Calzedonia vuole acquistare La Perla

Le trattative sono partite bene, al punto che i due soggetti in questione (Calzedonia e La Perla) hanno diramato una nota congiunta rendendo pubblico il fatto di aver avviato un discorso “in esclusiva, diretto a definire termini e condizioni di un eventuale accordo di acquisizione”.

La Perla è un brand di gran lusso, dotato però di una fragilissima struttura finanziaria e decisamente non in buona salute. Dal 2007 il gruppo è di proprietà del fondo di investimento americano Jh partners, ma l’intervento del partner finanziario (che ha investito circa 50 milioni di euro nella società) è riuscito a risollevare i conti del gruppo bolognese.

C’è di più, i numerosi tagli all’occupazione non si sono tradotti in un miglioramento del quadro generale, al punto che il fatturato è passato da 183 milioni pre-cessione agli attuali 107 milioni, a fronte di 70 milioni di debiti, bilanci in rosso da anni e molti dipendenti in cassa integrazione. Attualmente il grupo La Perla ha 1.400 dipendenti, di cui 590 solo nel sito bolognese. E proprio in questo settore di sono concentrate molte preoccupazioni per i risvolti di natura occupazionale, peraltro anche in seguito a relazioni con la proprietà non sono sempre semplici.

Attualmente, la possibile svolta potrebbe portare in ballo Calzedonia. Il brand veronese ha oltre 1.400 negozi in tutto il mondo, e 20 mila dipendenti, di cui 2.200 in Italia. Nelle trattative per rilevare La Perla è assistita da Goldman Sachs e dallo studio legale Latham & Watkins.

In crescita il numero dei fallimenti in Italia

 A partire dall’ inizio del 2013 sono state circa 42 al giorno le imprese italiane costrette al fallimento dalla morsa della crisi economica che ha investito il Paese. 

I dati relativi ai crack e alle chiusure sono andati, infatti, decisamente peggiorando da gennaio ad oggi. Lo rileva Cerved Group, che per il Sole 24 Ore monitora ogni giorno la precaria e ormai compromessa situazione dell’ imprenditoria italiana, prevedendo che, qualora non si verificassero alterazioni in quello che sembra ormai essere un trend di stagione, il numero delle imprese fallite entro fine 2013  ammonterebbe a più di 14 mila unità, cioè circa 2000 realtà in più rispetto ai numeri del 2012. 

> La fiducia delle imprese manifatturiere in calo

Il numero dei fallimenti in Italia è dunque in crescita del 12,2% e, solo nelle ultime settimane, addirittura del 16,2% rispetto ai dati relativi all’ anno precedente.

> Imprenditoria femminile in calo

Le cause di questo preoccupante fenomeno sono da rintracciare, però, in una serie congiunturale di elementi negativi, che disegnano un quadro sicuramente non entusiasmante dell’ intera economia italiana: il costante calo della produzione industriale che dura oramai da molti mesi consecutivi, la pesante riduzione dei consumi e degli investimenti produttivi, la frenata nel settore delle esportazioni, l’ incremento delle ore della cassa integrazione e i blocchi ancora operanti sulla concessione del credito.

Continua la crisi dell’editoria

 La crisi economica non dà pace al settore dell’ editoria. Continuano a spirare, infatti, venti di crisi sia per il gruppo RCS, sia per il gruppo Feltrinelli.

A RCS tira aria di crisi

Per quanto riguarda RCS, infatti, si apprende oggi da fonti finanziarie che se entro il 30 di giugno non verranno trovati dei singoli acquirenti per i 10 periodici cartacei che l’ azienda già da tempo ha messo in vendita (e cioè Novella 2000, Visto, A, Max, Astra, Ok Salute, Brava Casa, l’Europeo, Yacht & Sail e il polo dell’enigmistica), le testate verranno chiuse e ciò avrà come conseguenza la perdita di 110 posti di lavoro, tra cui 90 posizioni da giornalista.

