La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

 E’ successo a dicembre: la Cina ha superato gli Stati Uniti nell’importazione del petrolio e questa evenienza sembra dovuta all’incremento della produzione economica del paese e all’aumento dei consumi della classe media cinese.

Nel 2012 gli Stati Uniti avevano annunciato con sicurezza che in futuro sarebbero diventati i maggiori produttori di petrolio del mondo, i primi in assoluto, superando anche l’Arabia Saudita e cercando d’incentivare la soddisfazione della domanda interna del paese.

Non si è accennato al fatto che il 2013, dal punto di vista della produzione del petrolio, sarebbe invece stato all’insegna della Cina che pur avendo rallentato nella crescita economica, occupa ancora un ruolo di primo piano nello scacchiere internazionale.

I dati ufficiali devono ancora essere diffusi ma sembra che il sorpasso ci sia stato e a documentarlo sono i report del Financial Times che, riguardo all’America parlano di un calo delle importazioni pari a 5,98 milioni di barili al giorno. Un livello che non si registrava dal lontano 1992. Le importazioni cinesi, invece, sono cresciute fino a 6,12 milioni di barili al giorno.

Il sorpasso è stato possibile in virtù della crescita economica della Cina che ha comportato una richiesta importante di materie prime. Il calo delle importazioni negli Usa, invece, si lega al fatto che il paese ha puntato molto sulle rinnovabili ed ha cercato di soddisfare autonomamente la richiesta di petrolio.

 

Cina dà l’ok all’elezione dei Sindacati

E’ un evento! E’ la prima volta che una grande azienda locata in Cina permetterà agli operai di eleggere i propri rappresentanti sindacali.

Per l’universo del lavoro cinese si tratta senza dubbio di una svolta storica.

Un caso raro, che in qualche modo coinvolge tutto il mondo. Il gruppo asiatico che ha deciso di dire “sì” al sindacato è la Foxconn, l’azienda più grande del mondo, la quale vanta oltre 1,2 milioni di dipendenti solo in Cina. La “caduta del muro” anti-sindacale nella seconda economia globale, in allarme per la diminuzione senza precedenti della forza-lavoro, oltre che per piccole e medie imprese nazionali, dichiara di voler portare enormi cambiamenti anche per le multinazionali, le quali assieme ai bassi costi produttivi per trent’anni hanno dovuto fare i conti sull’assenza di conflittualità sindacale.

L’annuncio di prossime elezioni dei rappresentanti dei lavoratori alla Foxconn è stato anticipato in maniera ufficiosa da tre dirigenti del colosso con sede in Taiwan, primo produttore mondiale di elettronica per conto terzi.

Tra i suoi brand menzioniamo Apple, Sony, Nokia, Dell e i marchi di maggior successo di telefonia e computer.

Una volta trascorse le ferie previste per il capodanno lunare cinese, verso metà febbraio, all’interno degli stabilimenti Foxconn inizieranno i corsi per spiegare agli operai come e perché potranno eleggere liberamente, e a scrutinio segreto, i propri sindacalisti.

Indice Pmi dà i primi segnali di ripresa

 Il PMI (Purchasing Managers Index) è un indicatore dell’attività manifatturiera di un Paese che riflette la capacità dell’acquisizione di beni e servizi da parte di un paese. Questo indice è prodotto da Markit Group che, in queste ultime ora, ha anche reso noto alcune stime di quello che sta succedendo in questo primo periodo del 2013.

FMI rivede le stime di crescita del Pil globale

A dispetto di molte altre stime, quella fatta da Markit Group sembra essere in controtendenza: gli analisti, infatti, evidenziano che, secondo i dati relativi al PMI, già dalla fine del 2012 sono stati avvistati i primi segnali di uscita dalla recessione economica, che porteranno ad una ripresa dell’attività economica a partire dalla seconda metà dell’anno in corso.

A trainare le vendite e gli acquisti è il mercato cinese, paese in cui l’attività manifatturiera ha raggiunto il livello massimo degli ultimi due anni proprio a gennaio. Stesso discorso anche negli Stati Uniti con l’indice PMI manifatturiero che è salito a 56,1 punti dai 54 di dicembre. Le buone performance di questi due paesi stanno positivamente contagiando anche la situazione della zona euro, in cui la Germania fa da protagonista, con un indice PMI globale pari a 47,5 punti ((a dicembre segnava 46,1).

