L’Eurozona ha iniziato il settimo anno di depressione economica. Giovedì sono attesi i dati sul Pil nel blocco a 18 e la previsione è molto negativa.
Deflazione
La Bce compatta contro la bassa inflazione
Non più tardi dello scorso novembre, il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann era fermamente contrario a ogni mossa da parte della Banca centrale europea (Bce) che andasse nella direzione di stampare denaro per sostenere l’economia della zona euro. Ora le cose sono cambiate. In effetti, il capo della Bundesbank, noto per le sue posizioni intransigenti presso la Bce, è ora pronto a sostenere il quantitative easing se i suoi colleghi della Bce lo riterranno necessario.
Questo cambiamento di posizione si basa sul cambiamento della situazione. L’inflazione della zona euro ha rallentato allo 0,5 per cento dallo 0,9 per cento del mese di novembre, scendendo ben al di sotto dell’obiettivo della Bce di poco inferiore al 2 per cento. Ciò alimenta il timore che l’Europa possa essere bloccata in un prolungato periodo di bassa inflazione o che si arrivi alla deflazione.
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Tale scenario rischia di minare gli sforzi fatto dai Paesi colpiti dalla crisi economica della zona euro per modellare le loro economie, e potrebbe colpire la crescita a tutti i livelli se le famiglie rimanderanno gli acquisti in previsione di prezzi più bassi in futuro.
Cercando di scongiurare il calo dell’inflazione, il Consiglio direttivo della Bce ha affermato all’inizio di questo mese che c’è unanime accordo nell’impegno a utilizzare strumenti non convenzionali per contrastare un periodo prolungato di bassa inflazione.
L’unanimità significava che anche Weidmann è d’accordo. Questo è importante perché, come leader della fazione che sostiene la linea dura, questi può limitare le misure politiche. Lo scorso maggio, per esempio, ha prevalso nel limitare la dimensione del taglio dei tassi di interesse.
L’Europa tra crescita e rischio deflazione
In Europa, la solida espansione nel settore manifatturiero e un ritorno alla crescita nella seconda più grande economia della zona euro, la Francia, la ripresa sembra avere una base più ampia. Il ritmo di crescita dell’Eurozona tra le imprese private ha però rallentato a febbraio, e le aziende sono state costrette a tagliare i prezzi per mantenere lo slancio.
L’indice composito Purchasing Managers di Markit, che si basa su indagini di migliaia di aziende in tutto il continente ed è visto come un buon indicatore della crescita, è sceso a febbraio a 53,2 da 53,3, ma ha fatto registrare il nono mese consecutivo in cui l’indice è sopra i 50 punti, un parametro che divide la crescita dalla contrazione.
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Le preoccupazioni però non mancano. L’inflazione in tutta l’Unione monetaria è allo 0,7% nel mese di febbraio, ben al di sotto del 2% che è l’obiettivo della Banca centrale europea (Bce). I timori sono per la deflazione con una certa pressione al ribasso dei prezzi alla produzione che si vede anche in Germania, che è l’economia migliore in Europa. La Bce rassicura che non ci sono problemi di deflazione nell’area dell’euro, ma un numero significativo di economisti ha dubbi su questo punto di vista.
Con poco spazio di manovra, avendo già ridotto il principale tasso di interesse vicino allo zero e avendo dato molto denaro a buon mercato alle banche per un periodo di tre anni, la Bce ha tenuto ferma la politica monetaria di questo mese.
In Giappone c’è il rischio deflazione
Il vice governatore della Banca del Giappone (BoJ) Kikuo Iwata ha comunicato che l’inflazione starà sotto l’1% per un lungo periodo di tempo è che questo può essere pericoloso in quanto accresce i rischi di deflazione. In base a queste preoccupazioni, la BOJ ha fissato l’obiettivo di inflazione del 2%, un livello ritenuto ambizioso in un Paese impantanato nel rischio deflazione da 15 anni.
Iwata ha affermato che non si aspettano di raggiungere l’obiettivo per forza in due anni, ma che c’è la determinazione giusta per porsi l’obiettivo e per lavorare al suo raggiungimento entro questo periodo.
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I timori del Giappone per la deflazione fanno riflettere l’Europa, dove l’inflazione è stata vicina a ciò che la Banca centrale europea (Bce) definisce la “zona pericolosa”, cioè il livello di inflazione sotto all’1%, nei mesi scorsi . La Bce ha detto che non vi è alcun rischio di deflazione perché le aspettative di inflazione sono ben ancorate .
Iwata, parlando dell’esperienza del Giappone, ha affermato che la deflazione diventa un problema quando dura abbastanza a lungo da coraggiare le famiglie e le imprese alla spesa. Ed è anche problematica perché accresce il valore dello yen, danneggiando le esportazioni giapponesi.
La BoJ ha mantenuto la politica monetaria stabile dopo l’intensa ondata di stimolo nel mese di aprile dello scorso anno, quando si è impegnata a raddoppiare la base monetaria attraverso acquisti di asset per accelerare l’inflazione al consumo al 2% in due anni. Iwata è ottimista sulle prospettive economiche del Giappone, dicendo che le aziende inizieranno a stimolare gli investimenti in ottimismo sulle prospettive. Le esportazioni dovrebbero migliorare con il calo dello yen e con la politica accomodante della banca del Giappone.
Bce, la crescita va come previsto. Pericolo deflazione si allontana
I tassi di interesse restano fermi allo 0,25%, minimo storico dall’entrata in vigore dell’euro e lì resteranno anche se l’economia migliorerà, stando a quanto riferito dal governatore della Bce. Tra gli economisti c’è addirittura chi si aspettava il varo di misure straordinarie di allentamento monetario.
La deflazione è una sfida per le economie globali
Il capo del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde questa settimana ha affermato che è necessario agire abbastanza decisamente contro la deflazione e che considera il calo dei prezzi disastroso per la ripresa economica mondiale.
La maggior parte delle economie più sviluppate, tra cui la zona euro, gli Stati Uniti e il Giappone, hanno tassi di inflazione notevolmente inferiore agli obiettivi che le loro banche centrali hanno prestabilito.
In Gran Bretagna la prospettiva è meno preoccupante, dal momento che l’indice dei prezzi al consumo a dicembre erano nel target del 2%. Tuttavia, con l’inflazione dei prezzi alla produzione in che è in aumento più lento all’1% ci sono timori che i prezzi al consumo possano cominciare a rallentare più marcatamente all’inizio di quest’anno.
► Inflazione, nuova minaccia in corso?
La deflazione comporta due rischi entrambi importanti. In primo luogo, gli acquirenti hanno pochi motivi per spendere i loro soldi oggi, dal momento che ci si può ragionevolmente aspettare che le merci saranno più convenienti l’anno prossimo. Questo ha un effetto smorzante sul consumo, spingendo i prezzi più verso il basso. In secondo luogo, la deflazione rende molto più difficile per i governi e gli individui pagare i loro debiti. Mentre i prezzi scendono, il valore nominale dei crediti rimane lo stesso. I debitori sono quindi costretti a utilizzare una quota maggiore del loro reddito per restituire i loro prestiti.
La conclusione raggiunta dalla signora Lagarde e che le banche centrali dovrebbero fare di più per sostenere i prezzi. Tuttavia, ci sono notevoli differenze tra i diversi Paesi. La minaccia di deflazione rimane un problema dei Paesi più sviluppati con molti mercati emergenti, come l’India e il Brasile, che sono alle prese con la minaccia opposta di un aumento dei prezzi.