La disoccupazione giovanile è un problema globale

 73,4 milioni di giovani saranno disoccupati nel 2013. Lo dice il Rapporto ILO’s Global Employment Trends for Youth 2013 dell’International Labour Organization, che fotografa una situazione per cui, a parte alcune differenze regionali, i giovani sono la categoria più a rischio.

► Draghi invita a ridurre la disoccupazione e la concentrazione dei redditi

Il tasso di disoccupazione globale nel 2013 raggiungerà il 12,6%, percentuale molto simile a quella che l’Onu ha registrato nel 2009, l’anno più nero della crisi economica. Ed è un trend rialzista che non accenna a fermarsi e, entro il 2018, il dato potrebbe crescere ancora fino a raggiungere il 12,8%.

A questo punto, come spiegano International Labour Organization, non si tratta più di una disoccupazione dettata dalla crisi economica – dopo il 2009 c’erano stati dei segni di ripresa – ma un problema proprio delle economie avanzate che sono caratterizzate da

disoccupazione persistente, una proliferazione di posti di lavoro temporaneo e un aumento di giovani scoraggiati; mentre nei paesi in via di sviluppo predominano posti di lavoro di bassa qualità, informali e al limite della sussistenza.

► La ricetta della Germania per l’occupazione

Per questo motivo diviene sempre più necessario mettere in campo degli interventi mirati che si concentrino sull’istruzione e la formazione dei giovani che portino ad una interazione positiva tra la scuola, i giovani e il mondo del lavoro che, allo stato attuale, sembrano essere treni che corrono su binari paralleli.

 

La ricetta della Germania per l’occupazione

 In Europa il tasso di disoccupazione medio è del 10,9%. In Italia, dove la mancanza di lavoro si avverte in maniera drammatica, è dell’11,5%.

► Il lavoro? E’ in Germania

In Germania, invece, la percentuale dei senza lavoro è solo del 5,4%, per un totale di persone che è già sotto ai tre milioni di persone e che scenderà ancora il prossimo anno. Com’è possibile?

La ricetta è semplice quanto intelligente. In Germania c’è il minijob, altrimenti chiamato anche “400-euro-job”, in quanto la retribuzione massima prevista da questo contratto è di 400 euro al mese, che sono diventati 450 all’inizio dell’anno. Introdotto nel 2003, questo tipo di contratto aveva lo scopo di rilanciare l’occupazione, e così è stato, ma ci sono anche dei lati oscuri.

Ad essere impiegati in Germania con questo tipo di contratti sono circa 7,3 milioni di persone, più del doppio del numero dei disoccupati, tutte persone che non pagano tasse e che possono anche usufruire degli ammortizzatori sociali ma che, di contro, non hanno neanche ferie né malattie.

► Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

Ad essere assunti con questo contratto sono soprattutto i giovani sotto ai 25 anni, gli immigrati e il personale non qualificato.

Sicuramente il minijob è un’ottima opportunità per chi non ha alcun reddito, ma ridimensiona di molto il clamore intorno al basso tasso di disoccupazione tedesco.

Per Bonanni è necessario rifinanziare la CIG entro maggio

 Il punto di vista del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, sull’ emergenza disoccupazione in Italia è a dir poco tassativo: il Governo, infatti, dovrà trovare al più presto – cioè entro la fine del mese di maggio – quel miliardo  e mezzo utile al rifinanziamento della Cig, la Cassa Integrazione in deroga, a meno di non aggiungere una ulteriore emergenza ad una situazione già estremamente precaria.

Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

Secondo Bonanni, infatti, ad essere a rischio è la stessa tenuta sociale del Paese, poiché, qualora la Cig non venisse rifinanziata, oltre 700 mila cassaintegrati andrebbero andare ad aggiungersi al già alto numero dei disoccupati italiani.