Confindustria contro la crisi

Certo, non si può parlare di fine della crisi, per quello ci vorrà ancora del tempo, ma gli analisti di Markit sono convinti che questo rialzo tendenziale dell’indice PMI sia un chiaro segno di una incipiente, seppur lenta, stabilizzazione economica.

Accordo Fiat, Chrysler e Gac Group

 E’ arrivata a conclusione la trattativa per l’accordo tra Fiat, Chrysler e Guangzhou Automobile Group (Gac Group) che amplia la collaborazione tra le tre grandi società. Soddisfazione da parte dei presenti e firmatari dell’accordo (erano tutti riuniti al quartier generale della Chrysler ad Auburn Hills, nel Michigan) che si aspettano di raggiungere dei grandi obiettivi di produzione e vendita.

Attualmente in Cina sono prodotti e distribuiti alcuni dei modelli di punta della Fiat, come la Fiat 500, il Freemont e la Bravo, e questa joint venture a tre è stata creata appositamente per creare ulteriori margini di sviluppo a delle vendite che, in questo momento, sono un vero e proprio sostegno al mercato dell’automobile, in crisi in quasi tutto il resto dei paesi.

Crollo del mercato auto dell’UE: si scende ai livelli del 1993

Il primo obiettivo da raggiungere è l’individuazione di altri modelli della casa torinese da immettere nel mercato cinese. Raggiunto il primo obiettivo, toccherà alla Chrysler passare alla produzione in Cina. Qui, infatti, si prevede di costruire le nuove Jeep appositamente studiate per le esigenze di questa tipologie di consumatori, che saranno vendute esclusivamente all’interno dei confini cinesi.

Fusione Fiat-Chrysler

Mike Manley Chief Operating Officer della Region Asia Pacific (APAC), Fiat S.p.A. e President e CEO del Brand Jeep, Chrysler Group LLC, si è detto particolarmente orgoglioso per la conclusione di questo accordo che, in definitiva, ufficializza l’importanza della presenza di Fiat e Chrysler nel mercato asiatico, dopo un 2012 in cui entrambe i marchi hanno avuto una grande espansione in questo territorio.

Banche cinesi in difficoltà

Stando a quanto riportato dai dati rilasciati da Bloomberg, la Cina prospetta un record minimo circa i prestiti bancari. Si tratta di un minimo storico dal 2002 ad oggi. La causa di questa involuzione verificatasi negli ultimi 11 anni è da cercare nello sviluppo di un mercato creditizio parallelo ai canali tradizionali. I prestiti bancari a/a (ovvero quelli ‘anno su anno’) sono scesi del 14% mentre sono in aumento quelli di derivazione non bancaria.

A gennaio dello scorso anno, i prestiti bancari ammontavano a 738 miliardi di Yuan. Oggi la cifra, diminuita visibilmente, si aggira intorno ai 550 miliardi di Yuan con un picco massimo toccata a marzo 2012. Nel terzo mese dello scorso anno i prestiti, infatti, ammontavano a 1.011 miliardi di Yuan.

CAUSE RISCHIO AUMENTO CREDITO

Il dato porta con sè problemi e pericoli. Occorre dire che i canali di credito non tradizionali non sono regolamentati a dovere. Questo è il problema, che implica un pericolo per un’economia di dimensioni enormi come è quella cinese.

A ciò va aggiunto un altro dato abbastanza preoccupante, riportato sempre dalle statistiche e dalle riflessioni di Bloomberg: si tratta della non trasparenza del livello di indebitamento della Cina, un dato che si reperisce con non poche difficoltà.

Sono diversi ancora i problemi da risolvere sul nodo “Sviluppo Economia Cinese”. Ciò è dovuto al fatto che sono troppi i dati tenuti nascosti e poca è l’esposizione finanziaria sui mercati globali.

