatto un’esplicita richiesta: quella di destinare alla cig in deroga 1-1,5 miliardi. Prorogare la detrazione al 55% richiederebbe circa 500 milioni, secondo una fonte ministeriale.

L’austerity criticata dal basso

 Che l’austerity non sia più un modello da seguire, lo dimostrano i fatti e anche i paesi che ancora sostengono la linea dura sui conti nazionali, dovranno ricredersi osservando che la pressione fiscale non agevola la ripresa economica.

La Germania deve ripensare all’austerità

L’ultima notizia in ordine cronologico legata all’austerity è quella di un ragazzo, uno studente americano di economia, di appena 28 anni che, aiutato dai suoi professori Micheal Ash e Ropert Pollin ha messo in discussione numerosi punti della ricerca “Growth in the time of debt”. Il documento in questione è stato usato da molti politici per giustificare alcune imposizioni fiscali e altre misure economiche finalizzate alla riduzione del debito.

L’austerity ha le ore contate

Il documento citato era stato stampato nel 2010 ed era stato curato da due economisti di Harvard, Carmen Reinhart e Ken Rogoff. La loro teoria partiva dall’assunto che un paese che superi la soglia del debito pubblico del 90 per cento, avrà una flessione del PIL.

Gli errori degli economisti spiegati da Reinhart e Rogoff

I tre errori individuati dallo studente americano nella ricerca, sembrano quasi ai limiti dell’ironia. In primo luogo sembra che nelle tabelle di elaborazione fatte con Excel siano stati selezionati e quini inclusi nella ricerca meno paesi. Poi nei primi due anni del dopoguerra non sono stati conteggiati i dati di Australia, Canada e Nuova Zelanda.

Far ripartire la crescita in Europa

 La crescita, prima o poi, ci deve essere, questo è poco ma sicuro ma da dove si ripartirà, questo è un po’ complicato da scoprire. E la domanda assilla soprattutto gli investitori. Secondo Open Europe, in questo momento, è importante prendere spunto dal trend di liberalizzazione del settore dei servizi.

La BCE e i tassi d’interesse sui mutui

La liberalizzazione passa attraverso due cose, in primo luogo l’attuazione della direttiva sui servizi in corso e poi sull’ampliamento del campo di applicazione dei servizi. Questo tipo di provvedimenti, secondo le stime di Open Europe, dovrebbe portare ad un incremento del PIL dell’Unione Europea di almeno 300 miliardi di euro.

La BCE chiede attenzione per le PMI

I benefici che si possono ottenere dalla liberalizzazione dei servizi, sostanzialmente, sono tre: in primo luogo ci sarebbe uno strumento costruttivo in grado di garantire il continuo impegno nell’Unione Europea di paesi che non appartengono all’area euro, per esempio il Regno Unito. 

In secondo luogo ci sarebbe un quadro normativo più vincolante capace di migliorare la competitività e la crescita degli Stati membri dell’Europa meridionale.

Secondo Open Europe ci sarebbe anche un miglioramento della crescita a livello europeo, della competitività e dell’occupazione in un momento in cui il declino economico globale è il vero rischio che il Continente corre.

La politica infiammata dalla polemica 5 Stelle

 Il Movimento 5 Stelle infiamma la polemica nel comparto politico italiano e questo determina una punta d’instabilità nel sistema del Belpaese. L’ultima puntata della disputa tra il Movimento 5 Stelle e il resto dei partiti, è stata alimentata dal leader del Movimento, il comico genovese Beppe Grillo che ha risposto per le rime ad un sondaggio mandato in onda nell’ultima puntata di Ballarò.

► Lo stipendio dei parlamentari a 5 stelle

Il sondaggio promosso da Ballarò è il seguente: “Definirebbe il Movimento 5 Stelle come un gruppo integralista che non va oltre la protesta, oppure la vera opposizione che serve al paese”? Beppe Grillo, con ironia, ha detto che il sondaggio si distingue per rigorosità e professionalità ma poi ha specificato che si tratta di un sondaggio volto a screditare in modo scientifico il Movimento 5 Stelle.

► Grillo al Bild parla della bancarotta

Come reagire se non con un controsondaggio? Grillo ha dunque lanciato la sua “interrogazione”, chiedendo ai suoi fan: “Definirebbe Giovanni Floris come un giornalista o come un dipendente assunto dal Pdmenoelle alla Rai?”.

Questa diatriba segue l’altra, più corposa, che ha coinvolto sempre il Movimento 5 Stelle e la trasmissione Ballarò. I giornalisti di Floris, infatti, hanno incalzato due deputati del Movimento sulla questione degli stipendi dei parlamentari e della diaria.

