Brusca frenata dell’economia americana

 Nessuno se lo aspettava. Le stime di crescita del Pil americano erano del +1%. E la prima volta che accade dopo circa un anno in cui l’economia americana stava dando segnali, anche se deboli, di crescita.

Ora sul paese si affaccia nuovamente la paura della recessione.

Secondo gli analisti questa brusca frenata è stata causata dalla forte riduzione della spesa pubblica -caduta del 15%, una flessione che non si vedeva dal 1973-  e dal dibattito che ha coinvolto l’amministrazione Obama proprio su temi particolarmente delicati per l’economia come il fiscal cliff e il tetto del debito.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Tutti sorpresi, a maggior ragione se si pensa che la crescita del terzo trimestre del 2012 è stata pari al 3,1%. Nel complesso, comunque, la crescita degli stati Uniti per il 2012 è stata del 2,2%, in accelerazione rispetto all’1,8% del 2011. Sarà per questo che alla Casa Bianca non si sono visti segni di preoccupazione.

Il capo-economista Alan Krueger, dal suo blog, ha voluto rassicurare il suo popolo, dicendo che questo calo, seppur imprevisto, è stato provocato da eventi straordinari (come l’Uragano Sandy e il dibattito sul Fiscal Cliff) e che, quindi, nel complesso l’economia a stelle e strisce sta reagendo bene alle misure prese dal governo e negli ultimi 14 trimestri l’economia è cresciuta del 7,5%.

► Obama preoccupato per il rischio default

Anche se, sottolinea Krueger, il Congresso deve cercare di darsi un budget maggiormente sostenibile e compiere investimenti per la promozione della crescita e dell’occupazione.

Monti e la possibilità di una manovra bis legata al governo

 Mario Monti ha parlato della possibilità di una manovra bis legandola al governo che uscirà dalle elezioni. Prima aveva detto che una eventuale manovra bis dipendeva dal voto e ora ha precisato meglio affermando:

A seconda della stabilità di governo, della credibilità agli occhi dei mercati e internazionali che un governo ha o non ha, alcune cose cambiano come il livello dei tassi di interesse.

► Monti e Bersani distanti su Fisco e Manovra-Bis

Se i tassi d’interesse, speriamo non avvenga, dovessero ritornare a livelli che denotano una certa sfiducia, allora tutto diverrebbe più complicato e per stare nell’equilibrio di bilancio che si è definito per il 2013 e sul quale ci siamo impegnati con l’Ue, occorrerebbe una manovra in più.

Quello che Monti fa capire è che un altro governo Monti sarebbe accettato dall’Europa, soprattutto dopo le frasi del commissario Rehn a Berlusconi. In particolare, sembra che l’Europa apprezzerebbe la figura di Monti per la fiducia che questi trasmette ai mercati anche in relazione allo spread.

Sulle tasse del suo governo, Monti ha detto: I sacrifici sono stati necessari per salvare finanziariamente l’Italia. Ora che siamo considerati uno dei Paesi più stabili dal punto di vista della finanza pubblica, dovremmo continuare ad autoflagellarci? No, evidentemente con molta prudenza, gradualità e responsabilità è possibile cominciare a ridurre le tasse, ma non per aumentare il disavanzo.

► Grilli nessuna manovra correttiva per l’Italia

Monti ha parlato anche dell’importanza di ridurre la spesa pubblica abbassando in maniera graduale le tasse e del fatto che i tagli del suo governo sono stati necessari.

 

La fiducia dei consumatori ai minimi

uno sguardo al mercato valutario per calibrare gli investimenti e ci rivolgiamo soprattutto al ForEX, osservando da vicino il dollaro, ci accorgiamo che c’è un market mover molto importante: l’indice di fiducia dei consumatori. L’impatto di questo indice dipende dal fatto che se c’è fiducia nei consumatori è molto probabile che l’economia sia in ripresa.

E’ un discorso che può essere traslato anche nel panorama italiano. Forse sì, ma a quel punto bisogna prendere atto della situazione di crisi che sta vivendo il nostro paese.