Il Time è in crisi e vende People

Situazione di estrema precarietà anche per il gruppo Feltrinelli, che dal prossimo 10 giugno darà il via a 1.370 contratti di solidarietà della durata di un anno per altrettanti dipendenti dell’ azienda. L’ inizitiva riguarderà 102 punti vendita del gruppo e sarà finalizzata al recupero di 216 mila ore di lavoro annue, dal momento che l’ azienda ha sofferto nel 2012 un calo del 5% delle vendite nette, nonostante l’ apertura di altri punti vendita e anche il 2013 si prospetta come una anno particolarmente critico per il settore dell’ editoria.

Mercato immobiliare italiano: il peggio è passato

Il mercato immobiliare in Italia ha perso molto terreno, soffrendo l’incombenza della crisi e l’incremento della tassazione degli immobili dopo l’introduzione dell’Imposta Municipale Unica.

Ora, però, il peggio pare sia passato. I risparmiatori italiani, a quanto pare, sono cautamente più ottimisti su ciò che riguarda il futuro andamento del mercato.

Stando ad un’analisi di mercato, il primo trimestre del 2013 vede un nuovo aumento del numero di chi pensa sia un buon momento per comprare casa. La propensione all’acquisto immobiliare torna a salire oltre la soglia psicologica del 50%, giungendo al 55%, ben sei punti percentuali in più rispetto ad un anno fa.

Siamo dunque dinanzi al primo risultato di un sondaggio sulla fiducia dei consumatori, il quale viene condotto trimestralmente su un campione di 12mila utenti del settore immobiliare.

C’è tuttavia da mettere in evidenza che cresce di 3 punti (al 72%) anche la percentuale degli italiani che ritengono che non sia un buon momento per vendere.

Per ciò che concerne la percezione dell’andamento dei prezzi degli immobili gli Italiani appaiono decisi: oltre il 60% del campione intervistato è convinto che questi caleranno ancora (era solo il 39,3% dodici mesi fa).

Le conseguenze del taglio del costo del denaro

 Sono passati solo pochi giorni da quando la Bce e il suo Governatore Mario Draghi hanno approvato un ulteriore taglio del costo del denaro, che ha così raggiunto nell’ Eurozona il suo minimo storico attestandosi su un tasso dello 0,5%.

>  La Bce taglia il costo del denaro allo 0,5

Ma, per il mondo reale dell’ economia e finanza, e, in particolare, per investitori e  risparmiatori, che conseguenze ha comportato questa operazione, soprattutto in relazione a mutui, prestiti e depositi?

Draghi invita a ridurre la disoccupazione e la concentrazione dei redditi

A quanto sembra, dunque, i mercati finanziari, che da tempo si aspettavano un provvedimento simile, non hanno reagito con grande entusiasmo al provvedimento dell’ Eurotower, non ritenendolo forse lo strumento più adatto a promuovere la circolazione della liquidità.

Sul fronte dei mutui, invece, ne beneficeranno le famiglie che hanno scelto un prestito a tasso variabile, che avranno un risparmio sulla rata mensile di circa 1o o 15 euro al mese a patto che le banche non alzino contemporaneamente lo spread.

Per quanto riguarda, invece, i prestiti e i finanziamenti per l’acquisto di beni di consumo, che hanno in genere tassi fissi decisi in anticipo, non cambierà purtroppo molto.

Infine, i conti deposito. Anche in questo settore, purtroppo, pochi entusiasmi: questi ultimi sono stati interessati, infatti, negli ultimi mesi da una progressiva erosione dei tassi di rendimento, che il taglio del costo del denaro non servirà probabilmente a compensare.

Draghi invita a ridurre la disoccupazione e la concentrazione dei redditi

 E’ stato un discorso dai toni marcatamente “sociali” quello tenuto oggi dal Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, nello svolgimento della sua lectio magistralis presso l’ Università LUISS Guido Carli in occasione della cerimonia di conferimento della laurea in Scienze Politiche.

