Grande successo per il Private Label

Ecco come le famiglie ridisegnano i loro consumi. La crisi si fa sentire e per sopperirvi gli italiani si affidano al Private Label, una tendenza che negli ultimi mesi di questo anno ha raggiunto la sua definitiva consacrazione.

A dimostrazione dell’exploit del Private Label l’analisi degli esperti di marketing si è concentrata sulla cosmetica. Solitamente gli italiani non acquistavano mai i prodotti che riportano il brand del distributore e non la grande griffe.

Gli esperti tuttavia non possono fare a meno di notare che si sta lentamente rimpicciolendo il bacino di utenza dei grandi brand di lusso. Così, la pressione promozionale del distributore acquista lentamente più spazio.

Il motivo è presto: occorre offrire sconti maggiore al cliente per indurlo all’acquisto.

Eccoci dunque ad uno sprazzo di cambiamento per quanto riguarda la dinamica dei consumi. La quota di mercato del private label cresce a dismisura e i prodotti in vendita con marchio del distributore superano il 17%. E’ il caso di Pam, Esselunga e Coop Italia.

In percentuale, il Private Label non ha ancora sfondato il muro del consumo di massa, ma vi si sta avvicinando a passi da gigante. Negli altri Paesi europei, infatti, i prodotti con marchio del distributore toccano vette molto più alte, che ancora non si vedono in Italia.

In Gran Bretagna, ad esempio, si supera un volume pari al 40%. In Francia si è attorno al 34%.

Ciò non toglie che il settore è in grande crescita. Ha raggiunto il 7,3% dei consumi in più nel 2011, con una prevalenza di acquisti al Nord-Italia.

Legge fallimentare: PEC creditori, domande di ammissione al passivo

 La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre 2012 ed ha sintetizzato una serie d’interventi che – per il cantiere aperto che è la normativa – hanno ossessionato le imprese da diversi anni a questa parte.

Le due grandi novità riguardano la sterzata telematica nelle comunicazioni e la tutela del patrimonio d’impresa ma abbiamo osservato nel dettaglio anche la notificazione telematica del ricorso e l’indirizzo PEC del curatore.

Vediamo adesso le novità riguardo l’indirizzo PEC dei creditori e la domanda di ammissione al passivo. I creditori in tutte le procedure concorsuali hanno l’obbligo di comunicare al curatore o al commissario, l’indirizzo di posta elettronica certificata al quale vogliono ricevere le comunicazioni. Nel caso in cui non sia fornita la PEC, la comunicazione è effettuata soltanto tramite il deposito degli atti creditori in cancelleria. Quest’ultima eventualità entrerà in vigore dal primo novembre 2013.

Le domande di ammissione al passivo presentate dopo l’entrata in vigore della legge, devono essere presentate dal creditore unitamente ai documenti necessari, ma tutto deve essere trasmesso telematicamente all’indirizzo PEC del curatore o del commissario.

Saranno poi il curatore o il commissario a trasmettere il progetto di stato passivo alla cancelleria, cui deve essere comunicato anche l’indirizzo PEC dei creditori, entro i 15 giorni che precedono l’udienza.

 

Legge fallimentare: riforma, notificazione telematica e PEC

 Dopo aver introdotto in modo molto semplice la legge fallimentare sottolineando le intenzioni del governo di proteggere il patrimonio dell’impresa e scoraggiare il ricorso al concordato preventivo, entriamo più nel vivo della riforma, accennando alla notificazione telematica del ricorso e all’indirizzo PEC.

La nuova legge fallimentare è entrata in vigore il 19 dicembre ed è stata pubblica sul supplemento ordinario 208 alla Gazzetta Ufficiale 294 del 18 dicembre. A livello statistico, considerando il periodo da gennaio a settembre, tra il 2010 e il 2012 i fallimenti sono aumentati del 12 per cento, le liquidazioni del 3 per cento e le altre procedure del 20,3 per cento.

