Nuovo crollo degli investimenti nel 2013

L’Ance, Associazione nazionale costruttori edili, lancia l’allarme. Nel 2013 non vi sarà una ripresa economica, bensì un crollo degli investimenti che continuerà a mietere vittime dal punto di vista dell’occupazione.

La crisi brucia gli impieghi, ne ha già bruciato 360.000, afferma l’Ance:

 “Si tratta un dramma che si consuma nel silenzio e che è paragonabile a 72 Ilva di Taranto, 450 Alcoa, o 277 Termini Imerese. Considerando anche i settori collegati emerge con tutta evidenza il rischio sociale a cui stiamo andando incontro, infatti, la perdita occupazionale complessiva raggiunge circa 550mila unità. La situazione è drammatica”,

Parole dure quelle del presidente dell’Ance, Paolo Buzzetti:

“In media le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate dopo 8 mesi e le punte di ritardo superano ampiamente i due anni. Il patto di stabilità interno, continua a rappresentare la principale causa di ritardo nei pagamenti della Pubblica amministrazione. Nei prossimi dodici mesi proseguirà la fase di caduta con una riduzione degli investimenti in costruzioni del 3,8% in termini reali rispetto al 2012, Si aggrava lo scenario economico, anche per via dell’allungamento dei tempi necessari per l’avvio di alcuni provvedimenti contenuti nel dl Sviluppo e dei programmi infrastrutturali approvati a livello nazionale e locale”.

Multinazionali in fuga dall’Europa

Le multinazionali sono pronte a lasciare il meridione d’Europa e a volare verso altri lidi. Un esodo che sa di minaccia, che porterà a una mancanza di capitali e a un calo dell’innovazione.

I Paesi del Vecchio Continente provano a ribellarsi, manifestando il bisogno disperato di avere nelle proprie zone le grandi aziende mondiali per uscire dalla crisi e risolvere problemi annosi quali debito e recessione.

Il Wall Street Journal, intanto, lancia l’allarme e cita alcuni esempi di multinazionali in fuga. Tra queste figura Kimberly Clark, azienda leader nel settore dei pannolini per bambini.

Il calo delle nascite sta costringendo Kimberly Clark a chiudere le proprie sedi europee. Merck, Alcoa e Ppr la seguiranno presto. Ppr, peraltro, di recente ha annunciato che taglierà i posti di lavoro in Spagna, diminuendo il proprio quadro del 20%.

Sulle pagine del Wall Street Journal si legge:

“Dall’inizio dell’anno ci sono stati segnali di debolezza degli investimenti esteri diretti in Europa del Sud. Nei primi sei mesi dell’anno, il ritiro di investimenti in Italia è arrivato a 1,6 miliardi di dollari, al netto dei nuovi fondi affluiti. Dal 2007, gli investimenti esteri diretti sono calati del 38% in Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, con gli investitori che spostano le proprie risorse verso i paesi emergenti”.

La burocrazia, soprattutto in Italia, scoraggia gli imprenditori. Uno dei casi lampanti e Decathlon, azienda francese ben radicata nel territorio, la quale ha rinunciato ad aprire una sede immensa nei pressi di Milano. Era un investimento da 25 milioni di dollari, che non si farà.

Italiani, tredicesima a rischio

Il Natale è alle porte, mentre la crisi non accenna ad andarsene. Pressione fiscale e stretta del credito fanno si che il versamento delle tredicesime sia a rischio. Le piccole imprese non hanno la sicurezza di poter retribuire con lo stipendio extra i propri lavoratori.

La Cgia di Mestre ha lanciato l’allarme:

“La stretta creditizia ha lasciato senza soldi le Piccole e medie imprese e, tra il fitto numero di impegni finanziari e di scadenze fiscali previste per il mese di dicembre, sono a rischio i pagamenti delle tredicesime”.

