La crisi ostacola ma non ferma i conti di Ikea

 Il mercato italiano non rientra più tra i top 5 di Ikea. Da sempre quarto mercato, l’Italia nel 2013 è discesa al sesto posto nella formazione del fatturato della multinazionale del legno, superata da Svezia e Russia.  Anche il gigante svedese dell’arredamento risente dei colpi della congiuntura economica che frena non tanto la sua crescita in termini assoluti quanto i tassi di sviluppo, soprattutto in Europa dove l’azienda realizza il 70% dei suoi ricavi.

 

Gli investitori temono la crisi dei Paesi emergenti

 

L’esercizio 2013 del gruppo scandinavo si è chiuso con un utile netto in aumento di 3,3 miliardi di euro (pari a +3,2%),ma in rallentamento rispetto ai forti tassi di crescita registrati nel 2011 (+10,3%) e nel 2012 (+8%).

Pur se appesantito rispetto ai precedenti ritmi di sviluppo,il fatturato globale di quest’anno ha comunque raggiunto il livello record di 28,5 miliardi (+3,2% ). Un bilancio positivo che deriva soprattutto dalla ripresa dell’economia statunitense e dall’espansione del’azienda sui nuovi mercati emergenti. In Europa i segnali di miglioramento sono molto flebili, acuiti per di più dalle difficoltà congiunturali dei paesi dell’Europa meridionale quali Spagna ed Italia, che comportano vistose riduzioni dei rispettivi fatturati.

Ikea, che è già presente in 43 Paesi, nel corso del 2013 ha aperto cinque nuovi punti vendita nel mondo: due di questi sono localizzati in Cina dove oggi si contano 11 magazzini Ikea. Anche in India, a partire da quest’anno ed entro il 2020, la multinazionale svedese aprirà 25 nuovi negozi. La strategia di crescita quindi continua per la società.

Per l’esercizio 2014 Ikea prevede nuovi investimenti per 2,5 miliardi, con l’obiettivo di toccare il raddoppio di fatturato (50 miliardi di euro) entro il 2020.

Gli investitori temono la crisi dei mercati emergenti

 Il sentiment delle piazze finanziare è stato soggiogato nell’ultima settimana dalle paure di una escalation della crisi dei Paesi emergenti, dopo che in Argentina si è ritornati a pronunciare la parola default a 12 anni dal crack del 2002 e in previsione di una nuova possibile diminuzione del programma di acquisti di asset finanziari da parte della FED.

Mercati azionari, intervengono le Banche Centrali

 Continua la volatilità estrema nei listini dei mercati finanziari internazionali, che spinge in entrambe le direzioni l’andamento delle Piazza finanziarie anche più volte nella stessa seduta. 

Il caso Electrolux, le possibili soluzioni

 Il gruppo svedese degli elettrodomestici minaccia di tagliare gli investimenti e chiudere gli stabilimenti nella Penisola. Per non farlo i salari dovrebbero scendere da 1400 a 700-800 euro, avvicinandosi agli stipendi dei dipendenti polacchi dell’azienda. I sindacati: “Proposta irricevibile”. Zanonato: “In Italia costo del lavoro troppo alto”

Con la crisi crescono le diseguaglianze

 In base al rapporto 2010-2012 di Bankitalia sui bilanci delle famiglie, nel 2012 la percentuale di famiglie sulla soglia di povertà si è portata al 16% contro il 14% del 2010. La soglia di povertà è definita dal limite di un reddito individuale netto di 7.678 euro o di 15.300 euro per una famiglia di 3 persone. La crisi ha quindi eroso il reddito familiare medio in termini nominali nella misura del 7,3%, e ha inciso negativamente sulla ricchezza media per il 6,9%.

La distribuzione dei redditi risulta molto sbilanciata in Italia: il 50% delle famiglie non supera il reddito di 2.000 euro al mese e, più nel dettaglio, solo la metà delle famiglie ha un reddito annuo superiore ai 24.590 euro (circa 2.000 euro al mese), mentre un 20% può disporre solo di un reddito inferiore ai 14.457 euro (1.200 euro al mese). Di contro, il 10% delle famiglie della fascia economica superiore guadagna oltre 55.211 euro all’anno.

 

Il turismo italiano verso l’uscita dalla crisi economica

 

Il 35,8% delle famiglie ritiene insufficienti le proprie entrate, un trend in salita rispetto alle percentuali del 2010 (29,9%) e del 2004 (24,3%). Parallelamente sono scese al 32,3% le famiglie che giudicano sufficiente il proprio reddito: erano il 37,1% nel 2004, il 39% nel 2010.