Secondo la riforma la notificazione del ricorso e la definizione dell’udienza sono comunicate all’impresa tramite la posta elettronica certificata. L’indirizzo PEC del debitore è tratto dal registro delle imprese. Se il debitore non si è dotato di PEC, allora la notifica è a cura del ricorrente e d deve avvenire a mano tramite l’ufficiale giudiziario presso la sede definita che viene fuori sempre dal registro delle imprese.

Tutte le comunicazioni verso i creditori, per i procedimenti che seguiranno l’entrata in vigore della legge e per quelli già dichiarati in cui non è stato ancora fatto il primo avviso, saranno effettuata attraverso la posta elettronica certificata.

 

Legge fallimentare: gli aggiornamenti

 Visto il periodo di crisi e la necessità che hanno avuto alcune imprese di chiudere i battenti dichiarando il fallimento, loro malgrado, i giuristi al governo e all’Erario, hanno dovuto mettere le mani sulla legge fallimentare che comunque è sempre stata un cantiere aperto.

Da settembre ad oggi sono state inserite due grandi novità: una riguarda gli aspetti cruciali della disciplina ed ha come obiettivo quello rafforzare l’impianto della riforma fatta qualche anno fa. In pratica si cerca di permettere, dove possibile, la prosecuzione dell’attività d’impresa anche dopo il fallimento, come garanzia nei riguardi dei creditori e a protezione del patrimonio aziendale.

La seconda novità riguarda gli adempimenti che i titolari d’impresa devono fare per dichiarare il fallimento. In questo caso le novità sono riassunte in una “sterzata digitale”, vale a dire che molte delle comunicazioni possono essere compiute attraverso il canale telematico.

In più si parla da settembre di modifiche che riguardano il concordato preventivo anticipato, la finanza interinale, l’indipendenza delle imprese e la responsabilità dei professionisti. L’obiettivo di tutte le misure è allentare, una volta dichiarato il fallimento, le pressioni esterne sull’impresa.

Numerosi anche i disincentivi messi in campo dal Governo per scoraggiare le imprese in crisi nell’accesso alle procedure di concordato preventivo o ai procedimenti di omologazione degli accordi di ristrutturazione.

Imu sì o Imu No? Il duello Monti-Berlusconi

 Ieri mattina in conferenza stampa il premier dimissionario Mario Monti ha presentato la sua Agenda per il rilancio dell’economia italiana. Tra le tante cose di cui ha parlato, uno dei punti più dibattuti è stato quello dell’Imu.

Nella sua Agenda la tassa sulla casa deve rimanere, almeno per gli anni in cui è stata già prevista: chiunque proponga una sua eliminazione sta solo cercando consensi per le elezioni (che dovrebbero tenersi il 24 febbraio 2013), ma una volta al governo, dovrà fare marcia indietro e applicare un’altra tassa che potrebbe anche essere il doppio di quella già esistente.

Mario Monti si stava riferendo alle parole di Silvio Berlusconi, che in questi giorni di incertezze riguarda ad una sua nuova discesa in campo, ha promesso agli italia che nel suo programma ha la precedenza l’eliminazione dell’imposta sulla casa. Il Cavaliere avrebbe già pronto un disegni di legge – nel caso di nuova elezione entrerà subito in vigore – per l’abrogazione dell’Imu, i cui introiti saranno trovati da altre fonti.

Nel suo programma Berlusconi vede la possibilità di ricavare lo stesso gettito fiscale tassando maggiormente giochi, lotterie, tabacchi, alcolici e la birra, tutte tasse che inciderebbero molto di meno sulla vita degli italiani.

