Obama preoccupato per il rischio default

 Ancora giorni difficili per Barack Obama. Il suo secondo mandato si sta preannunciando molto più difficile del primo e il presidente sta cercando, mettendo mano a tutti i suoi poteri, di arrivare il prima possibile ad un accordo per alzare il tetto del debito americano.

► Bernanke interviene su tetto del debito americano

Non c’è tempo da perdere per Barack Obama. Se il tetto non viene alzato l’economia americana correrà ben più del solo rischio default: potrebbe crollare sotto il peso delle spese che non potranno essere sostenute. Il presidente ha pronunciato parole dure, nel tentativo di spronare i membri della Camera – la cui maggioranza è repubblicana – a trovare un punto di incontro, al massimo entro febbraio.

Se questo non accadrà, a farne le spese saranno i pensionati, che non riceveranno il loro assegno mensile, e i militari, i quanto i tagli alla Difesa impedirebbero, di fatto, di elargire lo stipendio. Obama è deciso a non far accadere nulla di tutto questo e ammonisce:

I pensionati non avrebbero l’assegno mensile e i militari lo stipendio, se vogliono assumersene la responsabilità (i repubblicani), facciano pure.

► Cosa succede se il tetto del debito americano non verrà alzato

Il momento è difficile e quello che potrebbe accadere se non si arriva all’accordo è un vero e proprio disastro. Ma la battaglia si prospetta lunga, anche se non è solo Obama a chiedere di stringere i tempi. Insieme a lui Ben Bernanke, presidente della FED, e Tim Geithner, il Ministro del Tesoro.

 

 

 

Nella crescita del paese ci crede soltanto il 16% degli italiani

 Nella crescita e nella ripresa del paese, purtroppo, ci credono pochissimi italiani, forse perché dalla metà dell’anno scorso la situazione è peggiorata parecchio e quindi l’84 per cento degli intervistati dalla Confesercenti-Swg ha dichiarato che il 2013 non porterà alcuna evoluzione positiva.

► Sondaggio Confesercenti sulla crisi

L’anno appena iniziato, quindi, non ha in serbo buone notizie per gli italiani. La salute dell’economia italiana non è delle migliori e se si va più a fondo si scopre che il 36% degli intervistati ritiene la salute dell’economia italiana inadeguata, il 51%, invece, la ritiene pessima. Soltanto pochi la considerano discreta, si tratta del 13% degli italiani, o buona nel 2 per cento dei casi.

► La crisi economica europea nel 2013

Nella svolta ci credono soltanto 16 italiani su 100 e i più ottimisti sono sicuramente i giovani che non hanno compiuto ancora 24 anni o chi vive nelle Isole. I pessimisti, invece, com’è facile intuire, rappresentano la maggior parte degli italiani e sono aumentati passando dal 30 al 44 per cento.

Se poi ci si sposta nello Stivale si scopre che il 45,6% degli abitanti del Nord Ovest sono pessimisti e nello stesso spicchio d’Italia, non credono nel 2013 il 49 per cento degli abitanti tra i 35 e i 44 anni.

Dati cassa integrazione 2007-2012

 Un miliardo e novanta milioni di ore di cig. Questo è stato uno degli effetti delle crisi economica nel mercato del lavoro. E’ quanto emerge dall’elaborazione dei dati dell’Inps da parte dell’Osservatorio Cig della Cgil.

► Nuovo record negativo di disoccupazione

520 mila lavoratori in cassa integrazione a zero ore, cifra che oltrepassa il milione se si considerano i lavoratori che sono stati al 50% del tempo. La perdita economica equivale a circa 8 mila euro per ogni basta paga, per un taglio complessivo di 4,2 miliardi di euro al netto delle tasse. Si tratta della peggiore crisi che si sia verificata da 32 anni a questa parte.