L’aliquota di famiglie indebitate rimane invece sostanzialmente stabile nel periodo: sono il 26,1% contro il 27,7% del 2010. L’importo medio del debito familiare è di circa 51.000 euro.

L’indebitamento, in linea con gli anni precedenti, è più diffuso tra le famiglie a reddito medio-superiore, che hanno maggior facilità di accesso al credito,con capofamiglia di età inferiore ai 55 anni, libero professionista, con alto titolo di studio. Le passività sono rappresentate in massima parte dai mutui per l’acquisto e la ristrutturazione di abitazioni, per un importo medio di 75.000 euro.

 

La povertà contribuisce agli scontri in Ukraina

 Gli attivisti dell’opposizione in Russia sono stati a guardare la spirale di violenza politica in Ucraina con una certa sorpresa, a volte chiedendosi perché i loro vicini si sono dimostrati di essere attivisti più tenaci di quelli visti nelle proteste a Mosca nel 2011 e nel 2012.

Una teoria comunemente citata è quella economica. In Ucraina nel corso degli ultimi 25 anni i cittadini hanno vissuto una situazione più disperata dei russi, che hanno goduto di anni di crescita alimentata  dall’energia.

 

► I miliardari russi alla conquista dell’ovest

 

Il prodotto interno lordo dell’Ucraina è a 97 miliardi di dollari lo scorso anno rispetto ai 113.000 milioni dollari nel 1992. L’andamento sembra è impressionante se confrontato con quello della vicina Russia, il cui Pil è cresciuto a 1.000 miliardi di dollari l’anno scorso ed era a 684 miliardi di dollari nel primo anno post sovietico.

In Russia il PIL è cresciuto del 125% e il Pil pro capite è cresciuto del 137%, più del doppio che in Ucraina.

L’Ucraina non ha la fortuna di avere gas e petrolio, che ha alimentato la crescita in Russia e nei Paesi dell’Asia centrale. Manca anche la vicinanza con l’Unione europea e gli scambi preferenziali sono con Mosca. L’Ukraina deve sopravvivere con i prezzi elevati del gas naturale che arriva dalla Russia, dal quale è altamente dipendente.

Ma gli svantaggi naturali e geopolitici dell’Ucraina non sono sufficienti a spiegare tutta la sua sottoperformance, come hanno affermato gli economisti occidentali e le istituzioni finanziarie, che per decenni hanno richiamato il Paese a fare riforme più audaci.

In diversi governi ucraini è mancata la volontà politica e la visione chiara degli economisti per lanciare le riforme economiche e le privatizzazioni simili a quelli fatti in Russia o in Europa centrale.

Francia, economia ancora in forte difficoltà

 I cugini d’oltralpe rimangono in una situazione economica molto difficile, a causa della pesante flessione delle condizioni  di sviluppo industriale a causa della crisi che imperversa nei settori economici occidentali.

La crescita dell’economia in Europa e la contrazione in Cina

 I dati sulla produzione nella zona euro sono dei segnali incoraggianti che rafforzano l’idea che la ripresa stia arrivando in Europa. La fiducia economica è migliorata nel mese di dicembre al livello più alto dal luglio 2011 e la produzione industriale è aumentata del 3% su base annua nel mese di novembre. La Banca centrale europea prevede una crescita economica dell’1,1% nella zona euro quest’anno, accelerando all’1,5% nel 2015.

 

Investire in azioni in Cina?

 

In Germania, la più grande economia europea, la produzione industriale è salita al massimo da 32 mesi a gennaio, con le aziende che registrano una forte crescita e un’accelerazione della produzione dei nuovi ordini.

Il presidente della Bce Mario Draghi ha affermato che l’economia europea sta crescendo nuovamente e la ripresa si sta ampliando dalle esportazioni alla domanda interna. I dati economici sono quindi di ripresa dopo una profonda crisi.

Sulla stessa linea, in riferimento all’economia globale, Kenneth Rogoff, professore alla Harvard University, che in in un’intervista a Bloomberg Television ha detto che mentre l’economia mondiale mostra segni di miglioramento, la crisi finanziaria non è stato ancora completamente superatta.

L’economia degli Stati Uniti è in ripresa, mentre in Cina ci sopno segni contrazione per quanto riguarda la produzione industriale, anche se su base annua non è così. In effetti, la produzione industriale è aumentata del 9,7% nel mese di dicembre rispetto all’anno precedente, a fronte di un ritmo del 10 per cento nel mese di novembre. La contrazione quindi è nel confronto al mese precedente e non annua.