 

Il Natale 2012 è a casa con i prodotti italiani

 Niente ristorante, al massimo il Natale lo si passa in agriturismo, anche se la scelta che va per la maggiore per queste feste è quella di rimanere a casa con amici e parenti. E’ quanto emerge da uno studio della Coldiretti/Swg, secondo il quale è il 92% degli italiani che passerà il Natale a casa di parenti e amici spendendo, però, il 10% in più dello scorso anno. Al ristorante andrà solo il 3% della popolazione e l’1% sceglierà un agriturismo dove riscoprire i prodotti della tradizione.

Tradizione che la fa da padrona anche sulle tavole casalinghe, con i prodotti Made in Italy che vedono una crescita degli acquisti del 59%. Bene anche i prodotti locali o a chilometri zero (+23%) e quelli biologici (11%9, mentre il costo basso rimane il criterio di scelta per il 18% degli italiani.

I prodotti originali italiani più scelti sono cotechino (+8%), lenticchie (+14%), frutta di stagione (+15%) e spumante (+20%) mentre i prodotti esteri hanno subito una lieve flessione: ciliegie, pesche fuori stagione o ananas (-3%), caviale (-2%) e champagne (-1%).

La spesa totale che affronteranno gli italiani per questo Natale si assesta sui 2,5 miliardi di euro.

 

L’Agenda Monti

Ieri mattina il premier Mario Monti, nella tradizionale conferenza stampa di fine anno, ha fatto un piccolo accenno alle linee guida della sua Agenda per il rilancio dell’economia italiana, sorprendendo tutti con la sua apertura verso la patrimoniale. Un accenno al quale ha fatto seguito la sua Agenda composta da 25 cartelle in cui il premier dimissionario propone delle novità che sicuramente faranno discutere.

Oltre alla patrimoniale, che dovrà essere applicata sui grandi patrimoni e sui consumi per non provocare ulteriori problemi alle categorie già deboli, Monti ha chiesto, all’esecutivo che verrà dopo di lui, di riformare quanto prima la legge elettorale e, sopratutto, di tagliare i contributi pubblici alla politica, comprendendo in questo anche il divieto di accumulare indennità e retribuzioni vari per onorevoli e parlamentari.

Tra le altre soluzioni proposte, il rilancio dell’economia italiana deve passare anche per una riforma ampia e profonda del mercato del lavoro, a cominciare dalla detassazione del lavoro femminile e una semplificazione della burocrazia per poter attirare gli investimenti esteri.

Infine, l’Agenda Monti punta ancora alla lotta all’evasione fiscale, sulla riforma delle pensioni e su un nuovo sistema do ammortizzatori sociali. Ultimo punto, forse il più discusso, quello dell’Imu, una tassa sicuramente indigesta ma che, come avverte il premier, non può essere evitata.

 

 

Alitalia nuovamente in profondo rosso

Prosegue l’iter negativo di Alitalia. La compagnia aerea è nuovamente sul fondo del baratro. Sono passati quattro da quando Silvio Berlusconi (al tempo Presidente del Consiglio) aveva utilizzato 3 miliardi di euro presi dalla Spesa Pubblica per salvare Alitalia.

Ora, la storia infinita della compagnia sembra continuare e si è nuovamente in profondo rosso in termini di conti. La cifra considerevole messa a disposizione di Berlusconi non ha salvato l’azienda che rischia nuovamente di dichiarare bancarotta. Tutto è tornato punto e a capo. I conti non tornano, sebbene il gruppo imprenditoriale che gestisce la compagnia di aerolinee stia lavorando sodo per provare a salvare azienda e dipendenti.

Pesa come un macigno il confronto con la crescente industria ferroviaria. Italo e Trenitalia guadagnano punti sui binari, strappando clienti su clienti ad Alitalia. I dati, infatti, parlano di buchi profondissimi. Vere e proprie emorragie economiche. La compagnia perde ogni giorno ben seicentotrentamila euro. Negli ultimi 4 anni, nel periodo che va dal 2008 al 2012, i conti sono stati in rosso e attualmente l’azienda ha un debito di 735 milioni.

