Chi pagherà i debiti delle imprese?

 Salvate le pubbliche amministrazioni, si è deciso di salvare anche le imprese ed è stato dunque varato un decreto ad hoc, si chiama Decreto Salva Imprese ed è il numero 35 del 2013. In pratica si tratta dello stesso decreto usato per sbloccare i 40 miliardi delle PA nei prossimi 12 mesi.

Si tratta di un decreto voluto dall’esecutivo montiamo che firmando il documento in questione ha praticamente fatto l’ultimo atto prima del passaggio di consegne. Non sono mancate delle critiche visto che i 40 miliardi “devoluti” alle pubbliche amministrazioni sono soltanto una piccola parte del debito complessivo che ammonta a 91 miliardi di euro, secondo i dati fornti dalla Banca d’Italia.

Quinquennio difficile per il debito tricolore

La domanda che molti analisti si fanno adesso è se i debiti delle imprese saranno pagati dai contribuenti. Un’ulteriore pressione sulle tasche dei cittadini potrebbe deprimere i consumi e affossare una volta per tutte l’economia tricolore.

Cipro chiede più aiuti ma che pensa l’Europa?

A cosa bisogna fare attenzione? Sicuramente all’IMU e all’IRPEF di cui si parla sempre nello stesso decreto. E’ tramite queste imposte che dovranno essere sostenute le imprese. Mentre l’aumento della TARES scatterà soltanto a dicembre, c’è ancora tempo ma non se ne parla, per gli aumenti dell’imposta municipale e dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

Il modello giapponese di riferimento per la Grecia

 La Grecia, in questo momento, è ancora più lontana dalla ripresa di quanto si possa pensare. Adesso è in una fase che in gergo si chiama di deflazione e sia i politici che gli economisti si arrovellano per capire se c’è una via d’uscita.

La Grecia, in effetti, era stata un po’ messa da parte dopo l’insorgere di nuove criticità in Europa, basta pensare alla situazione stessa di Cipro. Adesso si torna con i riflettori su Atene perché Si sta per inaugurare il Global economico outlook con il patrocinio del Fondo Monetario Internazionale.

Bini Smaghi critica la forza dell’euro

All’ordine del giorno ci sarà la discussione della situazione economico-politica del Vecchio Continente che presto cadrà in una profonda deflazione. Una specie di effetto domino che coinvolgerà primariamente la Grecia dove i prezzi anziché salire continuano a scendere.

La coppia euro/yen nell’ultimo mese

Le statistiche parlano chiaro: a marzo, i prezzi in Grecia sono diminuiti dello 0,2 per cento e una cosa di questo tipo non succedeva dal 1968. Il problema è che la deflazione greca, unita all’inflazione aggregata europea che a marzo è diminuita, fa temere per il contagio.

Il modello giapponese sembra allora una soluzione plausibile alla crisi: l’obiettivo definito in Oriente è quello di far aumentare il costo della vita del 2 per cento, riportando l’inflazione in Giappone.

Uscire dalla crisi con diverse opzioni

 A livello euristico, per così dire, esiste una battaglia accesa tra Angela Merkel e Nouriel Roubini che ha di recente fatto un giro in Europa per controllare la situazione economico del Vecchio Continente.

L’economista ha anche rilasciato un’intervista a Repubblica che è risuonata nei media come un attacco alla politica economica tedesca, come un affondo contro le proposte di uscita dalla crisi di Angela Merkel.

Madrid rinvia la questione deficit

L’economista in questione è partito dalla considerazione che il Patto di bilancio siglato dai paesi appartenenti all’UE, è stato deleterio ed ha causato danni importanti alle economie del Vecchio Continente, soprattutto le più fragili. Per questo ci sono almeno cinque possibilità per uscire adesso dalla crisi.