A parlare è Giuseppe Bortolussi, segretario Cgia, Giuseppe dopo aver ricevuto negli ultimi giorni un elevato numero di segnalazioni pervenute da molti piccoli imprenditori che navigano in cattive acque per mancanza di fondi:

”Non siamo in possesso di alcuna statistica in grado di dimensionare l’entità del fenomeno, tuttavia le segnalazioni giunte in queste ultime settimane presso i nostri uffici sono state numerosissime. Da sempre il mese di dicembre presenta un numero di scadenze fiscali e contributive molto onerose. Detto ciò, è probabile, vista la scarsa liquidità a disposizione, che molti piccoli imprenditori decideranno di onorare gli impegni con il fisco e di posticipare il pagamento della tredicesima, mettendo in difficoltà, loro malgrado, le famiglie dei propri dipendenti”.

Un preoccupante quadro generale, dunque, causato dalla contrazione dei prestiti bancari messi a disposizione delle PMI. Il sistema imprenditoriale soffre, dal momento che la produzione industriale ha fatto registrare un calo del 6,5%.

 

Consumi in calo a Natale

Il Natale 2012 potrebbe passare in sordina in termini di regali e compere. Lo dice Confesercenti-Swg, dopo aver proposto un sondaggio agli italiani. Secondo i dati in possesso dell’ente, sotto le feste natalizie questi ultimi spenderanno 2,8 milardi in meno rispetto all’anno passato. Il 2011 aveva fatto segnare, infatti, un 3% in più.

Così la ricerca commenta il trend di consumi annuale:

“Il dato è frutto di uno stato emotivo che vede salire la speranza nel Paese, ma allo stesso vede crescere anche il numero di coloro che temono sia il peggior Natale del triennio.Il 54% degli italiani (era il 51% nel 2011) si affida alla speranza per definire il prossimo Natale ed in tal modo cerca di contrastare gli incubi della crisi e del futuro. Ma cresce anche in modo netto il numero di coloro che non si fanno illusioni: per 19 milioni di connazionali, infatti, questo sarà il peggior Natale dal 2010 (si sale dal 25% del 2011 al 38% di quest’anno). Venti milioni non vedono differenze con l’anno passato, mentre una consistente minoranza, 11 milioni, crede in un miglioramento. L’altalena fra ottimisti e pessimisti vede dunque quest’anno in aumento i secondi ed in calo i primi. Le donne sono quelle che con più determinazione difendono le ragioni dell’ottimismo, fra i pessimisti prevalgono invece gli uomini”.

I consumi sono dunque in calo, ma soprattutto è in picchiata anche “l’effetto Natale”. Con esso si intende l’insieme di spese stimolate dall’arrivo delle festività dell’ultimo mese dell’anno: nel 2012 sono intorno ai 10,7 miliardi. 300 milioni di euro in meno rispetto al 2011.

Confesercenti riflette anche sulla recessione e sulla tredicesima:

“Cala di 2 miliardi la quota destinata agli acquisti (ora a 17 miliardi e 787 milioni) ed in particolare ci saranno 700 milioni di euro in meno per i regali. Una parte consistente della tredicesima, 11 miliardi e 739 milioni, andrà invece a rimpinguare i risparmi erosi dalla difficoltà economiche: gli italiani, insicuri sulla possibilità di una rapida ripresa, preferiscono accantonare quasi 2 miliardi in più rispetto al 2011. Circa 12 miliardi provenienti dalle tredicesime, invece, verranno usati per far fronte ai mutui e pagare i debiti (+641 milioni sul 2011), mentre quasi 13 miliardi e mezzo saranno impiegati per affrontare le necessità della casa e della famiglia (in calo di 1 miliardo e 314 milioni)”.

Mercato dell’auto in picchiata

 La contrazione del mercato dell’automobile in Italia che si è verificato in questo 2012 è il più pesante dal dopoguerra: si è tornati a livelli analoghi a quelli del 1979 con un calo del 44% rispetto al periodo prima della crisi.

La caduta delle immatricolazioni e delle consegne è stata costante per tutto l’anno: le immatricolazioni, a novembre, sono state 106.491, con una flessione del 20,1%. Il 2012 si chiuderà con sole 1,4 milioni di auto immatricolate.

