La doppia valuta resiste tra le opzioni

 Chi investe nel mercato delle opzioni binarie, in questi giorni cerca di capire il trend di fine anno e quel che succederà l’anno prossimo. Di sicuro, è condiviso da tutti, un sentimento di vaga “sfiducia” nei confronti del Vecchio Continente. Si è certi che uscirà dalla crisi ma non si sa bene quando e come.

L’incertezza sul momento in cui tutti i paesi dell’Eurozona troveranno un momento di sollievo porta molti economisti a rilanciare l’idea della doppia valuta. L’ultima proposta in ordine cronologico che cavalca il tema appena descritto, è stata fatta dalla società di consulenza Strategic Decisions Group.

La doppia valuta comporta che al fianco dell’euro siano usate localmente anche le valute nazionali, in un modo intelligente che scoraggi la corsa agli sportelli e rilanci il settore finanziario. Nella proposta dello Strategic Decisions Group ci sono le monete nazionali da usare per il pagamento degli stipendi e delle pensioni pubblici e per le transazioni nazionali. La moneta unica, invece, continua ad essere usata per gli asset dominanti: conti deposito bancari e via dicendo.

Un sistema che a prima vista appare leggermente macchinoso ma che potrebbe garantire una sopravvivenza nel tempo del Vecchio Continente.

In Grecia è stato già proposto un tipo di baratto mentre molti si affrettano a parlare di dollarizzazione inversa per il fatto che tutto funziona perché i consumatori non si fidano della moneta locale.

 

Forex: la coppia EUR/USD vicina al pull back

 Il tasso di cambio tra l’euro e il dollaro è sicuramente influenzato dalla politica che sia in America, sia in Europa è stata molto scossa dalla mancata risoluzione del fiscal cliff al Congresso e dall’annuncio delle dimissioni di Mario Monti dopo l’approvazione della Legge di Stabilità.

Nella giornata di ieri il valore del rapporto tra la moneta del Vecchio Continente e il dollaro americano si è attestato sull’1,30, toccando poi i livelli massimi di giornata con il 1,3014. Si pensava che dopo i livelli minimi raggiunti venerdì, ci fosse un recupero ed in effetti c’è stato.

Adesso però, gli analisti si chiedono se i prezzi del cambio EUR/USD riusciranno a varcare di nuovo la soglia di resistenza e lasciarsi alle spalle il range 1,30-1,3020. In pratica ci si chiede se avverrà quello che in gergo tecnico si chiama breakout.

Riuscire a prevedere questa mossa del mercato in anticipo garantisce investimenti più solidi basati sul fatto che dopo un breakout, in genere, c’è sempre anche un pull back.

Questa seconda espressione indica il momento in cui il mercato si prende una pausa e lavora affinché siano aggiustati prezzi, indici e rapporti in modo da raggiungere i valori precedenti al breakout.

Alcuni analisti hanno provato a fare previsioni di breve periodo, sulla coppia EUR/USD, legate al periodo natalizio.

 

Crollo del Mercato Immobiliare

Vi sono alcuni dati in possesso dell’Istat che non lasciano spazio a dubbi per quanto riguarda la prosecuzione della crisi del mercato immobiliare e la crisi dei mutui. Una crisi reiterata per un comparto che qualche anno fa aveva raggiunto dei picchi molto alti. Attualmente parliamo della peggiore crisi per il settore mai capitata dal 2008 in poi .

L’Istat lancia l’allarme. Le compravendite sono diminuite del 23,6% e anche i mutui sono molto più bassi. Si tratta dunque di una diminuzione del 41,2%. Il confronto è tra quest’anno e il medesimo periodo dell’anno precedente.

L’Istat sottolinea che i dati riguardano il secondo trimestre dell’anno in corso e si può (si deve) parlare di crollo delle compravendite immobiliari, nonché di crollo dell’elargizione di mutui. Per quanto concerne il primo elemento (le compravendite), l’Istat ha messo in evidenza in particolar modo che nel periodo preso in considerazione, esse sono state circa 168.000, quasi tutte riguardanti immobili da usare come abitazioni. Si attesta, pertanto, un calo del 23,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Restando a parlare di immobili per i quali è previsto un uso abitativo il calo è dunque del 23,6%, mentre è del 24,8% il calo per quanto riguarda gli immobili ad uso residenziale.

