Il mercato approva il governo Letta

 La borsa italiana aveva senz’altro bisogno di un segnale positivo dalla politica del Belpaese e nel giro di una settimana le pressioni degli economisti hanno impresso un’accelerazione notevole alle trattative di palazzo. In questo momento, quindi possiamo rilevare due dati importanti: al mercato e agli investitori che portano denaro in Italia piace sia la rielezione di Giorgio Napolitano alla Presidenza della Repubblica per il secondo mandato, sia la scelta di Enrico Letta come presidente del Consiglio. 

La lista dei nuovi Ministri presentata da Enrico Letta

Il Governo Letta ha giurato in un momento molto delicato, con l’attentato fuori dal Parlamento che ha gettato nel panico la popolazione. Un attentatore solitario ha fatto fuoco colpendo due carabinieri e una passante. La tensione avrebbe potuto incrinare le quotazioni, invece i titoli hanno restituito un panorama diverso.

Il Napolitano-Bis fa bene allo spread

Enrico Letta è stato promosso a pieni voti. Il fatto che abbia scelto come ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni di Bankitalia, è stato una specie di asso nella manica che ha strizzato l’occhio alla BCE oggi guidata da Draghi. Lo spread ha fatto il resto calando fino a quota 272 punti.

I titoli italiani, intanto, sul mercato secondario, hanno toccato “il fondo”, i livelli minimi mai registrati dall’ottobre del 2010, in pratica si sono cristallizzati al 3,9 per cento.

 

Madrid rinvia la questione deficit

 I conti di Madrid sono in rosso e non è certo una novità visto che già da diverso tempo di vocifera che Madrid non sarà in grado di rispettare gli impegni presi con il resto dell’UE.

La Spagna, in questo momento, vista la situazione economica contingente, messa sotto la lente d’ingrandimento anche dalla BCE nel suo report sulle PMI europee, è costretta a rimandare al 2016 il raggiungimento dell’obiettivo sul deficit. La Spagna si era impegnata a fare in modo che il deficit non superasse il 3 per cento del PIL. 

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

Adesso le stime sull’economia spagnola puntano al ribasso e la maggior parte della situazione è legata all’aumento del tasso di disoccupazione che ha raggiunto livelli record. Il problema occupazionale è condiviso anche dalla Francia, mentre la Germania e il Regno Unito confermano di essere in una fase di ripresa.

Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi

Il fatto di condividere il problema “lavoro” con la Francia, non alleggerisce la situazione spagnola ed evidenzia in modo ancora più netto che c’è una divisione profonda tra il sud e il centro-nord Europa. L’obiettivo del deficit al 3 per cento doveva essere raggiunto nel 2014 e sarà raggiunto invece nel 2016. Per il 2013, invece, il bilancio si chiuderà con un disavanzo del 6,3 per cento.

La BCE chiede attenzione per le PMI

 Il grosso problema del Vecchio Continente è che deve ripartire nel più breve tempo l’economia e per farlo c’è necessità di rianimare il settore industriale dei vari paesi. Insomma le varie PMI devono essere sostenute. Ecco perché in questi giorni sull’argomento è tornata anche la BCE.

A Moody’s non piace l’Italia

La Banca Centrale Europea, infatti, ha detto che non sa ancora che intervento sostenere in tema di tassi ma è pronta a bacchettare i vari governi sul mancato sostegno alle PMI che rischiano di subire eccessivamente la crisi economica. Le Piccole e Medie Imprese sono state messe sotto la lente d’ingrandimento da una ricerca dell’Eurotower che spiega che le realtà maggiormente in crisi sono quella italiana e quella spagnola.

In entrambi i casi si parla di calo dei profitti e per questo è necessario l’intervento delle banche che a loro volta hanno già avuto un valido sostegno dalla BCE. Adesso sembra arrivato per loro il momento di “restituire il favore“. Il fatturato delle PMI tra ottobre 2012 e marzo 2013 è peggiorato in modo consistente e per questo si rende necessario il prestito bancario.

► Meno tasse e più crescita per Saccomanni

Sempre secondo l’indagine della BCE, le piccole e medie imprese dei 17 paesi della zona euro, hanno una maggiore necessità di finanziamento.

1,24 milioni di disoccupati in più dal 2007

 L’ Istat ha recentemente pubblicato nuovi dati relativi ad uno dei problemi sociali più importanti nel nostro Paese di questi tempi: quello della disoccupazione. La disoccupazione ha infatti raggiunto in Italia livelli molto alti rispetto ai suoi massimi storici.