 

Perché Apple punta sulla Cina

Sono giorni di fermento in casa Apple. Senza ombra di dubbio l’azienda sta studiando ogni tipo di contromossa per prevenire una nuova offensiva da parte di Samsung.

► Dal 2013 la produzione Apple torna in America

I recenti cali nelle vendite di alcuni prodotti della brand-line della mela morsicata fungono da ‘alert’ per il 2013.

Ma tutto lascia presagire che l’anno è partito con il piede giusto e finirà bene. Basti pensare che iWatch, iOs 7, iPhone Mini, iPhone 6, iMac Pro e iTv sono le novità Apple 2013.

Una produzione che dunque crescerà a dismisura, si amplierà e cambierà anche quello che è il primo mercato di riferimento.

Non più gli Usa, bensì la Cina. Lo ha rivelato il Ceo Tim Cook, che proprio in questi giorni sta visitando il Paese asiatico. Per il Ceo si tratta della seconda ‘visita’ in meno di 12 mesi.

Durante un’intervista, Cook ha esplicitamente affermato che “La Cina sorpasserà gli Stati Uniti, diventando il primo mercato per Apple”.

Al momento la Cina è il secondo mercato di riferimento per il colosso guidato da Cook, che aggiunge: “Diventerà il primo, ne sono certo”.

Perché Apple punta sulla Cina?

L’analisi è e deve essere approfondita. Apple sta monitorando minuto per minuto le vendite effettuate dal gruppo nella ‘Grande Cina’, e cioè in Taiwan e ad Hong Kong. I dati sono confortanti. Le vendite in Cina sono seconde solo alle vendite negli States.

Rimarranno molto alte e non si focalizzeranno sul lancio dell’iPhone Low Cost, che non approderà nel Paese asiatico, pieno zeppo di telefonini a basso costo che invadono anche gli altri mercati emergenti. Nessun spreco di risorse, dunque, e nessuna concorrenza in cui si perde sin dall’inizio.

Apple punta sulla Cina in maniere diverse e più efficaci. Le modalità le ha spiegate lo stesso Cook al portale Sina.com, affermando che il gruppo prevede di aprire un totale di più di 25 Apple Store nel Paese, a fronte degli 11 negozi complessivi presenti ora in Cina e Hong Kong.

 

La Cina lascia l’Italia

 La crisi mina il giro di affari della comunità cinese insediata in Italia. Nelle maggiori città italiane, Roma e Milano in testa, il fenomeno è già molto evidente. Serrande chiuse nei quartieri a maggior concentrazione cinese, come già preannunciato dal Financial Times.

La ristorazione continua a tenere bene. A sentire il peso della crisi e delle rinunce degli italiani sono soprattutto i negozi di abbigliamento e di casalinghi. L’Italia, insomma, non è più l’Eldorado di qualche tempo fa, quando arrivarono i primi emigranti della profonda Asia, l’economia non gira e tenere un negozio aperto è un problema anche per i cinesi.

► Auto, Cina pronta a sorpassare l’Europa nel 2013

Secondo le prime stime sul fenomeno, a partire per tornare in patria è la prima generazione di cinesi, i pionieri dell’emigrazione in Italia, che, in una buona percentuale, lasciano in Italia moglie e figli e si dirigono verso lo Zehjang, loro regione d’origine, attirati dalla situazione economica cinese e dal suo forte sviluppo.

I più giovani, invece, vanno a cercare altrove un’occasione di fare fortuna. Le mete predilette sono l’Africa e l’America Latina.

► Paesi in crescita nel 2013

Un dato accomuna tutti i cinesi che stanno andando via dall’Italia: nella maggior parte dei casi si tratta di un allontanamento momentaneo con previsione di ritorno non appena l’economia italiana riprenderà il suo corso.

Auto, Cina pronta a sorpassare l’Europa nel 2013

Il mercato automobilisti Cinese è pronto al sorpasso. E’ destinato a crescere, mentre crolla a picco il mercato europeo nel 2012.

Il Financial Times si è lasciato andare in questa previsione, non così tanto azzardata, fatta sulla base di dati provenienti da Ihs, Lmc Auto, Pwc (società di consulenza) nonché dei dati provenienti da Ubs e Credit Suisse.