I titoli sloveni sono considerati tossici

Secondo Roubini bisogna innanzitutto mettere da parte l’idea del raggiungimento del pareggio di bilancio la cui data era stata fissata nell’arco di due o tre anni, visto che la situazione dei vari paesi sembra aggravarsi di giorno in giorno. Una soluzione che sicuramente non andrà bene alla Germania che ha promosso in modo deciso l’adozione di questa misura “protettiva”.

Il secondo passaggio potrebbe essere nella svalutazione dell’euro, una svalutazione del 20 per cento almeno, in modo da far circolare più moneta e far riattivare il ciclo dei consumi.

Il terzo punto di Roubini è nell’attivazione di programmi di QE come quelli della Fed, senza paura della svalutazione. Infine, attraverso il credit easing è arrivato il momento di sostenere con più forza le banche nazionali emanando al contempo degli eurobond che tamponino la situazione occupazionale dei paesi in crisi.

Monti parla della situazione italiana e non scherza

 Mario Monti è ancora il nostro premier, guida il governo che – come ha spiegato Napolitano nel suo discorso prepasquale di presentazione della soluzione dei saggi – non è mai stato sfiduciato. Monti, allora, ha tutto il diritto di approfondire i temi più caldi per il nostro paese, nonostante a livello elettorale abbia subito una sonora battuta d’arresto.

3 visioni del 2013 e della sua evoluzione

Secondo Monti la prima cosa da fare in Italia è affrontare il problema dell’economia reale. Tutte le affermazioni che stiamo riportando – per inciso – sono state proferite durante un incontro tra Mario Monti e Fabio Fazio nella cornice della trasmissione “Che tempo che fa?”.

Il premier dimissionario ha dunque detto che è necessario affrontare l’economia reale che attraversa una fase problematica, perché in fondo il suo governo ha soltanto tamponato un’emorragia finanziaria senza precedenti.

I rischi italiani dell’uscita dall’euro

In più bisogna poi costruire un po’ di consenso intorno alle scelte operate, un po’ come è stato fatto nei primi mesi del governo Monti.

A livello politico i grandi saggi sono necessari per ricompattare il panorama politico attorno a temi comuni, per smussare le divergente tra i diversi raggruppamenti politici ma poi, anche in questo caso, il secondo passo da fare è quello di colmare le lacune della politica  attraverso l’impegno e il coinvolgimento diretto di imprese e sindacati.

3 visioni del 2013 e della sua evoluzione

 Il 2013, in questo momento, si sta configurando non più come l’anno della ripresa economica, quanto piuttosto come l’anno della nuova crisi. Le possibilità di evoluzione, in questo momento, appaiono sostanzialmente tre.

Le quotazioni dell’oro secondo Goldman Sachs

La prima, la più probabile, prevede che per il resto dell’anno l’Europa tirerà a campare e questa “sopravvivenza” potrebbe protarsi ancora fino al 2014. Ci saranno sempre maggiori pressioni sui governi periferici al fine di stoppare la spirale di austerità che rischia di compromettere i loro conti. Ci sarà una forte influenza sul panorama europeo, da parte dei risultati delle elezioni tedesche e dalle evoluzioni della situazione italiana. La Spagna, poi, dovrà fare degli aggiustamenti, mentre non sembrano all’orizzonte delle uscite dalla moneta unica.

La ripresa ci sarà dal 2014

Meno probabile il secondo scenario, quello a ribasso che punta tutto sul crollo dell’Italia, sui dubbi del mercato e sulla cooperazione insufficiente tra la BCE e la Germania. Qualche progresso ci sarà ma quello che serve sono le risorse fiscali e quindi vuol dire che in un anno le crisi saranno ancora di più e più gravi.

Un terzo scenario praticamente impossibile è quello al rialzo con i paesi che oltre a ritrovare la forma finanziaria, si ritrovano anche rafforzati politicamente.

Cipro chiede più aiuti ma che pensa l’Europa?