► Record cassa integrazione: un miliardo di ore da inizio anno

Mettendo insieme tutti i dati delle serie storiche, è possibile tracciare un bilancio complessivo di quello che è accaduto negli ultimi cinque anni, ossia dal 2007 anno in cui la crisi finanziaria si è rivelata in tutta la sua gravità. Un totale di 4,4 miliardi di ore di cassa integrazione richieste a partire dal 2008, che, se analizzate nel dettaglio, mostrano come la situazione sia andata gradualmente peggiorando (2008 con 188.821.707 ore, 2009 con 918.146.733, 2010 con 1.203.638.249, 2011 con totale di 953.506.796 ore, serie che si conclude con il dato del 2012, 1.090.654.222 di ore richieste).

► Ottobre: più cassa integrazione, meno domande di disoccupazione

Una situazione drammatica che, secondo Elena Lattuada, segretario confederale della Cgil, mettono in luce le condizioni disperate di un sistema lavorativo disintegratosi sotto i colpi della crisi e per la mancanza di interventi adeguati da parte delle amministrazioni.

Sondaggio Confesercenti su crisi

 Lo scetticismo ha preso il posto della speranza nelle previsioni per il futuro economico dei cittadini italiani. La quasi totalità, infatti, non vede nessuna possibilità di ripresa nell’anno appena iniziato. E’ quanto emerge da un sondaggio di Confesercenti-Swg sulle prospettive economiche dell’Italia per il 2013.

► La crisi economica europea nel 2013

L’87% degli intervistati(in pratica si tratta di 9 italiani su 10) ha espresso parere negativo sulle possibilità di miglioramento dell’economia, mentre l’84% pensa addirittura che possa esserci un ulteriore peggioramento. Solo il 16% del campione vede una possibilità di svolta, ma è l’esatta metà di quanto la pensavano così per l’anno precedente (32%).

Va leggermente meglio, ma davvero di poco, la prospettiva per quanto riguarda le condizioni famigliari. In questo caso la percentuale dei totalmente scettici è dell’86%, mentre poco più della metà (il 52%) non vede nessun cambiamento. Gli speranzosi nel futuro sono il 14% del totale (in discesa di tre punti percentuali rispetto alla scorso anno).

► Per Standard & Poor’s Europa fuori dalla crisi nel 2013

Il problema che affligge maggiormente la popolazione è la mancanza di lavoro, che porta ad una forte insicurezza nel futuro, a cui si aggiungono le difficoltà delle famiglie a gestire il misero budget familiare per far fronte a tutte le esigenze. Nel 2012 il 41% degli interpellati ha dichiarato di non riuscire ad arrivare alla fine del mese.

Il piano di stimolo dell’economia giapponese

 Il Giappone deve fare tutto il possibile per far ripartire la sua economia. Dopo anni di primato economico, il Paese del Sol levante, infatti,  sta attraversando una grave crisi, resa peggiore anche dalle catastrofi che l’hanno colpita negli ultimi tempi.

► Le prospettive economiche del Giappone

La soluzione, almeno per ora, l’ha proposta Shinzo Abe, il primo ministro giapponese, che ha deciso un piano di stimolo all’economia pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) in cui sono compresi sgravi fiscali per favorire gli investimenti e una serie di progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture (soprattutto nel Nord e nell’Est del Paese, le aree devastate dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo 2011) che dovrebbero creare 600 mila posti di lavoro.

Abe è stato chiaro: è vero che il debito pubblico del paese è alle stelle, ma la necessità primaria è quella del rilancio dell’economia, e deve essere il Governo ad occuparsene

 Industria europea in allarme per l’accordo con il Giappone

E’ il Governo che deve prendere per primo l’iniziativa per creare domanda e dare impulso all’intera economia.

Il piano deciso dal Primo Ministro Abe dovrebbe portare ad una crescita del Pil pari al 2%, ma se il paese vuole davvero uscire dalla sua grave situazione i problemi da risolvere sono anche altri. I principali sono, da un lato, i rapporti con la Cina (le dispute territoriali tra i due paesi hanno fatto contrarre l’export nipponico verso questo paese) e, dall’altro, è necessaria una semplificazione delle regolamentazioni interne.

