Aumenta il numero degli scoraggiati

 Scoraggiati. Persone che hanno cercato lavoro e che, dopo l’ennesimo buco nell’acqua, hanno deciso di interrompere la ricerca. Un esercito di persone che non accenna a diminuire, anzi, come mostrano i dati pubblicati dall’Ansa, questo esercito ha visto costantemente ingrossare le sue fila.

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A soffrire di più della cronica mancanza di occupazione sono le persone gli over 34, un milione e 150 mila circa su un totale di 1,6 milioni di scoraggiati registrati nel 2012.

La classe degli scoraggiati rientra, solitamente, nella più ampia categoria degli inattivi, le persone, cioè, che non hanno un lavoro e non studiano – per questo in questa categoria rientrano anche le casalinghe e i pensionati – ma è necessario fare un distinguo: infatti, se gli inattivi sono diminuiti del 3,9% nell’ultimo anno, gli scoraggiati, che non cercano lavoro in quanto convinti di non riuscire a trovarlo, sono aumentati del 5,3%.

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Nello specifico sono le fasce di età più alte ad essere interessate dal fenomeno. Aumentano del 13,3% gli scoraggiati con età compresa tra 45 e i 54 anni e del 23,1% quelli tra i 55 e i 64 anni. Differenti anche le percentuali che riguardano il genere: le donne scoraggiate superano quota un milione (1 milione 96 mila), in aumento dell’8,6% su base annua.

Il dramma del lavoro in Italia: 1 milione di licenziati nel 2012

 A tracciare il quadro di questa drammatica realtà del mondo del lavoro sono i dati che emergono dal sistema delle comunicazioni obbligatorie del ministero del Lavoro. Dati che parlano fin troppo chiaro: nel 2012 il numero dei licenziamenti è stato superiore al milione (1.027.462) facendolo aumentare del 13,9% rispetto all’anno precedente (nel 2011 i licenziamenti sono stati 901.796.

 Record di licenziamenti per il 2012

Il momento peggiore è stato l’ultimo trimestre dell’anno, quando i licenziamenti sono stati 329.259 in un aumento del 15,1% sullo stesso periodo 2011. Un dato molto pesante che si aggiunge alla già difficile situazione emersa dai dati che hanno fatto registrare 10,2 milioni attivazioni di rapporti di lavoro contro i 10,4 milioni di rapporti cessati tra dimissioni, pensionamenti, scadenze di contratti e licenziamenti.

Oltre al dato sui licenziamenti, c’è da notare, sull’altro fronte, la costante diminuzione delle assunzioni: poco più di 1,6 milioni (1.610.779) solo nell’ultima parte del 2012, che segna, quindi, un -8,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Ad essere sempre più esclusi dal mondo del lavoro i giovani con un -13,9% tra i 15-24enni e un -10,9% nella fascia di età che va dai 25 ai 34 anni.

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Si registra, comunque, un piccolo aumento delle assunzioni dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni (+0,4%) e un aumento del 7,6% tra i lavoratori con età superiore ai 65 anni.

 

Cala il numero dei senza lavoro, ma la disoccupazione è ancora un’emergenza

 I senza lavoro in Italia sono in lieve calo, ma il loro numero non si discosta molto dai tre milioni registrati a gennaio, quando la percentuale dei disoccupati in Italia era dell’11,7%, contro l’11,6% registrato per questo febbraio 2013.
► Le donne al Sud lavorano menoUn calo, quindi, molto lieve che non deve essere preso come un segnale di un miglioramento, dato che la percentuale dei disoccupati in Italia è aumentata di 1,5 punti percentuali rispetto allo stesso periodo del 2012. Scende, comunque, anche il tasso di disoccupazione giovanile, che si attesta a 37,8% a febbraio,-0,8% rispetto al mese precedente ma in aumento del 3,9 punti percentuali rispetto al febbraio 2012, per un totale di 647mila giovani senza occupazione.