Il governatore ha infatti affermato che la condizione essenziale per ridurre il tasso di disoccupazione è l’ esistenza di una crescita duratura, crescita che agisce soprattutto a livello dell’ occupazione giovanile. In molti Paesi europei, invece, ha sottolineato Draghi, la disoccupazione ha raggiunto ormai livelli tali da incrinare la fiducia nelle aspettative di vita e da innescare fenomeni di protesta, anche distruttivi.

> La Bce taglia il costo del denaro allo 0,5%

Secondo il governatore della Bce, inoltre, nel corso degli ultimi venti anni l’ Europa è stata caratterizzata da un fenomeno di concentrazione dei redditi delle famiglie – cioè di concentrazione dei patrimoni e della ricchezza – che è andata a penalizzare le fasce più deboli. Sarebbe quindi d’ ora in avanti necessaria una più equa fruizione della ricchezza nazionale da parte di tutti gli individui, in modo da favorire il profilarsi di opportunità, successo economico e coesione sociale.

Le banche concedono ancora pochi mutui

Nel suo discorso Draghi ha infine confermato la disponibilità della Bce ad intervenire ulteriormente sul costo del denaro, se sarà necessario.

Niente vacanze per gli italiani

Sarà un’estate povera in termini di svago e non solo. Il turismo continua ad andare male e c’è chi prevede una flessione del 7% di arrivi e presenze. Sarà, stando a un’indagine svolta da Trademark Italia, una contrazione non “a macchie” come nel 2012, bensì un regolare alternarsi di alti e bassi che indurrà i gestori a ridurre il personale stagionale.

In altri termini, in vacanza andranno 5,4 milioni di italiani in meno, con una perdita di 2,7 miliardi di euro di guadagni per il comparto.

Solo un italiano su 5 ha già bene in mente dove andrà

Il quadro che emerge dall’indagine è molto triste: a fine estate l’Italia farà registrare incredibili perdite di giro d’affari e di posti di lavoro.

Lo studio, dichiara che l’Italia è “avvitata” su se stessa, diffidente, decisa a risparmiare, a ridurre i budget di spesa, a contrarre le giornate di vacanza e tagliare lo shopping turistico.

Il dato più grave concerne il numero delle persone che hanno già deciso dove e quando andare in vacanza: sono solo il 22%, mentre il 23,5% del campione prevede di partire, ma non ha ancora stabilito dove e quando.

Più della metà di coloro che sono stati coinvolti nel sondaggio non si è ancora posta la questione-vacanze. Tuttavia, c’è chi sta pensando di rinunciare ridurre in maniera drastica il tempo del soggiorno.

La maggioranza, invece, ha negato la necessità di un periodo di riposo e ‘rigenerazione’. In conclusione, l’indagine afferma che circa 5,4 milioni di italiani in meno rispetto al 2012 si presenteranno sul mercato delle vacanze facendo perdere all’industria del turismo 2,7 miliardi di euro di ricavi lordi. Un dato che peserà negativamente anche sull’occupazione stagionale che scenderò di 250/300mila unità.

A marzo i consumi sono tornati ai livelli del 2000

 Non migliora neanche nel mese di marzo il quadro ormai depresso dei consumi italiani. La Confcommercio ha infatti recentemente segnalato, attraverso il suo indicatore dei consumi (Icc) che anche nel terzo mese del 2013 si è potuto registrare su questo fronte una ulteriore diminuzione del 3,4% in termini tendenziali e una dello 0,1% rispetto al mese precedente.

Ancora giù i consumi degli italiani nel 2013

A livello complessivo, dunque, il primo trimestre del 2013 si è chiuso con una diminuzione del 4,2% rispetto all’ analogo periodo dell’ anno precedente. Andando più nello specifico, rispetto al mese di marzo 2012, nel corso di quest’ anno si è potuto registrare un calo del 2,2% della domanda relativa ai servizi e un calo del 3,9% della spesa relativa ai beni.

