Fino ad oggi l’ Eurozona è stata interessata e preoccupata dai problemi di liquidità delle banche di casa propria, che nel corso dei rovesci della crisi hanno a volte sperimentato l’ impossibilità di far fronte alle richieste di credito che le venivano sottoposte.
Cina
La Cina e l’immobiliare tricolore
Il nostro mercato immobiliare è da troppi mesi in una fase di stallo e visto il perdurare della crisi europea e nazionale è sempre più complicato vedere la luce alla fine del tunnel. Nonostante questa amara considerazione è necessario rendersi conto che una via d’uscita c’è e arriva dall’Oriente. Ancora una volta le speranze sono riposte nella Cina.
►Anche l’Istat conferma il calo immobiliare
La Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali ha spiegato che in circa 5 anni, dal 2007 al 2012, le compravendite di immobili nel nostro mercato nazionale, sono diminuite del 40 per cento. Questa flessione non è andata di pari passo con il calo dei prezzi degli immobili che sono scesi soltanto del 25 per cento dal 2008 ad oggi.
Gli italiani, alle strette anche per questioni lavorative, stanno posticipando l’acquisto della casa, mentre sembrano tornare alla carica gli investitori cinesi che sembrano propensi a trasferirsi nel nostro paese. Per avere una prova di quanto appena detto, è sufficiente leggere velocemente gli annunci immobiliari disponibili sul portale d’intermediazione immobiliare internazionale Juwai.com dove l’Italia è tra i paesi che più attraggono gli investitori cinesi. Il 37% delle richieste che arrivano dalla Cina, sono rivolte al mercato tricolore.
►Si acquista casa anche senza mutuo
Il nostro paese, nonostante l’instabilità politica, è attraente per via del business del lusso e degli immobili usati a fini finanziari.
In arrivo il rating di Dagong per l’ UE
Per il mondo finanziario internazionale sono in arrivo delle importanti novità a partire dal prossimo 13 giugno. In quella data, infatti, per la prima volta debutterà a livello europeo il rating di Dagong Europe, la società con sede a Milano sin dal 2012, che è stata recentemente autorizzata dall’ Esma ad emettere previsioni e stime a livello corporate sull’ universo economico europeo.
La Cina influisce sui mercati europei
La Cina, ormai è chiaro, ha subito una sonora battuta d’arresto ed ora ha praticamente il fiato sul collo. Tutti gli altri paesi occidentali, infatti, dipendono dal mercato asiatico e anche ci si aspetta a breve anche un effetto sui mercati azionari.
La giornata finanziaria di oggi potrebbe essere molto burrascosa. Gli occhi degli investitori sono puntati soprattutto sull’Italia visto che a breve saranno pubblicati i dati sul PIL e sull’industria del nostro paese. Nell’attesa cresce lo spread che si riporto a 265 punti base.
►Il futuro degli investimenti è in Africa
Un’altra parte di Occidente, invece, sembra essere immune all’andamento dell’economia cinese e parliamo in questo caso dell’economia giapponese. Tokyo, infatti, ha messo in campo una vera e propria politica monetaria aggressiva. Gli stimoli introdotti dal perpetuarsi dell’Abeconomic hanno spinto verso l’alto il PIL che è cresciuto del 4,1 per cento. In recupero anche in Nikkei che fa segnare un ottimo risultato: +5 per cento.
►Perché si teme la decrescita cinese
Gli investitori, considerato il progresso del Giappone, si mantengono cauti sugli altri fronti dimostrando una certa preoccupazione per quel che sta succedendo in Cina. A livello finanziario, quindi, Piazza Affari apre in ribasso e le oscillazioni lasciano Milano praticamente al livello di parità.
Londra e Parigi, tanto per restare sui listi europei, perdono lo 0,2 per cento. I dati macroeconomici diventano una zavorra per tutti.
Il futuro degli investimenti è in Africa
La Cina non è più un terreno d’investimento privilegiato per chi vuole far fruttare i propri capitali, infatti, secondo gli analisti di JP Morgan è bene cambiare continente e spostarsi dall’Asia all’Africa. Insomma è arrivato un invito palese a guardarsi intorno in questo periodo che potremmo definire di gran cambiamento.
Il Fondo Monetario Internazionale – come abbiamo avuto già modo di dire – qualche giorno fa ha abbassato le previsioni di crescita della Cina dall’8 al 7,75 per cento. Una flessione quasi impercettibile in termini percentuali che però getta qualche ombra sull’andamento futuro dell’economia di Pechino.
►Pronta una banca mondiale per gestire l’ascesa
Per questo motivo molti banchieri internazionali hanno deciso di sondare altri terreni d’investimento e sono arrivati alla conclusione che si possono trarre molti benefici dai mercati dell’area sub-sahariana. I primi ad interessarsi al business africano sono stati gli analisti di Jp Morgan, ma alla definizione di queste opportunità ha contribuito anche la ICBC.