Tra i primi rinunciatari all’acquisto di una nuova autovettura sono le famiglie, che, dopo cinque anni di contrazione continua del potere d’acquisto, non solo non possono permettersi di fare un nuovo acquisto, ma hanno delle difficoltà anche a sostenere i sempre crescenti costi di gestione dell’automobile (assicurazioni, bollo, carburante, etc).

Sul mercato regge bene il Lingotto: il gruppo Fiat a novembre ha consegnato 31.666 vetture riuscendo a contener la flessione al 16,60%, con Fiat e Jeep che perdono meno del mercato, mentre Lancia-Chrysler, Alfa Romeo e Ferrari registrano flessioni superiori al 20% e la Maserati arriva fino ad un -83%.

Le stime per il prossimo anno non lasciano ben sperare: infatti,  a meno di interventi mirati e concreti a sostegno della capacità di spesa delle famiglie e del rilancio dei consumi, le immatricolazioni rischiano di scendere sotto i valori di quest’anno (circa 1.360.000).

Eurogruppo dice sì al prestito per la Spagna

 Dopo che la Commissione Europea ha approvato la legge per la ristrutturazione delle banche spagnole, si è giunti piuttosto in fretta alla decisione sulle modalità del prestito: 39,5 miliardi di euro che saranno erogati a partire dalla prossima settimana.

I quattro istituti di credito coinvolti nella ricapitalizzazione sono Bankia, Novagalicia, Catalunyacaixa e Banco de Valencia, alle quali si è aggiunta Sareb, la bad bank spagnola a cui andrà un finanziamento con 2,5 miliardi di euro. Questa operazione dovrebbe portare ad una riduzione del 60% del bilancio entro il 2017, attraverso il ricollocamento delle attività sul business al dettaglio e i prestiti alle Pmi.

Nonostante questa manovre e queste iniezioni di fiducia e di denaro la situazione del paese iberico resta particolarmente difficile: il numero dei disoccupati è continuato ad aumentare per tutto il mese di novembre, toccando i 4,91 milioni di unità, ossia un aumento dell’1,54% rispetto al mese precedente.

Ma non solo Spagna in questa riunione dell’Eurogruppo. I rappresentanti hanno anche parlato di Grecia, dopo l’avvio ieri del buy back dei titoli di stato, e di Cipro, altro paese in cui la situazione è difficile, per il quale le decisioni sono rimandate al 13 dicembre.

Il taglio dei tassi australiano

 Anche la Reserve Bank of Australia, la Rba, si è decisa per il taglio dei tassi d’interesse. Oggi dovrebbe arrivare la decisione definitiva cui sottosta sicuramente anche una politica monetaria di riferimento per il paese. Come investire su questo evento? Se lo chiedono gli analisti e soprattutto coloro che si occupano di opzioni binarie.

Il comunicato dell’Rba sul taglio dei tassi è stato cruciale perché ha orientato la domanda di valuta australiana. L’effetto sui prezzi è sempre immediato. Non si tratta comunque di un annuncio spiazzante visto che la Reserve Bank of Australia, ogni anno, per 11 volte, annuncia le decisioni sui tassi. L’appuntamento con i media e con gli investitori è il primo martedì del mese.

Dopo l’annuncio, il mercato è in attesa di conoscere il taglio effettivo dei tassi. S’ipotizza un taglio dello 0,25% con il conseguente passaggio del cash care al 3 per cento, un livello che è il più basso dal 2009 ad oggi.

L’obiettivo della politica australiana è quello di salvaguardare la propria economia e dare un nuovo impulso alla crescita visto che al di fuori dell’industria mineraria, gli altri settori produttivi non hanno restituito report entusiasmanti.

L’espansione sembra rallentata e questo particolare scoraggia gli investitori decisi a trovare terreni sicuri d’approdo.

