La crisi non tocca i grandi patrimoni: i ricchi sono sempre più ricchi

 La classifica degli uomini più ricchi del mondo, il “Bloomberg Billionaires Index”, vede ancora Carlos Slim, imprenditore messicano che è diventato il più importante impresario di telecomunicazioni nell’America Latina, al primo posto, con un patrimonio di 75,2 miliardi di dollari, dei quali 13,4 sono stati guadagnati nel 2012.

Dopo di lui il sempre presente Bill Gates con 62,7 miliardi (7 guadagnati nell’ultimo anno) e, al terzo posto, Amancio Ortega (conosciuto nel modo per essere uno dei proprietari di Zara) che, con il suo patrimonio di 57.5 miliardi (22  i miliardi guadagnati nell’ultimo anno) ha scalzato Warren Buffet, economista americano a capo della Berkshire Hathaway (50 miliardi di dollari nel 2012).

Ma ciò che stupisce di più non è solo il fatto che i ricchi continuino ad essere ricchi, ma che i loro patrimoni, a dispetto delle condizioni economiche avverse, aumentano costantemente: il patrimonio complessivo dei super ricchi è cresciuto di 241 miliardi di dollari.

Ecco la lista dei dieci uomini più ricchi del mondo:

1. Carlos Slim Helú: 75.2 miliardi di dollari
2. Bill Gates: 62.7 miliardi
3. Amancio Ortega: 57.5 miliardi
4. Warren Buffett: 47.9 miliardi
5. Ingvar Kamprad: 42.9 miliardi
6. Charles Koch: 40.9 miliardi
7. David Koch: 40.9 miliardi
8. Larry Ellison. 39.3 miliardi
9. Bernard Arnault: 28.8 miliardi
10. Alwaleed bin Talal Al Saud: 28.7 miliardi

Disoccupazione in aumento al Sud nel 2013

Unioncamere e Prometeia avvertono: nel 2013 poco cambierà per quanto riguarda il mercato del lavoro. Tutto è riportato nel documento Scenari di sviluppo delle economie locali italiane, realizzato dai due Enti, i cui dati parlano di un panorama difficile. I dati più preoccupanti, tanto per cambiare, riguardano il Sud Italia, fanalino di coda dal punto di vista occupazionale. Il tasso di disoccupazione del Mezzogiorno dovrebbe consolidarsi intorno all’asticella del 17,9%.

In altri termini la disoccupazione al Sud aumenterà vertiginosamente di 6,5 punti in percentuale rispetto al resto della media italiana. La media nazionale, infatti, si attesterà intorno all’11,4%.

Nel frattempo, mentre Unioncamere e Prometeia fanno la conta dei danni (presenti e futuri) in Germania è record per quanto riguarda l’occupazione. Da noi, soprattutto al Meridione, è record al contrario.

Classifica regioni con tasso più alto di disoccupazione

Soffermiamoci, dunque, sulle regioni più sofferenti dal punto di vista della mancanza di lavoro.

– Calabria: 20%, è la regione con il più alto tasso di disoccupati;

– Sicilia: 19,6%;

– Campania: 19,3%;

– Sardegna: 17%;

– Puglia: 16,1%;

– Basilicata: 15,6%;

La regione con il più basso tasso di disoccupazione in Italia è, invece, il Trentino Alto Adige, il cui livello di non-lavoro si fermerà per il 2013 al 5,8%. Seguono Veneto e Valle d’Aosta.

Auto, Cina pronta a sorpassare l’Europa nel 2013

Il mercato automobilisti Cinese è pronto al sorpasso. E’ destinato a crescere, mentre crolla a picco il mercato europeo nel 2012.

Il Financial Times si è lasciato andare in questa previsione, non così tanto azzardata, fatta sulla base di dati provenienti da Ihs, Lmc Auto, Pwc (società di consulenza) nonché dei dati provenienti da Ubs e Credit Suisse.

In Cina si parla di una produzione stimata intorno ai 19,6 miliardi di veicoli leggeri. Si tratterà del primo anno in cui la produzione cinese supererà in quantità quella europea.

Il Vecchio Continente, infatti, dovrebbe fermarsi intorno ai 18,3 milioni.

Il Financial Times, all’interno della sua analisi, inquadra il panorama mondiale auspicando una netta ripresa. Le stime parlano di una crescita del 2,2%, inferiore alla crescita del 4,9% verificatasi nel 2012. Le vendite su scala mondiale dovrebbero portare nelle casse del mercato 1.300 miliardi di dollari.