> I giovani disoccupati sono il 38,4%

E per quanto riguarda le cifre relative alla disoccupazione italiana, a partire dal 2007 ad oggi, cioè dalle prime avvisaglie della crisi economica, il numero delle persone senza lavoro in Italia è praticamente raddoppiato. Così che, secondo le ultime stime fornite dall’ Istat, il tasso di disoccupazione del nostro Paese raggiunge oggi quasi il 12%, e si tratta di un valore privo prospettive di miglioramento in futuro.

Per il leader della Cisl, inoltre, le altre emergenze sociali a cui bisogna trovare presto una soluzione sono rappresentate dalla questione degli esodati, dalla necessità di promuovere l’ occupazione e da quella di abbattere la pressione fiscale.

Disoccupazione in aumento nel 2013 e nel 2014

 Ancora nessuna buona novità sul fronte del mercato del lavoro italiano. Anzi, le ultime stime relative alla situazione economica del Paese, pubblicate dall’ Istat, sono su questo fronte abbastanza negative.

> L’Eurozona tra disoccupazione e inflazione

Nel suo rapporto intitolato «Le prospettive per l’economia italiana nel 2013-2014» l’Istat ha infatti previsto che nei prossimi mesi del 2013 il tasso di disoccupazione subirà un ulteriore incremento pari all’ 1,2% rispetto al 2012, andando così ad attestarsi su un valore dell’ 11,9%.

I giovani disoccupati sono il 38,4%

Non ci saranno, poi, su questo fronte, quei deboli segnali di ripresa che invece interesseranno il prodotto interno lordo e la spesa per i consumi nel 2014: l’ Istituto prevede, infatti, che il tasso di disoccupazione continuerà a salire anche nel corso del prossimo anno, raggiungendo il 12,3%.

Tra le cause di questo incremento l’ Istat cita l’ inevitabile lentezza con cui il mercato del lavoro è solito tenere dietro a fenomeni di ripresa economica. Alla luce di un futuro aumento della disoccupazione è possibile, inoltre, che anche le retribuzioni per dipendente siano soggette nei prossimi mesi ad un debole incremento e che la produttività subisca invece prima un debole calo e poi una leggera ripresa. Una flessione, infine, investirebbe anche il costo del lavoro per unità di prodotto.

Susanna Camusso cerca l’accordo con Confindustria

 Susanna Camusso, leader della CGIL, da Verona lancia un accorato appello a tutti i sindacati, alla Confindustria e a tutte le altre associazioni di impresa italiane per intavolare un dialogo costruttivo che possa porre le basi per la creazione di nuovo lavoro in Italia.

► Susanna Camusso chiede di detassare gli stipendi prima dell’estate

Gli ultimi dati sulla disoccupazione in Italia, soprattutto la disoccupazione giovanile, parlano chiaro: sono troppe le famiglie e i giovani che si trovano senza un lavoro. Senza il lavoro l’economia del paese non ha nessuna speranza di uscire dalla crisi economica che la attanaglia ormai da troppo tempo e all’inasprimento della quale hanno contribuito anche le incertezze della politica.

Per questo la Camusso invita a cercare un dialogo che possa portare ad un accordo tra tutte le parti in causa e che dia, anche, un’idea del futuro del paese. I progetti, per la Camusso, devono essere a lungo termine e non solo sanatorie di situazioni di emergenza.

► Susanna Camusso lancia allarme per mancanza fondi cassa integrazione

Le risorse ci sono. Ciò che è importante, e in questo la Camusso dà una chiara idea della sua posizione a riguardo, è la non cancellazione dell’Imu. Sebbene sia una tassa che crea delle difficoltà alle famiglie e che per questo andrebbe rivista, la sua cancellazione sottrarrebbe risorse fondamentali per il lavoro.

Guida all’Aspi – Come e quando si deve presentare la domanda

 Come si presenta la domanda per la contribuzione Aspi?

Il lavoratore che ha perso involontariamente il suo impiego deve presentare la domanda per l’indennità di disoccupazione in uno dei seguenti modi:

– Attraverso il sito internet dell’Inps dopo aver richiesto il Pin all’Istituto di Previdenza;

– Attraverso il Contact Center multicanale raggiungibile con il numero verde dedicato 803164 o 06164164 se si utilizza la rete mobile;

– Con l’intermediazione di un patronato.