 Incertezza politica Italia allontana investitori, il parere della BCE

In Italia, secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, infatti, la fiducia dei consumatori è arrivata ai livelli minimi del periodo. Non si era giunti così in basso dal 1996. Questo vuol dire che, con la complicità dell’incertezza politica – che dovrebbe essere saziata alla metà di febbraio con la tornata elettorale – la situazione nel nostro paese è peggiorata.

L’indice di fiducia dei consumatori è passato dagli 85,7 agli 84,6 punti. Pesano le considerazioni dei nostri connazionali sulla situazione delle famiglie prima ancora che sulla situazione dell’Italia nel suo complesso. Sono ancora meno, tra l’altro, gli italiani che guardano con speranza al futuro.

Questo vuol dire che il 2013, Draghi a parte, il nostro paese vivrà nel pessimismo.

► Nonostante la crisi a Piazza Affari c’è ottimismo

Rapporto Congiuntura flash di Confindustria

 Seconda recessione in cinque anni per l’Italia, almeno stando a quanto dice il rapporto Congiuntura flash elaborato da Confindustria.

Ma questa situazione non deve essere vista solo come negativa in quanto, ora che il fondo è stato toccato, c’è una grande possibilità di un rimbalzo dell’economia che può dare avvio alla ripresa.

 Italia fuori dalla recessione ad aprile

Il pericolo maggiore, però, arriva proprio dai cittadini, la cui sfiducia:

compresso la domanda interna ben oltre quanto giustificato dalla situazione oggettiva dei bilanci familiari e aziendali. Gli acquisti di beni durevoli sono scesi molto più del reddito reale disponibile, gli investimenti sono ai minimi storici in rapporto al Pil e le scorte sono bassissime.

► La crescita dei salari è la metà dell’inflazione

Cosa fare per rimediare? Dare linfa vitale al mondo del lavoro, in primis, ma anche che si superino le elezioni previste per il prossimo febbraio. L’incertezza della situazione politica interna, infatti, porta i consumatori a non azzardarsi in spese e solo una maggioranza solida e costruttiva potrà dirigere verso la spesa le decisioni di consumatori e imprenditori.

 

Icebank vince ricorso contro Olanda e Inghilterra

 Tutto ha inizio nel 2009 quando l’Islanda subì il crack finanziario. Banche al collasso e l’Isola che rifiuta di restituire i soldi ai 350mila correntisti olandesi e inglesi che avevano affidato i loro risparmi ad Icesave, la banca on line figlia di Landesbanki, colpevole di aver sottratto ben 4,5 miliardi di euro dai depositi dei correntisti stranieri, grazie all’applicazione di tassi d’interessi molto alti.

 La ripartenza dall’Islanda

Subito un lungo contraddittorio che portò le banche inglesi ed olandesi a decidere di rimborsare loro stesse i correntisti derubati, per poi andare a battere cassa direttamente a Reykjavik. Ci hanno provato, soprattutto dopo che l’Islanda ha iniziato e portato avanti con successo il percorso di riassetto bancario e finanziario, per poi trovarsi, però, con molto meno di quanto avessero già sborsato (i correntisti furono rimborsati al 100%).

► Il caso dell’Islanda è emblematico?

Icebank, infatti, appellandosi al diritto comunitario, decise di rimborsare solo 20mila per ogni correntista come previsto dagli accordi Ue. Ovviamente Olanda e Gran Bretagna non hanno accettato questa decisione e hanno fatto ricorso alla Corte per il libero commercio, riuscendo, per la seconda volta, a ottenere un nulla di fatto.

La corte, infatti, ha dato ragione all’Islanda che, quindi, ha saldato il suo debito e può tornare tranquillamente a crescere come previsto dopo il risanamento. Per quest’anno l’isola artica dovrebbe crescere del 2,9%.

