Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

 Alcuni esperti nominati dalla Commissione Europea, hanno deciso di redigere un “Rapporto 2013 sulle barriere al commercio e agli investimenti” per capire quello che non va nel Vecchio Continente.

Bilancia commerciale italiana in fase di miglioramento

Il risultato è che si sono intensificate negli anni le politiche protezionistiche e questo ha portato alla riduzione del volume dell’export con una perdita stimata tra i 90 e i 130 miliardi di euro. Un conto che è pagato salato da tutti 27 paesi dell’Unione Europea.

Il protezionismo, fattivamente, si traduce in dazi doganali troppo alti, nell’incoraggiamento eccessivo della produzione interna, negli ostacoli all’ingresso delle merci e nelle assicurazioni obbligatorie che alla fine sembrano piuttosto dei divieti.

L’accordo europeo sui bilanci degli stati membri

Se anche ci fosse un settore fiorente dell’economia europea, quindi, non avrebbe modo di espandersi. Se invece ci fosse una maggiore promozione dell’export, allora si potrebbe avere nel giro di poco tempo un aumento del PIL del 2 per cento che in termini “euro” corrisponde a ben 250 miliardi.

La strada è sicuramente in salita ma una via d’uscita potrebbe essere nella stipula dei contratti bilaterali. In tal senso le negoziazioni con l’India, da chiudere in pochi mesi, quelle con il Canada, con gli Stati Uniti e con il Giappone, ripartite da poco, potrebbero essere provvidenziali.

La settimana post-pasquale di Piazza Affari

 Di rientro dalle vancanze pasquali, la Borsa ha dovuto fare i conti con i dieci saggi e con una settimana di scambi ridotta a soli 4 giorni. Al di là delle naturali oscillazioni, è interessante capire come si è concluso questo periodo.

Il debutto “lussuoso” di Moleskine

Piazza Affari ha chiuso con un rialzo molto lieve dello 0,62% e rispetto agli altri listini europei occorre dire che è andata molto bene visto che le principali borse dell’UE hanno chiuso in parità oppure in territorio negativo.

Sembra che a condizionare questo andamento dei mercati, sia stato il consueto discorso della BCE. Mario Draghi, infatti, è entrato nel merito della situazione economica del Vecchio Continente ma non ha dato indicazioni precise sulla strategia che intende perseguire la BCE per sostenere la crescita dell’Europa.

Piazza Affari non crede alla potenza dei dieci saggi

In pratica si prende atto dell’indebolimento dell’economia, dei rischi dell’Europa e del fatto che la ripresa oltre ad essere graduale è anche più lontana. L’unica certezza che Draghi dà ai mercati è che resterà invariato il costo del lavoro allo 0,75%.

Per quanto riguarda le vendite al dettaglio, invece, ci si aspetta un calo dello 0,3% rispetto al mese precedente, con un conseguente calo degli ordini industriali che salgono soltanto in Germania. Qui l’aumento degli ordini è addirittura superiore alle previsioni.

La crescita in Europa e ai livelli del secolo scorso

 Ogni volta che si considera la grande depressione del paese e ogni volta che si parla di crescita europea ed italiana, non si possono evitare i paragoni, non si può quindi evitare di dire come sta crescendo o arretrando il paese o il continente.

Si può tornare alla lira?

Per quanto riguarda l’Europa, che durante il secolo scorso ha dovuto affrontare due guerre, oggi le condizioni economiche di lungo periodo dei maggiori paesi dell’Unione, sembrano essere quelle dell’inizio del Novecento.

La Spagna, l’Italia e la Francia hanno fatto un passo indietro piuttosto che un passo in avanti e sono tornate ai livelli di crescita che c’erano più di 100 anni fa. A dirlo e spiegarlo è un grafico dell’analista di JP Morgan, tale Michael Cembalest.