1,5 milioni di disoccupati in più

L’ Istat ha calcolato, ad esempio, che a partire dal 2007, ovvero l’anno in cui si colloca l’inizio della crisi economica che tuttora investe il Paese, il numero dei disoccupati è salito di ben 1,24 milioni di unità, cosa che a livello percentuale si traduce in un raddoppiamento della quota di incremento percentuale, che è arrivato a toccare l’ 82,2%.

L’ Istat afferma inoltre che il maggior numero delle persone senza lavoro si trova al Sud, ma il maggior incremento percentuale si è invece potuto registrare al Nord, dove il tasso ha raggiunto il 121, 3%.

Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

La palma dell’ anno più nero per quanto riguarda la disoccupazione e il suo incremento, tuttavia, è andata, per il momento, al 2012, anno in cui si è avuto addirittura un 30,2%, con 636mila unità in più.

Al momento, dunque, al Sud risulta disoccupato il 46,9% della popolazione dei giovani  con una età compresa tra i 15 e i 24 anni, al centro il 34,7% e al Nord il 26,6%, per una media nazionale del 35,3%.

L’Italia non investe nella cultura

 I dati parlano chiaro: l’Italia non investe nella cultura e nell’istruzione e questo “piccolo” particolare relativo alla distribuzione degli investimenti, fa pensare che il paese non ha assolutamente voglia di cambiare strada. L’Eurostat, di recente, ha pubblicato i risultati relativi ad uno studio in cui si confrontano la spesa pubblica dei singoli stati, nel suo complesso e la quota destinata alla cultura e all’istruzione.

La crisi della Bulgaria fa discutere

Rispetto al nostro paese i dati non sono assolutamente di conforto. Gli investimenti italiani nel settore, infatti, rasentano lo zero e se si stila una classifica soltanto dei paesi che fanno parte del Vecchio Continente, si scopre che l’Italia è all’ultimo posto. Il dato di riferimento è la percentuale di spesa pubblica dedicata alla cultura.

Mediamente, in Europa, s’investe nel settore culturale, il 2,2 per cento della spesa pubblica, mentre per l’Italia questa percentuale scende all’1,1 per cento. Soltanto la Grecia segue l’Italia. Se invece si fa riferimento ai soldi che sono usati per l’istruzione, a fronte di una media europea del 10,9 per cento d’investimenti, l’Italia dedica alle scuole solo l’8,5 per cento.

Debito pubblico italiano cresce ancora e tocca quota record

Questa notizia, purtroppo, non è stata riportata ampiamente dai giornali perché in questi giorni, la composizione del Governo è un argomento troppo più  importante. In ogni caso, come riflettono molti analisti, esiste una corrispondenza diretta tra l’investimento in cultura  e istruzione e la crescita del paese. 

Record di disoccupati in Spagna

 La Spagna il 25 aprile non festeggia la Liberazione come in Italia, anzi, questo 25 aprile, per i nostri vicini, è stato un giorno tutt’altro che festaiolo visto che sono stati diffusi i nuovi dati sulla disoccupazione. Qualche investitore più malizioso, allora, ha parlato di giorno della disperazione, più che di giorno della liberazione.

Tutti i pareri sull’austerità

I dati diffusi relativi alla disoccupazione, parlando di un nuovo record al quale la popolazione non ha reagito bene, tanto che il parlamento è stato di nuovo assediato. I dati sono riferiti al primo trimestre dell’anno. Il tasso di disoccupazione, in questo ultimo periodo, è passato dal 26,5 al 27,2 per cento.

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

I dati sono stati raccolti dall’istituto nazionale di statistica del paese. Sembra dunque che più di 6 milioni di spagnoli, oggi, siano alla ricerca di un’occupazione. Quello che sta succedendo in Spagna, è già successo in Grecia e il fatto che si tratti di scenari simili, preoccupa gli investitori e i cittadini, tanto che in molti hanno assediato il parlamento madrileno.

Il problema, infatti, non è soltanto nell’aggravarsi della situazione, ma nelle prospettive che questo paese riesce a dare ai cittadini. Fino alla fine di marzo i dati raccolti sono addirittura sconcertanti. Il governo, tuttavia, si dichiara pronto ad affrontare la situazione, senza sosta.