Cosa ha fatto scendere lo spread

 Nella giornata di ieri gli analisti e soprattutto chi fa investimenti mirati con le opzioni binarie su tempi ridotti, si è accorto del crollo dello spread. Il differenziale è calato sotto i 300 punti, un risultato che non si otteneva da diversi mesi. La stessa cosa è successa anche al rendimento dei Btp decennali che hanno raggiunto i livelli minimi da due anni a questa parte.

Le borse si sono entusiasmate dunque e lo spread è sceso sotto i 300 punti oscillando tra i 295 e i 292 punti base. Il rendimento dei Btp a 10 anni, invece, è scivolato al 4,38 per cento. Questa situazione è stata determinata soprattutto dalle notizie arrivate dalla Cina e dalla Grecia.

In Cina, a novembre, l’attività manifatturiera è stata caratterizzata da una leggerissima espansione. Niente di ragguardevole ma un segnale del genere non si percepiva ormai da 13 mesi. Con i dati raccolti la Cina è finalmente passata dal recinto dei paesi classificati in recessione a quello dei paesi che possono dirsi avviati verso una nuova fase espansiva.

La Grecia ha risollevato i mercati, invece, annunciato una nuova operazione di buy-back, vale a dire che ha deciso di ricomprare i bond in circolazione per avere più garanzie nella richiesta di aiuti all’Europa.

A cosa servono le riserve valutarie

 In queste settimane sono sotto monitoraggio le scelte della Cina in merito all’ampliamento delle riserve valutarie. Questo zoom sulla realtà asiatica è spesso usato dagli analisti per capire quanto siamo prossimi alla recessione o ad una nuova fase espansiva di portata mondiale.

Ma a che serve comprare monete e soprattutto “chi compra cosa”? E’ questo un interrogativo cruciale per la determinazione delle monete più ambite, per la comprensione delle strategie dei paesi riguardo il settore monetario.

Le riserve di valuta straniera, in genere, sono definite dalle banche centrali dei diversi paesi che fanno una scorta di dollari, di euro, di yen (sono esempi), per proteggere con maggiore determinazione la moneta locale. Le oscillazione nel ForEX sono così tamponate e nei momenti di maggiore volatilità si pone un rimedio alla speculazione, stabilizzando il tasso di cambio.

La moneta più desiderata è il dollaro americano che rappresenta oltre il 60 per cento delle riserve valutarie accumulate dalle banche centrali. Al secondo posto si piazza la moneta unica del Vecchio Continente con il 25 per cento circa delle scorte. Il terzo posto è conteso invece dalla sterlina e dallo yen che non vanno il 4 per cento delle richieste.

Per quanto riguarda i compratori, invece, sono per lo più otto paesi capitanati proprio dalla Cina che già l’anno scorso ha dichiarato di aver fatto una scorta di dollari americani.

Cina: dalle riserve alla valutazione del mercato

 L’economia mondiale deve ripartire, ormai ce lo sentiamo ripetere come un imperativo ma il momento in cui sarà effettuato il passaggio da uno scenario di recessione ad una prospettiva di ripresa non è ancora noto. Tutti danno per sicuro il riavvio del sistema finanziario a partire dal 2013.

Ma è proprio così? Non per gli analisti che si affidano all’interpretazione del mercato valutario e stanno monitorando attentamente le scelte della Cina. Perché proprio la Cina e cosa si osserva in particolare?

La Cina, negli anni, ha sempre accumulato riserve valutarie in prossimità di una ripresa o comunque di un’espansione finanziaria. Oggi le riserve valutarie della Cina sono prossime allo zero e quando ciò accade siamo sull’orlo di una nuova recessione.

Questo legame tra le risorse valutarie cinesi e lo sviluppo del mercato mondiale è supportato da una retrospettiva che va dagli anni Novanta ai giorni nostri.

Alla fine degli anni Novanta, per esempio, il mercato aveva assistito ad una crescita rallentata delle riserve valutarie cinesi, preludio alla bolla hi-tech che ha determinato la recessione dei mercati azionari. La ripresa della corsa alla valute, ha invece accompagnato il boom economico degli anni successivi. Adesso, dal 2007 in poi, le riserve sono tornate a decrescere.