Renault guadagnerà di più producendo in Francia

 Il settore automobilistico è sicuramente uno dei più in difficoltà nel nostro paese e in Europa anche se ci sono delle aziende che sopravvivono senza vivacchiare alla crisi delle vendite che si traduce in un rallentamento della produzione. In altri casi, le aziende chiedono allo stato di avere degli sconti per aumentare la competitività e resistere alla crisi.

 Crollo mercato auto dell’Ue: si scende ai livelli del 1993

Hollande, partecipando da presidente alla sua prima riunione europea, ha chiesto all’UE di adottare una politica monetaria comune per ridonare vigore alle aziende nostrane, visto che, almeno in Francia, la situazione economica non è delle migliori.

 La proposta anti-crisi di Hollande

Intanto le singole aziende francesi vanno autonomamente alla ricerca di una soluzione e sembra che sia arrivata ad un punto l’indagine della Renault.

Per aumentare i livelli di produzione automobilistica, il noto marchio francese pensa ad incentivare i CEO disponendo dei bonus annuali maggiori a condizione che sia elevata la produzione in Francia. Se non si raggiungono gli obiettivi, allora, non ci saranno i dividendi. Parliamo sempre di cifre molto interessanti: circa 480 mila euro all’anno fino al 2016.

A che prezzo i CEO dovranno operare in Francia? Al prezzo dei negoziati da intrattenere con i sindacati che stanno imbrigliando la questione della flessibilità lavorativa, costringendo per certi versi le fabbriche a non chiudere i siti anche se non più produttivi.

La soluzione Renault, comunque, potrebbe piacere agli investitori che si troverebbero davanti un management più motivato, con risultati garantiti a livello produttivo e un miglior andamento del titolo.

La recessione dell’Italia non deve sorprendere

 Chi investe in opzioni binarie deve tenere in considerazione anche le opinioni dei partecipanti agli eventi di portata sovranazionale che illustrano quel che dell’Italia si dice in giro. In particolare, in questa settimana, è stata molto importante la dichiarazione del Ministro dell’Economia (uscente) Vittorio Grilli che ha partecipato al G20 di Mosca.

 L’inchiesta su Orsi e le caratteristiche di Finmeccanica

Nel meeting europeo, non si è parlato soltanto dell’Italia anche perché la crisi, ormai, si può dire che sia estesa a numerosi paesi. E’ vero che c’è chi come l’Irlanda, si è riuscita a salvare, ma è anche vero che permangono situazioni difficili come il Portogallo, la Grecia, la Spagna e il nostro paese.

 Grilli su Finmeccanica e sulla ripresa italiana

Gli ultimi dati sul PIL confermano la situazione critica ed alimentano le preoccupazioni di quanti speravano di vedere la luce in fondo al tunnel già dalla seconda metà del 2013. Per il momento questa scadenza non è stata ancora compromessa ma la situazione si fa più complessa.

 Continua a diminuire il Pil italiano

Dopo l’andamento dei PIL dei paesi dell’Eurozona e dell’UE in totale, l’altro argomento caldo al G20 è stata la guerra delle valute che sta ossessionando molte nazioni che chiedono alla BCE una nuova politica deflattiva per restare competitive sul mercato internazionale.

 

Il governatore della Banca d’Italia che ha partecipato al G20 ha ribadito che è stato raggiunto un punto di vista comune sull’argomento: la guerra delle valute non esiste.

In Grecia è sempre crisi con 1000 disoccupati in più al giorno

In Grecia è sempre crisi economica e austerità con i disoccupati in crescita che sono quantificati intorno a mille in più al giorno. La situazione è sempre difficile nonostante siano arrivati gli aiuti dell’Ue.

Il tasso di disoccupazione è uno degli indicatori che meglio mostra la situazione di crisi in Grecia. I senza lavoro sono il 27% della popolazione e il 61,7% dei giovani tra i 18 e i 24 anni.

L’austerity richiesta dalla Ue per sbloccare i 230 miliardi di aiuti sta creando situazioni difficili nel Paese e gli unici dati incoraggianti sono quelli del turismo con le prenotazioni in crescita. Per quanto riguarda la ripresa, invece, al momento non se ne vedono gli effetti e si prevede che ne possa riparlare dal 2014.