Nell’Eurozona il problema è il tasso di disoccupazione del 12,1%. Il prodotto interno lordo è aumentato dello 0,2% nel quarto trimestre, dopo un aumento dello 0,1% nei tre mesi precedenti.

L’economia italiana è più solida di quanto sembra, e questo il parere di un esperto

 Se l’Italia vuole essere considerata affidabile dai mercati internazionali, deve lavorare per ricostruire la sua immagine partendo da alcune statistiche che evidenziano un’economia più forte di quella spesso descritta. È questo il parere del noto economista Marco Fortis. In un’intervista a margine di una conferenza presso l’Associazione della Stampa Estera di Milano, Marco Fortis, docente di economia industriale presso l’Università Cattolica di Milano e vice presidente della Fondazione Edison ha affermato che l’Italia è ingiustamente percepita come debole in termini di competitività e di debito pubblico.

 

Bankitalia, nel 2014 migliora l’economia ma non la disoccupazione

 

Fortis ha sottolineato che l’industria italiana è altamente competitiva. In base alle statistiche elaborate dalla Fondazione Edison su dati Eurostat e dall’Istat, Fortis ha detto che l’Italia è una delle cinque economie del G20 con un avanzo strutturale nel commercio per i prodotti fabbricati. Nel 2012, l’Italia ha registrato il più alto valore commerciale netto di produzione della sua storia.

Fortis ha osservato che il prodotto interno lordo italiano (Pil) italiano è stato debole negli ultimi 20 anni. Questa tendenza, tuttavia, non è stato originata da una mancanza di competitività ma soprattutto dipende da un processo che si riferisce alle finanze pubbliche, con la tassazione in crescita, una riduzione del reddito disponibile delle famiglie e la conseguente bassa crescita dei consumi privati.

Inoltre, per Fortis in Italia la persistente instabilità politica è causa di gravi vincoli per le imprese, ma il settore manifatturiero del Paese resta il secondo in Europa e il quinto nel mondo in termini di valore aggiunto. L’Italia è il secondo Paese dopo la Cina per il maggior numero di prodotti non alimentari lavorati, con un valore commerciale netto superiore a quello della Germania.

 

Il turismo italiano verso l’uscita dalla crisi economica

 Un recente sondaggio condotto dall’Agenzia Nazionale del Turismo (Enit) ha rivelato che il turismo straniero in Italia è cresciuto nello scorso anno e che il 62% degli operatori internazionali a livello mondiale ha confermato un incremento dei viaggi in Italia durante le vacanze di Natale e Capodanno.

L’andamento in  crescita del turismo dà una spinta a un’economia che sta lentamente emergendo dalla recessione più lunga dalla Seconda Guerra Mondiale. L’Enit ha intervistato i principali tour operator e agenzie di viaggio di tutto il mondo in 18 Paesi europei e 10 Paesi non europei.

 

Gli stranieri comprano le case italiane

 

L’aumento del 62% delle domande di vacanze in Italia coinvolge soprattutto i Paesi al di fuori dell’Europa, ma un trend positivo è stato confermato anche dal 55% degli operatori turistici europei e dalle agenzie.

L’Italia ha molte attrazioni per i turisti stranieri come la cultura, la storia, l’enogastronomia, il benessere, la natura. La concorrenza con gli altri Paesi è grande, ma sono in aumento le persone che organizzano su internet da sé i viaggi, e quindi è necessario essere veramente interessanti per attrarre i clienti con proposte specifiche.

L’afflusso dei turisti dall’estero è stato nel complesso molto buono l’anno scorso. Le presenza sono state ottime per quanto riguarda il Canada, gli Stati Uniti, l’Australia e i paesi latino-americani.

L’Italia è la quinta destinazione più visitata nella classifica del turismo mondiale compilata dalla Organizzazione Mondiale del Turismo delle Nazioni Unite, dopo la Francia, gli Stati Uniti, la Cina e la Spagna. Più di 48 milioni di stranieri hanno visitato il paese nel 2012, in aumento del 2,5% nel 2013. Esso è destinato a crescere ulteriormente, di circa il 3% nel 2014, secondo le previsioni nazionali.

Queste cifre crescenti possono dare all’economia italiana un attimo di respiro, dal momento che il turismo è sempre stata una risorsa trainante per la contabilità del Paese, per il 10,3% del Pil e l’11,7% dei posti di lavoro nel 2012.