La Germania si mette dalla parte dell’Italia

Come 100 anni fa, infatti, aumentano le pressioni sui mercati del credito, i differenziali dei tassi del debito sovrano dei paesi periferici si allontanano dai valori della Germania e anche i prestiti erogati a favore delle famiglie e delle imprese fanno registrare una progressiva contrazione.

Se si pensa ai costi necessari per la richiesta di un finanziamento, da parte delle PMI italiane, si scopre che è maggiore del tasso nominale e reale del paese.

Molto dipende dalla crisi economica che si è trasformata in crisi politica.

La Francia ci prova con la supertassa per i calciatori

 La Francia che è considerata da più parti il prossimo paese del Vecchio Continente a cadere sotto la spinta della crisi, prova a mettere in campo quelle riforme strutturali e fiscali che tanto hanno richiesto dalle alte sfere d’Europa.

A livello di tassazione, il paese di Hollande, ha pensato bene di partire dal mondo del calcio. Per esempio il Paris Saint Germaine che dovrà affrontare la sfida europea con il Barcellona, è praticamente la squadra più ricca della Francia e presto avrà anche la quantità maggiore di tasse da pagare all’amministrazione pubblica.

La crisi francese e le altre fratture europee

La notizia è stata data al club calcistico più ricco del paese proprio dal ministro per l’economia Jean-Marc Ayrault che ha proposto una tassa del 75 per cento sullo stipendio dei calciatori che guadagnano più di un milione di euro. A pagare questa tassa, quindi, dovranno essere le squadre, i club.

L’UE vuole tassare il calciomercato

Il provvedimento era stato bocciato in prima battuta dalla Corte costituzionale perché prevedeva che le tasse fossero pagate dai calciatori. Poi la tassa, fortemente voluta da Hollande, è stata modificata ed ora rappresenta l’imposta dei club. Gli atleti sono salvi ma si deve attendere comunque il parere della Corte di giustizia amministrativa che potrebbe chiedere altri aggiustamenti. Nel 2014, quindi ci potrebbe essere una terza versione dell’imposta che secondo le previsioni dovrebbe scendere al 66 per cento per i redditi superiori a 1 milione di euro ed essere accompagnata da una tassa del 49 per cento per i redditi superiori a 500 mila euro.

 

In generale, una famiglia su due non ha le finanze a posto

 La casa non è una spesa per tutte le famiglie italiane nel senso che nei prossimi tre anni, ci saranno moltissime famiglie, soprattutto quelle composte da giovani, a non poter più sostenere i costi dell’abitazione di proprietà tra mutuo, bollette e costi vari. L’analisi in questione, che abbiamo avuto modo di approfondire, è stata siglata dalla Cgil, ma c’è un’altra indagine, più generale, portata avanti dalla Genworth che spiega che il 50 per cento delle famiglie del nostro paese non è finanziariamente al sicuro per il futuro.

Le offerte di Webank e BNL per i mutui di aprile

L’indagine Genworth che definisce l’omonimo indice, non fa che aggravare la considerazione degli investitori sul nostro paese. Infatti nell’ultimo report si spiega che le famiglie italiane sono molto preoccupate per l’avvenire perchè la loro sicurezza finanziaria è  a rischio. In primo luogo bisogna prendere atto di una riduzione del 3,9 per cento del reddito reale e poi bisogna fare un paragone con il resto d’Europa dove anche gli spagnoli sono più sicuri di noi.

Le prossime scadenze fiscali

Secondo l’Indice Genworth, nel nostro paese, soltanto l’1 per cento delle famiglie si può ritenere davvero al sicuro dal punto di vista finanziario mentre la vulnerabilità economica interessa almeno il 47 per cento delle famiglie che adesso attendono il miglioramento della situazione ma sono comunque alle prese con delle grosse difficoltà. L’indice Genworth che misura la sicurezza delle famiglie sotto il profilo finanziario dice che l’Italia è precipitata al livello 11, che è poco al di sopra del Portogallo a quota 6 e della Grecia a quota 1. La Spagna, invece, resta su un gradino superiore a 17 punti. Nel 2009 il nostro indice Genworth era a 30 punti.