 

Per il FMI le riforme italiane valgono il 5% del PIL

 Il Fondo Monetario Internazionale, da tempo, tiene d’occhio quel che fa la politica italiana per stimolare la crescita economia nel nostro paese. Il FMI ha chiesto a tutti gli stati di lavorare per aumentare la flessibilità interna e ridurre i costi del mercato del lavoro. Se tutti i paesi riuscissero a lavorare nella stessa direzione sarebbe il Prodotto Interno Lordo internazionale a trarne beneficio.

 Per il Fmi l’Italia può tornare a crescere

Sembra infatti che con le liberalizzazioni e un’economia sospinta nella direzione giusta, con il progressivo abbandono dei contratti di lavoro atipici, si potrebbe arrivare ad un +5% del PIL. I punti cardine della riforma, quindi, sono nelle liberalizzazioni e nel mercato del lavoro. Due elementi in grado di trainare l’economia internazionale ma soprattutto interessanti ed efficaci nel contesto italiano.

Il nostro paese, secondo il FMI deve prima di tutto colmare il gap che lo allontana dai paesi più avanzati del centro Europa dove non è solo il divario sul terreno delle pensioni a pesare in modo insistente.

 Lo spread delle pensioni

Sul mercato del lavoro italiano il FMI è molto diretto: gli  incentivi all’apprendistato sono interessanti ma lasciare in circolazione tanti contratti atipici, può essere controproducente. Sono invece apprezzabili gli sforzi in materia di accordi sindacali e pacchetti fiscali, entrambi, ormai, risalenti al 2011.

Tavan Tolgoi rinvia il debutto in borsa

 Mentre Piazza Affari si prepara per Moleskine, Moncler e Versace si prende atto di una battuta d’arresto per un’altra azienda molto importante nel mercato azionario come Tavan Tolgoi. Non siamo, come si capisce bene dal nome dell’azienda, nel versante europeo.

 Torna l’entusiasmo sul mercato dei minerali del ferro

Tavan Tolgoi, infatti è un progetto di sviluppo minerario portato avanti in Mongolia che in questo momento, nonostante la volontà di procedere all’estrazione di coke dalla maxi miniera già costruita, si trova in difficoltà finanziarie.

La decisione d’interrompere la fornitura alla Cina con la contestuale richiesta d’aiuto allo Stato, ha fatto drizzare le orecchie agli investitori che hanno dovuto accettare l’ennesimo rinvio alla quotazione in borsa. La Tavan Tolgoi, infatti, sperava in una IPO da 3 miliari di dollari da mettere a segno contemporaneamente nelle borse di Ulan Bator, Londra e Hong Kong.

 I paesi emergenti spingono le quotazioni auree

Purtroppo la debolezza del mercato del carbone ha tarpato le ali dell’impresa. Molti ritengono che la colpa, in gran parte, sia da attribuire al Governo Mongolo che non è riuscito a sfruttare in modo morigerato e programmato una risorsa che poteva risollevare l’economia del paese che ha visto, soltanto l’anno scorso, crescere del 10 per cento il PIL.

Basta pensare che era nelle intenzioni di distribuire un pacchetto di azioni Tavan Tolgoi a tutti i cittadini mongoli. Il populismo è stato deleterio.

Continua il credit crunch per le imprese

 La crisi economica sembrava aver avuto una battuta di arresto quando lo spread aveva iniziato a diminuire. Questo, almeno, è quanto accaduto sulla carta che però non ha trovato una realizzazione pratica e le imprese ne continuano a risentire.E‘ dalla metà del 2011 che le banche non concedono prestiti alle aziende che si trovano, ora, a dover combattere ancora con una mancanza di fiducia da parte delle banche che sta mettendo in ginocchio anche quelle imprese che sono riuscite a superare il periodo più nero della crisi.

Chiuse mille imprese al giorno nel 2012

La prima grande flessione del credito c’è stata fra la metà del 2009 e la metà del 2011. Un periodo di circa 18 mesi nel quale le aziende si sono viste negare fiducia e contanti dagli istituti, con le conseguenze che tutti conosciamo. Alla fine del 2011 sembrava che la situazione potesse migliorare, invece, come fanno sapere dalla banca D’Italia:

i prestiti bancari alle imprese hanno continuato a flettere. In novembre erano in ribasso di circa il 6 per cento rispetto a un anno prima.