► Nel 2030 la Cina sarà la prima superpotenza mondiale

La Cina lascia l’Italia

 La crisi mina il giro di affari della comunità cinese insediata in Italia. Nelle maggiori città italiane, Roma e Milano in testa, il fenomeno è già molto evidente. Serrande chiuse nei quartieri a maggior concentrazione cinese, come già preannunciato dal Financial Times.

La ristorazione continua a tenere bene. A sentire il peso della crisi e delle rinunce degli italiani sono soprattutto i negozi di abbigliamento e di casalinghi. L’Italia, insomma, non è più l’Eldorado di qualche tempo fa, quando arrivarono i primi emigranti della profonda Asia, l’economia non gira e tenere un negozio aperto è un problema anche per i cinesi.

► Auto, Cina pronta a sorpassare l’Europa nel 2013

Secondo le prime stime sul fenomeno, a partire per tornare in patria è la prima generazione di cinesi, i pionieri dell’emigrazione in Italia, che, in una buona percentuale, lasciano in Italia moglie e figli e si dirigono verso lo Zehjang, loro regione d’origine, attirati dalla situazione economica cinese e dal suo forte sviluppo.

I più giovani, invece, vanno a cercare altrove un’occasione di fare fortuna. Le mete predilette sono l’Africa e l’America Latina.

► Paesi in crescita nel 2013

Un dato accomuna tutti i cinesi che stanno andando via dall’Italia: nella maggior parte dei casi si tratta di un allontanamento momentaneo con previsione di ritorno non appena l’economia italiana riprenderà il suo corso.

Le prospettive economiche del Giappone

 Il Giappone e la sua moneta, lo yen, sono al centro di un discorso economico molto ampio che si lega anche all’andamento delle borse europee ed americane. Per chi investe in opzioni binarie è sempre un paese da tenere d’occhio al fine d’indirizzare gli investimenti sul trend maggiormente remunerativo.

► Un po’ di calma nel mercato valutario

A livello politico, in questo momento, il Giappone è molto concentrato sulla diatriba con la Cina per il predominio sulle isole Senkaku. Ma soprattutto il problema del Giappone è la condizione economica, la sua situazione passata, il momento contingente e le prospettive future.

Dollaro/Yen, una settimana complessa

In passato, dopo la seconda guerra mondiale tutta la ricchezza del Giappone si è affidata alla capacità di risparmio dei cittadini. È da lì che è partita la ripresa del paese, ma soltanto fino al 1989 anno in cui dopo una bolla speculativa durata per tutti gli anni Ottanta, è iniziata una crisi molto latente.

Oggi il rapporto tra il PIL e il debito è cresciuto notevolmente arrivando a sfiorare quota 240%, in più sono crollate le esportazioni verso la Cina e il paese ha dovuto fare i conti con l’invecchiamento della popolazione e con i tentativi del governo di iniettare liquidità nel mercato.

Per il 2013, quindi, ci si affida alla velocità d’interpretazione, alla rapidità delle decisioni e alla prontezza nell’azione del primo ministro. Si lavorerà sulla politica monetaria, sulla politica fiscale e sugli investimenti pubblici.

Da cosa può dipendere la crisi dell’auto

 Il comparto automobilistico è decisamente in crisi, o almeno questo è il quadro che emerge da una disamina dei dati del 2012. Per l’anno in corso cosa si prevede? Prima di dare una risposta plausibile al problema, dobbiamo considerare le possibili cause della crisi.

La prima in ordine d’importanza è sicuramente la crisi economica, cui fanno seguito il caro carburanti, l’aumento della pressione fiscale e l’aumento stesso del costo delle assicurazioni. Sono tutte concause della perdita di quota del numero di immatricolazioni nel 2012.

