Nuove manovre nel 2015

 Ci saranno nuove manovre economiche anche nel corso del 2015. Anzi, ad essere veramente precisi, le future manovre che attendono gli italiani saranno di durata biennale, dal 2015 al 2017. Lo ha confermato il Ministro dell’Economia Vittorio Grilli nel corso della giornata dell’altro ieri, davanti alle Commissioni di Camera e Senato, durante l’audizione per il Def, il Documento economico e finanziario che riassume tutti i provvedimenti che sono in via di attuazione o saranno attuati in futuro.

Il FMI taglia le stime del Pil italiano, ma il paese non ha bisogno di nuove manovre

Più nello specifico, per raggiungere il pareggio di bilancio richiesto da Bruxelles e dall’Europa nei prossimi anni, le misure previste saranno dello 0,6% in termini cumulati: non si tratterà dunque di un vero intervento strutturale ma di un necessario aggiustamento dei conti, in mancanza del quale i cittadini italiani potrebbero perdere le normali prestazioni sociali a cui sono abituati.

> Grilli smentisce la possibilità di una nuova manovra

Un intervento di ordinaria manutenzione, dunque, secondo il Ministro Grilli, che forse potrebbe pure diventare superfluo sotto la luce di una nuova credibilità assunta dall’Italia a livello internazionale e di riforme economiche credibili. Le riforme, infatti, sono lo strumento per riattivare la crescita nel Paese.

Quando si parlerà di ripresa economica

 Quando si potrà finalmente parlare di ripresa economica, osservando l’andamento del mercato immobiliare? Una domanda, questa, che si sono posti numerosi analisti che alla fine hanno dovuto posticipare i bei momenti al 2014. Insomma, come la Spagna rimanda il raggiungimento dell’obiettivo sul deficit, allo stesso modo il mercato immobiliare procrastina la ripresa all’anno prossimo.

L’euro è troppo forte?

Il mercato immobiliare, in effetti, nel 2012, ha subito una sonora battuta d’arresto. Secondo le stime fatte dai vari istituti di statistica presenti nel nostro paese, si potrebbe tranquillamente parlare di passo indietro di un passo indietro di ben 3 anni. La tendenza al ribasso continuerà anche nel 2013 e forse l’anno prossimo si potrà iniziare a parlare di ripresa.

I problemi connaturati alla ripartenza sono senz’altro nelle difficoltà che le banche hanno nella concessione dei mutui alle imprese, così come alle famiglie che insieme muovono il mercato edilizio. Per suffragare questa “ipotesi” è necessario attingere anche al database dell’Agenzia delle Entrate.

Cosa non va in Spagna e come uscire dal tunnel

A partire dai dati dell’Erario si nota che nel 2012 le richieste di mutuo sono diminuite molto su base annua rispetto al 2011. Si parla di un calo del 42,8 per cento delle richieste. In diminuzione, in realtà, c’è anche l’importo medio erogato dagli istituti di credito e la durata del piano di rimborso.

Se prima un mutuo era estinto mediamente in 23,4 anni, adesso alle famiglie e alle imprese servono appena 22,9 anni.

Rapporto BCE 2012: la crisi europea deriva dall’Europa

 Se si vuole trovare una causa alla crisi economica e finanziaria che continua a mordere l’Europa questa va cercata nelle condizioni stesse dell’Unione e nelle scelte dei governi. La responsabilità di quello che sta accadendo non può ancora essere addebitata alla crisi globale.

Non siamo più nel 2009. Allora si che aveva un senso parlare di crisi globale. Nel 2012, come ben spiega il Rapporto Annuale della BCE riferito proprio allo scorso anno, la mancanza di crescita dell’Europa è dovuta alla debolezza dei mercati interni: dopo il 2009, infatti, il Pil dell’Eurozona è cresciuto per due anni consecutivi, per poi contrarsi nuovamente nel 2012.

L’andamento della crescita è stato fortemente influenzato dalla debolezza degli investimenti e dei consumi privati con la domanda interna che ha segnato il primo calo dal 2009. Investimenti e consumi, a loro volta, sono stati appesantiti dai bassi indici di fiducia delle imprese e dei consumatori, da prezzi del petrolio elevati, da condizioni di accesso al credito bancario.