►Morgan Stanley e gli investimenti del 2013
Un discorso analogo è stato fatto anche dalla Standard Chartered che ha definito il mercato africano come un mercato in forte espansione, visto che a livello politico la governance sta migliorando e la stabilità dei governi aumenta di giorno in giorno.
Come nel caso dell’Europa, sarà sufficiente consolidare i traguardi politici per poi arrivare alla stabilità economica.
Il FMI sulla crescita cinese
Ci si chiede da diverso tempo se la Cina con il suo rallentamento non influisca sull’economia globale e in effetti, dopo la diramazione dei dati sull’economia asiatica in questione, c’è stato un nuovo incremento delle preoccupazioni.
Ad appesantire l’aria ci ha poi pensato il Fondo Monetario Internazionale che ha abbassato le stime di crescita del PIL della Cina per l’anno in corso e poi anche per l’anno prossimo. Un biennio al ribasso che potrebbe condizionare la ripresa economica anche in molti altri stati e continenti.
►Tagliato ancora il PIL tricolore
Nel 2013, tanto per essere più precisi, ci sarà una riduzione del prodotto interno lordo cinese dall’8 per cento al 7,75 per cento. Una flessione che in termini percentuali sembra irrisoria ma che invece è davvero preoccupante. Il Fondo monetario internazionale spiega che il 2014 sarà identico a quest’anno ma è anche vero che la precedente previsione era di un PIL cinese all’8,2 per cento.
La borsa di Shanghai, dopo la diffusione dei dati, ha chiuso la giornata di contrattazioni con un rialzo lievissimo dello 0,3 per cento. La borsa di Tokyo, invece, ha fatto registrare un progresso più consistente soprattutto in considerazione dei risultati della settimana passata, quando i listini giapponesi hanno perso il 10 per cento.
L’indice Nikkey è quindi dato in crescita di 0,1 punti percentuali.
La Cina si allinea alle regole del WTO
L’ Organizzazione Mondiale del Commercio – WTO – ora non avrà più scuse per giustificare una disparità di trattamento, nelle controversie, nei confronti della Cina. Dopo anni trascorsi in una posizione un po’ marginale e deficitaria a causa del suo mancato allineamento con le regole fissate dall’ organizzazione, adesso, infatti, anche il colosso orientale risponderà alle norme del WTO.
> 14 Stati Ue contro la Cina per i dazi sui pannelli solari
Con grande soddisfazione del Mofcom e di Pechino, che ora potranno competere ad armi pari, durante le liti, con i concorrenti dell’ Occidente. Il Mofcom ha infatti pubblicato ieri, sul suo sito istituzionale, una lista di dieci linee guida sul WTO in merito alle quali il governo attende anche consigli e suggerimenti.
> La Cina contro i dazi europei sui pannelli solari
Sembra, tuttavia che, ad accelerare questa decisione normativa siano state la recente diatriba sorta a proposito della tassazione europea dei pannelli solari e la questione delle telecomunicazioni cinesi. Nei casi conclamati di dumping, infatti, la Cina, finora, aveva sempre avuto la parte peggiore a causa della indefinitezza dei suoi protocolli.
Ma ora la partita sembra prendere una piega totalmente differente e scommettiamo che, dopo questo recente allineamento alle regole del gioco internazionale, la palla tornerà di nuovo al centro.
14 Stati Ue contro la Cina per i dazi sui pannelli solari
A guidare la ‘battaglia’ è la Germania. Ma i Paesi membri dell’Unione europea che si ribellano alla proposta della Commissione di imporre dazi sui pannelli solari importati dalla Cina sono quattordici.
C’è chi sostiene siano addirittura diciassette.
Lo ha riferito il Financial Times, al termine del meeting tenutosi ieri al Parlamento europeo tra Karel de Gucht, Commissario per il Commercio, e Zhong Shan, viceministro per il Commercio cinese.
Il portavoce del Commissario ha riferito che “De Gucht ha comunicato con chiarezza al viceministro di essere consapevole delle pressioni esercitate dalla Cina su diversi Stati membri. Il portavoce ha poi aggiunto che il Commissario prenderà in cosiderazione quelle che sono le posizioni a riguardo di tutti i Paesi membri.
D’altro canto, con ogni probabilità, i dazi potrebbero anche apparire come necessari. A tal proposito, il portavoce ha rammentato che attualmente i posti di lavoro a rischio in questo contesto lungo tutta l’Unione europea sono circa venticinquemila.
Per tale ragione, la Commissione è vincolata alla valutazione dello scenario più ampio al fine di prendere le proprie decisioni soltanto in base ai fatti”.
Tuttavia, il Commissario è anche disponibile a un eventuale accordo con Pechino, come ha riferito il portavoce: “Il Commissario De Gucht ha anche espresso la suia intenzione di valutare la possibilità di un accordo negoziato in partnership con gli Stati Uniti, se questo dovesse essere necessario”.
I Paesi membri dovranno pronunciarsi entro il prossimo 5 giugno in relazione proposta della Commissione di imporre una tassa del 47% sui pannelli solari importati dalla Cina.