 Il bailout di Cipro avrà un costo maggiore del previsto perché Nicosia oltre a vendere una parte delle riserve d’oro per racimolare circa 400 milioni di euro, ha la necessità che il fondo della Troika sia innalzato da 17,5 a 23 miliardi di euro.

Un costo davvero elevato che potrebbe costituire un precedente per gli altri paesi che sembrano essere sull’orlo della crisi, quindi per la Slovenia, per il Portogallo e per l’Irlanda, ma anche per la stessa Italia.

Cipro cambierà l’Europa, lo dice la Germania

Cipro ha chiesto più soldi: inizialmente erano “soltanto” 10 miliardi di euro, poi si è arrivati a 17,5 miliardi ed ora addirittura a quota 23. Le richieste, per il momento, restano inascoltante e infatti l’Unione Europea ha ribadito che il contributo internazionale resterà fisso a 10 miliardi.

La richiesta di Cipro, però, ha messo in allarme i mercati e tutte le borse hanno fatto registrare una serie di ribassi. Lo spread italiano, ha ripreso la sua corsa verso l’alto fino a quota 310 punti.

Svelato uno dei problemi delle banche di Cipro

Ma qual è effettivamente la situazione di Cipro? Il presidente dell’Eurogruppo, nel ribadire che il finanziamento internazionale sarà di 10 miliardi di euro, ha previsto che Cipro, autonomamente, dovrà trovarne altri 13, il tutto mentre si prevede un crollo del PIL del 12 per cento.

Il 2013 e il ritorno alla crisi

 Dublino sarà il luogo fisico di una riunione molto importante, quella dei ministri delle Finanze europei che dovranno discutere del fatto che, nonostante gli sforzi compiuti dai singoli paesi, ci potrebbe essere un ritorno di fiamma.

In pratica ci sarà presto una nuova ondata di crisi con problemi da risolvere, molto più complessi. Per esempio si dovrà discutere del salvataggio, o meglio di come salvare il Portogallo e l’Irlanda.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

All’ordine del giorno c’è anche la discussione sulla possibile costituzione di un’unione bancaria che deve sopperire sia alla crisi di Cipro, che dovrà affrontare presto i problemi della Slovenia e che poi dovrà prendere in esame la situazione della Francia e dell’Italia.

Per quanto riguarda Cipro la situazione deve assolutamente essere riconsiderata visto che il costo del salvataggio del paese è aumentato ed ora saranno erogati non più 17,5 miliardi di euro ma ben 23 miliardi.

L’allarme della Francia e la distanza dalla Germania

L’isola sta pensando anche di salvarsi vendendo le sue riserve d’oro al fine di recuperare gli altri 400 milioni di euro necessari per il finanziamento della bancarotta.

L’austerity proposta dalla Troika, però, sembra sia troppo stringente per Nicosia ma anche per gli altri paesi, per esempio per il Portogallo che ha già lanciato un messaggio d’allarme.

 

Ecco perchè preoccuparsi della crisi italiana

 Le finanze italiane preoccupano al punto che molti analisti più che valutare il possibile contagio di Cipro ai paesi limitrofi, sta cercando di capire il futuro del Belpaese, dove, a distanza di quasi due mesi dalle elezioni, non è ancora stato formato un governo.

Adesso, però, non è più una questione di stabilità politica, visto che il governo, come ha spiegato anche Napolitano, c’è ed è quello di Mario Monti che non è stato mai sfiduciato ed è necessario per fare le riforme. Prima tra tutte quella che ha consentito lo blocco dei soldi per le PA.

Il punto del FT sulla crisi europea

Il problema, a questo punto, resta soltanto squisitamente finanziario, visto che senza governo non potranno essere varate altre misure di austerità necessarie per aiutare il paese a sopravvivere nella zona euro.

Di tutta la storia ne sta risentendo anche la finanza dove, l’indice azionario di riferimento del nostro paese, il Ftse Mib, è calato addirittura del 14 per cento. Una depressione che è iniziata alla fine di gennaio. Economia e finanza, quindi, sono a pezzi.