Qual è il problema reale, allora?

Secondo la BCE il problema risiede nell’insostenibilità del debito pubblico di diversi paesi dell’area Euro che perdura nonostante siano stati dati ai governi tutti gli strumenti necessari per risolvere la situazione.

Una soluzione duratura si potrà trovare solo se i governi decideranno di prendere i giusti provvedimenti per la sostenibilità del debito pubblico per rendere più competitive le proprie economie, rafforzare la resistenza delle banche e continuare a migliorare il quadro istituzionale dell’Unione Monetaria.

 

Crollano i consumi al dettaglio

 Gli ultimi mesi si sono rivelati particolarmente duri per il mondo del commercio al dettaglio. Secondo l’ Istat, infatti, in questo ultimo periodo si è vissuto uno dei peggiori cali nelle vendite degli ultimi tempi.

Il calo dei consumi colpisce anche la Pasqua

Durante lo scorso mese di febbraio, infatti, le vendite avevano fatto registrare una contrazione, scendendo del 4,8% su base annua, con l’alimentari in calo del 4,0%. L’ Istat rileva inoltre che si tratta dell’ ottava flessione consecutiva su base annua a partire dallo scorso aprile 2012.

In flessione, dunque, risultano gli indici del commercio al dettaglio sia su base mensile (-0,2%) sia su base trimestrale, almeno per quanto riguarda il periodo che va dallo scorso dicembre 2012 a questo febbraio 2013, con una flessione dello 0,7% rispetto ai tre mesi che l’avevano preceduto.

Il dato più sorprendente, tuttavia, è il negativo che risulta anche in merito alle vendite dei discount alimentari (-0,1%), che sono a tutt’oggi, secondo altre statistiche, i canali di vendita preferiti dagli italiani che puntano al risparmio. 

> Gli Italiani fanno la spesa nei discount

Per quanto riguarda il settore dei discount, dunque, la perdita complessiva da inizio anno è stata dello 0,2%.

Diminuiscono, tuttavia, nel confronto con gennaio 2013 anche le vendite dei prodotti non alimentari, che subiscono un calo dello 0,3%.

1,5 milioni di disoccupati in più

 L’ Istat ha rilasciato le ultime stime in merito allo stato della disoccupazione giovanile in Italia. Dal 1977 ad oggi il numero dei disoccupati in Italia è cresciuto di circa 1,5 milioni in più.

> Nessun calo della disoccupazione per i prossimi mesi

Trentacinque anni fa, infatti, il numero dei giovani disoccupati con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni era pari a 1 milione e 340 mila, mentre oggi il totale è di 2 milioni 744 mila, per quanto riguarda almeno le stime complessive del 2012, con un tasso che è dunque passato dal 6,4% al 10,7%.

Un milione di famiglie italiane è senza lavoro

L’ Istat, che ha ricostruito le medie trimestrali e annuali a partire dal 1977 ha inoltre evidenziato che per quanto riguarda la distribuzione del fenomeno tra la popolazione maschile e quella femminile non ci sono stati sostanziali cambiamenti rispetto al passato: per i primi, cioè per gli uomini, il tasso è cresciuto dal 18,1% al 33,7%; per le seconde, invece, le donne, dal 25,9% al 37,5%.

In generale, invece, i dati relativi ai confronti con il 1977 dicono che la disoccupazione giovanile è passata dal 21,7% al 35,3%.

Per quanto riguarda infine la distribuzione geografica del fenomeno, l’area italiana che al giorno d’oggi risulta più colpita dal fenomeno della disoccupazione giovanile è il Sud Italia, che mostra rispetto al 1977 un tasso di incremento che è passato dall’ 8,0% al 17,2%, cioè praticamente raddoppiato.

Cresce il fenomeno dell’usura

Che la situazione sia drammatica non è una novità. Da Bruxelles fanno sapere che l’Europa è fuori dall’austerity, ma l’Italia continua ad essere il Paese della cinghia tirata e delle rinunce.