La crescita della disoccupazione fa paura con i dati che parlano di 30 mila disoccupati in più in un mese. Lo studio del Gsee, il principale sindacato privato, quasi 4 milioni di persone saranno sotto la soglia di povertà entro la fine del 2013 con un reddito annuo minore di 7.200 Euro.

Il Pil dell’ultimo trimestre del 2012 è stato negativo. Il 2012 ha portato ad una caduta del Pil del 6% è tornata indietro all’ecoomia del 2001.

La Grecia ha avuto il riconoscimento dell’Ocse come Paese a maggior tasso di riforme tra il 2011 e il 2012, ma ad Atene si vedono serrande abbassate e manifestazioni di protesta che sono quotidiane.

Previsioni BCE per il biennio 2013/2014

 I dati di qualche tempo fa della Banca Centrale Europea nei quali l’Istituto parlava di una ripresa economica visibile già nella seconda metà del 20123, sono stati sconfessati dal nuovo bollettino emanato in questi ultimi giorni, in cui i dati sono stati tutti rivisti al ribasso.

► La BCE non cambia il costo del denaro

Il 2013 e il 2014 saranno ancora degli anni difficili per l’Eurozona per i quali la crescita del Pil è stata attestata, rispettivamente, allo 0,3 e allo 0,2%, in ribasso riguardo a quanto precedente comunicato. La motivazione va cercata nel calo delle attività economiche con conseguente discesa libera di consumi privati e collettivi.

Grande preoccupazione della BCE anche per la questione del lavoro. Il tasso di disoccupazione per il 2012 è stato dell’11,7%, ossia un punto percentuale in più rispetto a quanto registrato per l’anno precedente.

Un tasso che continua a crescere, anche se a ritmi più lenti, e che colpisce soprattutto le categorie più giovani di lavoratori dell’area mediterranea. In paesi comeGermania, Olanda e Austria la disoccupazione si è mantenuta entro il 10%, mentre ci sono stati paesi come Spagna e Grecia in cui l’aumento del tasso di disoccupazione è stato di oltre trenta punti percentuali.

► Rischi e soluzioni per l’Eurozona

Sono dunque i giovani ad essere stati più danneggiati dalla crisi economica, sia in termini di quantità di lavoro disponibile che in termini di garanzie contrattuali.

La Spagna di oggi preoccupa tutti

 Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi, ma quel che preoccupa è soprattutto il futuro. La disoccupazione che è stata il risultato di una crisi importante del settore creditizio prima e dell’economia in generale poi, preoccupa molto il management, a corto d’idee per la risoluzione del problema.

In Spagna hanno provato a proporre un accordo tra i sindacati che risultava a danno dei lavoratori: molte aziende, infatti, proponevano di lavorare di più, mantenendo immutata la retribuzione, e volevano che questo accordo fosse rispettato per almeno tre anni. Cancellati tutti gli extra festivi, congelamento degli stipendi e 26 ore di lavoro in più in un anno: questo, ad esempio, il diktat del mondo della distribuzione.

 La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Intanto la disoccupazione cresce e a gennaio c’erano almeno 132.055 persone in più alla ricerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione, in termini percentuali, è aumentato del 2,72 per cento e si è arrivati a contare 5 milioni di disoccupati.

Di fronte a questa situazione è quasi automatico che si possa parlare di impoverimento della popolazione e la Croce Rossa lo conferma. Gli spagnoli, un po’ come gli italiani, non rinunciano alla pizza fuori casa e si scopre così che anche in questo settore il calo dei “viveur” è del 15 per cento circa.

 Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Per il futuro le prospettive sono poche visto che il governo, attualmente, deve risolvere i problemi interni legati allo scandalo Rajoy.

Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi

 Molto spesso, per interpretare cosa succederà tra non molti mesi, è necessario fare un’analisi lucida del passato. Per organizzare le idee è meglio procedere con una nazione alla volta, magari partendo da quelle maggiormente “in bilico”, dai paesi considerati rischiosi e periferici.

Molti analisti, alla luce degli scandali del governo e del piano pluriennale di austerity, hanno pensato di concentrarsi sulle scelte della Spagna.