I titoli sloveni sono considerati tossici

 La Slovenia, in questo momento, è il sorvegliato speciale dell’Europa, insieme con la Francia, visto che le sue banche sono in bilico e potrebbe essere il prossimo paese in default dopo Cipro.

La crisi Slovena spiegata in 2 step

Oggi gli investitori sono uniti nel ritenere che i titoli delle banche slovene sono da considerare tossici visto che rappresentano un quinto del prodotto interno lordo del paese. Le banche slovene, dunque, sono a rischio e la loro insolvenza potrebbe essere deleteria per la salute del paese, con ripercussioni sul resto dell’Eurozona. I cosiddetti titoli tossici, in tutto, potrebbero essere circa 7 miliardi di euro.

Minacciate dal rating le banche slovene

La scelta nelle mani del governo di sinistra sloveno è allora nella costituzione di una bad bank alla quale affidare la gestione di tutti i debiti che ormai sono da considerarsi non esigibili. Oppure, l’alternativa, potrebbe essere nella ricapitalizzazione delle banche o nella loro privatizzazione. Tutte le strade, in fondo sono percorribili e già discusse dal parlamento.

La Germania adesso colpirà la Slovenia

Nel 2012, tanto per fare una panoramica della situazione, e banche slovene hanno dichiarato di aver perso circa 606 milioni di euro, che sono circa 67 milioni di euro in più rispetto al 2011.

PIL USA deludente

 Il futuro spread non è un problema e questo vuol dire che nei prossimi anni l’Europa non potrà più fare a meno dell’Italia. La moneta unica, infatti, diventerebbe troppo forte perdendo una pedina fondamentale ed arriverebbe ad essere soltanto un clone del marco tedesco. Insomma, nonostante il mercato valutario odierno sia difficile da interpretare con l’Italia in crisi e i trend molto tranquilli, l’Europa restituisce agli investitori un’immagine di sé rassicurante.

Lo stesso non si può dire degli Stati Uniti che fino a qualche tempo fa erano considerati il traino dell’economia globale insieme alla Cina. Sia l’economia americana che quella cinese, infatti, sono da intendere in crescita sebbene il ritmo di questa crescita si sia modificato molto da un mese all’altro.

 In discesa il cambio tra euro e dollaro americano

Gli ultimi dati, infatti, quelli relativi al PIL americano preliminare, sono deludenti o comunque al di sotto della aspettative. Il prodotto interno lordo a stelle e strisce, infatti, nel primo trimestre del 2013, è cresciuto soltanto del 2,5 per cento ed è in aumento dello 0,4 per cento rispetto alla rilevazione precedente.

 Krugman sul fiscal cliff

Gli analisti, però, si aspettavano una crescita pari almeno al +3 per cento. Il dollaro, per reazione degli investitori, è stato oggetto di una vendita sconsiderata. Il tasso di cambio tra l’euro e dollaro è cresciuto da 1,2990 a 1,3035. Scende invece il cambio tra dollaro e yen.

I commenti su Enrico Letta

 Enrico Letta è il vicesegretario del PD, è un uomo della sinistra e soprattutto è stato a lungo considerato il braccio destro di Pier Luigi Bersani. Per lui l’incarico offerto da Napolitano era quasi scontato e il giovane Letta si avvia adesso alla ricerca dei ministri che possano suggerire con il loro passato politico, un governo di larghe intese.

Tutti i pareri sull’austerità

Ma come hanno accolto all’estero la notizia della scelta di Enrico Letta? Nelle 24 precedenti alla definizione di Letta, c’è stato molto fermento e secondo tanti osservatori, alla fine, Napolitano ha scelto lui perché non è un tecnico ma un politico e quindi è più probabile che non scelga tecnici per la sua squadra di governo.

In più Letta sembra il garante di una stabilità politica necessaria all’Italia ma allo stesso modo riesce ad esprimere a pieno il clima post elettorale. In ultimo c’è da considerare che se non fosse stato scelto Letta è probabile che il governo sarebbe stato affidato a Giuliano Amato. Solo che mentre quest’ultimo ha la bellezza di 75 anni suonati, al contrario Letta di anni ne ha 47 e può avviare anche lo svecchiamento della classe politica.

Secondo Munchau l’Italia sta peggio di tutti

Le divisioni in Parlamento resteranno, questo è poco ma sicuro, eppure scegliere Letta, forse, è il primo passo verso un cambiamento del modo di fare politica.