Quando si deve presentare la domanda per l’Aspi?

In linea generale la domanda per ottenere l’indennità di disoccupazione Aspi si deve presentare entro e non oltre 60 giorni dal raggiungimento dei requisiti che danno diritto alla contribuzione. Nello specifico le domande vanno presentate all’Inps:

– l’ottavo giorno dalla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro;

– la data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria;

– la data di riacquisto della capacità lavorativa nel caso di un evento patologico (malattia comune, infortunio) iniziato entro gli otto giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro;

– l’ ottavo giorno dalla fine del periodo di maternità in corso al momento della cessazione del rapporto di lavoro;

– l’ ottavo giorno dalla data di fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;

– il trentottesimo giorno successivo alla data di cessazione per licenziamento per giusta causa.

Guida all’Aspi

Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

Quando non si ha più diritto alla contribuzione

Come e quando si deve presentare la domanda

 

 

 

 

Guida all’Aspi – Quando non si ha più diritto alla contribuzione

 L’Aspi, l’ammortizzatore sociale introdotto dalla Riforma Fornero per i lavoratori che hanno involontariamente perso il proprio impiego può essere ottenuta solo in base a determinati requisiti.

Ovviamente il diritto all’Aspi decade nel momento in cui il lavoratore non risponde più ai requisiti e anche con il sopraggiungere di altre condizioni. Vediamo quali sono.

Quando si perde il diritto all’Aspi?

Il lavoratore che ha beneficiato dell’Aspi non può più ricevere il nuovo contributo di disoccupazione nei seguenti casi:

– Rioccupazione del lavoratore con contratto di lavoro subordinato superiore a 6 mesi;

– Inizio di attività autonoma senza comunicazione all’Inps;

– Raggiungimento dei requisiti contributivi e anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata;

– Raggiungimento dei requisiti per ottenere un assegno di invalidità;

– Non partecipazione – o partecipazione saltuaria – alle attività previste per i disoccupati (formazione, tirocini ecc);

– Non accettazione di una offerta di lavoro con retribuzione minima prevista superiore almeno del 20% dell’importo lordo dell’indennità.

Inoltre, nel caso il lavoratore ottenga una nuova occupazione, la contribuzione Aspi è sospesa per 6 mesi, ma solo nel caso in cui la retribuzione percepita superi i 3.000 euro all’anno. In caso contrario l’Aspi continua ad essere erogata.

Guida all’Aspi

Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

Quando non si ha più diritto alla contribuzione

Come e quando si deve presentare la domanda

 

 

 

Guida all’Aspi – Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

 Nuovo ammortizzatore sociale previsto dalla Riforma Fornero l’Aspi andrà a sostituire la vecchia indennità di disoccupazione. In questo articolo vediamo per quanto tempo i lavoratori possono percepire questa contribuzione e a quanto ammonta l’assegno percepito.

Per quanto tempo i lavoratori possono percepire l’Aspi?

L’Aspi prevede dei tempi diversi di contribuzione in base all’anno e all’età del lavoratore licenziato. Nello specifico i lavoratori potranno percepire questa indennità secondo la seguente ripartizione:

2013

8 mesi per gli under 50;
12 mesi per gli over 50.

2014

8 mesi per gli under 50;
12 mesi per coloro che hanno un’età compresa tra i 50 e i 54 anni;
14 mesi per gli over 50.

2015

10 mesi per gli under 50;
12 mesi per coloro che hanno un’età compresa tra i 50 e i 54 anni;
16 mesi per gli over 50.

2016

12 mesi per gli under 50;
18 mesi per gli over 50.

2017 

12 mesi per gli under 55;

18 mesi per gli over 55.

A quanto ammonta l’indennità Aspi?

L’importo base dell’Aspi si calcola in base alla retribuzione base del dipendente che ha perso il lavoro, per una percentuale pari al 75% in caso di retribuzione mensile pari o inferiore ai 1.080 euro.