Commissario per la Parmalat legato all’affare Lactalis

 Contro l’azienda francese Lactalis, in questi giorni, si è scagliato un tribunale emiliano che ha spiegato come l’azienda, nell’acquisto della Lactalis American Group abbia perso coscientemente dei soldi. La controllata americana del gruppo francese, infatti, non rappresentava affatto l’affare presentato ai media.

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Per capire meglio i dettagli dell’operazione, quindi, è stato delegato un commissario che dovrà vederci chiaro nella valutazione da 959 milioni di dollari fatta per l’azienda americana.

Piazza Affari è crollata

Tutto è partito dal tribunale di Parma che sta indagando a fondo nella gestione della Parmalat e per farlo ha nominato un commissario ad acta che è avrà almeno due funzioni: la rpima è quella di ispezionare a fondo i conti dell’azienda Parmalat, il secondo è quello di supervisionare sulle attività del collegio sindacale che era attivo al momento dell’acquisizione della Lactalis American Group, la quale è controllata da Lactalis che detiene l’83 per cento del capitale di Parmalat.

Un’operazione in grande stile insomma, dove non si era mai visto un tribunale prendere posizioni così decise nei confronti di un’azienda. Insomma, il sospetto, che sarà tutto da confermare, è che l’acquisizione di cui abbiamo parlato sia stata dannosa per Parmalat ma che Parmalat fosse a conoscenza dei danni e delle perdite di valore cui andava incontro.

Soffre anche l’indice PMI del paese

 Scende la disoccupazione ma l’Italia non convince e come resta alta la soglia dei cittadini in cerca di lavoro, soprattutto giovani, così resta ai minimi livello l’indice della Produzione Manifatturiera.

Piazza Affari non crede alla potenza dei dieci saggi

A dirlo sono i dati più recenti sulla nostra industria, riferiti al mese di marzo che si conclude con le festività pasquali. Nel dettaglio nel report PMI si spiega che la contrazione del settore manifatturiero di tutta l’Eurozona, è stata più forte a marzo che a febbraio. In Italia il calo è stato dello 0,1% rispetto a gennaio ma su base annua la contrazione dell’indice PMI è di 1,5 punti percentuali.

L’indice PMI a marzo, è esco da 47,9 a 46,8 punti. Le previsioni erano anche peggiori visto che si pensava che l’indice arrivasse fino a 46,6 punti. La Francia che è finita sotto la lente d’ingrandimento degli investitori stranieri, ha dimostrato di avere un indice PMI ancora fermo a 44 punti sotto la soglia dei 50 punti che separa la contrazione dall’espansione.

Se invece si va a prendere l’indice PMi della Germania e poi quello dell’Irlanda, fermi rispettivamente a 49 punti e a 48,6 punti, si scopre che sono scivolati verso il territorio della contrazione.

I prossimi passi della PA per convincere gli investitori

 La Pubblica Amministrazione, in questi anni, ha accumulato moltissimi debiti nei confronti delle aziende che le hanno reso servizio. Alcune imprese sono andate in crisi anche per i ritardi nei pagamenti. La buona notizia pre-pasquale è proprio quella dello sblocco dei miliardi di euro che serviranno a saldare i debiti accumulati dalle PA.

Grilli punta alla ripartenza economica

Adesso ci sarà una riunione tra i tecnici di Palazzo Chigi e il ministro dell’Economia in carica, quello dell’esecutivo Monti, per definire il cosiddetto decreto salva debiti nella sua stesura definitiva. Le linee generali sono già definite, ma mancano dei dettagli fondamentale per esempio riguardo la copertura dei prestiti per gli enti locali che in questo momento non hanno la liquidità necessaria per avviare i pagamenti.