Il Mercato Immobiliare, dunque. è una delle prime vittime della Crisi economica. Il segmento preso in considerazione risente anche dei fenomeni economici e dei fenomeni sociali connessi, quali ad esempio gli ostacoli posti dall’accesso al credito, disoccupazione e precariato. Tutte le zone d’Italia, senza alcuna eccezione, sono interessate alla diminuzione delle compravendite. In particolar modo il calo riguarda le Isole, dove si parla di un calo del 58,3%. Poco meglio il centro Italia, dove si registra un calo del 36%.

 

Raggiunto accordo sulla centralizzazione del controllo bancario in Europa

Dopo il no della Germania di inizio mese, i ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona, dopo 14 ore di consiglio, hanno raggiunto l’accordo per la vigilanza delle banche dell’Unione Europea.

Se da un lato la creazione di una super BCE rappresenta una perdita di sovranità nazionale, dall’altro è un grande passo avanti nell’integrazione dei paesi europei. A finire sotto il controllo di un unico organismo di vigilanza centrale saranno tra le 150 e le 200 banche, quelle più grandi, cioè quelle che hanno un attivo superiore ai 30 miliardi di euro, mentre per tute le altre il sistema di vigilanza sarà nazionale, ma la BCE avrà comunque pieno diritto di controllo.

Il nuovo sistema di vigilanza sarà operativo a partire dal 1 marzo del 2014, anche se non è escluso che possa esserci un rinvio nei termini. I nodi su cui si sta ancora discutendo e che potrebbero portare ad un ritardo sono la separazione tra politica monetaria e vigilanza bancaria nella Bce, e le modalità di voto nell’Autorità bancaria europea.

Questa nuova organizzazione delle banche europee dovrebbe portare alla ricapitalizzazione delle banche in crisi con l’accesso diretto ai fondi dell’Esm, il che potrebbe avvenire anche prima del marzo 2014.

I pareri degli analisti e degli esperti sul ruolo e sulle funzioni, e sulle conseguenza che questi avranno nell’equilibrio dell’Unione europea, sono discordanti, per capire bene la situazione si dovrà aspettare la pubblicazione dei due regolamenti che saranno oggetto di negoziato con il Parlamento europeo.

 

 

Notizie ufficiali sul buyback da Atene

 La Grecia ha raggiunto l’obiettivo di 31,8 miliardi di euro durante l’asta di buyback che è stata prorogata di un giorno ed è relativa ai titoli di Stato ellenici. Le fonti della notizia sono due: le televisioni di stato greche e le fonti bancarie del paese.

Questo obiettivo raggiunto consente ad Atene di ridurre il debito di circa 21 miliardi di euro, avendo messo in campo soltanto 10 miliardi di euro che le sono stati imprestati dal fondo salva stati.

Peccato che il prezzo proposto per l’operazione di buyback non sia sufficiente per ridurre anche il debito della Grecia che nel 2020 dovrà essere uguale almeno al 124 per cento del PIL. Questo obiettivo, che forse non sarà raggiunto dipende dal fatto che il prezzo pagato di 33,5 centesimi è stato più alto del previsto.

A questo punto, rispetto alla vigilia dell’operazione, si deve già far fronte ad un buco inaspettato di 450 milioni di euro.

Secondo gli analisi, preso atto dei risultati dell’operazione di buyback, si può prevedere che ci sia stata una riduzione del debito sul Pil di 9,5 punti rispetto agli 11 punti preventivati, ma soprattutto si può prevedere che nel 201 il debito scenderà soltanto al 126 per cento rispetto al 124% che era venuto fuori dall’accordo con il Fondo Monetario Internazionale.