► La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Madrid sta sicuramente meglio di Lisbona e di Atene, ma non naviga nel lusso e come per l’Italia le speranze di una ripresa repentina si allontanano. Anche in Spagna, tutto è cominciato dalle banche del paese che hanno avuto problemi di liquidità dopo l’introduzione dell’euro, nel periodo del boom immobiliare.

 I paesi del nord che rischiano la bolla immobiliare

Gli economisti si sono quindi accorti che il debito accumulato dagli istituti di credito era equivalente se non superiore al debito pubblico, non c’erano più investimenti e il tessuto economico era lacerato dalla disoccupazione, dovuta anche all’eccessiva rigidità del mercato.

L’unica via di scampo sembra quindi rappresentata proprio da una riforma del mercato del lavoro e per questo i politici si sono spesi nella ricerca di accordi tra le associazioni sindacali e i rappresentanti di categoria, proponendo impopolari decurtazioni degli stipendi e corrispondenti incrementi delle ore di lavoro.

Ultimatum di Squinzi ai politici: ora servono i fatti

 Tre giorni di incontri tra la Confindustria e i leader delle principali coalizioni politiche in lizza per le elezioni che si svolgeranno la prossima settimana, al termine dei quali il presidente Giorgio Squinzi ha invocato una maggiore serietà e concretezza per coloro che usciranno vincitori dalla tornata elettorale.
► Rapporto Congiuntura flash di Confindustria

Deve esserci un new deal politico che non rischi di portare il paese al declino. Basta, quindi, a parole e allo scontro che non porta da nessuna parte, l‘Associazione degli imprenditori italiani chiede alla politica i provvedimenti a lungo termine con la consapevolezza che vale la pena fare i sacrifici richiesti.

L’Italia ha bisogno assoluto di verità, di parlare il linguaggio della condivisione e di un governo che sia in grado di compiere scelte concrete ed efficaci. La classe politica deve riconquistare con i fatti e la moralità la fiducia dei cittadini.

Dall’Associazione arriva anche l’impegno per il futuro economico del paese e si dice pronta ad appoggiare chiunque salirà al governo se le scelte politiche ed economiche saranno fatte in nome dell’interesse generale del paese.

► Per Confindustria i programmi dei partiti sull’economia reale sono insoddisfacenti

I tre giorni di incontri hanno portato a buoni risultati. Squinzi ha espresso soddisfazione per l’attenzione dimostrata dai leader dei partiti alle proposte fatte e per l’accordo di tutti sulla necessità di sostenere la politica industriale italiana.

Perso un terzo del potere d’acquisto delle pensioni

 -33% del potere d’acquisto tra il 1996 e il 2011, e il trend al ribasso del potere di acquisto delle pensioni degli italiani non sembra voler rallentare, anzi, a causa della riforma Fornero e le nuove tasse la situazione continuerà a peggiorare.
► Reintroduzione della pensione con 15 anni di contributi

Sono questi i dati presentati dallo Spi-Cgil che mettono in evidenza come siano i pensionati a subire maggiormente le conseguenze della crisi. Infatti, se il potere di acquisto delle pensioni si è ridotto di un terzo in quindici anni, anche il valore delle stesse è calato per una percentuale pari 5,1%.

Secondo lo Spi-Cgil è un crollo vertiginoso del reddito da pensione rispetto all’andamento dell’economia reale, peggiorato anche dal fatto che le tasse e le tariffe continuano ad aumentare: nel 2013 la loro incidenza sull’assegno pensionistico sarà di 2.064 euro a testa, il 20% in più rispetto al 2012.

► 6 milioni di pensionati non godranno della rivalutazione delle pensioni

Oltre a questo c’è anche da considerare il blocco della rivalutazione pensionistica annuale introdotto con la riforma Fornero che avrà come effetto la perdita di 1.135 euro nel biennio 2012-2013 per 6 milioni di pensionati. Nello specifico un pensionato che riceve un un assegno di 1.200 euro netti ha perso nel 2012 28 euro al mese e nel 2013 ne perderà 60; per le pensioni di 1.400 euro netti la perdita mensile per il 2012 è stata di 37 euro al mese e nel 2012 sarà di 78 euro.