Le famiglie rinunciano a tutto: la nuova macchina, una nuova casa, nuovi comfort, nonché extra di ogni sorta.

Il problema è che rinunciano anche a chiedere prestiti e se hanno bisogno di soldi, le famiglie si rivolgono agli usurai.

Come potrebbe essere altrimenti per ‘tirare a campare’.

A rivelarlo è il database del credito, cioé il Crif, che dopo aver analizzato il 2012 riporta una situazione alquanto pesante.

Si registra un crollo 42% per quanto riguarda la domanda di mutui. Per quanto riguarda l’anno in corso, invece, le flessioni sono del 14, 10 e 9% considerando rispettivamente gennaio, febbraio e marzo. Dall’avvio della crisi al momento attuale il calo complessivo è del 53%. Diminuisce anche la richiesta di prestiti che dal 2009 è scesa del 18%. Stessa disfatta per quanto concerne il fronte delle imprese: a marzo, per la prima volta negli ultimi dodici mesi, c’è una flessione nella domanda di prestiti, una flessione del 3,08%.

Da un lato, dunque, si registra una contrazione dell’offerta di credito da parte delle banche; dall’altro lato le famiglie e le imprese non hanno più fiducia nelle proprie capacità di onorare il debito e di superare l'”esame” di credibilità davanti alla banca o alla finanziaria. Senza contare l’effetto dei tassi elevati, denunciato nei giorni scorsi dal presidente Bce, Mario Draghi, e ribadito dall’Fmi nell’ennesimo allarme  per quanto concerne il credit crunch.

 

La crisi riduce il prezzo degli affitti

Siamo a fine stagione e per gli affitti è tempo di saldi. I proprietari degli immobili, al fine di invogliare gli inquilini a rimanere, offrono loro sconti sui canoni in prossimità della scadenza. Un nuovo trend che è stato scoperto dopo aver analizzato più di dieci casi da un agente su quattro (il venticinque per cento) nell’ultimo semestre e dal novanta per cento degli affiliati in almeno un caso. Si tratta di un nuovo fenomeno messo in evidenza da una delle principali agenzie immobiliari specializzate in locazioni che occupa tutto il territorio nazionale nonché la Spagna con 350 filiali.

Il fenomeno del ribasso nelle grandi metropoli

La frequenza dei ribassi è in aumento quando si tratta delle grandi città metropolitane. Parliamo in questo caso addirittura del 33% (uno su tre) degli agenti che registra l’operazione sconto.

Solo Affitti, tramite le parole del presidente Silvia Spronelli, spiega: “Evidentemente la crisi morde e i proprietari cercano di andare incontro alle esigenze degli inquilini. Si preferisce abbassare il prezzo piuttosto che rischiare la morosità. Toscani, lombardi e umbri sono i locatori più sensibili in questo senso”.

Gli sconti non sono naturalmente altissimi, si va dai 30 ai 70 euro, con picchi anche tra i 70 e i 100 nel centro Italia, come fatto presente da un cospicui numero di agenti del franchising. Numeri che si ritrovano anche nei nuovi contratti di locazione: la crisi porta a tirare sul prezzo in fase di contrattazione. Lo sconto è proporzionato al canone, ecco perché “in città come Roma, ci sono state riduzioni piuttosto elevate, tra 70 e 100 euro: evidentemente i canoni sono troppo alti rispetto alla capacità di spesa dei locatari” continua la Spronelli. “Gli sconti di 100 euro comunque sono piuttosto pochi”.

 

Per la Merkel la situazione italiana è difficile

 La cancelliera tedesca Angela Merkel si è espressa oggi, a Berlino, attraverso il suo portavoce Steffen Seibert, sulla situazione politica ed economica italiana. Il premier tedesco ha infatti dichiarato che la situazione italiana viene guardata e seguita con attenzione ed interesse dagli osservatori tedeschi sin dal momento delle elezioni.