Confindustria: ripresa sempre più difficile

 Il nuovo rapporto di Confindustria dipinge una situazione quanto mai allarmante per l’Italia, lontana dalle prospettive di ripresa di cui si sta parlando in questi giorni.

In modo particolare a destare preoccupazione è il mercato del lavoro, per il quale le stime sono molto simili a quelle prospettate dall’indagine di ManPower sulle assunzioni per i primi mesi del 2013. Secondo quanto riportato da Centro Studi di Confindustria, infatti, la disoccupazione è destinata a crescere: si arriverà all’11,8% di disoccupati nel 2013 e al 12,4% nel 2014. Le unità lavorative perse dal 2007 fino ad ora sono un milione che diventeranno uno e mezzo nel terzo trimestre del 2013.

Ulteriori problematiche, secondo Condfindustria, arrivano dal crollo dei consumi, che è arrivato a toccare le cifre del dopoguerra, e che si stabilizzerà solo nel 2014 e la pressione fiscale che

rimarrà prossima ai massimi storici e insostenibilmente elevata, specie quella effettiva: 53,9% del Pil nel 2014 tolto il sommerso dal denominatore

Le famiglie, quindi, sono messe in ginocchio da questa drammatica situazione economica che, come precisa  il presidente dell’Istat Enrico Giovannini, non tiene ancora conto di quanto successo nell’ano in corso:

I dati diffusi non tengono conto ancora della difficile situazione del 2012, quindi le cifre sulla situazione della povertà in italia sono destinate a peggiorare nel corso dell’anno. La situazione è molto difficile: avere quasi un terzo di italiani a rischio povertà ed esclusione è un dato molto elevato, che segnala la difficoltà di famiglie che non riescono a far fronte ad una spesa improvvisa oppure non riescono a riscaldare adeguatamente il proprio appartamento, oppure hanno tagliato le spese alimentari.

In calo i prestiti alle famiglie

Calano i prestiti bancari. Questi i dati resi noti da Bankitalia:

“Ad ottobre, gli impeghi all’intero settore privato sono scesi dell’1% rispetto a settembre, registrando il terzo calo consecutivo. I prestiti alle sole famiglie sono scesi dello 0,1% registrando il primo calo da 13 mesi a questa parte, mentre i finanziamenti alle imprese hanno segnato il sesto calo consecutivo scendendo del 2,9% rispetto al mese precedente dopo il -3,2% registrato a settembre. Sul versante della raccolta, a ottobre si segnala un aumento del 4,7% sul mese precedente, quando l’incremento su base mensile era stato del 5,7 per cento. In lieve aumento le obbligazioni (+11,8% mensile). Per quanto riguarda i tassi sui depositi si segnala un lieve aumento, dall’1,27 all’1,28 per cento, a cui si associa un incremento della remunerazione dei tassi sui conti correnti (dallo 0,54 allo 0,55 per cento)”.

Bankitalia ha anche fornito le ultime rilevazioni sui tassi dei mutui, nonché sul credito al consumo:

“Scendono, intanto, i tassi sui mutui e sul credito al consumo. A ottobre i tassi applicati sui prestiti per l’acquisto di abitazioni sono scesi al 4,06% dal 4,10% del precedente mese di settembre (e ai minimi dal novembre 2011). Più sensibile la flessione registrata per il credito al consumo: in questo caso il calo è stato dal 9,73% di settembre al 9,65% di ottobre”.

La Spending Review delle famiglie

Le famiglie fanno la loro personalissima Spending Review. Come? Risparmiando su telefono, benzina, gasoli per le automobili, casa, bar. Ad un anno di distanza dalla partenza dell’operazione i conti domestici iniziano a tornare e la pressione fiscale (salita di quasi due punti percentuali negli ultimi dodici mesi) è stata tenuta a bada. Il potere d’acquisto crolla e per risalire la china occorre fare un lavoro certosino. Tagliare le entrate e cambiare tutto nel proprio lifestyle. Ciò ha regalato agli italiani un taglio (mancata spesa) di 33 miliardi.