La Germania deve ripensare all’austerità

 Le banche centrali, chi in un modo, chi in un altro, stanno procedendo compatte verso la creazione della moneta e a guidare questo percorso ci sono sempre la Federal Reserve americana e la Banca del Giappone. La politica economica che ora va per la maggiore è quella secondo cui il denaro cartaceo è la base della crescita.

Record di disoccupati in Spagna

In questo movimento e pensiero, l’unica banca che si sta muovendo in direzione opposta è la Banca centrale europea dove prevale il sentimento o meglio il pensiero tedesco. Purtroppo per la Germania, negli ultimi mesi, il malcontento è stato crescente e anche la determinazione tedesca è stata compromessa.

 Tutti i pareri sull’austerità

In tutta questa storia è poi arrivato anche il Federal Open Market Committee che con un comunicato ha spiegato che non ci sarà un nuovo quantitative easing. Il programma di stimolo americano sarà presto interrotto. Questa dichiarazione sta lanciando nel panico anche gli investitori. Di fatto persistono delle situazioni di disagio che non si riescono a sanare.

 Strategie per uscire dalla crisi

Per esempio nella zona euro, il numero dei disoccupati cresce e le disparità tra un paese e l’altro aumentano. Questo vuol dire che in qualche modo il concetto dominante di austerity è stato nella pratica messo in discussione e si dovrà ripensare tutto sull’argomento.

La laurea? Serve sempre a meno

 Molti di loro hanno preso 110 e lode, ma non se ne fanno nulla. Se gli va bene lavorano come camerieri o in una ditta di pulizie. E lo fanno senza batter ciglio. Lo conferma un’indagine effettuata intervistando 9.000 under trenta. La crisi continua a pesare moltissimo qualità della vita dei ragazzi che, a livello europeo, vedono compromesse le loro prospettive per un futuro autosufficiente dalle famiglie, vero ammortizzatore sociale di questo Stato.

Lasciano la casa dei genitori e mettono su famiglia più tardi degli altri.

Tra gli intervistati, un giovane su quattro ormai si accontenterebbe anche un impiego ben lontano dal lavoro desiderato. E al Sud il rapporto sale ad uno su tre.

Il problema, però, è arrivare a fine mese contenti. A volte il problema è arrivarci con qualcosa da mangiare in frigo.

In altri termini, tra stage sottopagati – che a differenza del nome diventano un vero e proprio lavoro – e impieghi di fortuna, il principale motivo di frustrazione che emerge dal rapporto è legato alla retribuzione, inadeguata per il 47% degli intervistati.

Una consolazione c’è. Per fronteggiare la difficile situazione, i laureati disoccupati le provano tutte e spesso decidono di mettersi in proprio rischiando e costruendosi il futuro. Ce la faranno? Si, perché posseggono uno spiccato senso dell’imprenditoria.

Le “sirene” cinesi ammaliano Telecom

Per Telecom c’è un’importante offerta: quella del miliardario cinese Li Ka Shing, che contempla la fusione di Telecom con la sua H3G.

La trattativa con Li Ka Shing proseguirà su un via parallela. Prima c’è da capire come si andrà avanti per ciò che riguarda l’operazione dello scorporo sulla Rete.

Si ipotizza una quotazione della società della Rete con una quota dell’Ipo (offerta pubblica iniziale) riservata al Fondo Strategico. In questa maniera a determinare il valore dell’infrastruttura sarà direttamente il mercato. Ad essere scorporata e societarizzata, comunque, non dovrebbe essere l’intera rete, ma solo il cosiddetto “ultimo miglio”, quello che va dagli armadietti nelle strade fin dentro le case. Quanto può valere? Le stime che circolano sul mercato parlano di 14 miliardi, inclusi 10 miliardi di debito che dovrebbero essere trasferiti nella newco.

Il fondo, tuttavia, può soltanto acquistare quote di minoranza.

Tuttavia, scorporare la rete e quotarla successivamente sul mercato potrebbe complicare le cose. Se Li Ka Shing dovesse diventare il socio di maggioranza di Telecom, è palese che il governo non potrebbe comunque permettere che a controllare l’infrastruttura (anche con il 60%) fosse l’imprenditore cinese. Il punto è che una volta quotata la rete, l’unico modo per sottrarla a Li Ka Shing sarebbe una costosa offerta pubblica d’acquisto. La strada per l’integrazione di 3, insomma, sembra essere decisamente in salita.