Gli antieuro tedeschi sopra il 5%

Quella dell’attuale Italia, tuttavia, viene avvertita all’estero come una situazione particolarmente difficile e atipica, sia dal punto di vista finanziario che da quello economico. Stando così le cose, però, a maggior ragione, il governo tedesco assicura che sarà sempre al fianco dell’Italia e di qualsiasi suo eventuale governo, affinché l’Italia possa compiere quel necessario percorso di consolidamento e di crescita che gli è ora necessario.

La riforma del welfare in Germania

E per quanto riguarda la recente elezione del nuovo Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il vertice tedesco fa sapere, sempre attraverso le parole del portavoce, che si tratta di una figura che in Germania, ma anche nell’intero contesto internazionale, è tenuta in grande stima e considerazione.

Queste sono dunque le riflessioni e le parole della cancelliera tedesca Angela Merkel nei confronti della situazione politica ed economica italiana, proprio mentre in Germania si inaspriscono i toni dl confronto politico in vista delle prossime elezioni federali del 22 settembre prossimo.

L’Italia vista da fuori

 Investire nel nostro paese vuol dire credere che la situazione politica e finanziaria dell’Italia migliori nel medio e lungo periodo. E nel breve lasso di tempo, cosa ci aspettiamo che accada? Gli italiani sanno che dopo la rielezione di Giorgio Napolitano, il prossimo passo sarà la definizione del premier e la composizione del governo.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

Le borse, dopo la scelta del secondo mandato per Giorgio Napolitano, hanno reagito molto bene. Ma all’estero cosa si dice dell’Italia e della sua situazione politica? 

Il primo dato di fatto, secondo molti osservatori stranieri, è che da tutta questa situazione è uscita immacolata l’immagine di Silvio Berlusconi. La sua gestione del tempo elettorale è stata esemplare. Adesso, un qualsiasi governo, dopo la disfatta interna della sinistra, non può assolutamente prescindere dal sostegno del PDL.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

A vincere, però, non è stato soltanto Silvio Berlusconi. Secondo la stampa estera è un vincitore anche Beppe Grillo che riuscirà probabilmente a provare la giustezza delle sue intuizioni soltanto sul lungo periodo. Di fatto, la candidatura di Stefano Rodotà quale presidente della Repubblica, rifiutata dal PD, ha aperto una frattura tra i Democratici ed ha aumentato il sostegno al movimento capitanato dal comico genovese.

L’unico grande perdente, visto dall’estero, è Pier Luigi Bersani che oltre a rendere evidente le spaccature interne al partito è riuscito a perdere un alleato importante come SEL.

Oro sotto i 1500 dollari l’oncia

 L’oro è stato considerato a lungo un bene rifugio, un investimento per tutti i paesi, sia per quelli in via di sviluppo, sia per quelli con un’economia già molto strutturata. Un bene rifugio che in tempi di crisi è diventato talmente appetibile che sono cresciute sia le richieste che il valore del bene.

Alla fine dell’anno scorso, forse per incentivare ulteriormente l’incremento delle risorse aurifere in alcuni paesi, molte banche d’affari hanno vaticinato l’aumento sconsiderato del prezzo dell’oro dicendo che il suo prezzo sarebbe cresciuto fino a 1900-2000 dollari l’oncia.

Qualche errore comune per chi investe nell’oro

Invece, dall’inizio dell’anno, il prezzo dell’oro è in discesa e quasi tutti hanno dovuto rivedere le stime sulla sua crescita. Adesso gli investitori si aspettano di conoscere nel più breve tempo possibile quale sarà il range entro cui si andrà a posizionare alla fine dell’anno il valore del metallo prezioso.

Morgan Stanley e la nuova visione sull’oro

Secondo Morgan Stanley, intervenuta di recente sull’argomento, l’andamento negativo dell’oro e il peggioramento dell’outlook macroeconomico, ha determinato una flessione fino a 1321 dollari l’oncia. Nel secondo semestre dell’anno però, la situazione potrebbe esser capovolta e l’oro potrebbe crescere di nuovo ma senza raggiungere le soglie indicate nel 2012.

Morgan Stanley prevede che alla fine del 2013,  il prezzo medio dell’oro arrivi a 1487 dollari l’oncia.