Stando a queste proiezioni, il mercato europeo sarà però ancora in calo, rispetto alla Cina e rispetto alle vendite di veicoli fatte registrare nello scorso anno. In sostanza, la quota europea sulla produzione mondiale rappresenterà circa un quinto. Il calo si attesta, in previsione, sul 35% rispetto ai record raggiunti nel 2011.

L’Europa, dunque, è pronta a cedere il testimone alla Cina? Il Financial Times risponde in maniera affermativa, sottolineando la crescita esponenziale della Cina, la quale ha prodotto 17,8 milioni di veicoli nel 2012. In un decennio la sua quota produttiva è salita dal 3% al 23%. Niente male.

 

Crolla a picco il mercato delle automobili

Senza dubbio, quello che è appena finito passerà in rassegna come uno degli anni più disastrosi per il mercato delle automobili. Era dal 1979 che non si registravano così poche immatricolazioni. Un incubo, dunque, che torna nelle notti dei produttori e delle aziende trentatré anni dopo. Una sconfitta annunciata da tempo, che ora viene confermata dai dati di fine 2012.

Il mercato delle quattro ruote, dunque, tocca in tutta Europa uno dei picchi più bassi della sua storia commerciale, facendo registrare un trend negativo che si respira ovunque. Non solo in Italia.

Difficile, al giorno d’oggi, ipotizzare una veloce risalita delle transazioni e un aumento immediato delle immatricolazioni. Il mercato, infatti, stenta a ripartire, proprio come se fosse una vecchia vettura destinata più al macero che alla strada.

DATI DICEMBRE

Partiamo dalla fine, ovvero dal mese di dicembre. Le immatricolazioni nell’ultimo mese del 2012 sono state 86.735. In termini statistici si tratta di un consistente meno 22,51% rispetto al dicembre del precedente anno. A fine 2011, infatti, erano state 111.928 le auto immatricolate nell’ultimo mese.

DATI 2012

Il 2012 è stato, tuttavia, in generale un anno di piena crisi per il comparto automobilistico. Uno di quelli iniziati male e finiti peggio. In totale, in Italia, sono state immatricolate 1,4 milioni di vetture. Il mercato fa dunque registrare su base annua una diminuzione di 19 punti in percentuale rispetto al 2011, anno in cui le vetture immatricolate sono state 1,75 milioni.

FIAT

Il Gruppo Fiat non può che accusare il colpo, senza esimersi minimamente dal contesto in cui. La crisi, di riflesso, colpisce ovviamente anche il gruppo Fiat, le cui vendite sono scese del 19,4% su base annua. In altri termini, le immatricolazioni di auto Fiat nel 2012 sono state poche: 100.000 vetture. Il gruppo del Lingotto ha comunque rilasciato dati non del tutto negativi, sottolineando che l’auto più venduta nel 2012 nel nostro Paese è stata la Panda.

 

Conti pubblici in netto miglioramento a fine 2012

Il Ministero dell’Economia chiude il 2012 in positivo. Pare che i Conti Pubblici stiano per tornare in salute. Il Fabbisogno, infatti, sembra essere in netto miglioramento rispetto alle condizioni in cui versava nel 2011.

Stando ai dati rilasciati dal Mef lo scorso 31 dicembre, esso ammonta a 48,5 miliardi di euro. Si tratta di 15,2 miliardi in meno rispetto al 2011 (anno in cui si attestava dunque intorno ai 63,8 miliardi).

L’ottimo risultato è frutto del buon andamento dei flussi fiscali. Gli incassi sono stati positivi. Pensare che al netto del versamento al capitale European Stability Mechanism, il fabbisogno avrebbe toccato quota 42,8 miliardi.

Se si considera il valore riportato nella Nota di Aggiornamento contemplata nel Documento Economia & Finanza (il valore era di 45,4 milardi), inoltre, il Fabbisogno guadagna ulteriormente 3 miliardi.

A cosa si deve questo ulteriore rialzo? Sicuramente al pagamento delle quote dei mutui fatto pervenire in anticipo dalle Amministrazioni centrali, nonché dagli enti territoriali, direttamente nella Cassa depositi e prestiti.

Altra buona notizia: a dicembre 2012 è stato fatto registrare un avanzo del settore statale provvisoriamente determinato in circa 14,1 miliardi, superiore di circa 8,4 miliardi rispetto a quello realizzato nel dicembre 2011 che fu pari a quasi 5,6 miliardi.