In Cina si parla di una produzione stimata intorno ai 19,6 miliardi di veicoli leggeri. Si tratterà del primo anno in cui la produzione cinese supererà in quantità quella europea.

Il Vecchio Continente, infatti, dovrebbe fermarsi intorno ai 18,3 milioni.

Il Financial Times, all’interno della sua analisi, inquadra il panorama mondiale auspicando una netta ripresa. Le stime parlano di una crescita del 2,2%, inferiore alla crescita del 4,9% verificatasi nel 2012. Le vendite su scala mondiale dovrebbero portare nelle casse del mercato 1.300 miliardi di dollari.

Stando a queste proiezioni, il mercato europeo sarà però ancora in calo, rispetto alla Cina e rispetto alle vendite di veicoli fatte registrare nello scorso anno. In sostanza, la quota europea sulla produzione mondiale rappresenterà circa un quinto. Il calo si attesta, in previsione, sul 35% rispetto ai record raggiunti nel 2011.

L’Europa, dunque, è pronta a cedere il testimone alla Cina? Il Financial Times risponde in maniera affermativa, sottolineando la crescita esponenziale della Cina, la quale ha prodotto 17,8 milioni di veicoli nel 2012. In un decennio la sua quota produttiva è salita dal 3% al 23%. Niente male.

 

La Cina usa i bond per sostenere le imprese locali

 Siamo talmente abituati a pensare che i titoli come bond e buoni del tesoro, debbano essere usati per vendere quote del debito pubblico di un paese, che dimentichiamo gli usi alternativi che si possono fare dei soldi raccolti.

La Cina, ancora una volta, c’illustra l’alternativa. Nel 2012, infatti, questo paese ha insistito molto sul mercato dei corporate bond che sono aumentati in modo esponenziale. Nell’anno 2012 le emissioni di bond sono diventate 14 volte più numerose delle azioni.

È chiaro ormai che sono lo strumento privilegiato dal governo pechinese per il finanziamento dell’economia. A livello quantitativo si nota che le obbligazioni emesse nel 2012 sono state il 54% in più di quelle emesse nel 2011 ed hanno raggiunto al quota record di 4,1 miliardi di yuan che equivalgono a 657 miliardi di dollari.

A riportare questi dati ci ha pensato Bloomberg che ha evidenziato anche il calo dei collocamenti azionari che hanno subito complessivamente una contrazione del 14 per cento arrivando a quota 277 miliardi di yuan alla Borsa di Shanghai.

Quest’ultima, ha chiuso l’anno con un modestissimo incremento delle contrattazioni pari allo 0,7 per cento. Un aumento risibile se paragonato ai rendimenti dei corporate bond fissati al 4,69 per cento che è sempre il doppio del rendimento medio mondiale del 2,59 per cento.

Chi investe nei porti italiani

 La Cina basa la gran parte del suo impero commerciale nelle esportazioni e, nell’ultimo periodo, si assistito ad un nuovo flusso imponente verso l’Europa. Per far arrivare la merce cinese in Europa e poi anche in Italia, fino a questo momento, sono stati usati i porti nel Nord Europa.

La posizione di Rotterdam e degli scali del Benelux più in generale, è strategica nella gestioni dei flussi commerciali che arrivano dalla Cina, dall’Inghilterra o dal Sud dell’UE. In previsione dell’intensificazione dei rapporti economici tra Cina e Vecchio Continente, però, gli armatori cinesi stanno studiando un modo per accorciare le rotte.

Per l’evidente congiuntura economica, in questo momento, sono nel mirino gli scali greci, il porto di Atene soprattutto che potrebbe diventare il centro degli scambi tra Cina ed Europa ma anche tra Sud e Nord del Vecchio Continente.

La Grecia è poi vicina a tutta l’area turca e dei Balcani ma i cinesi sembrano siano maggiormente interessati a paesi più solidi economicamente come l’Italia dove operano già imprese straniere. Per esempio la Evergreen Marine Corp taiwanese è nel porto di Taranto, mentre la COSCO che lavora prodotti cinesi è già nel porto di Napoli.

Il problema, a questo punto, è soltanto nella volontà di rendere competitivi gli scali italiani.