Euro e indebitamento delle famiglie

E’ lo stesso Squinzi, presidente di Confindustria, a porre l’accento su una seconda fase del credit crunch, che va a colpire quelle aziende che fino ad ora sono riuscite a mantenersi sane. Il tanto desiderato abbassamento dello spread c’è stato (in estate siamo passati da 500 a 260 punti base) ma non ha trovato, poi, una risposta sul campo dell’economia reale, né per le famiglie e né per le imprese.

 

Lo spread delle pensioni

 L’Europa deve crescere unita. E’ questo quello che chiedono dall’Eurotower e  dintorni, ma la realtà dei fatti ci racconta un’altra storia, della quale protagonista assoluta è la Germania.

Anche il tema della storia è sempre lo stesso, lo spread, ma non quello che c’è tra i nostri buoni del tesoro e gli equivalenti teutonici, ma quello esistente nella previdenza pensionistica. La Germania, anche grazie all’alto tasso di occupazione registrato nell’ultimo periodo, infatti, è riuscita a mettere nelle casse della Rentenversicherung, l’equivalente della nostra Inps, qualcosa come 30 miliardi di euro.

Record pensioni Germania 2012

Situazione molto diversa da questa parte dell’Europa, invece, in cui paesi come l’Italia, ma anche la Francia e il resto dei paesi che affacciano sul Mediterraneo, riescono a stento a affrontare il pagamento dei mensili pensionistici attuali e non hanno molto per poter garantire che, in futuro, si potrà continuare a dare le stesse speranze di reddito.

Ma la Germania, nonostante la situazione positiva che ha permesso addirittura di diminuire i contributi previdenziali obbligatori dovuti dai lavoratori, ha voluto comunque placare gli animi e ha invitato alla prudenza, soprattutto cercando un modo per cui i politici, attuali e che verranno, non possano mettere mano a questo tesoretto e dissiparlo, rovinando le speranze nel futuro della popolazione tedesca.

Bundesbank rivede stime di crescita

Non si tratta di una paura ingiustificata: queste riserve pensionistiche potrebbero essere utilizzate per ridurre i contributi dell’erario pubblico al sistema pensionistico di circa 4,75 miliardi di euro, fatto che metterebbe il paese nelle condizioni di criticità dei suoi colleghi europei se dovesse esserci un riaggravarsi della crisi o una qualsiasi emergenza.

Nel 2013 la pressione fiscale è da record

 Le tasse hanno un’incidenza elevata sul Prodotto Interno Lordo. Adesso, a parte l’IVA, a deprimere la crescita del paese contribuiscono nuove imposte come la Tobin Tax e la TARES che va a sostituire la “vecchia” imposta sui rifiuti.

La Tares sarà più alta della Tarsu secondo la Cgia

Secondo le ultime indagini ci sarà una diminuzione dei consumi nel 2013 e, nell’anno in corso, la cosiddetta pressione fiscale raggiungerà la quota record del 45% del PIL. La società Prometeia che si è occupata di fare un’elaborazione dei dati fiscali del nostro paese, ha analizzato da un lato la pressione fiscale e dall’altra i consumi.

Per quanto riguarda le imposte, secondo Prometeia, nel 2013 ci sarà un incremento delle tasse indirette che sono state al centro della legge di stabilità dello scorso dicembre. Per esempio avrà un’incidenza importante l’aumento di un punto percentuale dell’IVA che passerà dal 21 al 22 per cento, così come l’introduzione della Tobin Tax e l’introduzione della Tares.

Codacons lancia allarme per crollo consumi alimentari

Rispetto ai consumi, secondo Prometeia, ci sarà un calo dei consumi medi annui dell’1,5 per cento. Nel quarto trimestre dello scorso anno si sono tirate le somme dell’andamento annuo delle spese e si è notata una contrazione su tutto il periodo di 4,1 punti percentuali. La fase di contrazione potrebbe rallentare nel 2013 ma  siamo sempre ai livelli registrati nella metà degli anni Novanta.