Nel mese di febbraio 2013 gli italiani senza lavoro sono 2 milioni 739mila. Il numero è in aumento rispetto dello 0,2% rispetto al mese precedente, e la quasi totalità dei nuovi disoccupati è composto da donne.

► Donne e occupazione, un confronto impari

Anche in Europa la disoccupazione rimane  a livelli di allarme: per il mese di febbraio, infatti, il dato è rimasto invariato rispetto al preoccupante 12%, per un totale di 19,071 milioni di cittadini europei senza lavoro.

 

Scende la disoccupazione ma l’Italia non convince

 La disoccupazione è scesa all’11,6 per cento. Lo dicono gli ultimi dati disponibili in relazione all’Italia ma anche in Europa la condizione degli occupati sembra essere migliorata, nonostante la crisi. Eppure il Vecchio Continente non convince gli investitori.

La riforma Fornero non piace alle imprese più piccole

I cittadini italiani senza lavoro sono in leggero calo ma il limite, la soglia dei 3 milioni di disoccupati è veramente ad un passo. Rispetto a febbraio 2012, tra l’altro, nello stesso mese del 2013, il numero dei disoccupati è cresciuto del 15,6 per cento. Il problema più urgente da risolvere per il nuovo governo sono senz’altro i ragazzi disoccupati, quelli che hanno un’età compresa tra 15 e 24 anni.

Le donne al Sud lavorano meno

Per quanto riguarda l’occupazione, sembra che gli occupati siano 22,7 milioni e siano anche in crescita dello 0,2 per cento rispetto a gennaio. Se poi si prendono in esame i dati europei, si scopre allora che il livello di disoccupazione è stato confermato al 12 per cento.

Gli occupati a febbraio sono poco più di 22,5 milioni e rispetto a gennaio sono in leggero aumento (+0,2%) anche se ad essere occupate sono state principalmente le donne. Su base annua però l’occupazione è in calo di 0,5 punti percentuali e il calo interessa sia la componente maschile che quella femminile della forza lavoro.

Donne e occupazione, un confronto impari

 Il rapporto Istat sulla disocupazione in Italia ha messo in evidenza come sia sempre più difficile trovare un’occupazione nel nostro paese. Tanti laureati a spasso, ma non solo loro: ad essere colpiti dalla mancanza di un impiego sono tutte le categorie della fascia d’età compresa tra i 15 e i 35 anni, con un aumento su base annua pari al 32,3%.

► Indagine Almalaurea sulle condizioni lavorative dei neolaureati

Ma la mancanza di lavoro, anche se colpisce più o meno ugualmente i giovani senza grandi distinzioni in merito al titolo di studio, si accanisce in particolare su di alcune categorie: le donne, soprattutto se residenti al sud.

Infatti, secondo quanto riportato dall’Istat, al Sud sono circa 87 mila le donne senza lavoro, mentre al centro sono 65 mila e nelle regioni del nord ‘solo’ 45 mila. Nelle regioni del Mezzogiorno una donna su cinque è senza lavoro, percentuale in crescita del 3,2% rispetto al 2011.

Se si considera poi una fascia di età più ristretta, quella che riunisce le donne tra i 15 e i 24 anni, i dati sulla disoccupazione femminile sono ancora più severi: il tasso di disoccupazione sale al 49,9 %, con le inattive (dai 24 ai 60 anni) che salgono oltre il 60%.

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L’inattività femminile è in crescita dell’8,6%, rispetto al 2011, quelle che non ritengono di riuscire a trovare lavoro. Insomma rassegnate all’inattività.

Rapporto Istat disoccupazione: record di dottori senza lavoro

 Prendere una laurea non significa, in Italia, avere un posto di lavoro. Lo sanno bene i 197mila giovani italiani che, pur con il loro pezzo di carta in tasca, fanno parte della sempre più folta schiera di senza lavoro.