Crollano i consumi al dettaglio

Un dato tendenziale positivo è stato invece offerto dalla spesa per i beni e i servizi delle comunicazioni, che nel mese di marzo è salito del 3,1% rispetto all’ anno precedente.

A differenza del settore delle comunicazioni, tuttavia, numerosi altri settori e comparti sono stati interessati da forti flessioni, tra cui spiccano quelle della mobilità (-8,5%), dei servizi ricreativi (-5,6%), di alimentari e tabacchi (-3,0%), nonché delle consumazioni dei pasti fuori casa  (-2,8%).

Nel singolo mese di marzo, invece, il dato più negativo è stato il calo relativo ad alberghi e ristorazione (-1,4%) , mentre modestamente positiva è stata la mobilità (+1,6%).

Per Bonanni è necessario rifinanziare la CIG entro maggio

 Il punto di vista del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sull’ emergenza disoccupazione in Italia è a dir poco tassativo: il Governo, infatti, dovrà trovare al più presto – cioè entro la fine del mese di maggio – quel miliardo  e mezzo utile al rifinanziamento della Cig, la Cassa Integrazione in deroga, a meno di non aggiungere una ulteriore emergenza ad una situazione già estremamente precaria.

Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

Secondo Bonanni, infatti, ad essere a rischio è la stessa tenuta sociale del Paese, poiché, qualora la Cig non venisse rifinanziata, oltre 700 mila cassaintegrati andrebbero andare ad aggiungersi al già alto numero dei disoccupati italiani.

> I giovani disoccupati sono il 38,4%

E per quanto riguarda le cifre relative alla disoccupazione italiana, a partire dal 2007 ad oggi, cioè dalle prime avvisaglie della crisi economica, il numero delle persone senza lavoro in Italia è praticamente raddoppiato. Così che, secondo le ultime stime fornite dall’ Istat, il tasso di disoccupazione del nostro Paese raggiunge oggi quasi il 12%, e si tratta di un valore privo prospettive di miglioramento in futuro.

Per il leader della Cisl, inoltre, le altre emergenze sociali a cui bisogna trovare presto una soluzione sono rappresentate dalla questione degli esodati, dalla necessità di promuovere l’ occupazione e da quella di abbattere la pressione fiscale.

La crisi si combatte comprando per strada

C’è un modo per fronteggiare la crisi? Si, ed è quello di acquistare ciò di cui si ha (più o meno) bisogno presso bancarelle e mercatini piazzati sempre di più per le strade delle città italiane.

Ogni giorno, ‘on the road‘, si vende qualsiasi cosa: abbigliamento, vestiti, tovaglie, tessuti per la casa, gioielli, cosmetici, Sono sempre di più le bancarelle e i mercatini che attirano quotidianamente gli italiani.

Nell’ultimo triennio, dal 2009 al 2012, le aziende specializzate nel commercio al dettaglio ambulante che sono regolarmente iscritte presso i registri delle Camere di commercio sono cresciute rapidamente. Attualmente rappresentano una cifra pari a 17.458 unità, facendo registrare il 10% in più in confronto all’anno in cui la crisi ha avuto inizio.

Al momento, nel nostro Paese contiamo circa 180.000 bancarelle. I dati, pubblicati da Unioncamere, parlano di una situazione all’interno della quale le imprese ‘on the road’ di tessuti, tessili per la casa e abbigliamento, sono incrementate del 28,26% dal 2009 al 2012.

L’analisi mostra oltretutto l’incredibile incremento delle imprese del commercio ambulante di prodotti di bigiotteria nello stesso periodo. Parliamo di una cifra superiore alle tredicimila unità.

In aumento c’è anche la vendita su strada di profumi e cosmetici, calzature e pelletterie.

In crescita sono anche gli ambulanti specializzati nell’arredamento, nei casalinghi, negli elettrodomestici e per quanto concerne il materiale elettrico.

Il commercio ambulante legato al settore alimentare ha fatto registrare invece una crescita più contenuta.