Il rischio dell’Italia sul deficit

L’agenda dovrebbe essere scandita da questi passaggi: il passaggio parlamentare finalizzato all’aggiornamento dei saldi della finanza dopo che sono stati sbloccati ben 40 miliardi di euro per pagare i debiti PA.

Dopo il via libera di Camera e Senato, si dovrebbe definire il testo definitivo e quindi convocare il Consiglio dei ministri per dare il via ad un’operazione che in termini temporali dovrebbe svilupparsi in ben due anni. nel caso in cui gli elementi tecnici da mettere a punto fossero troppi e quindi non ci fosse un accordo tra organizzazioni imprenditoriali, Regioni ed enti locali, allora ci potrebbe essere un’altra giornata di lavoro e il Consiglio dei Ministri dovrebbe essere rimandato fino a giovedì.

In Italia arriva la bufera Napolitano

 L’ingovernabilità del Belpaese è un argomento all’ordine del giorno in Italia e in Europa visto che nella prima parte del mese, l’assenza del governo tricolore ha inciso negativamente sulle valutazioni dell’euro.

Soltanto prima della chiusura delle borse per la pausa pasquale, Napolitano ha sciolto l’enigma sul governo decidendo nella pratica di revocare l’incarico a Bersani, mantenendo in vita l’esecutivo montiano che non era mai stato sfiduciato e proponendo un collegio di 10 saggi per l’individuazione di personalità tecniche utili al paese.

La coppia euro-dollaro nel mese di marzo

La crisi che Napolitano si è trovato ad affrontare è comunque una crisi senza precedenti ed arriva in un momento difficile della sua presidenza, ormai giunta alla fine. Lo stallo che non rende semplice il semestre bianco ha indotto comunque Napolitano a restare in carica fino alla fine del suo mandato.

Goldman Sachs contro Beppe Grillo

La nomina dei 10 saggi, tra cui anche l’attuale ministro degli esteri Moavero, al centro delle discussioni dopo la vicenda dei due marò, ha mandato in paranoia tutta la politica ma in molti hanno apprezzato la volontà di Napolitano di non tornare subito alle elezioni.

La bufera di cui parlano tanto i giornali dipende dal fatto che nonostante la nomina dei 10 saggi gli investitori e la gran parte degli italiani non ritiene che cambierà qualcosa nell’immediato. Le posizioni dei diversi partiti, infatti, al momento sembrano inconciliabili.

La crisi della Bulgaria fa discutere

 La Bulgaria è in crisi ma fino a questo momento erano in pochi ad accorgersene all’estero. La situazione però si è aggravata nel giro di qualche settimana. E’ bastato un mese e si deve fare il conto con ben 3 morti su 6 persone che si sono date fuoco.

Investimenti a rischio nei paesi della black list

Uno di questi morti è un ragazzo di 36 anni che faceva il fotografo a livello amatoriale e l’opinione pubblica è stata talmente scossa dal gesto che è stato proclamato il lutto nazionale. Il giovane ha conquistato con il gesto anche le colonne dell’Economist che spiega con dettaglio la crisi economica che interessa la Bulgaria.

2013 consacrato anno del Forex

Si tratta infatti dl paese con il più alto livello di povertà d’Europa. 22 persone su 100 nel paese vivono al di sotto della cosiddetta soglia di povertà. E da cosa dipende? Sembra che ci siano state molte proteste contro la corruzione, contro la disoccupazione giovanile e anche contro la cattiva gestione dei servizi pubblici. In più c’è la mancanza di fiducia e le irregolarità persistenti durante le elezioni. Basta pensare che dal crollo del comunismo ad oggi nessun governo è stato rieletto due volte.

Dal 2007, l’entrata in Europa, ha costretto il paese a fare delle riforme molto austere che hanno portato i conti pubblici ad un livello accettabile ma a patto di avere grossi tagli alla spesa pubblica ed un congelamento potente degli stipendi. Nel 2012, la crescita del PIL è stata dello 0,8 per cento, ma si pensava ad una crescita dell’1 per cento.