Goldman Sachs contro Beppe Grillo

 Beppe Grillo, si sa, da sempre è considerato un punto di riferimento per le teorie economiche che riguardano il nostro paese. Non a caso nei suoi spettacoli, aveva parlato con largo anticipo delle varie crisi industriali, come quella che ha interessato ad esempio la Parmalat, oppure si è scagliato contro Telecom in un’assemblea dei soci.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Dall’essere solo un comico, però, Grillo ha intuito che a livello politico il nostro paese aveva bisogno di accorciare le distanze tra la politica e la cittadinanza e per mettere a punto questo “piano” ha fondato il famoso Movimento 5 Stelle che nelle ultime elezioni è stato considerato uno dei grandi vincitori.

L’Istat manda a picco Piazza Affari

Il Movimento è stato applaudito dal premio Nobel Krugman che ha spiegato il risultato elettorale italiano come la volontà della nostra nazione di uscire dall’euro, al fine di rimettere in sesto l’economia interna.

Krugman parla dei problemi dell’Europa

Non la pensa allo stesso modo la banca d’affari Goldman Sachs, secondo la quale, adesso, è arrivato il momento di vendere Bund tedeschi ed acquistare BTp italiani, in modo da riequilibrare lo spread. Il problema dell’Europa, secondo il presidente di Goldman Sachs è Beppe Grillo e la vittoria del suo Movimento 5 Stelle che ostacola la formazione del governo, necessario affinché l’Italia prenda le redini della sua economia evitando che altri decidano per lei.

toli. Il valore corretto del differenziale, infatti, dovrebbe essere a 225 punti e non a 350.

Goldman Sachs e la strategia sui titoli di stato

 La banca d’affari Goldman Sachs ha deciso di spiegare agli italiani e agli investitori in generale, come barcamenarsi tra i titoli di stato visto che in questo momento, in questo particolare momento di crisi, è importante diversificare il proprio portafoglio.

Goldman Sachs è innamorata di Grillo

Sotto osservazione, chiaramente, ci sono i titoli di stato dei paesi periferici, anche perché a parlare di bond e BTp di questo tipo ci ha pensato già la BCE. Mario Draghi, infatti, ha detto che la strategia della banca centrale europea è comprare i titoli di stato dei paesi periferici in una quantità illimitata così da tamponare anche eventuali atteggiamenti speculativi.

Oro in frenata secondo Goldman Sachs

In questi giorni è evidente che c’è molta tensione sul mercato dei titoli di stato e la tensione si riflette sull’aumento dello spread tra titoli italiani e titoli tedeschi decennali per esempio. Eppure, stavolta, il differenziale non impensierisce nessuno, anzi, un eventuale movimento negativo è da tenere in considerazione come opportunità d’acquisto.

Per questo la banca d’affari suggerisce di comprare i BTp italiani e vendere al contrario i Bund in modo che si riequilibri lo spread tra questi due titoli. Il valore corretto del differenziale, infatti, dovrebbe essere a 225 punti e non a 350.

Per tornare ai livelli minimi, comunque, secondo Goldman Sach l’Italia deve fare un governo che ponga fine all’incertezza politica e al rally dei titoli.

La Polonia attacca Paul Krugman

 La Polonia ha deciso di fare un referendum sull’adozione dell’euro e in un primo momento, questa volontà messa nero su bianco, sembrava indicare un passo indietro del paese verso l’adozione della moneta unica.

Krugman contro la trappola della moneta unica

Invece, ad un’analisi più approfondita, il referendum è sembrato dettato da una classe politica sicura che il paese vorrà adottare l’euro, attraverso uno strumento legislativo che fungerà da ratifica.

Paul Krugman, premio Nobel per l’economia, da tempo critica la situazione economica del Vecchio Continente e spiega che in questo momento uscire dall’Europa e dall’euro è da considerare un passo importante e vincente. Insomma, secondo Krugman, la Polonia deve approfittare del fatto che non è ancora nell’euro e invece di prepararsi all’adozione della moneta unica nel 2015, salvarsi finché è in tempo.

La Polonia vuol dire addio all’Europa

La Polonia, tra l’altro, secondo Krugman dispone anche di moneta fluttuante e di un’economia in ascesa, non in recessione. Il paese, però, non se la sente di dar ragione a Krugman e critica l’ipotesi del premio Nobel: la Polonia non è persa e non sta facendo di tutto per aderire all’euro ma sta solo facendo in modo di rispettare i requisiti giusti per entrare nell’euro a partire dal 2015.

La Germania adesso colpirà la Slovenia

 La Germania è il motore dell’Europa e la sua ascesa, ormai non si può negare, avviene a discapito di molti altri paesi dell’Europa, sia quelli che già hanno aderito alla moneta unica, sia quelli che non hanno ancora accettato di fare il grande passo verso l’euro.