L’effetto di Cipro sul mercato valutario

Adesso però bisogna fare i conti con la BCE che dopo Cipro ha dimostrato di non poter più fare tutto il necessario per salvare l’euro.

 

Senza Imu niente pareggio dei conti

 La Commissione Europea ha mostrato, con il suo rapporto sugli squilibri economici dell’Unione, come l’Italia sia ancora in una situazione di rischio che potrebbe contagiare anche il resto d’Europa. Anche se non a tinte così forti, il DEF, il Documento di economia e finanza presentato da Mario Monti e approvato dal CDM, conferma queste problematiche: debito/Pil al 130,4% nel 2013, mai così alto dai tempi del fascismo, con un deficit pari al 2,9%.

► Il rischio dell’Italia sul deficit

Ma, secondo Monti, anche l’Ocse è della stessa opinione, l’Italia ha iniziato ad intraprendere la strada della ripresa: nel testo si legge che il pareggio di bilancio strutturale sarà raggiunto per il 2013 e il rapporto tra il debito e il Prodotto interno lordo (Pil) inizierà a ridursi già dal 2014.

Il premier uscente, nella conferenza stampa che ha accompagnato la presentazione del DEF, ha ribadito che solo continuando sulla strada dell’austerity si può sperare di uscire dalla crisi, anzi, se si dovesse allentare il controllo sulla disciplina finanziaria il paese potrebbe di nuovo ripiombare nella recessione.

Il DEF, come spiegato anche da Vittorio Grilli, mette in evidenza un problema fondamentale sulla strada del pareggio di bilancio: l’Imu. La tassa sugli immobili, infatti, scadrà nel 2015 (anno in cui finisce la fase sperimentale) e, quindi, verrà a mancare dalle casse dello Stato un ingente introito:

► Confindustria critica duramente l’operato del governo tecnico

qualora la fase sperimentale dell’Imu non dovesse essere confermata, futuri governi dovranno provvedere alla sostituzione dell’eventuale minor gettito con interventi compensativi. Senza il balzello dell’Imu il pareggio di bilancio è a rischio.

La crisi italiana potrebbe contagiare l’Europa

 Nel rapporto presentato dalla Commissione Europea sugli squilibri economici dell’Unione, emerge un dato che fa molto riflettere: l’Italia, nello specifico, è ancora in una situazione molto rischiosa e questo perdurare della crisi potrebbe avere degli effetti anche su tutto il resto dei paesi dell’Unione.
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E’ l’effetto contagio, tanto temuto soprattutto dopo il collasso di alcuni paesi, come la Grecia e Cipro, che sembra essere trainato dalle banche che continuano ad indebolirsi e, quindi, sono incapaci di essere gli attori principali del risanamento economico.

In Italia persistono squilibri macroeconomici che richiedono monitoraggio e azione decisiva. L’andamento dell’export, la perdita di competitività e il debito elevato in una situazione di crescita condizionata richiedono attenzione per ridurre i rischi di effetti avversi.

Ciò che maggiormente spaventa gli analisti della commissione sono le condizioni del debito pubblico che rendono l’Italia debole e incapace di far fronte ad eventuali fluttuazioni dei mercati finanziari. Il che rende necessario proseguire sulla strada dei rinnovamenti strutturali che possano ridurre il rapporto debito/Pil.

Urgenti, secondo Bruxelles, soprattutto misure mirate alla riduzione della pressione fiscale per favorire la crescita e l’applicazione delle riforme adottate negli ultimi mesi per sostenere il consolidamento dei conti e liberare il potenziale di crescita. Inoltre, il rapporto evidenzia una sofferenza delle imprese italiane che sono troppo specializzate e low-tech, incapaci, quindi, di reggere la concorrenza.

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Un problema che può essere risolto solo con incentivi per la ricerca e lo sviluppo e per il miglioramento dell’istruzione.