Nel caso di retribuzione media superiore ai 1.080 euro si aggiunge il 25% della differenza tra la remunerazione mensile e la parte eccedente la soglia stabilita.

Dopo i primi sei mesi l’importo della contribuzione si riduce del 15% e di un ulteriore 15% dopo i 12 mesi.

Guida all’Aspi

Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

Quando non si ha più diritto alla contribuzione

Come e quando si deve presentare la domanda

Guida all’Aspi – Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

 La Riforma Fornero ha introdotto l’AspiAssicurazione Sociale Per l’Impiego – una nuova forma di contribuzione a favore dei lavoratori che hanno perso involontariamente il proprio impiego.

Questa nuova forma di contribuzione è entrata in vigore dal 1° gennaio 2013 e prevede un graduale passaggio dalla vecchia indennità di disoccupazione alla nuova formula di contribuzione.

Cerchiamo di capire come funziona l’Aspi, chi sono gli aventi diritto e come presentare la domanda.

I requisiti per accedere all’Aspi

Fermo restando che possono accedere all’Aspi solo i lavoratori che hanno involontariamente perso la loro occupazione, questa forma di contribuzione non è prevista pergli operai agricoli a tempo determinato e indeterminato, per i quali rimane in vigore la vecchia disoccupazione.

Possono accedere all’Aspi:

1. I lavoratori dipendenti del settore privato;

2. I lavoratori dipendenti del settore pubblico con contratto a tempo determinato;

3. Gli apprendisti;

4. Gli artisti e il personale dipendente artistico (teatrale, cinematografico).

Quali sono i requisiti necessari per ricevere la contribuzione Aspi?

1. Disoccupazione involontaria;

2. Stato di disoccupazione come da D.lgs. 181/200 (art.1, comma 2, lettera c);

3. Aver accumulato almeno un biennio di anzianità assicurativa;

4. Aver raggiunto almeno 52 settimane di contribuzione nel biennio precedente al licenziamento.

Guida all’Aspi

Chi può accedere e i requisiti per ottenerla

Quanto dura e a quanto ammonta la contribuzione

Quando non si ha più diritto alla contribuzione

Come e quando si deve presentare la domanda

 

 

Cosa c’è in programma per la disoccupazione giovanile con il nuovo governo?

 Lo stanno richiedendo a gran voce anche i sindacati: il nuovo governo deve dare priorità a lavoro e mettere in atto tutte le riforme necessarie perché il paese possa avere una speranza concreta di risorgere da questo difficilissimo periodo.

E il Governo Letta sembra avere anche le risposte già pronte, soprattutto dopo la pubblicazione dei nuovi dati sulla disoccupazione in Italia: stabile ancora anche a marzo all’allarmante soglia dell’11,5% e ormai alla quota record del 40% per i giovani.

► I giovani disoccupati sono il 38,4%

Il primo punto sul quale si stanno concentrando le attenzioni del nuovo governo è proprio la lotta alla disoccupazione giovanile. Letta, il neo Presidente del Consiglio, ha già in mente due soluzioni: da un lato l’introduzione di sgravi fiscali per le le nuove assunzioni dei giovani e, dall’altro, una profonda revisione della Riforma del Lavoro del Ministro Fornero che ha introdotto troppi paletti per i contratti flessibili, rendendo questa occasione di lavoro un disincentivo all’occupazione.

Se, per quanto riguarda la revisione della riforma Fornero non ci dovrebbero essere ostacoli né a livello istituzionale né effetti sul bilancio del paese – si tratterebbe di una revisione a costo zero – lo stesso non si può dire per l’introduzione di sgravi fiscali che, invece, andrebbero ad incidere sul bilancio pubblico.

► L’Eurozona tra disoccupazione e inflazione

Ma si tratta comunque di una svolta necessaria per dare nuovo ossigeno ai giovani che si trovano senza lavoro e senza futuro e, almeno a quanto sostengono esperti della materia, nel giro di due anni ogni spesa in tal senso si rivelerebbe un proficuo investimento, facendo diminuire il numero dei disoccupati e emergere il lavoro nero.