► Indagine Almalaurea sulle condizioni lavorative dei neolaureati

E’ questo quanto emerge dal rapporto Istat sulla disoccupazione, un documento che mette in evidenza come il numero dei laureati specializzati in Italia sia sempre di più in crescita: +27,6% rispetto al 2012 e, questo è il dato che allarma di più, il 43% di disoccupati in più rispetto al 2008, anno di inizio della crisi.

La disoccupazione è uno dei problemi più urgenti dell’Italia, non solo quella che riguarda i ragazzi che hanno un titolo di studio di livello accademico, l’intera popolazione con un’età compresa tra i 15 e i 35 anni, tra questi i laureati senza lavoro sono circa 307 mila, i disoccupati con licenza elementare sono il 25% e quelli senza lavoro con licenza media sono il 24,6%. I disoccupati con un diploma sono il 18,9% del totale dei senza lavoro.

Anche se la percentuale di dottori senza lavoro sembra essere la più consistente tra le categorie analizzate, rimane comunque il fatto che chi è in possesso di una laurea ha più chance di trovare un impiego rispetto ai coetanei con titolo di studio inferiore.

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Altro dato che lascia intendere la sfiducia dei giovani italiani nei confronti del mondo del lavoro è il numero degli inoccupati, intendendo con questo termine i giovani che non studiano, non lavorano e non sono neanche in cerca di un impiego: in totale sono mezzo milione di persone.

 

Imprese ancora nella morsa del credit crunch

 Secondo il rapporto Congiuntura Flash rilasciato dal Centro Studi di Confindustria le imprese italiane continuano ad avere delle grandi difficoltà nel farsi concedere crediti e prestiti per le loro attività dalle banche e dagli istituti di credito: ad oggi, le aziende in difficoltà sono quattro su dieci.

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Nello specifico, il rapporto evidenzia che a febbraio 2013 il 15,3% delle aziende non è riuscita ad ottenere il credito richiesto (dal 6,9% del primo semestre 2011) e il 25,4% l’ha ottenuto ma condizioni penalizzanti.

La causa di questa ulteriore stretta del credito, secondo l’analisi della Confindustria,è da rintracciarsi, da un lato, nella difficile condizione delle famiglie il cui reddito non basta più a sostenere i consumi e, dall’altro, nel clima di incertezza del paese che spaventa gli eventuali investitori.

A peggiorare ulteriormente le condizioni di un’Italia alle prese, di già, con questa situazione ci sono anche le funeste previsioni per il futuro: i dati della Confindustria, infatti, evidenziano il perdurare dello stallo del mondo del lavoro – a gennaio si sono persi altri 97 mila posti di lavoro rispetto al dicembre del 2012 – facendo balzare il tasso di disoccupazione al 11,7%, contro l’11,3% in dicembre.

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Il nodo da sciogliere nell’immediato, secondo Confindustria, è il Governo:

In assenza di una politica che indichi le priorità e la rotta, il rischio è che tutti gli attori stiano sulla difensiva e che il gioco per il Paese sia a somma negativa.

Quanto costa un dipendente a tempo determinato?

 La riforma del lavoro voluta dal Ministro Fornero ha creato un certo scompiglio in tutti i settori economici, anche se le intenzioni, molto probabilmente, erano quelle di dare un aiuto ai lavoratori ad avere delle condizioni contrattuali più favorevoli, disincentivando il ricorso a contratti a tempo determinato.

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Lo strumento per raggiungere tale obiettivo è stato, come molto spesso accade, l’aumento delle aliquote delle tasse che il datore di lavoro deve pagare sui dipendenti e un aumento delle ritenute in busta paga. Il risultato?

Un numero quasi invariato di contratti a tempo determinato e salari sempre più bassi.