Spread sotto i 290 punti, lo Stato risparmierà 50 miliardi

Mario Monti ha scritto su Twitter: “Finalmente”. Lo Spread è sotto la quota da lui desiderata. “Merito” di un anno in cui gli italiani hanno tirato la cinghia come non mai per far quadrare i conti.

“Merito”, in altri termini, di ben tre manovre da 82 miliardi avviate in 18 mesi. “Merito” dell’innalzamento della pressione fiscale dal 42,5 al 44,7% in un anno.

Missione compiuta, dunque.

Lo Spread, oggi, non fa più paura. Le distanze dal Bund e dal Btp sono state infatti dimezzate.

Pensare che lo Spread si attestava intorno ai 575 punti all’epoca del Governo Berlusconi (il ‘Cavaliere’ lo considera ad oggi un imbroglio). Ieri, dopo la chiusura di Piazza Affari, ha raggiunto finalmente la tanto agognata quota 283.

Per lo Stato è ossigeno puro. Il risultato consentirà ai contabili di far risparmiare ben 50 miliardi in tre anni all’Italia.

Non male, soprattutto se si considera che siamo alla vigilia delle elezioni.

Ora, però, c’è da portare a termine la sfida a tutti gli effetti. Il calo dello Spread, il dimezzamento del ‘differenziale’ con Btp e Bund, il calo dei tassi, dovranno essere elementi di cui tutte le famiglie e le imprese italiane dovranno giovare.

Oggi che lo spread viaggia 200 punti più giù rispetto al 2011 i conti dello Stato possono essere risanati. Non più interessi del 3,25% come a fine 2011, per inserire sul mercato i Bot Semestrali, dunque.

L’aria, forse, è cambiata. Una settimana fa, infatti, i Bot semestrali sono stati piazzati in grandi quantità (ben 8,5 miliardi) senza la minima difficoltà.

Le Outrageous Predictions di Saxo Bank

 Saxo Bank, da circa 10 anni, prova ad anticipare i mercati con una serie di previsioni shockanti e contro corrente che dovrebbero essere d’aiuto agli investitori nella definizione degli scenari impossibili. Ha senso quindi tener conto delle Outrageous Predictions?

Sostanzialmente sì, perché se una sola delle previsioni di Saxo Bank si avverasse, l’impatto sui mercati sarebbe rivoluzionario e soltanto chi ha osato credere nell’impossibile o essere più cauto nell’investimento in opzioni binarie, avrà ragione.

L’elemento alla base delle previsioni di Saxo Bank è la noncuranza dei governi rispetto al malcontento della popolazione. Nel mondo e soprattutto in Europa, i sacrifici richiesti ai cittadini per superare la crisi, hanno comportato uno sforzo inaudito. I giovani, adesso, potrebbero non essere più disposti a restare in balia dei mercati.

I governi non sembrano interessati, mentre delle questioni sociali si fa scudo Saxo Bank che archivia il 2012 senza entusiasmo e guarda all’anno appena avviato con una punta di scetticismo. Le dieci previsioni shockanti spaziano dalle materie prime al forEX. 

Si parla per esempio del cambio tra il dollaro e lo yen e del cambio tra l’euro e il franco svizzero, si prende in esame il crollo del prezzo dell’oro e del petrolio e l’aumento del 50 per cento dei prezzi dei cereali e della soia, del default spagnolo e dell’ascesa di Hong Kong, dell’America, delle aziende hi-tech del Giappone e del salto del DAX fino a quota 5000.

155.000 dipendenti pubblici in meno negli ultimi 3 anni

La crisi dell’economia italiana, inevitabilmente, diventa crisi della Pubblica Amministrazione. Si tratta di uno degli argomenti predominanti degli ultimi tempi.

Il taglio netto sulla spesa passa come sempre in primo luogo per quella pubblica. Così, negli ultimi tre anni, il calo dei dipendenti pubblici è stato a dir poco spaventoso.

Un trend negativo, quello della diminuzione dei posti di lavoro nelle P.A.

Un trend che si perpetua da ormai 3 anni di fila.

Per entrare meglio nel vivo di questa profonda ferita, occorre analizzare le cifre.

Partiamo dal 2011. I dipendenti della Pubblica Amministrazione erano 3.282.999 lo scorso anno. In altri termini sono quasi 154.000 in meno rispetto quanti erano nel 2008. Quattro anni fa lavoravano nelle P.A., infatti, ben 3.436.814 dipendenti.