► Tutti i rincari del 2013

Praticamente le nuove immatricolazioni sono cale di 1.402.089 unità, che in termini percentuali vuol dire un calo del 20 per cento delle nuove auto in giro. Gli analisti dicono che siamo tornati ai livelli del 1979.

Il calo delle vendite, nel solo mese di dicembre, si è assestato sul -22,1% che è un dato molto importante e negativo se confrontato con il dato omologo del dicembre 2011. Il bello è che anche nel comparto dell’usato c’è stato un calo ed è del 9,75% sempre considerando lo stesso mese dell’anno precedente. E nonostante tutto le previsioni per il 2013 sono molto ottimiste.

► I segni ambigui del mercato del lavoro USA

Il superamento del momento di crisi sarà importante per tutti, anche per l’Erario, a cui il calo delle immatricolazioni è costato davvero tanto.

Cala sempre di più la fiducia degli italiani

 Gli italiani hanno acceso tantissimi finanziamenti in passato e spesso non hanno considerato una pratica, che arriva dall’America e che consiste nel pagare tutto con una sola rata, che va a sostituire tutte le altre e che dipende da un mutuo le cui condizioni sono sicuramente più favorevoli.

Si chiama consolidamento e il consolidamento è un’opportunità. A parte questo, quel che conta è la fiducia degli italiani che in questo momento è arrivata ai livelli minimi, almeno secondo quanto riporta l’Osservatorio Findomestic. L’indice di fiducia ha raggiunto il livello di 3,05 punti. Se si pensa che in una scala da 0 a 10, la soglia positiva è 7, è tutto dire.

Gli italiani, insomma, si stanno preparando al peggio, quindi sono pronti a tagliare tutte le spese che nel bilancio famigliare possono essere considerate più voluttuarie. A quel punto è chiaro che soltanto le spese accessibili, come possono esserlo telefonini e piccoli elettrodomestici, saranno plausibili.

Se poi si vanno a valutare coloro che prevedono di acquistare mobili e arredamento nei prossimi tre mesi, allora si evidenzia una crescita dell’interesse all’acquisto delle abitazioni dal 3,7 al 4,6 per cento. Diminuisce intanto la spesa per i mobili che nel mese di dicembre è di 2257 euro. Il comparto dei prestiti traballa.

Liquidità in prestito con le offerte di prestiti

L’affitto come alternativa alla crisi

 Il mercato immobiliare è un settore che ha subito come tanti altri la crisi e visto il calo nelle richieste di mutuo e nelle compravendite di case, allora tanti italiani si sono trovati necessariamente nelle condizioni di “arrangiarsi”.

► Crif: domande di mutui in calo

Tutti gli aiuti regionali per i mutuatari studiati dagli enti locali sono valsi a poco, visto che la soluzione privilegiata, dicono gli ultimi report, riguarda il ricorso all’affitto. In pratica le famiglie sembrano propense a rinunciare alla privacy casalinga pur di racimolare qualcosa.

► Mutui a tasso zero per famiglie a basso reddito

Dunque si parla di “affitti parziali” e si fa riferimento ad una pratica messa a nudo da Immobiliare.it che piega come in un anno sia cresciuto del 14 per cento il numero delle famiglie che vogliono affittare una parte della loro casa. Negli ultimi due anni l’incremento del numero degli affitti parziali è stato addirittura del 26,5%.

In passato che s’investiva molto di più sul mattone, le famiglie locavano appartamenti interi o locali abitabili, adesso, in città, si mette a disposizione dell’affittuario anche soltanto una stanza, soprattutto se la casa è abbastanza grande.

Il vantaggio economico è presto calcolato: si va da incrementi dello stipendio di 170 euro fino a un +500 euro molto interessante. Il gioco, in questo caso vale la candela e tra tutte le tipologie di affittuari sicuramente le più quotate sono i lavoratori e gli studenti abituati a fare la settimana corta.