Ad esempio, come riportato da Il Sole 24ore, un operaio edile assunto a tempo determinato in un’azienda con 15 dipendenti, guadagna giornalmente 47,07 euro, come la maggior parte dei lavoratori assunti nelle stesse condizioni. All’azienda, però, non costa così, perché si devono aggiungere 5 euro per il fondo pensioni, 3 euro circa per la cassa integrazione, due euro per l’indennità economica di malattia, il prelievo dello 0,9% per la cassa integrazione straordinaria e il prelievo Aspi (1,4%).

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Quindi, alla fine dei conti, le aziende pagano una volta e mezza quanto dovuto ai dipendenti, una cifra che va tutta nelle tasche dello Stato e, per come è la situazione attuale dell’Italia, non serve certo a dare garanzie a lungo termine né ai lavoratori né alle aziende.

Calano consumi e occupazione nel settore alimentare

Anche il settore alimentare comincia a pagare gli effetti di una crisi che perdura ormai da troppo tempo. I consumi alimentari risultano infatti diminuiti di molto. Sono 20 i miliardi di euro persi in 5 anni, mentre l’occupazione configura una perdita di circa 5000 posti di lavoro durante lo scorso anno. Ciò si evince dai dati di Federalimentare inerenti all’andamento dell’industria alimentare nel 2012.

Dati

I dati parlano di tagli alla spesa alimentare relativi agli ultimi 12 mesi. Tagli del -3%, e dunque di circa 7 miliardi di euro.

I tagli arrivano al -10% se si prende in considerazione l’ultimo cinquennio.

Pagata la crisi

L’ultimo anno, per l’industria alimentare, è stato quello in cui la crisi si è fatta sentire maggiormente. Quello è che il secondo settore più produttivo, dopo il manifatturiero, paga la recessione dei consumi italiani.

Export

Le sfide sul mercato estero sono sempre più impegnative, anche se l’export tiene duro ed è ancora al + 8%. Senza dubbio, il Made in Italy continua ad avere il suo fascino in tutto il mondo, ma i problemi relativi all’intero sistema economico hanno colpito l’alimentare.

Di conseguenza, è stato inevitabile anche il crollo occupazionale. Il 2013, con ogni probabilità, non sarà foriero di cambiamenti in meglio. Non resta che stringere la cinghia e sperare che il settore alimentare regga l’urto.

 

Indagine Almalaurea sulle condizioni lavorative dei neolaureati

 Non ha ragione il Ministro Fornero quando dice che i giovani italiani sono schizzinosi. I neolaureati italiani lavorano, il problema è che, in una buona percentuale dei casi, lavorano in nero e, quindi, non figurano tra coloro che hanno un impiego.

► Secondo l’Ocse è stato raggiunto un nuovo record del tasso di disoccupazione

Questo, almeno, è quanto emerge dall’indagine di Almalaurea su 400 mila ragazzi: tra tutti quelli che hanno iniziato a lavorare nel 2012, il 12,5% lo fa senza un regolare contratto e si tratta di giovani che escono da facoltà prestigiose quali medicina, giurisprudenza, architettura, farmacia, chimica o veterinaria.

Se questo non fosse ancora sufficiente a delineare la condizione disastrosa nella quale si trovano i giovani laureati del nostro bel paese, Almalaurea ne aggiunge un altro 7/8% che provengono da altre facoltà.

I disoccupati si attestano al 22,9% dei laureati, senza distinzione tra lauree brevi (tre anni) e lauree magistrali (cinque anni), per un tasso di crescita della disoccupazione pari al 3,5 per cento rispetto allo scorso anno.

► A febbraio diminuiscono le richieste di cassa integrazione

Il rapporto e i dati completi del XV Rapporto AlmaLaurea saranno presentati domani all’università Cà Foscari di Venezia alla presenza di studiosi del mondo del lavoro e rappresentanti di istituzioni come Banca Mondiale e Unione per il Mediterraneo. Una presenza, questa, che evidenzia come il problema della disoccupazione giovanile non è solo italiano, ma affligge il mercato internazionale del lavoro, non più capace, a causa della crisi, di assorbire tale forza lavoro.