Gli analisti di Mediobanca Securities, sulla scia delle vicende che hanno recentemente coinvolto la TV greca, che ha deciso di sospendere le proprie trasmissioni, hanno condotto uno studio che riporta le stime di una eventuale operazione di privatizzazione della televisione pubblica italiana.
Crisi
Il vecchio potere d’acquisto solo nel 2036
Doveva essere soltanto un altro rapporto da mettere sulle scrivanie di colo che si occupano di Fisco e PMI, invece è stato un vero e proprio atto di denuncia verso una condizione economica, quella dell’Italia, sempre più preoccupante.
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Le due considerazioni da fare è che il fisco occupa la gran parte dell’anno lavorativo e quindi, chi consuma, deve farlo con parsimonia, almeno fino al 2036, anno in cui, forse, si recupererà il potere d’acquisto di una volta. Che il fisco fosse molto “pressante” sulle tasche degli italiani, lo avevamo capito, ma che pesasse per circa 162 giorni, è davvero sorprendente.
In pratica, fino a giugno si lavora per pagare le tasse, soltanto nel secondo semestre dell’anno s’inizia a mettere da parte qualcosa. E’ naturale quindi che i consumi, con l’aumento delle imposte, abbiano subito una contrazione. Adesso che si paventa anche l’aumento dell’IVA non congelato dal governo, si parla di altri 200 euro di “tasse” per le famiglie.
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La crescita, allo stesso tempo, procede a rilento e in due anni si stima di avanzare soltanto dell’1,9 per cento. Tutta la denuncia di questa situazione è arrivata da Confcommercio che sottolinea la chiusura di ben 40 mila imprese nel nostro paese. Di questo passo la dimensione pre-crisi sarà recuperata soltanto nel 2036.
Cala il peso medio degli italiani per colpa della crisi
La crisi e la recessione economica che hanno colpito l’ Italia fin dal 2008 hanno profondamente mutato i consumi degli italiani, sopratutto quelli alimentari. Da alcuni anni a questa parte, infatti, i nostri connazionali stanno attenti alle spese anche in merito al cibo e alcune ricerche condotte dall’ Istat, dalla Confesercenti e dalla Coldiretti non fanno che confermare di giorno in giorno questa inesorabile tendenza.
Dall’inizio dell’anno chiuse migliaia di imprese
17.088 imprese, tra bar e ristoranti, da inizio 2013, hanno abbassato definitivamente le saracinesche. Se il ritmo delle chiusure delle attività commerciali delle città italiane mantiene lo stesso ritmo registrato per i primi quattro mesi del 2013 si rischia che le nostre città diventino una lunga vetrina di negozi chiusi.
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Lo dice la Confesercenti. 17.088 bar e ristoranti significa una contrazione del 5% del totale delle imprese registrate nel settore, ma alle imprese che operano nell’abbigliamento potrebbe anche andare peggio: da inizio anno sono state chiusi 11.328 esercizi, l’8% del totale.
Si salva solo il settore alimentare che vede una contrazione minore, registrando la chiusura di ‘solo’ 4.701 unità, con una variazione negativa del 3% sul 2012.
Secondo la Confesercenti alla fine del 2013 il rapporto tra aperture e chiusure di imprese che operano nell’abbigliamento potrebbe essere di 2 a 7, mentre per il resto delle attività il rapporto medio aperture-chiusure si attesterebbe sul’1 a 3.
Una situazione, questa, che si registra in tutte le regioni d’Italia ma che colpisce in modo più marcato soprattutto il sud della penisola. Nel settore alimentare la situazione peggiore si riscontra in Sicilia, dove apriranno 288 attività commerciali a fronte della chiusura di 1.080.
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L’abbigliamento soffre di più in Basilicata: 240 chiusure e solo 84 nuove aperture, per una perdita del 10% dei negozi del territorio. L’Abruzzo farà invece segnare il record di chiusure per i ristoranti: 144 aperture e 534 chiusure.
Più della metà degli italiani non andrà in vacanza
A dirlo è il Codacons che, come ogni anno in questo periodo, ha pubblicato i dati relativi alle vacanze degli italiani. Quest’anno, causa crisi e rincaro dei prezzi, saranno più della metà dei cittadini a non potersi permettere il meritato riposo: 33 milioni in tutto, il 55% della popolazione totale, 6 milioni in più rispetto allo scorso anno.
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Ma anche chi potrà permettersi di partire dovrà fare i conti con la crisi: i giorni di villeggiatura saranno di meno e anche la spesa prevista è stata ridotta all’osso. La maggior parte degli italiani, poco più del 50%, farà vacanze della durata 7/10 giorni, il 35% potrà permettersi di stare fuori casa per un periodo di tempo di 14/15 giorni e solo il 15% potrà andare oltre la soglia delle due settimane.
Si parte ma si spende di meno: se lo scorso anno la media di spesa per un giorno di vacanza si attestava intorno ai 104 euro, per quest’anno la spesa è stata ridotta di circa il 7%, arrivando ad un massimo di 97 euro al giorno per persona.
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In questi 97 euro ci si dovranno far rientrare i costi di trasporto (auto, treno o aereo), i soggiorni, le spese per l’alimentazione, per i servizi balneari, per lo svago e l’intrattenimento e altro.
La morfologia metropolitana spiega la crisi
Il nostro paese è ancora in una fase critica, ormai lo sanno tutti ed è sempre più evidente anche a livello morfologico analizzando quello che sta succedendo alle città tricolore. I commercianti, per esempio, somigliano sempre di più ad una categoria in via d’estinzione, tanto che l’ultimo grido d’allarme della Confesercenti, non può restare inascoltato.
►Il vecchio potere d’acquisto solo nel 2036
L’associazione di categoria, già qualche tempo fa, aveva spiegato che senza un miglioramento delle condizioni economiche del paese, i commercianti potrebbero “estinguersi” nel giro di 10 anni. Adesso, proprio mentre prende il via la bella stagione, si cercano nuove prove della crisi imperante.
In Italia continuano a chiudere bar, ristoranti ed altri tipi di negozi e si stima che entro la fine dell’anno, gli esercizi attivi saranno il 5 per cento in meno di quelli registrati nel 2012, anno nero della crisi economica. Il fatto che chiudano i negozi incide non solo sull’economia del paese, ma anche sulla morfologia delle città, anche se le chiusure più consistenti saranno quelle dei negozi di moda.
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In pratica la crisi sta portando alla desertificazione metropolitana e sentire i cittadini che si lamentano nella calura di non trovare un negozio o un bar aperti, saranno sempre più numerosi. L’analisi condotta deve servire a prendere coscienza della gravità della situazione per avere un’idea più rispondente alla realtà, del tempo necessario per recuperare terreno sui mercati.
La crisi dei finanziamenti universitari italiani
Una recente indagine effettuata dal Public Funding Observatory della European University Association ha diffuso delle interessanti statistiche sugli investimenti pubblici effettuati nel corso degli ultimi anni in Italia e in Europa nel campo dell’ università e della ricerca.
Dai dati pubblicati è quindi risultato chiaro che il mondo universitario italiano ha vissuto negli ultimi tempi una profonda crisi degli investimenti, che non hanno potuto non generare conseguenze negative anche sul mercato del lavoro e sull’ occupazione dei giovani italiani.