La crisi francese e le altre fratture europee

Secondo una recente analisi della situazione economica del Vecchio Continente, sembra che dopo Cipro, il prossimo paese a cadere dietro le scelte politiche tedesche, sia la Slovenia. In generale, la poca disponibilità a spendere e iniettare liquidità sul mercato, da parte dei paesi del nord Europa, può influire sulle condizioni economiche dei paesi periferici, tra cui ad esempio, Cipro.

Per gli USA la prossima crisi è quella francese

L’isola ma anche la Slovenia e le altre nazioni in crisi devono prima di tutto fare un esame di coscienza sulla situazione politica interna e poi analizzare a livello economico la loro situazione di debitori. I livelli di debito accumulati con le economie avanzate, infatti, sono cresciuti molto da quando si è acuita la crisi finanziaria.

Il fatto d’individuare la Slovenia come prossima pedina della crisi dipende dal fatto che ha un sistema bancario un po’ carente. La principale banca slovena, infatti, non raggiunge i target patrimoniali il che vuol dire che sono istituti di credito insolventi, proprio come potrebbe diventarlo lo Stato.

La crisi taglia le spese pasquali

 In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi, lo abbiamo spiegato in modo esaustivo: le spese per gli alimenti e per i carburanti si sono talmente ridotte a causa della crisi che adesso i prezzi della benzina e dei cibi più comuni, hanno rallentato la loro corsa.

Il calo dei consumi colpisce anche la Pasqua

Ci siamo chiesti però che effetto potesse avere questa situazione economica critica sulle spese pasquali. Gli italiani sono disposti anche a rinunciare ai piatti tipici della tradizione culinaria nostrana, all’agnello o all’uovo, in nome della crisi?

Per il 2013 probabilmente la risposta al quesito è affermativa. Lo dicono le ultime ricerche del Codacons e della Coldiretti che stimano una flessione delle spese pari al -10 per cento. I prodotti alimentari classici, invece, sembrano in aumento, ma certo in 17 tavole su 100 mancheranno uova di cioccolato e colombe dolci. E per chi a Pasqua si è sempre concesso una vacanza, adesso la crisi impone la stabilità e infatti un italiano su cinque sembra abbia rinunciato ai viaggi di più giorni.

Insomma, la parola d’ordine per queste festività se non è “crisi” è quanto meno “austerità”.

La situazione negativa sembra essere conseguente alla perdita del potere d’acquisto dei cittadini che oltre a far fronte alle variazioni dei prezzi, devono anche tenere il passo dell’inflazione.

In Italia a soffrire sono soprattutto i consumi

 Il paese che non spende è un paese in crisi. A dirlo, ormai, sono anni e anni di analisi delle crisi economiche da cui si evince che fino a quando la popolazione risparmia, tutto sommato, sta soltanto facendo uno sforzo di reazione al credit crunch e alle prime difficoltà della crisi, ma quando chiude i rubinetti anche sui generi alimentari, la situazione è diventata insostenibile.

Scatta dal 1° aprile la diminuzione delle bollette

Nel caso dell’Italia siamo arrivati a questo secondo scenario. A descrivere l’andamento della crisi ci ha pensato l’Istat raccontando che nel mese di marzo c’è stata un crescita dei prezzi al consumo pari all’1,7 per cento, mentre a febbraio, lo stesso indicatore, aveva subito un rialzo ancora più elevato dell’1,9 per cento. Il rialzo, su base mensile è stato quindi dello 0,3 per cento ma la maggior parte della variazione è da attribuire alla benzina.

La crisi incide sulle vendite al dettaglio

Sono in flessione, invece, i prezzi dei prodotti industriali. Insomma questa continua corsa dei costi dei prodotti ha subito una battuta d’arresto, dovuta proprio all’aggravarsi della crisi. La decelerazione dei carburanti è emblematica ma fa il paio con la diminuzione dei prezzi dei beni alimentari. Siamo, insomma, tra i prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori.

Chissà se anche la tavola di Pasqua subirà qualche flessione importante.

Shopping londinese per gli emiri

 Il mercato internazionale è fermo ma si sa che chi come gli emiri del Qatar, ha un bel gruzzoletto da parte, decide d’investirlo adesso che c’è la crisi in modo da massimizzare i profitti. L’ultimo acquisto del fondo dell’emirato è stato quello di un albergo nella City di Londra, uno degli alberghi più lussuosi della capitale inglese.

Moody’s se la prende con l’economia inglese

Gli emiri del Qatar hanno acquistato in questi anni dei grattacieli molto importanti, sono stati i massimi azionisti delle più importanti squadre di calcio ed hanno anche fatto affari dedicandosi ai centri commerciali.

Il fatto che il Qatar abbia giacimenti molto importanti di gas e petrolio, ha fatto sì che potesse investire in altri business. L’ultimo acquisto, l’albergo londinese, è conosciuto come Intercontinental Park Lane ed è affacciato sullo storico Hyde Park.