I dati in nostro possesso sono forniti dalla Ragioneria Dello Stato.

Regione per regione, ecco quelle in cui ancora non si è verificato un calo dell’occupazione pubblica.

Lombardia: per via di 12,51%, la Lombardia si configura come la regione in cui si trova il maggior numero di dipendenti pubblici;

Lazio: segue a ruota la Lombardia con il 12,35%;

Campania: terza classificata con il 9,14%;

Sicilia: quarta classificata con l’8,88%;

Veneto: quinta classificata con il 6,95%;

Piemonte: ultima classificata con il 6,78%;

Capodanno, aumentano dell’8% i consumi di zampone e cotechino

Le famiglie italiane hanno sempre amato tutte le tradizioni del BelPaese. Tra queste figurano anche quelle tradizioni seguite per tener fede a una credenza della quale talvolta si ignorano le stesse origini.

Una cosa è certa: la sera di San Silvestro è obbligatorio l’assaggio di due lenticchie, perché a livello folkloristico vuol dire augurarsi di avere più soldi per l’anno venturo.

Di questi tempi, peraltro, con la crisi che galoppa, gli italiani ne avrebbero proprio bisogno.

Le altre due pietanze che non possono mancare per nessun motivo sono poi il cotechino e lo zampone.

Cotechino e zampone appaiono sulle tavole quasi esclusivamente soltanto durante il periodo di Capodanno e, in particolar modo, in maniera abbondante durante l’ultimo giorno dell’anno e il primo giorno del nuovo anno.

Per il 2012 il trend impone di risparmiare e di mettere in tavola un cenone Low Cost, giacché la crisi si fa sentire, in particolar modo nelle Regioni del Sud.

Malgrado ciò, le famiglie italiani non vogliono rinunciare a cotechini e zamponi. Prova ne è che i consumi sono saliti dell’8% rispetto al 2011. Nel complesso sono stati venduti circa sei milioni di chili di cotechino e zampone, così da essere messi sulle tavole dell’intera Penisola.

I dati in questione sono stati forniti da Coldiretti. Consideriamo, tutto sommato, che siano stime molto positive per questo tipo di mercato.

Basti pensare infatti che il 62% degli italiani, ovvero in media due italiani su tre, mangeranno a capodanno cotechino e zampone.

Edilizia, persi 500.000 posti di lavoro in 4 anni

Non c’è pace per il settore dell‘edilizia. Da più parti sentiamo dire che si tratta di uno di quei comparti destinati a trainare l’economia italiana, sempre più soggetta ad una crisi di natura morale e occupazionale.

Il mercato immobiliare, però, stenta a decollare e, anzi, finisce sempre più in un baratro dal quale non si vede neanche un minimo spiraglio di luce.

La Cgil ha ben fotografato la situazione in corso, in un quadro che si protrae da ben quattro anni.

Il verdetto, sempre più definitivo e sempre meno provvisorio, è il seguente: il settore dell’edilizia italiana appare stremato, al capolinea e senza possibilità di sbocchi positivi per le costruzioni in virtù di una mancanza sempre più significativa della domanda.

Non c’è da girarci intorno più di tanto, giacché la causa principale della forte inversione di tendenza che si verifica da quattro anni a questa parte per un settore che fino al 2008 era lanciatissimo, è sempre la stessa. Parliamo, naturalmente, della crisi economica. Una fase di collasso che implica da ormai qualche tempo a danni di ordine strutturale e congiunturale.

Così, il settore costruzioni, si avvia inesorabile a concludere anche il 2012 in peggioramento, e senza grossi lasciare spiragli per il prossimo anno.

Chiaro e conciso l’attacco di Schiavella della Cgil alle istituzioni. “La situazione è preoccupante – afferma uno dei massimi esponenti del sindacato – e il governo continua a non azzeccarne una per rilanciare il settore”.

L’edilizia perde colpi su colpi, in particolar modo nelle regioni del Sud. Oltre a ciò, va fatta la conta dei danni anche per quanto riguarda il marcato apporto del comparto all’occupazione. Il record del crollo dei posti di lavori si registra in Sardegna nella provincia di Sassari, dove si è giunti ad un pesante passivo (-47%).

Conferma il triste dato, allargandolo a tutta la Penisola, la Cgia di Mestre, secondo la quale nell’anno che volge al termine sono rimaste senza lavoro più 600mila persone.