La gestione degli ultimi quattro anni, pertanto, ha fatto si che gran parte del capitale andasse in fumo. Una gestione che, dunque, negli ultimi quattro hanno ha portato all’estinzione di gran parte del capitale. In questo momento nelle casse di Alitalia ci sono poco più di 300 milioni. Una liquidità che appare esigua.

FUORI DALLA CRISI

Basterà la finanza creativa, il progetto di uno spin-off e il rispolvero di Mille Miglia per salvare Alitalia? Gli imprenditori e i soci sperano di si. In ballo c’è l’urgenza di ricapitalizzare l’azienda, per allontanarsi dal Redde Rationem.

Banche in recessione anche nel 2013

Il 2013 non sarà foriero di novità per gli istituti bancari. La cattiva qualità del credito, nonché il rapporto tra le sofferenze e gli impieghi, poteranno le banche a vivere senza pausa un nuovo periodo di recessione.

Lo sottolinea il rapporto previsione ABI/AFO, presentato a Roma nelle scorse ore. Fino al 2014 il rapporto tra impieghi e sofferenze si attesterà su un 7,3% che non fa ben sperare. Un valore più alto di questo, che è paradossalmente negativo in termini economici, va trovato scavando negli archivi del 1998.

L’ABI, presentando il suo financial outlook descrive la situazione spiegando che gli impieghi a residenti saranno prede di una stagnazione. Soltanto tra due anni si raggiungeranno dei tassi simili a quelli di crescita del Prodotto Interno Lordo, che in ogni caso non supereranno mai il 3%. L’aumento del rischio credito, per l’ABI, sarà un consistente stop alla crescita dei prestiti.

Raccolta

Soltanto la raccolta sarà in crescita. Si tratta dell’unica nota positiva comunicata dall’ABI nell’Outlook finanziario. Aumenterà del 2,9% rispetto allo scorso anno. Un aumento su base annua che nel 2013 raggiungerà il 3%. In previsione, dunque, possiamo aspettarci una diminuzione dello squilibrio tra impieghi e raccolta. Diminuzione di 5,5 punti in percentuale.

Cala la crescita del Pil, e calerà dello 0,6% anche nel prossimo anno. La ripresa economica, con il Prodotto Interno Lordo che crescerà dello 0,8%, dunque, arriverà soltanto nel 2014.

Il settore bancario è debole anche dal punto di vista della redditività. La sua salvaguardia è vincolata ad una politca di controllo più attenta, abbinata ad una forte riduzione dei costi.

La sofferenza delle banche in aumento

 Ci siamo abituati in questi mesi ad additare le banche come maggiori responsabili dell’attuale crisi economica. All’origine della crisi americana c’era lo scandalo Lehman Brothers, in Europa, la crisi del debito si lega alla sussistenza del settore creditizio.

Non sono le paranoie di un vecchio analista, ma i risultati di un’analisi confermata anche dall’ultimo Rapporto di previsione Afo 2012-2014 pubblicato dal’ABI dove si prende atto di una crisi strutturale del sistema bancario che non sarà risolta nel breve periodo.

Le banche italiane, partiamo da quelle che sono più vicine a noi, dovranno esporsi ancora di più. Questa esposizione comporta che le banche, come spiega l’Abi, aumentino la quota di crediti inesigibili, radice della sofferenza degli istituti di credito.

Attualmente i crediti inesigibili rappresentano il 6,05% degli impieghi delle banche ma in due anni questa quota percentuale potrebbe salire fino al 7,3 per cento. L’aggravarsi della situazione è da imputare al peggioramento della condizione economica.

La conseguenza immediata si vedrà poi sui prestiti alle famiglie. Chi investe in opzioni binarie farà bene a cercare nel mercato e nelle relazioni delle banche segnali di conferma o di diniego della situazione prevista dall’ABI.

Il settore bancario dovrebbe ancora restare in un recinto di sofferenza nonostante l’allentamento della pressione sui mercati abbia risolto molti problemi di liquidità.