Unione Petrolifera sottolinea il taglio alle auto:

“L’auto è la vittima eccellente dell’austerity casalinga. Una scelta quasi obbligata: la raffica di aumenti delle accise (sulla verde sono salite del 22% tra gennaio e agosto 2012, sul diesel del 33%) ha fatto decollare i prezzi del carburante. E noi, difficile fare diversamente, ne compriamo sempre meno. Nei primi 10 mesi dell’anno abbiamo tagliato del 9,9% la spesa per il pieno. Nei nostri serbatoi sono entrati 3,4 miliardi di litri in meno, quanto basta per fare un milione di volte il giro della Terra – pari (in teoria) a un risparmio secco di 6 miliardi”.

Econometrica vede così le spese della famiglia:

“Peccato che l’aumento delle tasse si sia mangiato con gli interessi i sacrifici. Secondo Econometrica la spesa delle famiglie tricolori alla voce “benzina e gasolio” salirà quest’anno di 4 miliardi a 71,8 miliardi. Solo tra gennaio e ottobre le entrate dello Stato grazie alle tasse sui carburanti sono cresciute di 3,5 miliardi malgrado il crollo dei volumi. Nessuno si stupisce, visti i costi di gestione, se in tantissimi hanno rimandato l’acquisto dell’auto. Le vendite sono crollate del 20% rispetto a un anno fa e quest’anno gli italiani investiranno “solo” 28,7 miliardi per sostituire la loro quattroruote, 7 miliardi in meno del 2011″.

Il Governo prova a salvare l’Ilva

Sarà una corsa contro il tempo, se si vorrà salvare l’Ilva. Il Governo ci prova, mobilitandosi ancora una volta già ieri sera. La conferma del Consiglio dei Ministri arriva a tarda sera, però soltantoo due ore dopo l’annuncio della cassa integrazione per altri 1400 dipendenti dell’Ilva:

«Il Consiglio dei ministri ha deciso che il Governo presenterà un emendamento interpretativo al decreto salva-Taranto». Lo ha annunciato martedì a tarda sera una nota del ministero dell’Ambiente. L’ azienda potrà commercializzare quanto prodotto prima del decreto. Con l’emendamento si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell’Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell’entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sottosequestro. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, domani mattina presenterà alla Camera l’emendamento governativo».

Intanto l’Ilva annuncia in una nota:

“In conseguenza del ‘no’ del Gip di Taranto al dissequestro dei prodotti, si fermeranno a catena gli impianti di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia. L’azienda ricorrerà al tribunale del Riesame contro il no del gip di Taranto al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati. Naturalmente l’azienda ricorrerà al Tribunale del Riesame confidando cha la situazione possa essere sbloccata al più presto per evitare oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all’eventuale smaltimento di tali prodotti che, l’azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili”.

Perdono il lavoro altri 1.400 dipendenti Ilva

Arrivano altre brutte notizie da Taranto. In una nota l‘Ilva ha annunciato:

«Da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro. La decisione è legata al ‘no’ del Gip al dissequestro dei prodotti giacenti sulle banchine. Il numero di 1.400 dipendenti rimasti senza lavoro si andrà a sommare ai già 1.200 dipendenti attualmente in cassa integrazione per le cause già note, quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre».

L’Ilva dunque, continua a mandare intere famiglie per strada. E, sulla produzione, i dirigenti aziendali dicono:

«Tutta la produzione giacente in stabilimento, generata prima e dopo la data del 26 luglio 2012 e fino al 2 dicembre 2012, non potrà essere inviata agli altri stabilimenti del Gruppo per le successive lavorazioni o consegnata ai clienti finali. La quantità di prodotti e di semilavorati interessati dal provvedimento di sequestro risulta pari a circa 1 milione e 700mila tonnellate, per un valore economico di circa 1 miliardo di euro. E anche le conseguenze di carattere commerciale, riguardanti, ad esempio il settore tubi e altri settori strategici, saranno gravissime in quanto clienti di rilevanza mondiale, subiranno pesanti ritardi nella loro produzione dovuta alla mancanza di approvvigionamenti».