Londra contro il tetto ai superstipendi

Il prezzo dell’affare non è sconosciuto. Sembra che l’emirato abbiamo portato nelle casse inglesi ben 400 milioni di sterline che equivalgono a 450 milioni di euro. A pagare è stata la Qatar Investement Holding, la finanziaria con cui l’emirato opera in modo diretto sul mercato.

Tanto per avere un’idea degli affari del Qatar si può ricordare che hanno acquistato importanti pacchetti di azioni della banca Barclays e della catena di supermercati Sainsbury.

La crisi francese e le altre fratture europee

 La Francia sembra essere arrivata ad un punto di non ritorno nel senso che i problemi finanziari di paese sono aggravati dalla perdita di competitività tale che non esiste più il contraltare all’ascesa della Germania, prima affidato a Italia, Francia e Gran Bretagna.

Per gli USA la prossima crisi è quella francese

Mario Draghi, da presidente della BCE, ha deciso di acquistare in maniera illimitata i bond dei paesi che sono in crisi ma questa mossa non va a sanare i problemi più importanti dell’Eurozona, quali la situazione post elettorale di Grecia, Spagna e Italia e l’accordo mancato delle banche a Cipro.

Uno sguardo più ampio sulla recessione

Un altro autorevole parere sulla situazione economica europea è quello fornito dal ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble (CDU) che ha chiarito le intenzioni della Germania: tenere nell’euro Cipro ed esaminare al tempo stesso tutte le proposte. La paura in tal senso è che come è successo all’isola, succeda poi ad altri paesi periferici. Secondo il ministro tedesco, tutti i paesi della zona euro sono intenzionati a tendere la mano a Cipro ma questo “movimento” deve essere fatto nel rispetto delle regole.

In questo momento, infatti, la tentazione per i paesi dell’Eurozona è forte: usare la soluzione più semplice ma facendo più debiti. Invece è sufficiente realizzare riforme strutturali, intervenire sul mercato del lavoro e mantenere elevata la concorrenzialità.

Per gli USA la prossima crisi è quella francese

 La prossima crisi economica sarà ancora una volta nel Vecchio Continente che sembra procedere a due velocità. Da un lato, infatti, c’è la Germania dove l’economia ha già ripreso vigore e dall’altro ci sono tutti gli altri paesi che non hanno ancora adottato riforme strutturali e fiscali efficaci. Nelle stesse condizioni della Germania ci sono anche i paesi che, come la Polonia, non hanno ancora aderito ufficialmente all’euro, ma questa è un’altra storia di cui abbiamo già parlato.

Uno sguardo più ampio sulla recessione

Secondo gli Stati Uniti, che hanno a cuore la salute del Vecchio Continente, la prossima crisi economica cui si dovrà fare fronte, sarà quella della Francia. A dirlo è l’ex presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, in un’intervista al quotidiano “Der Spiegel”. L’allarme è chiaro: la Francia è in crisi e Parigi non solo ha degli importanti problemi finanziari da risolvere ma ha perso anche molta della sua competitività.

Triple A nel mondo in via d’estinzione

La Francia, nello scacchiere europeo è fondamentale, visto che insieme all’Italia e alla Gran Bretagna era l’unico contrappeso all’ascesa della Germania. Così come si sta configurando la crisi francese, invece, sembra si dia il via allo strapotere tedesco. Anche quel che ha pensato Draghi, in fondo, di acquistare illimitatamente i bond dei Paesi in crisi, è solo una misura temporanea.

Scatta dal 1° aprile la diminuzione delle bollette

 Se siete dei bravi contribuenti è probabile che abbiate sempre a cuore il pagamento delle bollette e per questo vogliamo insistere su un argomento molto importante dal punto di vista fiscale: la diminuzione del costo delle bollette del gas.

► Il crollo dei consumi elettrici mette in ginocchio le imprese

Sembra infatti che dal primo aprile 2013 ci sarà un calo delle tariffe che porterà ad uno sconto di 90 euro annui. Una notizia che rincuora gli italiani alle prese della crisi. Peccato che intervenga soltanto dopo la fine della stagione in cui il gas si usa maggiormente. Il calo delle bollette è stato scandito in più momenti, questo è il primo ribasso dei prossimi due anni e intervenendo in un momento di crisi, risulta ancora più importante.

► Le bollette italiane di luce e gas sono le più care d’Europa

Non è un positivo fulmine a ciel sereno visto che l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas aveva già spiegato le sue intenzioni. Piuttosto resta da capire il funzionamento del nuovo meccanismo di calcolo per la definizione del prezzo del gas. La normativa prevede almeno tre tappe. Nel periodo che va dal primo aprile al 30 settembre 2013, infatti, ci sarà una modifica al calcolo del costo della materia prima che dovrebbe ridurre le bollette del 41 per cento.

La decisione nasce dalla volontà di adeguare i prezzi della fornitura italiana all’ingrosso a quelli europei.